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Più parole giuste, ma anche più sostanza e maggiore partecipazione dei diretti interessati

9 Giugno 2025 - 1:02pm

«Più parole giuste – scrive Stefania Delendati – nel trattare di disabilità, ma anche più attenzione alla sostanza e maggiore partecipazione dei diretti interessati pure in àmbito giornalistico. E noi, giornalisti e giornaliste con disabilità, non riteniamoci esperti in materia soltanto perché, come è naturale che sia, alcune questioni le “mastichiamo” sulla nostra pelle ogni giorno»

Non è facile per giornalisti e giornaliste parlare di disabilità. Non è facile neppure per giornalisti e giornaliste con disabilità. Anzi, può essere ancora più complicato, perché entra in gioco il vissuto personale e non sempre c’è quel “distacco” dalla notizia che si impone nel racconto di vicende spesso delicate.
Chi fa questo mestiere si dice debba attenersi ai fatti, non mostrare il suo punto di vista, ma aiutare chi legge o ascolta a farsi un’idea propria, senza influenzarla. Diciamo la verità, è impossibile. Nessuno che abbia o meno una disabilità può riuscire nell’impresa di spiegare senza lasciar trasparire il suo pensiero, l’opinione che ha maturato, derivazioni di retaggi culturali, esperienze dirette di vita, sfide e traumi compresi. Lo facciamo anche inconsapevolmente, siamo esseri umani nel bene e nel male, qualcosa di noi tra le righe si legge sempre. E credo non ne sia immune neanche l’intelligenza artificiale che, si dice, un giorno ci “ruberà” il lavoro, perché altro non è che il risultato di fonti scritte da uomini e donne in carne e ossa, rimescolate e riassunte.

Quando ho iniziato a collaborare per le testate giornalistiche, era il 1995, sulla carta stampata ero una “portatrice di handicap”, “handicappata” a volte, io stessa parlando di me e dei miei “simili” usavo questa terminologia che oggi mi fa saltare sulla sedia a rotelle. Ora si dice “persona con disabilità”, bisogna sempre giustamente anteporre la persona. La preposizione “con” non sottrae, non è indice di una carenza, ma aggiunge una caratteristica che rende ogni individuo unico.
Voglio spezzare una lancia a favore della categoria giornalistica, penso che tanti abbiano usato e (purtroppo) ancora usino “portatore di handicap” in buona fede, mettendo al centro l’individuo anche se identificandolo in questo modo sbagliato. È altrettanto vero che oggi non sempre “persona con disabilità” viene utilizzato all’interno di discorsi inclusivi nella sostanza, di fatto a volte rimane un esercizio linguistico, una locuzione corretta che non riesce ad andare oltre. La discriminazione, il pregiudizio, lo stigma si possono intravedere anche quando le parole sono quelle giuste. E può essere vero il contrario.

Desidero fare partecipi Lettrici e Lettori di un piccolo ma significativo episodio che mi ha fatto riflettere. Ho visto online il documentario Con le nostre mani sulla storia di una coppia di persone con disabilità di età avanzata del sud della Sardegna (a questo link è disponibile il trailer e qui il documentario completo. Se ne legga già anche una presentazione pubblicata a suo tempo da Superando). Anna Maria Loi e Giovanni Cossu raccontavano le difficoltà della loro esistenza in un mondo che li respingeva, vedendoli come qualcosa da nascondere, la lotta per vedersi riconosciuti persone degne di rispetto, il bisogno di indipendenza, la ribellione e la volontà di riscatto sociale giudicate inopportune, infine la quotidianità di coppia che è diventata una famiglia con la nascita del figlio Emanuel, regista del documentario.
Mi ha colpito la modernità del loro sguardo, la loro ironia anche, contrapposte ad un linguaggio d’altri tempi, il linguaggio con cui erano cresciuti e che comprendeva quei termini che oggi abbiamo cancellato dal lessico sulla disabilità. Una modernità che in alcuni casi non leggo in discorsi professionali che sì utilizzano le parole corrette, ma non contengono l’onestà, l’assenza di pietismo, il coraggio e la necessità di superare gli stereotipi, mancano insomma di tutto ciò che dovrebbe essere il cuore della corretta comunicazione sulla disabilità.

Non voglio essere fraintesa, le parole sono il mezzo con cui si esprimono le idee, la lente attraverso cui osserviamo il mondo, sono loro che cambiano il modo di pensare e lo fanno modificandosi nel tempo, seguendo la mutata sensibilità sociale.
Quando si è iniziato a parlare di “handicap” è stato un passo avanti rispetto all’“invalidità”, adesso sono entrambe accezioni sorpassate anche a livello normativo, perché sviliscono la persona. In base infatti al Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, la parola “handicap” viene ovunque, nelle normative e nei documenti ufficiali, sostituita dalle parole “condizione di disabilità”, mentre le parole “persona handicappata”, “portatore di handicap”, “persona affetta da disabilità”, “disabile” e “diversamente abile”, ovunque ricorrano, sono sostituite da “persona con disabilità”.
È sacrosanto che chi fa informazione senta la responsabilità di usare un linguaggio che dia una giusta percezione della realtà esistenziale delle persone con disabilità. Siamo noi a dare origine alla rappresentazione offerta all’opinione pubblica, siamo noi, operatori e operatrici del mondo dell’informazione, a contribuire al cambiamento dello sguardo della società su quella fascia di popolazione che ancora viene troppo spesso emarginata perché non “conforme” al mito dell’efficienza che caratterizza l’attuale cultura. Le parole sono importanti, fondamentali, hanno un peso che si fa sentire nel tempo, la scelta di quelle giuste richiede attenzione e male si concilia con la comunicazione moderna, veloce, “mordi e fuggi”, che naviga in rete in un lampo e vince chi trova la coloritura ad effetto, il termine che cattura l’attenzione e spinge chi sta davanti ad uno schermo a cliccare su quella notizia e non su un’altra.
Parlando di disabilità ci sono filoni collaudati: il già citato pietismo, il presunto eroismo di chi vive una condizione di disabilità, il sensazionalismo nei casi di cronaca, le barriere architettoniche utilizzate come se fossero l’unico problema di cui parlare, lasciando indietro assistenza, vita indipendente, servizi sociosanitari, lavoro, scuola eccetera. «Parliamo di barriere architettoniche, ce la caviamo con poco e passiamo oltre…», mi pare, soprattutto guardando alcuni servizi nei telegiornali, che la prassi delle redazioni generaliste sia a volte questa. Può forse essere d’aiuto in questi servizi dire “persone con disabilità” se poi il discorso rimane recluso dentro i soliti luoghi comuni? No, non è sufficiente dire “persone con disabilità”, non basta il “politicamente corretto” per offrire a chi ascolta una visione ampia e reale.

E si possono alimentare opinioni distorte perfino quando si parla di scoperte scientifiche. L’esempio è recente: l’avanzamento delle cure per le persone con lesione midollare, salutato come un evento “epocale e miracoloso”. Questi toni entusiastici che descrivono un seppur importante progresso come fosse la panacea di tutti i mali, non accompagnati da pareri medici, non soltanto inducono a credere che ogni persona che non cammina tornerà a muoversi sulle sue gambe, ma rischiano di generare in uomini e donne con disabilità false aspettative in terapie ancora in fase sperimentale che richiederanno anni prima di essere a disposizione.
È facile trarre conclusioni affrettate e sbagliate se la notizia non viene spiegata con cura, responsabilità, rigore, onestà, verità, consapevolezza e chiarezza. L’ha affermato su questa stessa testata anche Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie): «Il ruolo dei media è cruciale: serve cioè un giornalismo scientifico capace di spiegare la complessità senza banalizzarla, di raccontare le speranze senza trasformarle in illusioni, di mantenere viva l’attenzione su una tematica che merita un dibattito serio e continuativo, non solo qualche titolo a caratteri cubitali in occasione dell’ultima pubblicazione». Questa, aggiungo, è una raccomandazione che riguarda tutto il giornalismo, non soltanto quello scientifico.

Raramente si interpellano i diretti interessati, allora sì che si potrebbe avere una panoramica più chiara, abbattere qualche muro con la forza della realtà raccontata da chi la vive, anche se usa termini obsoleti come nel documentario di Anna Maria e Giovanni. Lì la differenza l’ha fatta questa coppia perché si è lasciato alla loro testimonianza diretta il compito di spiegare. Anteporre le persone significa questo, ascoltarle è la premessa imprescindibile. Lo dice già nel titolo la guida Comunicare la disabilità. Prima la persona, pubblicata nel 2024 dal Coordinamento per le Pari Opportunità dell’Ordine dei Giornalisti e scritta, tra gli altri, dal nostro Antonio Giuseppe Malafarina, che mi ha preceduto alla direzione di Superando. Tutti i giornalisti e le giornaliste dovrebbero tenerla a portata di mano, leggerla per rileggere i fatti sotto una luce nuova, consultarla ogni volta che devono/dobbiamo scrivere di disabilità. Io l’ho letta e mi ha svelato particolari che non avevo mai considerato, soprattutto per quanto riguarda l’informazione riguardante l’autismo e la salute mentale, argomenti che, se possibile, richiedono una perizia ulteriore. Mi sono convinta ancora di più che avere una disabilità non equivale a saperne parlare senza incorrere in errori, se posso scrivere di disabilità motorie (non tutte) con una certa sicurezza perché questo è quello che vivo, non posso avere altrettante certezze riguardo altri tipi di disabilità.

Di recente è uscito un nuovo interessante documento, Vademecum – Informare sulla Salute Mentale, liberamente fruibile/scaricabile a questo link, strumento operativo per trattare questo tema in modo adeguato, nato da un’idea di RAI per la Sostenibilità ESG, sostenuto e condiviso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dall’ASL Roma 2. Esso ricalca lo schema della citata guida Comunicare la disabilità. Prima la persona, presentando come quest’ultima osservazioni basate sui dati, la storia, la giurisprudenza, gli aspetti clinici e sociali. Anch’essa sottolinea che l’approccio di riferimento deve essere il modello bio-psicosociale della disabilità delineato, nel 2001, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso l’ICF, la Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha fatto proprio nel 2006, spiegando chiaramente che «la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri». Non una condizione discriminante di per sé, dunque, ma che la diventa quando si frappongono ostacoli ad una effettiva inclusione.
Nel vademecum non ci sono testimonianze dirette di persone con disturbi mentali, di come vorrebbero essere raccontate. Mi sarebbe piaciuto leggerle per conoscere, da persona e da giornalista, il loro punto di vista.

