DDG n. 1328 del 29 maggio 2024 – RETTIFICA Decreto approvazione graduatoria di merito I e II grado.
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Francesco Bonanno, presidente della FPICB (Federazione Paralimpica Italiana Calcio Balilla) è stato eletto secondo vicepresidente dell’ITSF (International Table Soccer Federation), l’organismo mondiale di riferimento per il calcio balilla.
È la prima volta nella storia dell’ITSF che un italiano arriva a un ruolo tanto prestigioso, nell’àmbito del quale Bonanno sarà responsabile della supervisione dei progetti legati all’inclusione, della promozione del movimento paralimpico e dello sviluppo di nuovi format internazionali, oltre ad essere coinvolto nel coordinamento di eventi e nella collaborazione con le Federazioni Nazionali per rafforzare la presenza globale della Federazione Internazionale.
«La mia candidatura – ha dichiarato tra l’altro il Presidente della FPICB – è stata sostenuta da diverse realtà internazionali e da chi, negli anni, ha visto il lavoro svolto in Italia con la nostra Federazione, che ci ha permesso di raggiungere importanti traguardi, frutto di una collaborazione e dell’impegno di una squadra affiatata che s’impegna senza sosta». (S.B.)
L'articolo Bonanno eletto vicepresidente della Federazione Internazionale di calcio balilla proviene da Superando.
Il “padre” riconosciuto della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa) – approccio alla comunicazione di cui tanto spesso si parla anche sulle nostre pagine – è l’ingegnere e semiologo Charles K. Bliss (1897-1985), nato Carl Blitz, approccio sviluppato nel mondo fin dagli Anni Settanta, grazie all’incontro tra lo stesso Bliss con riabilitatori, pedagogisti e ricercatori, che da allora si sono dedicati allo sviluppo della comunicazione proprio con le persone che non hanno la possibilità di utilizzare il linguaggio verbale a causa di patologie che ne limitano la libertà espressiva.
E sarà proprio la CAA la base di partenza del convegno nazionale denominato La Città del Sole. Progetti e buone pratiche per l’implementazione dell’accessibilità e della partecipazione nei luoghi sociali, promosso in FAD sincrona per il 14 giugno (ore 9-18) dalla Scuola di Comunicazione Aumentativa e Alternativa e Tecnologie Assistive del Consorzio Universitario Humanitas, avvalendosi del patrocinio di AITO (Associazione Italiana di Terapia Occupazionale), AITNE (Associazione Italiana Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva), FNO TSRM PSTRP (Federazione Nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione) e ISAAC Italy.
«Con questo convegno – spiegano i promotori -, oltre a presentare il Manuale redatto dal nostro Gruppo Accessibilità della Scuola, intendiamo far conoscere le migliori esperienze di buone pratiche realizzate in numerosi contesti sociali: servizi, musei, turismo, sport, scuola e molto altro. Questo primo appuntamento, inoltre, è per la nostra Scuola e per il Gruppo di Lavoro l’inizio di un più vasto impegno per la diffusione dei princìpi della Comunicazione Umana, della Partecipazione, oltre ogni barriera linguistica, sociale, oltre ogni pregiudizio: in pratica, la nostra “Città del Sole”!».
Rimandando Lettori e Lettrici al programma completo del convegno (disponibile a questo link), segnaliamo, tra gli altri interventi, anche quello di Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e consiglidere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). (S.B.)
L'articolo Progetti e buone pratiche per implementare accessibilità e partecipazione nei luoghi sociali proviene da Superando.
A metà dello scorso mese di febbraio Autismo fuori dal coro, organizzazione no-profit nata per difendere i diritti e le ragioni delle Persone autistiche e del loro Familiari, che continuano colpevolmente e impunemente ad essere calpestate, ha mosso i primi passi. Ciò è avvenuto con la consapevolezza che non si può continuare ad elemosinare quanto in realtà è dovuto ai nostri figli e a noi, ma c’è la necessità di stabilire un confronto serio e civile con interlocutori altrettanto seri e autorevoli che assicurino, finalmente e prioritariamente, il passaggio dalle promesse ai fatti. Se ciò non avviene, occorre spostare in altre sedi, comprese quelle giudiziarie, un confronto altrimenti inutile.
Coerentemente con questa impostazione, la presidente di Autismo fuori dal coro, Liana Cappato, pochi giorni dopo avere ricevuto il proprio mandato, ha incontrato a Torino, alle 11.30 del 25 febbraio, dalle parti del quarantesimo piano del Palazzo della Regione di Via Nizza, 227, il vicedirettore della Sanità della regione Piemonte, dottor Franco Ripa, e la segreteria dell’ufficio di gabinetto dello stesso assessorato.
Nel corso dell’incontro sono stati discussi, e presentati in un documento, i seguenti temi:
° Rete DAMA.
° Formazione del personale medico e paramedico.
° Gestione della fase post acuzie.
° Centro Regionale Autismo Adulti.
° Centri diurni e residenziali.
° Politiche del lavoro.
° ABA.
Nel dettaglio dei singoli punti (che riassumo in estrema sintesi) è stato sottolineato, dalla presidente Cappato, che occorre urgentemente realizzare la rete DAMA [l’acronimo DAMA sta per “Disabled Advanced Medical Assistance”, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”, N.d.R.], ad oggi inesisteste in Regione. In materia di salute, dunque, si rende necessario avere personale medico e paramedico formato sull’autismo, già dal primo livello dei Pronto Soccorso. Nella fase post acuzie, poi, devono essere creati percorsi atti a garantire una ripresa piena e completa della Persona autistica, che non lasci spazio a frettolose dimissioni che hanno solo un fondamento ragionieristico (di abbattimento dei costi di degenza) anziché clinico. Infine, insieme al Polo Regionale dell’Autismo adulti di Torino (in ogni caso molto carente di risorse umane e materiali), occorre realizzare ambulatori territoriali, in tutte le Province piemontesi, per la valutazione, la diagnosi e l’orientamento di interventi specifici nell’ambito dei disturbi dello spettro autistico.