Per concludere, impegnamoci a scrivere le definizioni corrette che queste utili guide ci insegnano e usiamole per dipingere una tela inclusiva, considerando che le parole disegnano il futuro soltanto quando non si fermano ad un aggiornamento linguistico, seppur necessario, che però da solo non può incidere nella percezione della disabilità. Più parole giuste, dunque, ma anche più attenzione alla sostanza e maggiore partecipazione dei diretti interessati anche in àmbito giornalistico. E noi, giornalisti e giornaliste con disabilità, non riteniamoci esperti in materia soltanto perché, come è naturale che sia, alcune questioni le “mastichiamo” sulla nostra pelle ogni giorno. Ho imparato tanto da Anna Maria Loi e Giovanni Cossu che pure avevano meno strumenti di me e di tanti altri per raccontare senza retorica e con amore per la verità.

*Direttrice responsabile di «Superando». Il presente contributo di riflessione è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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FISH Campania: il lavoro di dodici anni diventi base solida per ulteriori conquiste

9 Giugno 2025 - 12:26pm

Si è tenuto nei giorni scorsi il congresso della Federazione FISH Campania, nel corso del quale l’assemblea ha eletto la nuova Giunta dell’organizzazione, impegnata a rafforzare la propria presenza e azione sui territori, nel solco del lavoro portato avanti dal presidente uscente Daniele Romano cui è subentrato Gennaro Pezzurro. Diamo spazio anche al commento del presidente nazionale dellas FISH Vincenzo Falabella, intervenuto al congresso Il nuovo presidente della FISH Campania Gennaro Pezzurro

Si è tenuto il 7 giugno, presso Fabula – Laboratorio di Comunità a Sant’Arpino (Caserta), il congresso della FISH Campania (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), nel corso del quale l’assemblea ha eletto la nuova Giunta dell’organizzazione, impegnata a rafforzare la propria presenza e azione sui territori, nel solco del lavoro portato avanti dal presidente uscente Daniele Romano.
A guidare la nuova giunta sarà dunque Gennaro Pezzurro, nominato presidente regionale, insieme al quale sono stati eletti Maria Rosaria Duraccio, Nicola Longo, Alessia Malasomma, Alessandro Parisi, Raffaele Puzio e lo stesso Daniele Romano. Rinnovato anche il Comitato dei Garanti, formato da Vincenzo Gargiulo, Miriana Di Maio e Angela Lepore.
«Ringrazio la Federazione per la fiducia – ha commentato “a caldo” il neopresidente Pezzurro -. Abbiamo davanti una sfida importante: costruire una Campania più inclusiva, in cui le persone con disabilità siano protagoniste e non spettatrici. Lavoreremo assieme, come squadra, con competenza e passione, per rendere concreta l’attuazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, e dunque dei diritti per le persone con disabilità e le loro famiglie, e per dare voce ai bisogni reali dei territori».
Come ben si evince anche dalle parole di Pezzurro, il congresso della FISH campana è stato l’occasione di confronto sullo stato dei diritti delle persone con disabilità nella Regione e sulle sfide da affrontare nei prossimi mesi, a partire dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, tema sul quale si sono confrontati il presidente nazionale della FISH Vincenzo Falabella, i deputati Stefano Graziano e Gimmi Cangiano, il consigliere della Regione Campania Severino Nappi, il presidente dell’ADIPS Campania (Associazione Dirigenti Politiche Sociali) Carmine De Blasio, la presidente della VI Commissione Politiche Sociali della Regione Campania Bruna Fiola e la portavoce dell’Alleanza contro la Povertà in Campania Melicia Comberiati.
Diamo spazio qui di seguito alle parole di Vincenzo Falabella che, come detto, ha partecipato al congresso tenutosi a Sant’Arpino. (C.O. e S.B.)

Grazie Daniele Romano, buon lavoro a Gennaro Pezzurro
«Questo, per la FISH Campania, è stato un momento di passaggio, ma anche di riflessione profonda sul cammino fatto e sulla responsabilità che ogni nuovo inizio comporta. Dopo dodici anni intensi, vissuti con rigore, passione e una visione chiara, Daniele Romano lascia la presidenza della Federazione Regionale, ma non lascia un vuoto: lascia una direzione, un messaggio forte e non negoziabile che continuerà a guidare l’azione della Federazione per gli anni a venire. Le parole “I diritti delle persone con disabilità non si negoziano”, infatti, non sono uno slogan, ma un vero e proprio principio fondante, parole non retoriche, ma la sintesi di un intero approccio culturale, politico e civile. In un tempo in cui i diritti vengono spesso piegati alle logiche economiche o a visioni parziali della società, ribadire che i diritti delle persone con disabilità non si mettono in discussione significa riaffermare l’essenza stessa della democrazia.
La disabilità non è una condizione marginale, è parte integrante della realtà umana. Difendere i diritti delle persone con disabilità vuol dire garantire il diritto alla vita indipendente, all’istruzione inclusiva, al lavoro dignitoso, alla partecipazione attiva nella comunità. Significa sostenere anche le famiglie, spesso lasciate sole a fronteggiare un sistema frammentato, burocratico, poco attento ai bisogni reali.
Nel corso di questi dodici anni, Daniele Romano ha dato voce proprio a questi diritti fondamentali, facendosi carico di un compito difficile: trasformare la protesta in proposta, la denuncia in azione politica, la vulnerabilità in leva per il cambiamento. E lo ha fatto in una Regione – la Campania – notoriamente complessa, dove i diritti sociali faticano spesso a tradursi in servizi concreti, e dove le diseguaglianze territoriali rendono ancora più evidente il bisogno di giustizia sociale. La sua Presidenza è stata caratterizzata da un profondo lavoro di ricostruzione: della credibilità della Federazione, della sua capacità di incidere, di dialogare con le Istituzioni, ma anche di fare rete tra le Associazioni, con il Terzo Settore, con le famiglie. Ha riportato al centro il protagonismo delle persone con disabilità, riaffermando che nessuna scelta può essere fatta “sulla disabilità” senza il coinvolgimento diretto di chi la vive in prima persona.
Questo ha richiesto coraggio e costanza. Ha significato affrontare battaglie contro l’inadeguatezza dei servizi sociosanitari, contro la mancanza di accessibilità, contro una scuola non sempre inclusiva, contro le barriere – fisiche, culturali e burocratiche – che ancora impediscono la piena partecipazione alla vita sociale. Ma anche lavorare per costruire alleanze, per innovare le politiche pubbliche, per portare la disabilità fuori dal solo ambito assistenziale e dentro una dimensione di piena cittadinanza.
Romano lascia quindi una Federazione più forte, più radicata, più consapevole della propria missione. Ma lascia soprattutto un modello: quello di una leadership che non si accontenta di gestire l’esistente, ma che vuole cambiare, trasformare, migliorare. La sua visione ci ricorda che la disabilità non è un problema da risolvere, ma una condizione della diversità umana che va riconosciuta, rispettata, valorizzata. La sfida non è l’integrazione, ma l’inclusione. Non è l’assistenza, ma l’autonomia. Non è la tolleranza, ma la giustizia.
Oggi, il suo testimone passa nelle mani di Gennaro Pezzurro, cui va un sincero e sentito in bocca al lupo. Il suo compito sarà tanto importante quanto delicato: dare continuità a questo lavoro, ma anche apportare nuove energie, nuove idee, nuovi strumenti per affrontare le sfide che ancora attendono le persone con disabilità in Campania. Pezzurro eredita una responsabilità che non è solo associativa, ma culturale e politica: mantenere viva l’attenzione, costruire alleanze efficaci, promuovere politiche pubbliche inclusive, e garantire sempre che la voce delle persone con disabilità e delle loro famiglie resti centrale.
Dal canto suo, la FISH Nazionale, oggi più che mai, conferma il proprio sostegno alla realtà campana. Il cammino verso il pieno riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità non si compie mai da soli. Serve una rete, serve unità, serve una visione condivisa. La Campania rappresenta un territorio emblematico, e proprio per questo va sostenuto con forza, affinché ciò che è stato costruito in questi dodici anni non solo non venga disperso, ma diventi base solida per ulteriori conquiste.
Grazie dunque a Daniele Romano, per la passione, la coerenza, e la determinazione con cui ha saputo portare avanti questo mandato. Buon lavoro a Gennaro Pezzurro, perché il futuro dei diritti non aspetta. E a tutta la FISH Campania, l’augurio di continuare con coraggio, perché i diritti, davvero, non si negoziano. Mai».
Vincenzo Falabella – presidente nazionale della FISH
(Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie)

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La nuova edizione del “Premio Antonio Muñoz” e del “Premio Diana Lorenzani”

6 Giugno 2025 - 6:25pm

Si potrà partecipare fino al 31 luglio alla nuova edizione del Premio Antonio Muñoz e del Premio Diana Lorenzani, riservati dal MAC (Movimento Apostolico Ciechi) il primo a studenti ciechi o ipovedenti che abbiano frequentato nell’anno scolastico 2024/2025 la scuola primaria o la scuola secondaria, il secondo alle scuole e agli Enti del Terzo Settore che nell’ultimo anno abbiano messo in atto azioni e progetti per favorire l’inclusione, nella comunità scolastica e sociale, di persone con disabilità grave

Si potrà partecipare fino al 31 luglio alla nuova edizione di due iniziative tradizionalmente promosse dal MAC (Movimento Apostolico Ciechi).
Si tratta del Premio Antonio Muñoz, riservato a studenti ciechi o ipovedenti che abbiano frequentato nell’anno scolastico 2024/2025 la scuola primaria o la scuola secondaria di primo e secondo grado e del Premio Diana Lorenzani, destinato alle scuole e agli Enti del Terzo Settore che nell’ultimo anno abbiano messo in atto azioni e progetti allo scopo di favorire l’inclusione, nella comunità scolastica e sociale, di persone con disabilità grave. (S.B.)