Per quanto riguarda i Centri diurni e residenziali, dev’esserne potenziato il numero e migliorata la qualità. Autismo fuori dal coro, in ogni caso, ha fatto presente di essere nettamente favorevole al superamento del modello istituzionalizzante. In questo senso è stata sottolineata l’importanza di promuovere e realizzare modelli di vita indipendente che, nel rispetto dei desideri e delle aspirazioni delle persone autistiche e delle loro famiglie, prevedano la creazione di cohousing, case famiglie, gruppi appartamento ecc.
E ancora, rispetto al lavoro, l’imprenditoria pubblica e privata, a giudizio dell’Associazione, dev’essere sollecitata dalla Regione, al fine di rendere possibile la creazione di opportunità lavorative, che tengano adeguatamente conto delle caratteristiche, degli interessi, delle attitudini e delle peculiarità degli Autistici, con particolare attenzione alla cura degli aspetti sensoriali e relazionali.
Sul fronte, infine, dell’ABA (Analisi Applicata del Comportamento), è stato chiesto che le ASL piemontesi, così come viene fatto in altre Regioni, stanzino i fondi necessari per garantire la gratuità di tale terapia alle scuole e alle famiglie che ne facciano richiesta.
Su quanto in oggetto, la presidente Cappato ha chiesto, a fine riunione, di avere risposte scritte al documento (rimasto agli atti e consegnato brevi manu) da lei stessa illustrato, ricevendo in tal senso le più ampie rassicurazioni dal dottor Ripa, che infatti, nel congedarla, ha asserito che al massimo entro tre quattro settimane avrebbe soddisfatto la sua richiesta.
Ad oggi, nel momento in cui scrivo, sono trascorsi 76 (settantasei) giorni, e questo signore non si è degnato di dare un benché minimo riscontro, disattendendo in tal modo una promessa e un impegno fatti non solo, e non tanto, alla presidente Liana Cappato, madre di un giovane autistico adulto, quanto a tutte le persone autistiche e ai Careviger da lei rappresentate.
Mi permetto, come semplice simpatizzante di questa Associazione, e come padre – a mia volta – di un autistico adulto di “livello 3”, di esprimere tutto il rammarico e la più ferma e intransigente condanna di un modo di fare che, per educazione, scelgo di non definire, lasciando a chi legge il compito di farlo.
Si parla troppo spesso, genericamente, di Servizi e Istituzioni, come se si trattasse di “fantasmi”. In realtà dobbiamo imparare che dietro queste parole si nascondono persone in carne ed ossa che, come il signor Ripa, hanno un nome e un cognome. Persone pagate profumatamente per adempiere una funzione e un Servizio che richiedono, oltre ad un’altissima professionalità, anche una forte doverosa propensione di sensibilità e dedizione.
Le Persone autistiche e i loro familiari, già fortemente provate e deluse, meritano attenzione e rispetto, non vuote promesse. Abbiamo il diritto di sapere chi sono e come operano coloro che teoricamente dovrebbero occuparsi di problematiche assai delicate e complesse, come certamente sono quelle che appartengono all’autismo.
Non comprendere questo messaggio comporta il rischio di alimentare sfiducia e discredito, nei confronti di “tutti” i Servizi e di “tutte” le Istituzione laddove, viceversa, non mancano le buone prassi e gli interlocutori perbene cui, non come in questo caso, deve andare il nostro grazie.
L'articolo Quegli impegni traditi proviene da Superando.
«La gestione delle terapie è impegnativa per tutti i cittadini, in particolare per i pazienti fragili e affetti da una o più patologie croniche. Coinvolge anche i familiari, i caregiver, gli infermieri, i medici prescrittori e i farmacisti. La presenza di comorbilità, ovvero la concomitanza di più patologie, spesso comporta l’assunzione simultanea di molti farmaci, aspetto, questo, che diventa particolarmente critico da gestire, ostacolando la corretta assunzione delle terapie e l’efficacia dei trattamenti»: viene presentata così l’indagine civica sull’aderenza terapeutica promossa da Cittadinanzattiva (a questo link un approfondimento sull’iniziativa), che tramite un questionario (raggiungibile a questo link), punta a raccogliere l’esperienza di tutti i soggetti coinvolti, per comprendere meglio le difficoltà e individuare soluzioni efficaci. (S.B.)
Ringraziamo l’Ufficio Comunicazione della UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) per la segnalazione.
L'articolo Un’indagine civica sull’aderenza terapeutica proviene da Superando.
A seguito delle votazioni del 30 maggio scorso e del Consiglio di Giunta nella stessa data, la FISH Emilia Romagna (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e famiglie) ha proceduto a nominare i membri della propria nuova Giunta, con la conferma di Giuliana Gaspari alla Presidenza. Vicepresidenti sono Barbara Bentivogli e Cira Solimene, tesoriera Maria Rita Serra, segretaria Maria Cristina Dieci, mentre gli altri due consiglieri sono Carlo Hanau e Noemi Cornacchia.
Per il Comitato dei Garanti, invece, sono stati eletti Gaspare Vesco, Angelo Dall’Ara e Barbara Righi. (S.B.)
L'articolo Nuova Giunta per la FISH Emilia Romagna proviene da Superando.
«Dopo averlo fatto con l’autismo, con il modello DAMA (“Disabled Advanced Medical Assistance”, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”, N.d.R.] e con i talenti nella cucina italiana, porteremo all’attenzione degli altri Paesi il tema fondamentale del tempo di vita e del tempo ricreativo, ovvero di tutte quelle attività ricreative e occupazionali che vengono svolte in Italia per dare un percorso il più autonomo possibile alle persone con disabilità. A tal proposito, tante realtà associative ed Enti del Terzo Settore testimonieranno il lavoro che svolgono ogni giorno mettendo al centro la Persona»: lo ha dichiarato la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, rispetto alla sua partecipazione in questi giorni alle Nazioni Unite di New York, e fino al 12 giugno, alla 18^ Conferenza Annuale degli Stati Parte della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Ad aprire dunque la partecipazione dell’Italia alla Conferenza, sarà il concerto del gruppo musicale Si Può Fare Band nel pomeriggio di oggi, 9 giugno (ore 18.30), sul piazzale d’ingresso all’interno del compendio del Palazzo delle Nazioni Unite.