Nel sito del MAC sono disponibili il regolamento del Premio Antonio Muñoz e la modulistica per la partecipazione (Mod. A e Mod. B), nonché il regolamento del Premio Diana Lorenzani e la modulistica per la partecipazione (Mod. A e Mod. B). Per ogni altra informazione: mac@movimentoapostolicociechi.it.

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Il basket unificato di Special Olympics: una palestra di cambiamento sociale

6 Giugno 2025 - 6:06pm

Si terrà domani, 7 giugno e domenica 8, a Treviso, la XII edizione dello “Special Olympics International Unified Basketball Tournament”, uno degli eventi più significativi nel panorama sportivo europeo, dedicati alle persone con e senza disabilità intellettive, un torneo che è sì una competizione sportiva, ma anche e soprattutto una vera e propria palestra di inclusione, cultura e cambiamento sociale

Presentata oggi, nel corso di una conferenza stampa a Treviso, si terrà domani, 7 giugno e domenica 8, presso La Ghirada – Città dello Sport della città veneta, la XII edizione dello Special Olympics International Unified Basketball Tournament, uno degli eventi più significativi nel panorama sportivo europeo, dedicati alle persone con e senza disabilità intellettive, un torneo che è sì una competizione sportiva, ma anche e soprattutto una vera e propria palestra di inclusione, cultura e cambiamento sociale.

Nato nel 2012 con sole 4 squadre, l’evento è diventato oggi un appuntamento internazionale di riferimento, se è vero che nei prossimi giorni a Treviso le squadre partecipanti saranno 37, di cui 12 provenienti da Paesi stranieri (tra cui Stati Uniti, Belgio, Canada, Finlandia, Germania, Irlanda, Polonia ed Egitto), che daranno vita a un vero e proprio festival della pallacanestro inclusiva, con il coinvolgimento di 450 atleti, suddivisi in sei livelli di abilità, 30 arbitri (di cui 14 stranieri), 90 tra tecnici e accompagnatori, 20 ufficiali di campo, 3 medici, uno staff organizzativo di 50 persone. Il tutto per disputare ben 74 partite in 4 campi all’interno della Ghirada-Città dello Sport, grazie a una solida e appassionata organizzazione, supportata da 44 tirocinanti dell’Università di Verona.

Il torneo si avvarrà del patrocinio di Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, di Special Olympics Europe Eurasia, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Treviso, della FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) e dell’Università di Verona. (S.B.)

A questo link è disponibile un ampio testo di approfondimento sulla conferenza stampa di presentazione del XII Special Olympics International Unified Basketball Tournament. Per ulteriori informazioni: stampa@specialolympics.it (Giampiero Casale).

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C’è grande interesse per una comunicazione sulla disabilità più consapevole e rispettosa

6 Giugno 2025 - 5:33pm

Appare decisamente confortante la grande partecipazione all’incontro Le parole contano. Comunicare la disabilità con rispetto e consapevolezza, promosso ad Ancona dal Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti delle Marche. L’evento ha potuto contare infatti sulla presenza di numerosi giornalisti, operatori sociali, comunicatori, cittadini e cittadine, confermando l’interesse verso una comunicazione più consapevole, rispettosa e aderente alla realtà delle persone Da sinistra: Andrea Carloni (CONI Marche), Giorgia Sordoni (Centro Papap Giovanni XXIII) e i giornalisti Sara De Carli e Claudio Arrigoni, durante l’incontro di Ancona

Fa decisamente piacere registrare la grande partecipazione all’incontro formativo Le parole contano. Comunicare la disabilità con rispetto e consapevolezza, promosso presso la propria sede dalla Cooperativa Sociale Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti delle Marche (se ne legga anche la nostra presentazione). L’evento ha potuto contare infatti sulla presenza di numerosi giornalisti, operatori sociali, comunicatori, cittadini e cittadine, interessati ad approfondire il ruolo del linguaggio nella costruzione dell’immaginario collettivo legato alla disabilità. Un’ottima risposta di pubblico, quindi, che ha confermato l’urgenza e l’interesse verso una comunicazione più consapevole, rispettosa e aderente alla realtà delle persone.

«Un dialogo aperto e stimolante – sottolineano dalla struttura organizzatrice – ha toccato temi centrali come il superamento degli stereotipi, la necessità di evitare semplificazioni e la responsabilità etica di chi comunica, in ogni àmbito, con e sulla disabilità. Attraverso testimonianze, esempi concreti ed esercitazioni, i partecipanti hanno potuto pertanto riflettere su quanto le parole che scegliamo possano influenzare la cultura, le relazioni e le opportunità delle persone con disabilità».
Pregevoli, in tal senso, sono stati gli interventi di Giorgia Sordoni, presidente del Centro Papa Giovanni XXII, di Asmae Dachan, consigliera dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche e degli autorevoli ospiti Sara De Carli, giornalista di «VITA non profit magazine», specializzata in temi sociali, disabilità, welfare e Terzo Settore e Claudio Arrigoni, giornalista della «Gazzetta dello Sport» e del «Corriere della Sera», da anni impegnato nel raccontare lo sport paralimpico e i diritti delle persone con disabilità, firma anche di Superando.

L’incontro si è concluso con un pranzo condiviso presso Fricchiò, il servizio di ristorazione solidale del Centro Papa Giovanni XXIII, dove quotidianamente viene promossa l’inclusione sociale e lavorativa anche attraverso il cibo. (S.B.)

Per informazioni e iscrizioni: Marco Trillini (m.trillini@centropapagiovanni.it).

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“Il nostro Ciak”, un progetto in cui le persone con disabilità diventano protagoniste

6 Giugno 2025 - 4:55pm

Durerà 14 mesi e vedrà coinvolti 100 destinatari in tutta Italia, afferenti a realtà che si occupano di diverse disabilità, per realizzare prodotti artistici, teatrali, giornalistici, cimentandosi anche nel fare gli speaker in una radio. Il progetto “Il nostro Ciak” ha preso il via da Mazara del Vallo (Trapani), promosso dalla UILDM locale, e terminerà a Monopoli (Bari), costituendo così una rete che punta all’inclusione sociale, con 11 partner nazionali e un’équipe multidisciplinare Un’immagine dell’incontro di Mazara del Vallo, che ha segnato l’avvio del progetto “Il nostro Ciak”

Il workshop intitolato Il nostro Ciak: il progetto e i suoi obiettivi, tenutosi il 29 maggio a Mazara del Vallo (Trapani), ha di fatto segnato l’avvio del progetto denominato appunto Il nostro Ciak, promosso dalla UILDM locale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e selezionato attraverso un Avviso del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, riguardante iniziative promosse ai sensi del Codice per il Terzo Settore.
Strutturata per rispondere in maniera integrata ai bisogni di giovani tra i 18 e i 29 anni con disabilità e in situazioni di svantaggio socio-economico, l’iniziativa si articola su una serie di interventi educativi e culturali volti a promuovere l’inclusione sociale, attraverso percorsi di comunicazione, formazione e attività teatrali, il tutto avvalendosi del contributo di una rete composta da 11 partner nazionali (Circolo Legambiente Francesco Lojacono di Palermo; FIADDA Roma; FIADDA; AVI Umbria; Associazione Atlantis 27; ANIS Regione Puglia; FISH Nazionale; FISH Calabria; Associazione Insieme Verso Nuovi Orizzonti; Associazione Crescere Insieme; Fondazione Messina–Ente Filantropico) e da un’équipe multidisciplinare, per garantire la qualità metodologica e l’efficacia degli interventi.

«Questo è un progetto molto ambizioso – ha sottolineato durante il workshop Giovanna Tramonte, presidente della di Mazara del Vallo – un progetto importante, la cui bellezza sta nel fatto che ha saputo inserirsi lì dove le Istituzioni sono carenti, considerata la mancanza di servizi per una completa integrazione che vedono la persona con disabilità come soggetto passivo di iniziative spesso slegate fra loro. I destinatari del Nostro Ciak, infatti, diventano protagonisti. Ringraziamo pertanto la progettista dottoressa Giuseppa Adamo e benvenuti a bordo a tutti i partner».
«Il nostro Ciak -ha spiegato la citata project manager dell’iniziativa Giuseppa Adamo – è un progetto a misura delle diverse espressività e ha finalità ludico-aggregative, per rafforzare le competenze personali e relazionali dei beneficiari, valorizzandone le potenzialità e favorendone l’accesso attivo alla vita culturale e sociale. Ringraziamo dunque il Ministero delle Politiche Sociali e la UILDM di Mazara per la fiducia, oltre naturalmente a tutti i partner che si adopereranno per la riuscita del progetto».
«Fra le attività previste – ha aggiunto Adamo – vorrei segnalare anche la realizzazione di un cortometraggio con il noto regista Giuseppe Gigliorosso, da portare in festival nazionali e internazionali».
«In un momento così tragico come quello presente – ha concluso – ove la vita di migliaia di innocenti è quotidianamente a rischio, questo progetto vuole essere anche un momento di riflessione. Non si può infatti restare inermi di fronte a quanto di orribile sta avvenendo dall’altra parte del Mediterraneo».

Persone presenti all’incontro di Mazara del Vallo

A descrivere dettagliatamente le caratteristiche del progetto, in apertura del workshop di Mazara, che ha visto la partecipazione di molti ospiti della struttura gestita dalla UILDM locale e di una serie di beneficiari dell’iniziativa, è stata la coordinatrice, Anna Capra, presidente dell’ANIS Puglia (Associazione Nazionale di Inclusione Sociale), che ha spiegato: «Il nostro Ciak vedrà coinvolti 100 destinatari in tutta Italia che realizzeranno prodotti artistici, teatrali, giornalistici, cimentandosi anche nel fare gli speaker in una radio. Il progetto avrà una durata di 14 mesi, iniziando a Mazara del Vallo e terminando a Monopoli (Bari), con passaggi e il coinvolgimento di realtà che si occupano di diverse disabilità, costituendo così una rete con l’obiettivo l’inclusione sociale».