Domani, 10 giugno, invece, giornata ufficiale di apertura dei lavori, Locatelli interverrà nella seduta plenaria per illustrare il lavoro che l’Italia sta attuando anche attraverso la riforma sulla disabilità, avviata dalla Legge Delega 227/21, mentre l’11 giugno sarà la volta, di due incontri organizzati dal nostro Paese, il primo dei quali, sul tema Tempo ricreativo, tempo di vita (Conference Room 12 del Palazzo dell’ONU, ore 11.30), sarà co-sponsorizzato da Giappone, Sud-Africa, Tunisia e dall’IDA (International Disability Alliance), con la partecipazione di rappresentanti di Associazioni di persone con disabilità e di Enti del Terzo Settore.
L’altro incontro, intitolato Il diritto ad una vita piena e partecipata e promosso anch’esso dal Ministero per le disabilità (Delegate Dining Room, ore 13.15), consisterà in un laboratorio interattivo, co-sponsorizzato dalla Repubblica Democratica del Congo, e con la partecipazione dell’Arabia Saudita e dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità. Vi parteciperà tra gli altri Irène Esambo Diata, ministro delegato per le persone con disabilità della Repubblica Democratica del Congo, mentre gli esponenti di Associazioni di persone con disabilità e di Enti del Terzo Settore svolgeranno delle dimostrazioni pratiche di attività ricreative e occupazionali, attraverso la pittura, la realizzazione di manufatti, la rilegatura di libri e altro ancora.
Infine, nella giornata conclusiva del 12 giugno Locatelli parteciperà a un incontro organizzato dalla Lega degli Stati Arabi, in collaborazione con Bahrain, Egitto e IDA, sul tema: Entrepreneurship and innovative finance, a support for empowering people with disabilities and enhancing social development policies (“Imprenditorialità e finanza innovativa, un sostegno per l’empowerment delle persone con disabilità e il rafforzamento delle politiche di sviluppo sociale”).
A margine dei lavori della Conferenza sono previsti anche numerosi incontri bilaterali tra la Ministra per le Disabilità e altri Paesi europei ed extraeuropei. (S.B.)
L'articolo La 18^ Conferenza Annuale degli Stati Parte della Convenzione ONU proviene da Superando.
Non è facile per giornalisti e giornaliste parlare di disabilità. Non è facile neppure per giornalisti e giornaliste con disabilità. Anzi, può essere ancora più complicato, perché entra in gioco il vissuto personale e non sempre c’è quel “distacco” dalla notizia che si impone nel racconto di vicende spesso delicate.
Chi fa questo mestiere si dice debba attenersi ai fatti, non mostrare il suo punto di vista, ma aiutare chi legge o ascolta a farsi un’idea propria, senza influenzarla. Diciamo la verità, è impossibile. Nessuno che abbia o meno una disabilità può riuscire nell’impresa di spiegare senza lasciar trasparire il suo pensiero, l’opinione che ha maturato, derivazioni di retaggi culturali, esperienze dirette di vita, sfide e traumi compresi. Lo facciamo anche inconsapevolmente, siamo esseri umani nel bene e nel male, qualcosa di noi tra le righe si legge sempre. E credo non ne sia immune neanche l’intelligenza artificiale che, si dice, un giorno ci “ruberà” il lavoro, perché altro non è che il risultato di fonti scritte da uomini e donne in carne e ossa, rimescolate e riassunte.
Quando ho iniziato a collaborare per le testate giornalistiche, era il 1995, sulla carta stampata ero una “portatrice di handicap”, “handicappata” a volte, io stessa parlando di me e dei miei “simili” usavo questa terminologia che oggi mi fa saltare sulla sedia a rotelle. Ora si dice “persona con disabilità”, bisogna sempre giustamente anteporre la persona. La preposizione “con” non sottrae, non è indice di una carenza, ma aggiunge una caratteristica che rende ogni individuo unico.
Voglio spezzare una lancia a favore della categoria giornalistica, penso che tanti abbiano usato e (purtroppo) ancora usino “portatore di handicap” in buona fede, mettendo al centro l’individuo anche se identificandolo in questo modo sbagliato. È altrettanto vero che oggi non sempre “persona con disabilità” viene utilizzato all’interno di discorsi inclusivi nella sostanza, di fatto a volte rimane un esercizio linguistico, una locuzione corretta che non riesce ad andare oltre. La discriminazione, il pregiudizio, lo stigma si possono intravedere anche quando le parole sono quelle giuste. E può essere vero il contrario.
Desidero fare partecipi Lettrici e Lettori di un piccolo ma significativo episodio che mi ha fatto riflettere. Ho visto online il documentario Con le nostre mani sulla storia di una coppia di persone con disabilità di età avanzata del sud della Sardegna (a questo link è disponibile il trailer e qui il documentario completo. Se ne legga già anche una presentazione pubblicata a suo tempo da Superando). Anna Maria Loi e Giovanni Cossu raccontavano le difficoltà della loro esistenza in un mondo che li respingeva, vedendoli come qualcosa da nascondere, la lotta per vedersi riconosciuti persone degne di rispetto, il bisogno di indipendenza, la ribellione e la volontà di riscatto sociale giudicate inopportune, infine la quotidianità di coppia che è diventata una famiglia con la nascita del figlio Emanuel, regista del documentario.
Mi ha colpito la modernità del loro sguardo, la loro ironia anche, contrapposte ad un linguaggio d’altri tempi, il linguaggio con cui erano cresciuti e che comprendeva quei termini che oggi abbiamo cancellato dal lessico sulla disabilità. Una modernità che in alcuni casi non leggo in discorsi professionali che sì utilizzano le parole corrette, ma non contengono l’onestà, l’assenza di pietismo, il coraggio e la necessità di superare gli stereotipi, mancano insomma di tutto ciò che dovrebbe essere il cuore della corretta comunicazione sulla disabilità.
Non voglio essere fraintesa, le parole sono il mezzo con cui si esprimono le idee, la lente attraverso cui osserviamo il mondo, sono loro che cambiano il modo di pensare e lo fanno modificandosi nel tempo, seguendo la mutata sensibilità sociale.
Quando si è iniziato a parlare di “handicap” è stato un passo avanti rispetto all’“invalidità”, adesso sono entrambe accezioni sorpassate anche a livello normativo, perché sviliscono la persona. In base infatti al Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, la parola “handicap” viene ovunque, nelle normative e nei documenti ufficiali, sostituita dalle parole “condizione di disabilità”, mentre le parole “persona handicappata”, “portatore di handicap”, “persona affetta da disabilità”, “disabile” e “diversamente abile”, ovunque ricorrano, sono sostituite da “persona con disabilità”.
È sacrosanto che chi fa informazione senta la responsabilità di usare un linguaggio che dia una giusta percezione della realtà esistenziale delle persone con disabilità. Siamo noi a dare origine alla rappresentazione offerta all’opinione pubblica, siamo noi, operatori e operatrici del mondo dell’informazione, a contribuire al cambiamento dello sguardo della società su quella fascia di popolazione che ancora viene troppo spesso emarginata perché non “conforme” al mito dell’efficienza che caratterizza l’attuale cultura. Le parole sono importanti, fondamentali, hanno un peso che si fa sentire nel tempo, la scelta di quelle giuste richiede attenzione e male si concilia con la comunicazione moderna, veloce, “mordi e fuggi”, che naviga in rete in un lampo e vince chi trova la coloritura ad effetto, il termine che cattura l’attenzione e spinge chi sta davanti ad uno schermo a cliccare su quella notizia e non su un’altra.
Parlando di disabilità ci sono filoni collaudati: il già citato pietismo, il presunto eroismo di chi vive una condizione di disabilità, il sensazionalismo nei casi di cronaca, le barriere architettoniche utilizzate come se fossero l’unico problema di cui parlare, lasciando indietro assistenza, vita indipendente, servizi sociosanitari, lavoro, scuola eccetera. «Parliamo di barriere architettoniche, ce la caviamo con poco e passiamo oltre…», mi pare, soprattutto guardando alcuni servizi nei telegiornali, che la prassi delle redazioni generaliste sia a volte questa. Può forse essere d’aiuto in questi servizi dire “persone con disabilità” se poi il discorso rimane recluso dentro i soliti luoghi comuni? No, non è sufficiente dire “persone con disabilità”, non basta il “politicamente corretto” per offrire a chi ascolta una visione ampia e reale.
E si possono alimentare opinioni distorte perfino quando si parla di scoperte scientifiche. L’esempio è recente: l’avanzamento delle cure per le persone con lesione midollare, salutato come un evento “epocale e miracoloso”. Questi toni entusiastici che descrivono un seppur importante progresso come fosse la panacea di tutti i mali, non accompagnati da pareri medici, non soltanto inducono a credere che ogni persona che non cammina tornerà a muoversi sulle sue gambe, ma rischiano di generare in uomini e donne con disabilità false aspettative in terapie ancora in fase sperimentale che richiederanno anni prima di essere a disposizione.
È facile trarre conclusioni affrettate e sbagliate se la notizia non viene spiegata con cura, responsabilità, rigore, onestà, verità, consapevolezza e chiarezza. L’ha affermato su questa stessa testata anche Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie): «Il ruolo dei media è cruciale: serve cioè un giornalismo scientifico capace di spiegare la complessità senza banalizzarla, di raccontare le speranze senza trasformarle in illusioni, di mantenere viva l’attenzione su una tematica che merita un dibattito serio e continuativo, non solo qualche titolo a caratteri cubitali in occasione dell’ultima pubblicazione». Questa, aggiungo, è una raccomandazione che riguarda tutto il giornalismo, non soltanto quello scientifico.
Raramente si interpellano i diretti interessati, allora sì che si potrebbe avere una panoramica più chiara, abbattere qualche muro con la forza della realtà raccontata da chi la vive, anche se usa termini obsoleti come nel documentario di Anna Maria e Giovanni. Lì la differenza l’ha fatta questa coppia perché si è lasciato alla loro testimonianza diretta il compito di spiegare. Anteporre le persone significa questo, ascoltarle è la premessa imprescindibile. Lo dice già nel titolo la guida Comunicare la disabilità. Prima la persona, pubblicata nel 2024 dal Coordinamento per le Pari Opportunità dell’Ordine dei Giornalisti e scritta, tra gli altri, dal nostro Antonio Giuseppe Malafarina, che mi ha preceduto alla direzione di Superando. Tutti i giornalisti e le giornaliste dovrebbero tenerla a portata di mano, leggerla per rileggere i fatti sotto una luce nuova, consultarla ogni volta che devono/dobbiamo scrivere di disabilità. Io l’ho letta e mi ha svelato particolari che non avevo mai considerato, soprattutto per quanto riguarda l’informazione riguardante l’autismo e la salute mentale, argomenti che, se possibile, richiedono una perizia ulteriore. Mi sono convinta ancora di più che avere una disabilità non equivale a saperne parlare senza incorrere in errori, se posso scrivere di disabilità motorie (non tutte) con una certa sicurezza perché questo è quello che vivo, non posso avere altrettante certezze riguardo altri tipi di disabilità.
Di recente è uscito un nuovo interessante documento, Vademecum – Informare sulla Salute Mentale, liberamente fruibile/scaricabile a questo link, strumento operativo per trattare questo tema in modo adeguato, nato da un’idea di RAI per la Sostenibilità ESG, sostenuto e condiviso dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dall’ASL Roma 2. Esso ricalca lo schema della citata guida Comunicare la disabilità. Prima la persona, presentando come quest’ultima osservazioni basate sui dati, la storia, la giurisprudenza, gli aspetti clinici e sociali. Anch’essa sottolinea che l’approccio di riferimento deve essere il modello bio-psicosociale della disabilità delineato, nel 2001, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso l’ICF, la Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità ha fatto proprio nel 2006, spiegando chiaramente che «la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri». Non una condizione discriminante di per sé, dunque, ma che la diventa quando si frappongono ostacoli ad una effettiva inclusione.