Tra gli altri esponenti di partner del progetto intervenuti all’incontro, Antonio Cotura, presidente della FIADDA (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone sorde e Famiglie), ha voluto evidenziare il tema dell’accessibilità e della fruibilità dei servizi nella partecipazione alla vita sociale. «Nell’immaginario collettivo – ha dichiarato a tal proposito – si pensa solo alle barriere architettoniche, ma l’accessibilità in senso lato riguarda le relazioni umane in generale, la fruizione di spazi pubblici. Con Il nostro Ciak, dunque, siamo chiamati tutti a portare conoscenze, esperienze, competenze per rendere questa progettualità conforme ai suoi obiettivi e per renderla divulgabile e replicabile attraverso un criterio di progettazione universale».
Dal canto suo, Emilia Del Fante, presidente della FIADDA Roma, ha aggiunto: «Questo progetto ci tocca il cuore perché rientra nella cultura della FIADDA Roma, impegnata da anni nella promozione delle tecniche cinematografiche fra i giovani, pertanto daremo il nostro forte contributo alla sua riuscita».
Infine, le parole di Andrea Tonucci dell’AVI Umbria (Associazione Vita Indipendente): «Ringraziamo per esser stati coinvolti in questa bellissima iniziativa, stimolante, di prospettiva nazionale. Porteremo la nostra esperienza nello sviluppo di forme di aggregazione, dal lavoro, al tempo libero, alla comunicazione con strumenti innovativi. In bocca al lupo a tutti noi!». (S.B.)

Ringraziamo Francesco Mezzapelle e Ciro Oliviero per la collaborazione.

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Il Registro della Sclerosi Multipla, strumento utile alla ricerca, alle persone e alla sanità pubblica

6 Giugno 2025 - 1:49pm

Strumento utile sia per la ricerca scientifica che per la sanità pubblica, ha compiuto dieci anni il Registro Italiano Sclerosi Multipla, grande database clinico nato da un accordo tra la FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM e l’Università di Bari Aldo Moro. Uno strumento che continua ad evolversi, per generare evidenze scientifiche sempre più robuste e supportare una medicina personalizzata, al servizio delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate L’intervento della professoressa Maria Trojano, presidente del Comitato Scientifico del Registro Italiano Sclerosi Multipla, durante il focus dedicato a quest’ultimo, all’interno del recente convegno di Roma promosso dalla Fondazione FISM, nell’àmbito della Settimana Nazionale della Sclerosi Multipla 2025

Ha compiuto dieci anni il Registro Italiano Sclerosi Multipla (RISM), grande database clinico nato da un accordo tra la FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e l’Università di Bari Aldo Moro, evolutosi nel tempo, estendendo la raccolta dati anche alle patologie affini alla sclerosi multipla (NMOSD e MOGAD) e includendo i casi pediatrici.
Oggi, dunque, il RISM si compone di circa 94.000 persone con sclerosi multipla e patologie correlate, caratterizzandosi come uno dei database più grandi d’Europa in tale àmbito, un risultato che è stato reso possibile grazie la lavoro della Struttura Tecnico Operativa e di Coordinamento (STOC) e al coinvolgimento della rete di 190 Centri Clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale.
«La crescita del Registro – sottolinea la neurologa Maria Trojano, che ne presiede il Comitato Scientifico – è stata resa possibile dall’impegno scientifico, finanziario e organizzativo della FISM. Oggi il RISM si basa su una governance solida e strutturata, con commissioni dedicate e un forte supporto operativo e metodologico».

Nel dettaglio, il RISM raccoglie informazioni su: 94.000 persone con sclerosi multipla (circa il 70% della popolazione italiana con questa malattia); 882 persone con patologie correlate (NMOSD e MOGAD); 6.000 persone con sclerosi multipla a esordio pediatrico; 7.600 donne con gravidanza registrata; 13.400 persone con sclerosi multipla progressiva.
Dal 2014 a oggi, inoltre, il Registro ha supportato 65 studi scientifici (di cui 23 ancora in corso) e prodotto 47 pubblicazioni su riviste internazionali. I 190 Centri Clinici oggi aderenti (45 all’inizio) alimentano costantemente un database dinamico e affidabile, che consente di valutare nel tempo efficacia e sicurezza delle terapie e delle loro sequenze nella vita reale.
«I dati del Registro – aggiunge Trojano – hanno anche consentito l’osservazione di sottogruppi di soggetti che necessitano di campioni di numerosità accettabile per essere realizzate, come le persone over 50 o i ragazzi cui viene diagnosticata la malattia. Ora abbiamo inserito nel Registro anche le cartelle cliniche di persone con NMOSD e MOGAD, che sono patologie rare, ciò che presto consentirà nuovi studi sull’andamento di queste malattie e sull’efficacia e la sicurezza dei nuovi farmaci di recente autorizzati».

In sostanza, i dati longitudinali raccolti dal RISM, molti dei quali coprono un periodo superiore ai dieci anni, permettono di migliorare la qualità della presa in carico clinica, personalizzare i trattamenti, prevedere l’andamento della disabilità, supportare le decisioni regolatorie e sanitarie, orientare nuove sperimentazioni.
«Le ricerche sviluppate in questi anni grazie ai dati del Registro – dichiara Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM – hanno offerto risposte concrete alla comunità scientifica, alle istituzioni e alle persone con sclerosi multipla. Gli studi pubblicati hanno dimostrato nella vita reale l’efficacia dei trattamenti ad alta intensità nel ridurre le ricadute e rallentare la progressione della disabilità».
Il valore scientifico del Registro è stato riconosciuto del resto anche dal Premio Rita Levi Montalcini 2025, assegnato, come abbiamo raccontato anche in altra parte del giornale, al professor Pietro Iaffaldano, proprio per le ricerche svolte sui dati del Registro stesso.
E ancora, va ricordato che la FISM è capofila del Big MS Data Network, che coinvolge i registri nazionali di Danimarca, Svezia, Francia, Repubblica Ceca e Australia (MSBase), con circa 300.000 cartelle cliniche complessive, una rete impegnata in studi PASS (Post Authorisation Safety Studies), che punta al riconoscimento da parte dell’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, per la qualità dei suoi dati sulla sicurezza dei farmaci.
E da ultimo, ma non certo ultimo, il RIMNS è al centro del progetto BARCODING, che integra intelligenza artificiale, dati clinici, biobanche, imaging e Patient Reported Outcomes (PRO), per creare una mappa multidimensionale della malattia, favorendo una medicina sempre più predittiva e personalizzata. «Nei prossimi anni – spiega a tal proposito Battaglia -, i dati del Registro saranno determinanti per l’attuazione di BARCODING, che mira a integrare banche dati e intelligenza artificiale per offrire a ogni persona con sclerosi multipla una presa in carico su misura».

«Il progetto del Registro Italiano Sclerosi Multipla e patologie correlate – conclude il Presidente della FISM -, vista la sua duplice natura di strumento utile per la ricerca scientifica e per la sanità pubblica, risponde in pieno alla mission dell’Agenda della Sclerosi Multipla e Patologie Correlate verso il 2030 sia per la linea di missione relativa alla Ricerca sulla sclerosi multipla, sia per quella su Presa in carico, interdisciplinare e centrata sulla persona. Lanciamo dunque quest’anno la chiamata a tutti gli attori interessati a partecipare alla definizione delle priorità dell’Agenda 2026-2030 e siamo sicuri che la crescita continua del Registro, sempre più vicino a coprire le informazioni cliniche, epidemiologiche e socio-demografiche dell’intera popolazione italiana, possa diventare sempre di più uno strumento prezioso per il monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza e dell’applicazione dei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) per la sclerosi multipla». Parole, quelle di Battaglia, che fanno comprendere come ricordare il decennale del Registro non sia solo una celebrazione, ma segni l’inizio di una nuova fase, in cui tale strumento continuerà a evolversi, per generare evidenze scientifiche sempre più robuste e supportare una medicina personalizzata, al servizio delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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Per diffondere al meglio tutti gli strumenti legislativi a tutela dei diritti delle persone con disabilità

6 Giugno 2025 - 12:17pm

Migliorare la tutela dei diritti delle persone con disabilità, consentendo loro di godere di quanto previsto da ogni strumento legislativo europeo e internazionale, facilitando inoltre l’accesso a un’efficace tutela giurisdizionale, quando le stesse persone con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e intersezionali: a questo punta il progetto transnazionale “LITIS”, che vede quale partner italiano la CILD (Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili) e nel cui àmbito vi sarà una conferenza online il 10 e l’11 giugno Una realizzazione grafica che recita “Disability Rights are Human Rights” (“I diritti delle persone con disabilità sono diritti umani”)

Avviato nel mese di marzo dello scorso anno e in fase di svolgimento fino al prossimo mese di dicembre, con il sostegno finanziario del programma europeo CERV (Citizens, Equality, Rights and Values, “Cittadini, Uguaglianza, Diritti e Valori”), il progetto LITIS (Enhance the knowledge and skills of legal professionals and other stakeholders in using strategic litigation to enforce the rights of persons with disabilities, ossia letteralmente “Migliorare le conoscenze e le competenze dei professionisti legali e di altri soggetti interessati all’uso del contenzioso strategico per far rispettare i diritti delle persone con disabilità”), è un’iniziativa transnazionale realizzata dall’Associazione Pro Refugiu (Romania), dall’Università di Bucarest (Romania), dall’Università di Salamanca (Spagna) e, per il nostro Paese, dalla CILD (Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti Civili).
L’obiettivo è quello di migliorare la tutela dei diritti delle persone con disabilità, consentendo loro di godere di ogni diritto previsto dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e da altri strumenti legislativi europei e internazionali, facilitando inoltre l’accesso a un’efficace tutela giurisdizionale attraverso controversie strategiche, quando le persone con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e intersezionali.

Nell’àmbito di LITIS, dunque, il 10 e l’11 giugno (ore 9.30-17) è in programma una conferenza in modalità online (piattaforma Zoom), durante la quale, come spiegano dalla CILD, verranno affrontati in particolare i seguenti temi: «Come e quando avviare un contenzioso strategico: fasi chiave, raccolta prove, strumenti legali; quadro giuridico internazionale ed europeo, con focus sul diritto dell’Unione Europea e sui meccanismi dell’ONU; strategie di advocacy e comunicazione; analisi di casi attuali e simulazioni giurisprudenziali; collaborazioni tra avvocati, organizzazioni della società civile e altri difensori dei diritti umani».