Nel vademecum non ci sono testimonianze dirette di persone con disturbi mentali, di come vorrebbero essere raccontate. Mi sarebbe piaciuto leggerle per conoscere, da persona e da giornalista, il loro punto di vista.
Per concludere, impegnamoci a scrivere le definizioni corrette che queste utili guide ci insegnano e usiamole per dipingere una tela inclusiva, considerando che le parole disegnano il futuro soltanto quando non si fermano ad un aggiornamento linguistico, seppur necessario, che però da solo non può incidere nella percezione della disabilità. Più parole giuste, dunque, ma anche più attenzione alla sostanza e maggiore partecipazione dei diretti interessati anche in àmbito giornalistico. E noi, giornalisti e giornaliste con disabilità, non riteniamoci esperti in materia soltanto perché, come è naturale che sia, alcune questioni le “mastichiamo” sulla nostra pelle ogni giorno. Ho imparato tanto da Anna Maria Loi e Giovanni Cossu che pure avevano meno strumenti di me e di tanti altri per raccontare senza retorica e con amore per la verità.
*Direttrice responsabile di «Superando». Il presente contributo di riflessione è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
L'articolo Più parole giuste, ma anche più sostanza e maggiore partecipazione dei diretti interessati proviene da Superando.
Si è tenuto il 7 giugno, presso Fabula – Laboratorio di Comunità a Sant’Arpino (Caserta), il congresso della FISH Campania (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), nel corso del quale l’assemblea ha eletto la nuova Giunta dell’organizzazione, impegnata a rafforzare la propria presenza e azione sui territori, nel solco del lavoro portato avanti dal presidente uscente Daniele Romano.
A guidare la nuova giunta sarà dunque Gennaro Pezzurro, nominato presidente regionale, insieme al quale sono stati eletti Maria Rosaria Duraccio, Nicola Longo, Alessia Malasomma, Alessandro Parisi, Raffaele Puzio e lo stesso Daniele Romano. Rinnovato anche il Comitato dei Garanti, formato da Vincenzo Gargiulo, Miriana Di Maio e Angela Lepore.
«Ringrazio la Federazione per la fiducia – ha commentato “a caldo” il neopresidente Pezzurro -. Abbiamo davanti una sfida importante: costruire una Campania più inclusiva, in cui le persone con disabilità siano protagoniste e non spettatrici. Lavoreremo assieme, come squadra, con competenza e passione, per rendere concreta l’attuazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, e dunque dei diritti per le persone con disabilità e le loro famiglie, e per dare voce ai bisogni reali dei territori».
Come ben si evince anche dalle parole di Pezzurro, il congresso della FISH campana è stato l’occasione di confronto sullo stato dei diritti delle persone con disabilità nella Regione e sulle sfide da affrontare nei prossimi mesi, a partire dalla Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, tema sul quale si sono confrontati il presidente nazionale della FISH Vincenzo Falabella, i deputati Stefano Graziano e Gimmi Cangiano, il consigliere della Regione Campania Severino Nappi, il presidente dell’ADIPS Campania (Associazione Dirigenti Politiche Sociali) Carmine De Blasio, la presidente della VI Commissione Politiche Sociali della Regione Campania Bruna Fiola e la portavoce dell’Alleanza contro la Povertà in Campania Melicia Comberiati.
Diamo spazio qui di seguito alle parole di Vincenzo Falabella che, come detto, ha partecipato al congresso tenutosi a Sant’Arpino. (C.O. e S.B.)
Grazie Daniele Romano, buon lavoro a Gennaro Pezzurro
«Questo, per la FISH Campania, è stato un momento di passaggio, ma anche di riflessione profonda sul cammino fatto e sulla responsabilità che ogni nuovo inizio comporta. Dopo dodici anni intensi, vissuti con rigore, passione e una visione chiara, Daniele Romano lascia la presidenza della Federazione Regionale, ma non lascia un vuoto: lascia una direzione, un messaggio forte e non negoziabile che continuerà a guidare l’azione della Federazione per gli anni a venire. Le parole “I diritti delle persone con disabilità non si negoziano”, infatti, non sono uno slogan, ma un vero e proprio principio fondante, parole non retoriche, ma la sintesi di un intero approccio culturale, politico e civile. In un tempo in cui i diritti vengono spesso piegati alle logiche economiche o a visioni parziali della società, ribadire che i diritti delle persone con disabilità non si mettono in discussione significa riaffermare l’essenza stessa della democrazia.
La disabilità non è una condizione marginale, è parte integrante della realtà umana. Difendere i diritti delle persone con disabilità vuol dire garantire il diritto alla vita indipendente, all’istruzione inclusiva, al lavoro dignitoso, alla partecipazione attiva nella comunità. Significa sostenere anche le famiglie, spesso lasciate sole a fronteggiare un sistema frammentato, burocratico, poco attento ai bisogni reali.
Nel corso di questi dodici anni, Daniele Romano ha dato voce proprio a questi diritti fondamentali, facendosi carico di un compito difficile: trasformare la protesta in proposta, la denuncia in azione politica, la vulnerabilità in leva per il cambiamento. E lo ha fatto in una Regione – la Campania – notoriamente complessa, dove i diritti sociali faticano spesso a tradursi in servizi concreti, e dove le diseguaglianze territoriali rendono ancora più evidente il bisogno di giustizia sociale. La sua Presidenza è stata caratterizzata da un profondo lavoro di ricostruzione: della credibilità della Federazione, della sua capacità di incidere, di dialogare con le Istituzioni, ma anche di fare rete tra le Associazioni, con il Terzo Settore, con le famiglie. Ha riportato al centro il protagonismo delle persone con disabilità, riaffermando che nessuna scelta può essere fatta “sulla disabilità” senza il coinvolgimento diretto di chi la vive in prima persona.
Questo ha richiesto coraggio e costanza. Ha significato affrontare battaglie contro l’inadeguatezza dei servizi sociosanitari, contro la mancanza di accessibilità, contro una scuola non sempre inclusiva, contro le barriere – fisiche, culturali e burocratiche – che ancora impediscono la piena partecipazione alla vita sociale. Ma anche lavorare per costruire alleanze, per innovare le politiche pubbliche, per portare la disabilità fuori dal solo ambito assistenziale e dentro una dimensione di piena cittadinanza.
Romano lascia quindi una Federazione più forte, più radicata, più consapevole della propria missione. Ma lascia soprattutto un modello: quello di una leadership che non si accontenta di gestire l’esistente, ma che vuole cambiare, trasformare, migliorare. La sua visione ci ricorda che la disabilità non è un problema da risolvere, ma una condizione della diversità umana che va riconosciuta, rispettata, valorizzata. La sfida non è l’integrazione, ma l’inclusione. Non è l’assistenza, ma l’autonomia. Non è la tolleranza, ma la giustizia.
Oggi, il suo testimone passa nelle mani di Gennaro Pezzurro, cui va un sincero e sentito in bocca al lupo. Il suo compito sarà tanto importante quanto delicato: dare continuità a questo lavoro, ma anche apportare nuove energie, nuove idee, nuovi strumenti per affrontare le sfide che ancora attendono le persone con disabilità in Campania. Pezzurro eredita una responsabilità che non è solo associativa, ma culturale e politica: mantenere viva l’attenzione, costruire alleanze efficaci, promuovere politiche pubbliche inclusive, e garantire sempre che la voce delle persone con disabilità e delle loro famiglie resti centrale.
Dal canto suo, la FISH Nazionale, oggi più che mai, conferma il proprio sostegno alla realtà campana. Il cammino verso il pieno riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità non si compie mai da soli. Serve una rete, serve unità, serve una visione condivisa. La Campania rappresenta un territorio emblematico, e proprio per questo va sostenuto con forza, affinché ciò che è stato costruito in questi dodici anni non solo non venga disperso, ma diventi base solida per ulteriori conquiste.
Grazie dunque a Daniele Romano, per la passione, la coerenza, e la determinazione con cui ha saputo portare avanti questo mandato. Buon lavoro a Gennaro Pezzurro, perché il futuro dei diritti non aspetta. E a tutta la FISH Campania, l’augurio di continuare con coraggio, perché i diritti, davvero, non si negoziano. Mai».
Vincenzo Falabella – presidente nazionale della FISH
(Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie)
L'articolo FISH Campania: il lavoro di dodici anni diventi base solida per ulteriori conquiste proviene da Superando.
Si potrà partecipare fino al 31 luglio alla nuova edizione di due iniziative tradizionalmente promosse dal MAC (Movimento Apostolico Ciechi).
Si tratta del Premio Antonio Muñoz, riservato a studenti ciechi o ipovedenti che abbiano frequentato nell’anno scolastico 2024/2025 la scuola primaria o la scuola secondaria di primo e secondo grado e del Premio Diana Lorenzani, destinato alle scuole e agli Enti del Terzo Settore che nell’ultimo anno abbiano messo in atto azioni e progetti allo scopo di favorire l’inclusione, nella comunità scolastica e sociale, di persone con disabilità grave. (S.B.)
L'articolo La nuova edizione del “Premio Antonio Muñoz” e del “Premio Diana Lorenzani” proviene da Superando.
Presentata oggi, nel corso di una conferenza stampa a Treviso, si terrà domani, 7 giugno e domenica 8, presso La Ghirada – Città dello Sport della città veneta, la XII edizione dello Special Olympics International Unified Basketball Tournament, uno degli eventi più significativi nel panorama sportivo europeo, dedicati alle persone con e senza disabilità intellettive, un torneo che è sì una competizione sportiva, ma anche e soprattutto una vera e propria palestra di inclusione, cultura e cambiamento sociale.
Nato nel 2012 con sole 4 squadre, l’evento è diventato oggi un appuntamento internazionale di riferimento, se è vero che nei prossimi giorni a Treviso le squadre partecipanti saranno 37, di cui 12 provenienti da Paesi stranieri (tra cui Stati Uniti, Belgio, Canada, Finlandia, Germania, Irlanda, Polonia ed Egitto), che daranno vita a un vero e proprio festival della pallacanestro inclusiva, con il coinvolgimento di 450 atleti, suddivisi in sei livelli di abilità, 30 arbitri (di cui 14 stranieri), 90 tra tecnici e accompagnatori, 20 ufficiali di campo, 3 medici, uno staff organizzativo di 50 persone. Il tutto per disputare ben 74 partite in 4 campi all’interno della Ghirada-Città dello Sport, grazie a una solida e appassionata organizzazione, supportata da 44 tirocinanti dell’Università di Verona.
Il torneo si avvarrà del patrocinio di Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, di Special Olympics Europe Eurasia, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Treviso, della FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) e dell’Università di Verona. (S.B.)
A questo link è disponibile un ampio testo di approfondimento sulla conferenza stampa di presentazione del XII Special Olympics International Unified Basketball Tournament. Per ulteriori informazioni: stampa@specialolympics.it (Giampiero Casale).L'articolo Il basket unificato di Special Olympics: una palestra di cambiamento sociale proviene da Superando.
Fa decisamente piacere registrare la grande partecipazione all’incontro formativo Le parole contano. Comunicare la disabilità con rispetto e consapevolezza, promosso presso la propria sede dalla Cooperativa Sociale Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona, in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti delle Marche (se ne legga anche la nostra presentazione). L’evento ha potuto contare infatti sulla presenza di numerosi giornalisti, operatori sociali, comunicatori, cittadini e cittadine, interessati ad approfondire il ruolo del linguaggio nella costruzione dell’immaginario collettivo legato alla disabilità. Un’ottima risposta di pubblico, quindi, che ha confermato l’urgenza e l’interesse verso una comunicazione più consapevole, rispettosa e aderente alla realtà delle persone.