Durante la due giorni, va ricordato in conclusione, saranno anche presentati e discussi materiali formativi (esercitazioni, checklist, presentazioni) sviluppati dai partner di progetto, ossia, come detto in precedenza, dalla CILD, da Pro Refugiu, dall’Università di Bucarest e da quella di Salamanca. (S.B.)

Per ogni informazione e approfondimento: Elisa Leoni (elisa@cild.eu).

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Il voto delle persone con disabilità o in situazione di malattia: tutte le norme

6 Giugno 2025 - 11:42am

In vista dei cinque referendum dell’8 e 9 giugno, dopo avere riferito nei giorni scorsi delle guide rivolte a persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, prodotte dalle Associazioni ANFFAS e AIPD, segnaliamo oggi, nel sito “Persone con disabilità.it”, una ricognizione sulle varie norme riguardanti il voto di persone con disabilità o in situazione di malattia, ove si parla tra l’altro di voto assistito e di seggi non accessibili

In vista dei cinque referendum per cui si voterà domenica 8 e lunedì 9 giugno (quattro sui temi del lavoro e uno su quello della cittadinanza: tutte le notizie sono disponibili a questo link, nel portale del Ministero dell’Interno), abbiamo riferito nei giorni scorsi (a questo e a questo link) delle guide rivolte a persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, prodotte da ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) e AIPD (Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down).

Per quanto riguarda invece tutte le altre norme riguardanti il voto di persone con disabilità o in situazione di malattia, segnaliamo senz’altro l’ottima ricognizione prodotta nel sito Persone con disabilità.it (a questo link), ove si parla innanzitutto del voto assistito, ossia della possibilità per le persone cieche, amputate delle mani, affette da paralisi o con altro impedimento di analoga gravità, che possono essere accompagnate all’interno della cabina elettorale da un altro elettore.
Ma si parla anche della possibilità, per elettori ed elettrici non deambulanti, di esprimere il diritto al voto presso un’altra sezione del proprio Comune, nel caso che il seggio assegnato non sia accessibile.
E da ultimo, ma non ultimo, c’è anche spazio per la possibilità, da parte delle persone ricoverate in ospedale o in casa di cura, di votare all’interno del luogo di ricovero. (S.B.)

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La scomparsa del regista Mirko Locatelli

6 Giugno 2025 - 11:09am

È scomparso il 31 maggio il regista milanese Mirko Locatelli, che per alcuni anni era stato direttore artistico della Mediateca LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), e che nelle sue opere si era dedicato con particolare attenzione e delicatezza a storie che raccontano la disabilità e l’adolescenza Una bella immagine di Mirko Locatelli

È morto il 31 maggio, dopo una breve malattia, il regista milanese Mirko Locatelli. Aveva diretto film come I corpi estranei, realizzato nel 2013 con Filippo Timi, Isabelle (2018) e La memoria del mondo (2022). Per alcuni anni è stato anche direttore artistico della nostra Mediateca [di LEDHA, N.d.R.] ed era stato tra i promotori del LEDHA Spot Festival, un concorso aperto agli sceneggiatori under 30 per la realizzazione di tre spot pubblicitari per promuovere l’inserimento lavorativo di persone con disabilità. Lo stesso Locatelli aveva poi diretto i tre cortometraggi.

Nato a Milano il 22 ottobre 1974, Locatelli da tempo si era trasferito in provincia di Asti, dove aveva creato una factory con attori e registi e dove si stava preparando a girare il suo nuovo film.
Nelle sue opere, Locatelli ha toccato temi diversi, ma si è dedicato con particolare attenzione e delicatezza a storie che raccontano la disabilità e l’adolescenza. In I corpi estranei segue un padre (Filippo Timi) e suo figlio, aggredito da un cancro al cervello; al centro di Isabelle, interpretato dall’attrice francese Ariane Ascaride, ci sono invece una madre e una figlia, la cui vita viene stravolta dall’incontro con un giovane attraversato da una crisi profonda; La memoria del mondo, infine, è un progetto di ombre che incrocia identità smarrite, eredità e tracce da fare riemergere.

Locatelli viveva, viaggiava, lavorava in sedia a rotelle a causa di un incidente stradale avvenuto quando era adolescente. Ma non parlava quasi mai di questo episodio, ricorda un articolo pubblicato sul «Corriere della Sera». «Dirigere sulla sedia a rotelle non è un problema – ragionava Locatelli -. Allo spettatore, al selezionatore di un festival, non importa se sei agile, scattante, o se sei in carrozzina. Non lo sa e non gli interessa, perché è la tua poetica che viene valutata. Il cinema, da questo punto di vista, realizza la vera uguaglianza». (LEDHA-Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità)

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La scuola e gli studenti con disturbo dello spettro autistico: ciò che serve per un cambiamento reale

5 Giugno 2025 - 6:15pm

«I dati più recenti – scrive Cristina Finazzi – evidenziano come l’autismo sia diffuso in tutte le fasce scolastiche e sottolineano l’importanza di interventi educativi personalizzati e specifici in ogni ordine e grado e di una programmazione strutturale della scuola adeguata, che sappia organizzarsi in anticipo per l’ingresso degli studenti con autismo, evitando atti discriminatori di non accettazione delle iscrizioni o si mostri impreparata quando l’anno scolastico è già avviato»

Noi famiglie con figli nello spettro autistico denunciamo da anni le difficoltà di inserimento e inclusione scolastica, segnalando casi concreti di esclusione e discriminazione.
La scuola, da luogo di crescita e accoglienza, è percepita sempre più come ambiente punitivo e respingente per gli studenti con disabilità e le loro famiglie e quando viene meno la fiducia nelle istituzioni scolastiche, le famiglie stesse sono costrette a rivolgersi anche alla magistratura, con il rischio che esse, stanche di lottare, rinuncino al diritto allo studio dei figli, soprattutto dopo l’obbligo scolastico.
Assistiamo costantemente alla sostituzione dell’alleanza educativa scuola-famiglia con logiche burocratiche e di tutela di meri interessi corporativistici e delle istituzioni, in un contesto scuola teso a valorizzare titoli e competenze, ma che manca spesso di una reale capacità relazionale ed empatica da parte degli adulti, oltre a una specifica formazione sulle diverse modalità di apprendimento e di conseguenza, sulle diverse strategie e approcci di insegnamento.

L’Italia viene spesso citata come esempio di scuola inclusiva, grazie alla Legge 517/77, che ha reso stabile la figura dell’insegnante di sostegno, trasformandola da ruolo itinerante e temporaneo, come previsto dal precedente Documento Falcucci del 1975, a una presenza fissa e imprescindibile nelle classi con alunni con disabilità. Questa scelta, se da un lato ha garantito una continuità e un supporto concreto, dall’altro ha innescato un meccanismo di delega e deresponsabilizzazione della comunità educante nel suo complesso. L’insegnante di sostegno, infatti, è diventato spesso l’unico riferimento per lo studente con autismo, mentre gli insegnanti curricolari e l’intero ambiente scolastico tendono a scaricare su di lui la responsabilità dell’inclusione. Questo modello rischia di ghettizzare lo studente, riducendo la sua partecipazione attiva alla vita della classe e alimentando un isolamento educativo e sociale, ben lungi, dunque, dall’intento normativo di avere figure educative e di sostegno destinate all’intera classe.

La situazione si aggrava ulteriormente per gli studenti con disturbi dello spettro autistico, che rappresentano oggi circa il 32% degli alunni con disabilità nelle scuole italiane, con una crescita esponenziale negli ultimi anni.
Le caratteristiche specifiche dell’autismo — difficoltà comunicative, comportamenti ripetitivi, resistenza al cambiamento — richiedono competenze specialistiche e una didattica flessibile e personalizzata, che spesso mancano a causa di una formazione insufficiente e non specifica del personale scolastico.
Secondo dati recenti, su circa 246.000 insegnanti di sostegno, ben 67.000 non hanno una preparazione specialistica adeguata ad affrontare le esigenze degli studenti autistici. La mancanza di risorse, di supporti tecnologici e di ambienti strutturati e prevedibili, unita a una scarsa interazione con le famiglie e i servizi territoriali, produce esperienze educative frammentarie e poco efficaci.

Nel dettaglio, la distribuzione degli studenti autistici nelle scuole italiane, secondo stime aggiornate, è la seguente:
° Scuola dell’infanzia: una quota significativa degli alunni con disabilità in questa fascia presenta disturbi dello sviluppo psicologico, inclusi i disturbi dello spettro autistico. Circa il 57% degli alunni con disabilità in questa fascia ha disturbi dello sviluppo.
° Scuola primaria: il 41,9% degli studenti con autismo presenta anche disabilità intellettiva. Gli alunni con autismo rappresentano una quota importante degli studenti con disabilità in questa fascia, con una crescita costante negli ultimi anni. Circa il 42% degli studenti con disabilità intellettiva si trova nella scuola primaria.
° Scuola secondaria di primo grado: il 49,8% degli studenti con autismo presenta disabilità intellettiva. Anche qui l’autismo è una delle disabilità più frequenti, con una percentuale rilevante di studenti con disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione.
° Scuola secondaria di secondo grado: la presenza di studenti con autismo è inferiore rispetto ai gradi precedenti, ma comunque significativa, con una quota di studenti con disabilità intellettiva che arriva al 48%.
Pertanto, in termini numerici complessivi, gli studenti con autismo rappresentano circa il 32% del totale degli alunni con disabilità nelle scuole italiane.

Questi dati evidenziano dunque come l’autismo sia diffuso in tutte le fasce scolastiche, con una maggiore concentrazione nella scuola primaria e in quella secondaria di primo grado, e sottolineano l’importanza di interventi educativi personalizzati e specifici in ogni ordine e grado e di una programmazione strutturale della scuola adeguata, che sappia organizzarsi in anticipo per l’ingresso degli studenti con autismo, evitando atti discriminatori di non accettazione delle iscrizioni o si mostri impreparata quando l’anno scolastico è già avviato.