«Un dialogo aperto e stimolante – sottolineano dalla struttura organizzatrice – ha toccato temi centrali come il superamento degli stereotipi, la necessità di evitare semplificazioni e la responsabilità etica di chi comunica, in ogni àmbito, con e sulla disabilità. Attraverso testimonianze, esempi concreti ed esercitazioni, i partecipanti hanno potuto pertanto riflettere su quanto le parole che scegliamo possano influenzare la cultura, le relazioni e le opportunità delle persone con disabilità».
Pregevoli, in tal senso, sono stati gli interventi di Giorgia Sordoni, presidente del Centro Papa Giovanni XXII, di Asmae Dachan, consigliera dell’Ordine dei Giornalisti delle Marche e degli autorevoli ospiti Sara De Carli, giornalista di «VITA non profit magazine», specializzata in temi sociali, disabilità, welfare e Terzo Settore e Claudio Arrigoni, giornalista della «Gazzetta dello Sport» e del «Corriere della Sera», da anni impegnato nel raccontare lo sport paralimpico e i diritti delle persone con disabilità, firma anche di Superando.
L’incontro si è concluso con un pranzo condiviso presso Fricchiò, il servizio di ristorazione solidale del Centro Papa Giovanni XXIII, dove quotidianamente viene promossa l’inclusione sociale e lavorativa anche attraverso il cibo. (S.B.)
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Il workshop intitolato Il nostro Ciak: il progetto e i suoi obiettivi, tenutosi il 29 maggio a Mazara del Vallo (Trapani), ha di fatto segnato l’avvio del progetto denominato appunto Il nostro Ciak, promosso dalla UILDM locale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e selezionato attraverso un Avviso del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, riguardante iniziative promosse ai sensi del Codice per il Terzo Settore.
Strutturata per rispondere in maniera integrata ai bisogni di giovani tra i 18 e i 29 anni con disabilità e in situazioni di svantaggio socio-economico, l’iniziativa si articola su una serie di interventi educativi e culturali volti a promuovere l’inclusione sociale, attraverso percorsi di comunicazione, formazione e attività teatrali, il tutto avvalendosi del contributo di una rete composta da 11 partner nazionali (Circolo Legambiente Francesco Lojacono di Palermo; FIADDA Roma; FIADDA; AVI Umbria; Associazione Atlantis 27; ANIS Regione Puglia; FISH Nazionale; FISH Calabria; Associazione Insieme Verso Nuovi Orizzonti; Associazione Crescere Insieme; Fondazione Messina–Ente Filantropico) e da un’équipe multidisciplinare, per garantire la qualità metodologica e l’efficacia degli interventi.
«Questo è un progetto molto ambizioso – ha sottolineato durante il workshop Giovanna Tramonte, presidente della di Mazara del Vallo – un progetto importante, la cui bellezza sta nel fatto che ha saputo inserirsi lì dove le Istituzioni sono carenti, considerata la mancanza di servizi per una completa integrazione che vedono la persona con disabilità come soggetto passivo di iniziative spesso slegate fra loro. I destinatari del Nostro Ciak, infatti, diventano protagonisti. Ringraziamo pertanto la progettista dottoressa Giuseppa Adamo e benvenuti a bordo a tutti i partner».
«Il nostro Ciak -ha spiegato la citata project manager dell’iniziativa Giuseppa Adamo – è un progetto a misura delle diverse espressività e ha finalità ludico-aggregative, per rafforzare le competenze personali e relazionali dei beneficiari, valorizzandone le potenzialità e favorendone l’accesso attivo alla vita culturale e sociale. Ringraziamo dunque il Ministero delle Politiche Sociali e la UILDM di Mazara per la fiducia, oltre naturalmente a tutti i partner che si adopereranno per la riuscita del progetto».
«Fra le attività previste – ha aggiunto Adamo – vorrei segnalare anche la realizzazione di un cortometraggio con il noto regista Giuseppe Gigliorosso, da portare in festival nazionali e internazionali».
«In un momento così tragico come quello presente – ha concluso – ove la vita di migliaia di innocenti è quotidianamente a rischio, questo progetto vuole essere anche un momento di riflessione. Non si può infatti restare inermi di fronte a quanto di orribile sta avvenendo dall’altra parte del Mediterraneo».
A descrivere dettagliatamente le caratteristiche del progetto, in apertura del workshop di Mazara, che ha visto la partecipazione di molti ospiti della struttura gestita dalla UILDM locale e di una serie di beneficiari dell’iniziativa, è stata la coordinatrice, Anna Capra, presidente dell’ANIS Puglia (Associazione Nazionale di Inclusione Sociale), che ha spiegato: «Il nostro Ciak vedrà coinvolti 100 destinatari in tutta Italia che realizzeranno prodotti artistici, teatrali, giornalistici, cimentandosi anche nel fare gli speaker in una radio. Il progetto avrà una durata di 14 mesi, iniziando a Mazara del Vallo e terminando a Monopoli (Bari), con passaggi e il coinvolgimento di realtà che si occupano di diverse disabilità, costituendo così una rete con l’obiettivo l’inclusione sociale».
Tra gli altri esponenti di partner del progetto intervenuti all’incontro, Antonio Cotura, presidente della FIADDA (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone sorde e Famiglie), ha voluto evidenziare il tema dell’accessibilità e della fruibilità dei servizi nella partecipazione alla vita sociale. «Nell’immaginario collettivo – ha dichiarato a tal proposito – si pensa solo alle barriere architettoniche, ma l’accessibilità in senso lato riguarda le relazioni umane in generale, la fruizione di spazi pubblici. Con Il nostro Ciak, dunque, siamo chiamati tutti a portare conoscenze, esperienze, competenze per rendere questa progettualità conforme ai suoi obiettivi e per renderla divulgabile e replicabile attraverso un criterio di progettazione universale».
Dal canto suo, Emilia Del Fante, presidente della FIADDA Roma, ha aggiunto: «Questo progetto ci tocca il cuore perché rientra nella cultura della FIADDA Roma, impegnata da anni nella promozione delle tecniche cinematografiche fra i giovani, pertanto daremo il nostro forte contributo alla sua riuscita».
Infine, le parole di Andrea Tonucci dell’AVI Umbria (Associazione Vita Indipendente): «Ringraziamo per esser stati coinvolti in questa bellissima iniziativa, stimolante, di prospettiva nazionale. Porteremo la nostra esperienza nello sviluppo di forme di aggregazione, dal lavoro, al tempo libero, alla comunicazione con strumenti innovativi. In bocca al lupo a tutti noi!». (S.B.)
Ringraziamo Francesco Mezzapelle e Ciro Oliviero per la collaborazione.
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Ha compiuto dieci anni il Registro Italiano Sclerosi Multipla (RISM), grande database clinico nato da un accordo tra la FISM, la Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e l’Università di Bari Aldo Moro, evolutosi nel tempo, estendendo la raccolta dati anche alle patologie affini alla sclerosi multipla (NMOSD e MOGAD) e includendo i casi pediatrici.
Oggi, dunque, il RISM si compone di circa 94.000 persone con sclerosi multipla e patologie correlate, caratterizzandosi come uno dei database più grandi d’Europa in tale àmbito, un risultato che è stato reso possibile grazie la lavoro della Struttura Tecnico Operativa e di Coordinamento (STOC) e al coinvolgimento della rete di 190 Centri Clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale.
«La crescita del Registro – sottolinea la neurologa Maria Trojano, che ne presiede il Comitato Scientifico – è stata resa possibile dall’impegno scientifico, finanziario e organizzativo della FISM. Oggi il RISM si basa su una governance solida e strutturata, con commissioni dedicate e un forte supporto operativo e metodologico».
Nel dettaglio, il RISM raccoglie informazioni su: 94.000 persone con sclerosi multipla (circa il 70% della popolazione italiana con questa malattia); 882 persone con patologie correlate (NMOSD e MOGAD); 6.000 persone con sclerosi multipla a esordio pediatrico; 7.600 donne con gravidanza registrata; 13.400 persone con sclerosi multipla progressiva.
Dal 2014 a oggi, inoltre, il Registro ha supportato 65 studi scientifici (di cui 23 ancora in corso) e prodotto 47 pubblicazioni su riviste internazionali. I 190 Centri Clinici oggi aderenti (45 all’inizio) alimentano costantemente un database dinamico e affidabile, che consente di valutare nel tempo efficacia e sicurezza delle terapie e delle loro sequenze nella vita reale.
«I dati del Registro – aggiunge Trojano – hanno anche consentito l’osservazione di sottogruppi di soggetti che necessitano di campioni di numerosità accettabile per essere realizzate, come le persone over 50 o i ragazzi cui viene diagnosticata la malattia. Ora abbiamo inserito nel Registro anche le cartelle cliniche di persone con NMOSD e MOGAD, che sono patologie rare, ciò che presto consentirà nuovi studi sull’andamento di queste malattie e sull’efficacia e la sicurezza dei nuovi farmaci di recente autorizzati».
In sostanza, i dati longitudinali raccolti dal RISM, molti dei quali coprono un periodo superiore ai dieci anni, permettono di migliorare la qualità della presa in carico clinica, personalizzare i trattamenti, prevedere l’andamento della disabilità, supportare le decisioni regolatorie e sanitarie, orientare nuove sperimentazioni.
«Le ricerche sviluppate in questi anni grazie ai dati del Registro – dichiara Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM – hanno offerto risposte concrete alla comunità scientifica, alle istituzioni e alle persone con sclerosi multipla. Gli studi pubblicati hanno dimostrato nella vita reale l’efficacia dei trattamenti ad alta intensità nel ridurre le ricadute e rallentare la progressione della disabilità».
Il valore scientifico del Registro è stato riconosciuto del resto anche dal Premio Rita Levi Montalcini 2025, assegnato, come abbiamo raccontato anche in altra parte del giornale, al professor Pietro Iaffaldano, proprio per le ricerche svolte sui dati del Registro stesso.
E ancora, va ricordato che la FISM è capofila del Big MS Data Network, che coinvolge i registri nazionali di Danimarca, Svezia, Francia, Repubblica Ceca e Australia (MSBase), con circa 300.000 cartelle cliniche complessive, una rete impegnata in studi PASS (Post Authorisation Safety Studies), che punta al riconoscimento da parte dell’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco, per la qualità dei suoi dati sulla sicurezza dei farmaci.
E da ultimo, ma non certo ultimo, il RIMNS è al centro del progetto BARCODING, che integra intelligenza artificiale, dati clinici, biobanche, imaging e Patient Reported Outcomes (PRO), per creare una mappa multidimensionale della malattia, favorendo una medicina sempre più predittiva e personalizzata. «Nei prossimi anni – spiega a tal proposito Battaglia -, i dati del Registro saranno determinanti per l’attuazione di BARCODING, che mira a integrare banche dati e intelligenza artificiale per offrire a ogni persona con sclerosi multipla una presa in carico su misura».
«Il progetto del Registro Italiano Sclerosi Multipla e patologie correlate – conclude il Presidente della FISM -, vista la sua duplice natura di strumento utile per la ricerca scientifica e per la sanità pubblica, risponde in pieno alla mission dell’Agenda della Sclerosi Multipla e Patologie Correlate verso il 2030 sia per la linea di missione relativa alla Ricerca sulla sclerosi multipla, sia per quella su Presa in carico, interdisciplinare e centrata sulla persona. Lanciamo dunque quest’anno la chiamata a tutti gli attori interessati a partecipare alla definizione delle priorità dell’Agenda 2026-2030 e siamo sicuri che la crescita continua del Registro, sempre più vicino a coprire le informazioni cliniche, epidemiologiche e socio-demografiche dell’intera popolazione italiana, possa diventare sempre di più uno strumento prezioso per il monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza e dell’applicazione dei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) per la sclerosi multipla». Parole, quelle di Battaglia, che fanno comprendere come ricordare il decennale del Registro non sia solo una celebrazione, ma segni l’inizio di una nuova fase, in cui tale strumento continuerà a evolversi, per generare evidenze scientifiche sempre più robuste e supportare una medicina personalizzata, al servizio delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate. (S.B.)
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