Per superare queste criticità, è per noi fondamentale introdurre in modo strutturato la figura del supervisore ABA come consulente stabile del plesso scolastico (come già si fa per lo psicologo o il pedagogista in molte scuole). Questo professionista, altamente specializzato e con formazione specifica in Applied Behavior Analysis (ABA, appunto, ossia “Analisi applicata del comportamento”), coordina e supervisiona i programmi educativi personalizzati, supportando non solo l’insegnante di sostegno, ma l’intero gruppo docente, dirigenze scolastiche incluse, il personale scolastico, la famiglia e persino i compagni di classe.
Grazie alle nuove tecnologie e ai mezzi di comunicazione — come video, piattaforme digitali e sistemi di monitoraggio a distanza — il supervisore ABA può intervenire efficacemente anche a distanza, offrendo formazione continua, consulenza personalizzata e monitoraggio costante degli interventi. Questo approccio consente di adattare tempestivamente le strategie educative alle esigenze specifiche dello studente con autismo, migliorando la qualità dell’inclusione e la coesione del team educativo.

Quali possono essere, quindi, le proposte per un cambiamento reale?
° Rafforzare la formazione specialistica di tutto il personale scolastico, non solo degli insegnanti di sostegno, con percorsi mirati sulle caratteristiche dell’autismo e sulle strategie educative basate su evidenze scientifiche come l’ABA.
° Promuovere una responsabilità condivisa tra tutti i docenti e il personale scolastico, superando la logica della delega al solo insegnante di sostegno e coinvolgendo attivamente la classe e la comunità scolastica.
° Integrare stabilmente la consulenza del supervisore ABA nel plesso scolastico, utilizzando le tecnologie digitali per garantire un supporto continuo e multidisciplinare.
° Creare ambienti strutturati e prevedibili, con spazi adeguati, materiali didattici personalizzati e supporti visivi e tecnologici, per ridurre l’ansia e facilitare l’apprendimento.
° Favorire la continuità didattica, evitando cambi frequenti di insegnanti e delle figure educative di riferimento, per costruire relazioni di fiducia fondamentali per gli studenti con autismo.
° Costruire una rete integrata tra scuola, famiglia, servizi sanitari e sociali, per garantire un percorso coerente e multidisciplinare.
° Sensibilizzare la comunità scolastica e promuovere una cultura inclusiva che valorizzi la diversità come risorsa, contrastando pregiudizi e isolamento.

Solo così riteniamo che la scuola potrà trasformarsi in vero spazio di crescita, partecipazione e inclusione per tutti gli studenti, garantendo il diritto allo studio e alla piena cittadinanza a tutti gli alunni, inclusi quelli con autismo.

*Madre di un ragazzo con disturbo dello spettro autistico, componente del Comitato Uniti per l’Autismo, organizzazione unitaria lombarda nata nel 2018, comprendente cinquanta Associazioni per l’autismo e migliaia di famiglie lombarde, rappresentandola con una sola voce nei confronti delle Istituzioni regionali e nazionali.

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Il Pellegrinaggio dei Cuori Forti

5 Giugno 2025 - 5:31pm

«Aspettiamo tutti e tutte a San Giovanni Rotondo, per testimoniare concretamente che fede e inclusione camminano insieme»: lo dicono dall’Associazione Gli Amici di San Pio di San Giovanni Rotondo (Foggia), presentando “Il Pellegrinaggio dei Cuori Forti”, evento promosso dal 9 all’11 giugno, in collaborazione con la Federazione FISH, dedicato alle persone con disabilità e ai loro familiari, tra momenti di riflessione, celebrazioni liturgiche e visite guidate, con la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale e associativo

In occasione del presente Anno Giubilare della Speranza, l’Associazione di Promozione Sociale Gli Amici di San Pio di San Giovanni Rotondo (Foggia), in collaborazione con la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), renderà omaggio dal 9 all’11 giugno al Santo Padre Pio attraverso Il Pellegrinaggio dei Cuori Forti, evento dedicato alle persone con disabilità e ai loro familiari.
«Aspettiamo tutti e tutte a San Giovanni Rotondo – dicono dall’Associazione promotrice -, per vivere insieme giornate di spiritualità, accoglienza e condivisione nei luoghi cari a Padre Pio da Pietrelcina. L’obiettivo è testimoniare concretamente che fede e inclusione camminano insieme ed è quanto cercheremo di fare tramite momenti di riflessione, celebrazioni liturgiche e visite guidate, con la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale e associativo».

Rimandando Lettori e Lettrici al programma completo delle tre giornate di San Giovanni Rotondo (disponibile a questo link), segnaliamo qui coloro che interverranno all’incontro in programma nella mattinata del 10 giugno, che sarà aperto da Graziano Serafino Leuzzi, presidente dell’Associazione Gli Amici di San Pio e da Michele Giuliani, direttore amministrativo della Casa Sollievo della Sofferenza, opera voluta da San Pio. Parteciperanno quindi Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH, che si soffermerà sul tema La disabilità come risorsa per la comunità; Pietro Gerardi Violi, componente scientifico del processo di canonizzazione di San Pio (La disabilità in Padre Pio da Pietrelcina); fra Rinaldo Totaro, superiore del Convento dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo (Esperienze di fede e resilienza).

Da ricordare infine che le persone partecipanti saranno accompagnate e assistite durante tutti gli eventi dalle persone dei Papillon Verdi del Centro Sociale Polivalente Emma Francavilla. (S.B.)

Per ogni informazione e approfondimento: Enrico Salvatori (referente Confcommercio di San Giovanni Rotondo), e.salvatori@confcommerciofoggia.it; info@gliamicidisanpio.org.

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Chiara Bruzzese, talento paralimpico tra medaglie e palcoscenico

5 Giugno 2025 - 4:53pm

Sarà Chiara Bruzzese la protagonista della danza paralimpica all’evento “Lo sport di tutti 2025”, in programma dal 6 all’8 giugno a San Donato di Lecce. La campionessa di “danza in carrozzina” – che dal 2023 è entrata anche a far parte del cast dello spettacolo “RUMORE – Dance Tribute a Raffaella Carrà” – rappresenterà in Puglia la scuola Semplicemente Danza di Savona Chiara Bruzzese

Chiara Bruzzese, 32 anni, originaria di Quiliano (Savona), sarà la protagonista della danza paralimpica all’evento Lo Sport di tutti 2025, in programma da domani, 6 giugno, fino a domenica 8, presso il Parco dello Sport, della Musica e della Cultura di San Donato di Lecce. La campionessa di wheelchair dance (“danza in carrozzina”) rappresenterà in Puglia la scuola Semplicemente Danza di Savona.

La danza della determinazione
Diplomata al Liceo della Rovere di Savona in Scienze Sociali, Chiara ha sempre avuto grande determinazione e caparbietà, qualità con cui ha superato numerosi ostacoli. Sin da piccola si è avvicinata allo sport, praticando nuoto ed equitazione. Tra il 2014 e il 2015 è iniziata la sua avventura nella danza paralimpica, trovando in questa disciplina la sua vera forma di espressione.
In questi dieci anni dedicati alla danza in carrozzina, ha costruito un percorso ricco di soddisfazioni, sia in Italia che all’estero. Tra i momenti più significativi, spiccano la vittoria al Polish Open di Varsavia, il trionfo nella Cup of Nations a Bratislava nel 2018 e la medaglia d’oro COMBI all’Inclusive Dance Festival di Mosca nel 2019.
Negli anni più recenti, ha dimostrato ancora una volta il suo valore con il primo posto all’Italian Star Ballet della Spezia nel 2022 e due secondi posti ai Campionati Assoluti Italiani, nel 2021 e nel 2024.

Chiara Bruzzese con Carlo Froi, in scena ai Parchi di Nervi (Genova) nel 2023, con “RUMORE – Dance Tribute a Raffaella Carrà”

Tra danza e palcoscenico
Dal 2023, al percorso sportivo si affianca anche un’importante esperienza artistica. Chiara è entrata infatti a far parte del cast di RUMORE – Dance Tribute a Raffaella Carrà, uno spettacolo ideato e prodotto da Antonella Riboldi Brunamonti, presidente dell’Associazione Culturale Si Può Fare, con la direzione artistica affidata al maestro Sergio Japino, che rende omaggio a una delle icone più amate della cultura pop italiana.
Chiara ha già calcato con emozione il palco dei Parchi di Nervi a Genova, quello del Teatro Sociale di Camogli e anche, nell’aprile scorso, quello del Teatro Ariston di Sanremo l’11 aprile 2025. Ogni esibizione, per lei, è più di una semplice performance, è una narrazione in movimento, un modo autentico di comunicare se stessa e trasmettere il significato più profondo dell’inclusione.

Lo sport di tutti: la festa dell’inclusione
Nel cuore verde di San Donato di Lecce, dunque, il Parco dello Sport, della Musica e della Cultura si prepara ad accogliere una nuova edizione dello Sport di tutti, evento che è molto più di una manifestazione sportiva: è un incontro di storie, talenti e possibilità. Dal 6 all’8 giugno, come detto, atleti e atlete di diverse discipline si alterneranno per celebrare l’inclusione nello sport. In questo contesto autentico e vibrante, la campionessa porterà la sua arte e la sua energia, con una performance che promette di toccare il cuore del pubblico e restituire il senso più vero dell’inclusione: non come parola astratta, ma come esperienza vissuta.
Animata da una volontà incrollabile, Chiara rinnova con costanza il proprio impegno quotidiano nell’allenamento, guidata dal desiderio di superare se stessa e di crescere continuamente nel suo percorso di danzatrice.

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“Pensiero Imprudente”: giocare di squadra

5 Giugno 2025 - 1:56pm

«A proposito di gioco di squadra – scrive Claudio Imprudente nella sua rubrica “Pensiero Imprudente” – si tratta di un concetto importante non solo nello sport, ma anche per chi lavora nel campo dell’educazione, dove lo scopo è quello di far passare certi concetti, cioè vincere sul pregiudizio. Un educatore ha la missione di condurre sulla strada dell’autonomia la persona che gli è affidata e questo dovrebbe creare uno spirito di squadra, il che non è sempre scontato»

Sapete cosa mi ha intrigato in questo periodo? Specialmente in questo periodo nel quale il campionato di calcio è finito e i giocatori sono in vacanza, mi sono chiesto “ma cosa ci vuole per fare squadra?”.
Sono andato su Google e mi sono imbattuto in un video di Julio Velasco. Vi chiederete: ma chi è? Velasco è un allenatore di pallavolo e dirigente sportivo argentino naturalizzato italiano, commissario tecnico della Nazionale Femminile Italiana.
Detto questo, ho approfondito il suo “pensiero filosofico” e sono rimasto molto affascinato dalle sue considerazioni, anche perché l’ho subito collegato al mondo dell’educazione e dell’inclusione dove è necessario fare squadra. Bene, da dove iniziamo? Quali sono gli elementi che caratterizzano una squadra?

Il primo punto è la differenza tra “gruppo” e “squadra”, perché nell’immaginario comune queste due parole esprimono la stessa idea. Invece sono due cose diverse, perché nel gruppo ci sono dei legami personali molto forti, ma questi non sono sempre sufficienti a far vincere una squadra, perché è proprio questo lo scopo di una squadra sportiva: vincere!
Anche per chi lavora nel campo dell’educazione lo scopo è far passare certi concetti, cioè vincere sul pregiudizio. Un educatore ha la missione di condurre sulla strada dell’autonomia la persona che gli è affidata e questo dovrebbe creare uno spirito di squadra, il che non è sempre scontato.

Claudio Imprudente, che cura per Superando la rubrica “Pensiero Imprudente”

In genere si pensa che sia il cosiddetto “spirito di squadra” che rende vincenti, invece questa è una conclusione, qualcosa che si crea più facilmente quando si vince. Velasco afferma che «se il gruppo è unito, ma gioca male non vince. […] Bisogna giocare meglio dell’altra squadra: lo spirito di squadra si crea vincendo, cioè funzionando».
I presupposti per creare lo spirito di squadra sono dunque: un obiettivo, una strategia di gioco e ruoli differenti.

L’ultimo punto è che i giocatori hanno abilità diverse che si integrano, si può essere più bravi/e di altri/e in un ruolo specifico, ma è basilare riconoscere e accettare sia il proprio ruolo che il ruolo altrui.
La responsabilità di ogni azione è condivisa, per cui se un giocatore sbaglia e non segna, la responsabilità non è del singolo, non è “colpa sua”: l’importante è focalizzarsi sulla soluzione complessiva del problema non sulla responsabilità individuale.
Velasco ci fa riflettere su due questioni che sono il fondamento dell’educazione: la necessità di mettere insieme i punti forti di tutti i giocatori, considerandone i punti di debolezza e il concetto di aiuto. I giocatori infatti si aiutano, si supportano perché altrimenti tutto il gioco non funziona, questo non è quindi un surplus, ma è parte integrante del gioco di squadra.
E questo è il punto focale, l’espressione «per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio» è un proverbio africano che sottolinea come la crescita e l’educazione di un bambino siano un impegno collettivo, non solo responsabilità dei genitori: è un gioco di squadra.

E voi sapete giocare di squadra?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo è già apparso nel sito del CDH-Cooperativa Accaparlante di Bologna, con il titolo “Giocare di squadra, ma cosa ci vuole per fare squadra?” e viene qui proposto, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia,  Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson e il recente Scritti imprudenti. Idee e riflessioni intorno alla disabilità (La Meridiana).
Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.

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In Italia, nel 2026, il congresso della Federazione Europea delle Associazioni di Persone con Lesione al Midollo Spinale

5 Giugno 2025 - 1:29pm

A Zagabria, durante il Congresso Annuale dell’ESCIF, la Federazione Europea delle Associazioni di Persone con Lesione al Midollo Spinale, è stato annunciato che ad ospitare il congresso del 2026 sarà l’Italia. Accadrà nell’ultima settimana di maggio al Camping Village Florenz di Comacchio (Ferrara) e il tema centrale sarà “Invecchiare con una lesione midollare” Foto di gruppo per numerosi partecipanti al Congresso di Zagabria della Federazione Europea ESCIF

Si è tenuto quest’anno a Zagabria, capitale della Croazia, il Congresso Annuale dell’ESCIF, la Federazione Europea delle Associazioni di Persone con Lesione al Midollo Spinale, evento di grande rilevanza che ha riunito delegati da oltre venti Paesi del Vecchio Continente. Impeccabile l’organizzazione, curata dall’Associazione croata HUPT, ciò che ha permesso un confronto ricco e costruttivo su esperienze, progetti e buone pratiche nel campo delle lesioni midollari.
Per il nostro Paese, su espressa delega di Vincenzo Falabella, presidente della FAIP (Federazione delle Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale), ha partecipato Slobodan Miletić, rappresentante dell’AUS Montecatone (Associazione Unità Spinale Montecatone) e membro della FAIP stessa, cui è così toccato l’onore di annunciare che nel 2026 sarà proprio l’Italia a ospitare il prossimo congresso dell’ESCIF, nell’ultima settimana di maggio, presso il Camping Village Florenz di Comacchio (Ferrara), struttura situata sulla costa adriatica tra Bologna e Venezia completamente accessibile e immersa in un ambiente naturale, ciò che consentirà di favorire sia i momenti di dibattito che quelli di socializzazione.

Invecchiare con una lesione midollare: sarà questo il tema scelto per l’edizione 2026 del congresso a Comacchio, questione sempre più rilevante in Europa, se è vero che grazie ai progressi medici e riabilitativi, le persone con lesione midollare vivono più a lungo, traguardo che tuttavia comporta una serie di nuove sfide, sintetizzate così dalla FAIP: «Sono sfide legate innanzitutto a cambiamenti fisici e psicologici: l’invecchiamento, infatti, può aggravare alcune complicanze legate alla lesione, quali problemi muscoloscheletrici, disturbi metabolici o difficoltà nella gestione quotidiana. A livello poi dell’autonomia e della qualità della vita, con l’avanzare dell’età diventa più complesso mantenere l’indipendenza, rendendo necessari nuovi modelli di assistenza e supporto. E infine, per quanto riguarda i sistemi sanitari e di welfare, molti Paesi non sono ancora preparati ad affrontare le esigenze specifiche delle persone anziane con disabilità, ciò che richiede politiche più inclusive e sostenibili. Il congresso del 2026 sarà pertanto un’occasione fondamentale per confrontarsi su soluzioni concrete, coinvolgendo esperti, associazioni e persone con lesione midollare, in un’ottica di collaborazione europea».

«La designazione dell’Italia quale Paese ospitante del Congresso ESCIF 2026 – sottolinea il presidente della FAIP Falabella, che è anche consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) – è un riconoscimento importante per il movimento associativo italiano, rappresentato dalla nostra Federazione. Infatti, l’opportunità di riportare il dibattito europeo in Italia dimostrerà ancora una volta la capacità del nostro Paese di confrontarsi con le realtà internazionali su temi cruciali quali l’inclusione e i diritti delle persone con disabilità».
Nei prossimi mesi, dunque, verranno via via comunicati ulteriori dettagli sul programma e sulle modalità di partecipazione, ma per l’intanto la FAIP ringrazia l’ESCIF, l’HUPT e tutti i partecipanti per l’ottima riuscita dell’incontro di Zagabria, dando appuntamento al mese di maggio per il prossimo anno, «per un congresso – viene sottolineato dalla Federazione – che promette di essere un punto di svolta nella discussione sull’invecchiamento con lesione midollare». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@faiponline.it.

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Per un progetto di vita che garantisca le libertà e i diritti delle persone con disabilità

5 Giugno 2025 - 12:57pm

Si intitolerà “Su base di uguaglianza: per un progetto di vita che garantisca le libertà e i diritti delle persone con disabilità” il convegno internazionale promosso per il 10 e l’11 giugno a Torino dall’Università di Torino e dalla Fondazione Time2, e che verrà presentato il 9 giugno nel corso di una conferenza stampa, importante appuntamento che vedrà riunirsi persone esperte e rappresentanti istituzionali di rilievo nazionale e internazionale

Su base di uguaglianza: per un progetto di vita che garantisca le libertà e i diritti delle persone con disabilità: è questo il titolo del convegno internazionale promosso per il 10 e l’11 giugno a Torino (presso La Centrale di Nuvola Lavazza, Via Ancona, 11/A) dall’Università di Torino e dalla Fondazione Time2, in collaborazione con l’Istituto dei Sordi del capoluogo piemontese, avvalendosi del patrocinio della Regione Piemonte, della Città di Torino e della Città Metropolitana di Torino (media partner la testata «La Stampa»).

L’importante appuntamento – che vedrà riunirsi persone esperte e rappresentanti istituzionali di rilievo nazionale e internazionale, per approfondire il tema del progetto di vita delle persone con disabilità nella prospettiva dei diritti, quale strumento di attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, secondo le indicazioni della riforma innescata dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità – verrà presentato il 9 giugno, nel corso di una conferenza stampa presso il Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino (Via Po, 17 o Via Verdi, 8, ore 11.30), cui interverranno Barbara Bruschi, Vicerettrice per la Didattica dell’Università di Torino; Manuela Lavazza, presidente della Fondazione Time2; Cecilia Marchisio, professoressa associata di Pedagogia Speciale e dell’Inclusione all’Università di Torino; Samuele Pigoni, segretario generale della Fondazione Time2. (S.B.)

Per ogni informazione e approfondimento: silviabellucci@bellspress.com.

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Disability Pride Milano: quattro giornate di iniziative, incontri e mobilitazione cittadina

5 Giugno 2025 - 12:31pm

Presentato presso il Comune di Milano (Ente patrocinante) il programma del Disability Pride Milano, la cui quarta edizione si articolerà su quattro giornate di iniziative, incontri e mobilitazione cittadina, con l’appuntamento centrale previsto per il 14 giugno, che vedrà un corteo cittadino arrivare al “Disability Pride Village” Un’immagine dell’incontro di presentazione del Disability Pride Milano 2025

Come segnalato nei giorni scorsi anche sulle nostre pagine, è stato presentato il 3 giugno, presso il Comune di Milano (Ente patrocinante), il programma del Disability Pride Milano 2025 (a questo link è disponibile un approfondimento sui contenuti dell’incontro di presentazione).

La quarta edizione dell’evento, dunque, si articolerà su quattro giornate di iniziative, incontri e mobilitazione cittadina, con l’appuntamento centrale previsto per il 14 giugno, che vedrà un corteo cittadino partire da Via Verdi alle 18 e arrivare al Disability Pride Village in Piazza del Cannone.
In precedenza, il 7 giugno, vi sarà una plenaria generale e una serie di tavoli tematici presso la Biblioteca Chiesa Rossa (Via San Domenico Savio, 3, ore 11-17), e il 12 giugno un laboratorio di cartellonistica presso lo Spazio Mutuo Soccorso di Piazza Stuparich, 18 (ore 16). Infine, il 16 giugno, la cena sociale di chiusura alla cascina Torchiera. (S.B.)

Per ogni informazione e approfondimento: disabilitypridemilanoofficial@gmail.com.

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Cura e assistenza alle persone con disabilità: aggiornare le competenze di chi opera in tale settore

5 Giugno 2025 - 11:57am

Un percorso di formazione online, rapido e gratuito, sui temi della cura centrata sulla persona con disabilità, nonché sulle competenze digitali: è la proposta dell’Associazione AIAS di Bologna, nell’àmbito del progetto europeo “Care4Skills“, rivolta a tutto il territorio nazionale

Un percorso di formazione online, rapido e gratuito, sui temi della cura centrata sulla persona con disabilità, nonché sulle competenze digitali: è la proposta dell’AIAS di Bologna, nell’àmbito del progetto europeo Care4Skills, rivolta a tutto il territorio nazionale.
Quattro moduli e un test finale compongono tale percorso, con i primi due moduli che affrontano tematiche relativi alla centralità della persona nel lavoro di cura e assistenza, mentre altri due moduli approfondiscono il tema delle tecnologie assistive e digitali nei servizi alla persona (si accede al percorso tramite questo link che indirizza alla piattaforma di autoformazione dell’Associazione Europea EASPD).

«Riteniamo questa proposta molto rilevante per tutti gli operatori del settore socio-assistenziale – sottolineano dall’AIAS di Bologna -, fra cui operatori sociosanitari, terapisti della riabilitazione, personale infermieristico, operatori dell’assistenza domiciliare e nelle strutture, assistenti sociali, educatori e animatori, volontari formati e i loro coordinatori e manager».
«Nonostante poi il percorso di formazione possa essere fatto in completa autonomia in circa 8 ore – aggiungono dall’Associazione -, per la nostra esperienza momenti di condivisione possono aumentare il valore degli apprendimenti. Per questo abbiamo organizzato 6 corsi estivi di informazione e supporto alla formazione e al test finale, aperti a tutti quelli che si vogliano impegnare ad approfondire le tematiche descritte, con 3 incontri online nell’arco di 2 settimane. Ci sembra questa un’ottima opportunità per poter accedere al materiale formativo, potendo contare sulla motivazione di un gruppo e sul supporto da noi offerto nella comprensione e nell’accesso alla piattaforma digitale».
Il calendario di queste sessioni si raggiunge accedendo a questo link di iscrizione.
Da ricordare infine che è anche possibile organizzare corsi aggiuntivi con orari da definire congiuntamente, per organizzazioni che intendano aderire con più di 10 operatori. (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione: progetti@aiasbo.it.

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Verso i referendum dell’8 e 9 giugno: le simulazioni di voto dell’AIPD

5 Giugno 2025 - 11:23am

In vista dei referendum dell’8 e 9 giugno, l’AIPD (Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down), oltre a produrre la tradizionale Guida al voto denominata “Il mio voto conta”, ha anche visto già da tempo i propri operatori organizzare incontri formativi nei diversi territori in cui ha sede, fornendo ai partecipanti, anche tramite vere e proprie simulazioni di voto, tutte le necessarie istruzioni pratiche e logistiche Simulazione di voto a cura dell’AIPD (©AIPD)

«Le persone con disabilità intellettiva hanno il diritto e il dovere di votare, ma non tutti lo sanno. Questa nostra Guida nasce per ribadire e rendere esigibile questo diritto: essa rappresenta un “fiore all’occhiello” della nostra associazione, che riconosce autonomia, partecipazione e quindi cittadinanza attiva come valori fondamentali e imprescindibili. Si tratta di un’iniziativa che riscuote sempre un grande successo all’interno non solo della nostra Associazione, ma anche di altre organizzazioni, che la utilizzano per promuovere conoscenza e consapevolezza per l’esercizio di un diritto fondamentale, che deve essere di tutti e di tutte»: così Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down), presenta la Guida al voto per il Referendum dell’8 e 9 giugno, prodotta dalla stessa AIPD, che segnaliamo oggi, dopo avere dato spazio anche a quanto realizzato in tale àmbito dall’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), mentre quanto prima, in  altra parte del giornale, daremo conto delle operazioni di voto riguardanti tutte le altre forme di disabilità.

Tradizionale realizzazione dell’AIPD, denominata Il tuo voto conta, la guida cerca di spiegare in modo semplice, attraverso immagini e parole, i temi e i passaggi perché tutti e tutte possano esercitare consapevolmente il proprio diritto di voto. L’Associazione, in realtà, ha già visto per tutto il mese di maggio i propri operatori organizzare incontri formativi nei diversi territori in cui ha sede: con l’aiuto della Guida, infatti, i partecipanti hanno ricevuto innanzitutto istruzioni pratiche e logistiche sul voto (dove andare, cosa portare, come apporre il voto ecc.), venendo poi aiutati a comprendere il significato dei diversi quesiti, per poter fare la propria scelta consapevolmente.
«Le nostre Sezioni – spiega Francesco Cadelano, autore della guida insieme a Carlotta Leonori, educatore AIPD e referente dei percorsi di educazione all’autonomia dell’Associazione – hanno realizzato e stanno ancora realizzando attività formative, ma anche vere e proprie simulazioni, in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno. Votare non è facile per nessuno, specialmente per una persona con disabilità intellettiva. Pensiamo a quanti passaggi siano necessari per esercitare il voto: ricordarsi di portare la carta di identità e la tessera elettorale; trovare il seggio e la sezione; entrare in cabina stando attenti a non sovrapporre le schede elettorali nel momento del voto; segnare con una croce la propria scelta; infine ripiegare con cura le schede elettorali, perché se si esce dalla cabina con la scheda aperta il voto è nullo. Per aiutare dunque le persone che frequentano la nostra Associazione ad essere pronte, pochi giorni prima delle elezioni, facciamo delle simulazioni di voto nelle nostre sedi, allestendo un vero e proprio seggio elettorale, con cabine, finti scrutatori, finti presidenti di seggio e i facsimile delle schede elettorali che scarichiamo dai siti istituzionali». (S.B.)

Ricordiamo ancora il link cui accedere per la Guida al voto dell’AIPD. Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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Storia di uno “smeraldo nella pietra” del Medioevo, ovvero sull’importanza dell’ambiente

4 Giugno 2025 - 6:15pm

Ambientato nella Germania dei primi anni dell’XI secolo, il libro di Maria Giulia Cotini “Hermannus Contractus. Lo smeraldo di pietra“ fa riflettere sull’importanza dell’ambiente in cui la persona con disabilità è inserita, in questo caso nel Medioevo, ma naturalmente anche per le persone con disabilità di oggi per le quali è fondamentale essere inserite in contesti ricchi di possibilità, di relazioni umane che siano di supporto nello sviluppo delle potenzialità di ognuno

Hermannus Contractus. Lo smeraldo di pietra (Dalia edizioni, 2019) è un libro scritto da Maria Giulia Cotini che racconta una storia di accoglienza, coraggio e condivisione.
Ambientato nella Germania dei primi anni dell’XI secolo, il racconto, la cui lettura è molto scorrevole e piacevole, narra la vicenda di Hermannus, figlio del conte Wolferad di Altshausen: nato con una grave disabilità, viene rifiutato dalla famiglia, solo la madre gli dà un po’ d’amore. È considerato una persona poco intelligente e passa i primi anni della sua vita isolato da tutti e da tutto.
Ancora bambino, viene rinchiuso nel monastero di Reichenau, dove passerà il resto della sua vita; sarebbe potuta essere davvero la fine per Hermanus, se i monaci, in primis l’abate che lo accolse, non fossero andati al di là delle parole del Conte – che lo aveva presentato come del tutto incapace di comprendere la realtà che lo circondava e di interagire con gli altri – e non avessero scoperto le capacità, l’intelligenza di questo bambino, così limitato nel fisico.
Hermannus inizia così un percorso tutt’altro che facile: studierà, lotterà col suo corpo che oltre a gravi impedimenti, spesso gli causa forti dolori, ma riuscirà a fare cose impensabili, come cantare nel coro o, divenuto monaco, sostituire il suo maestro nell’insegnamento. Diventerà musico e astronomo, stupirà papi e imperatori, sarà l’orgoglio del monastero di Reichenau.

Al di là dell’ambientazione medioevale, l’autrice, anche lei persona con disabilità, affronta un tema quanto mai attuale e cioè l’importanza che venga data a ciascuno, al di là delle condizioni di partenza, la possibilità di sperimentarsi, anche di cadere e di fare fatica, di scontrarsi con i propri limiti che a volte sono davvero insuperabili, altre volte, invece, aggirando l’ostacolo si possono superare, scoprendo così potenzialità insperate.
È un libro che fa riflettere sull’importanza dell’ambiente in cui la persona con disabilità è inserita: come la vita di Hermannus avrebbe potuto essere del tutto diversa se fosse rimasto a casa sua, in un ambiente privo di stimoli, che non gli offriva alcuna opportunità, così anche per le persone con disabilità di oggi è fondamentale essere inserite in contesti ricchi di possibilità, di relazioni umane che siano di supporto nello sviluppo delle potenzialità di ognuno.

Maria Giulia Cotini ha fatto emergere anche i vari sentimenti che Hermannus prova nel suo percorso: la paura di aprirsi agli altri, al confronto che evidenzia – a volte impietosamente – i propri limiti, la gioia di nuove relazioni, il dolore per la perdita di un giovane amico. C’è anche il tema dell’assistenza, l’imbarazzo iniziale che sia Hermannus, sia chi lo aiuta prova in certi momenti in cui la cura riguarda la sfera più intima e personale; imbarazzo che poi col tempo lascia il posto alla confidenza e all’amicizia.
Non viene taciuta nemmeno la difficoltà, lo scoramento spesso provato a doversi confrontare con un corpo che non è come vorremmo che fosse, che non ci permette di fare tutto quello che desidereremmo, con cui dobbiamo giungere a dei compromessi.

*Il presente contributo è già apparso nel sito della Federazione LEDHA e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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