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Occupazione e paghe eque per le persone con disabilità, in un mercato del lavoro aperto

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Non è la prima volta che l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, sottolinea la necessità di un programma di Garanzia dell’Unione Europea per l’occupazione e le competenze con disabilità, sulla falsariga della “Garanzia per i Giovani”. Lo ha fatto anche in occasione del Primo Maggio di quest’anno, ricordando ancora una volta i numerosi ostacoli che le persone con disabilità devono affrontare per ottenere un lavoro, o per usufruire di un equo trattamento quando quel lavoro ce l’hanno

Per innumerevoli persone con disabilità in Europa, la Giornata Internazionale dei Lavoratori del Primo Maggio serve a ricordare ancora una volta i numerosi ostacoli che esse devono affrontare per ottenere un lavoro. Solo il 51,3% delle persone con disabilità nell’Unione Europea ha infatti un lavoro, rispetto al 75,6% delle persone senza disabilità, cifra ancora più bassa per le donne con disabilità (tasso di occupazione del 49%) e per i giovani con disabilità (47,4%).
Inoltre, l’Europa presenta anche un evidente divario retributivo tra le persone che lavorano con e senza disabilità e anche qui “a passarsela peggio” sono le donne con disabilità.
Ecco perché, come Forum Europeo sulla Disabilità, riteniamo che l’Unione Europea debba lanciare la Garanzia UE per l’occupazione e le competenze con disabilità.

Non si tratta per altro di un’idea del tutto nuova: l’Unione Europea, infatti, ha uno schema simile per i giovani, ossia la Garanzia per i Giovani, che dalla sua creazione, nel 2013, ha sostenuto oltre 50 milioni di persone, facendo sì che i tassi di occupazione tra i giovani siano in costante crescita.
La Garanzia per l’occupazione e le competenze con disabilità dovrebbe pertanto basarsi proprio sul successo della Garanzia per i Giovani, rendendo disponibili opportunità nel mercato del lavoro aperto (non, quindi, in “laboratori protetti”), aprendosi per altro a persone con disabilità di qualsiasi età, il tutto senza pregiudicare l’idoneità delle persone a continuare a ricevere assegni di invalidità e altri aiuti da parte del proprio Stato, fornendo altresì supporto per mettere in atto i necessari adeguamenti sul posto di lavoro.

In occasione dunque della Giornata Internazionale dei Lavoratori del Primo Maggio, abbiamo voluto invitare con forza l’Unione Europea e gli Stati Membri di essa a rispettare i propri impegni nei confronti delle persone con disabilità e del loro diritto al lavoro. Con un messaggio sintetico potremmo dire: «Vogliamo salari equi in un mercato del lavoro aperto!» e proviamo a immaginare un esempio concreto.
Poniamo che una giovane con disabilità di 32 anni, rimasta fuori dal mercato del lavoro per un lungo periodo di tempo, potesse registrarsi alla citata e auspicata Garanzia UE per l’occupazione e le competenze con disabilità (Disability Employment and Skills Guarantee) presso il proprio ufficio locale per l’impiego. Se quest’ultima iniziativa venisse attuata, i fondi dell’Unione Europea (attinti dal Fondo Sociale Europeo) sarebbero utilizzati insieme ai fondi nazionali per aiutare a pagare la formazione che consentirebbe a quella giovane di trovare lavoro in un settore a lei adatto, o per trovare effettivamente e direttamente una collocazione lavorativa, sovvenzionando il suo stipendio per i primi mesi di lavoro. Questo dovrebbe essere attuato per non più di quattro mesi dopo la suua iscrizione al programma e non dovrebbe avere alcun impatto sulla sua indennità di invalidità o sull’accesso ai servizi. Se poi la giovane avesse bisogno anche di un ausilio o di una tecnologia per poter lavorare, non coperti da sussidi statali, il finanziamento della Garanzia potrebbe supportare il suo datore di lavoro o l’istituto scolastico ad acquisirlo.

*L’EDF è il Forum Europeo sulla Disabilità.

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La Sindone da “guardare” con le dita

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In Piazza Castello a Torino, la Tenda di “Avvolti”, evento organizzato dalla Chiesa torinese per la Festa della Sindone e il Giubileo della Speranza, ospiterà fino al 5 maggio uno speciale plastico della Sindone, con parti in rilievo a diversi livelli, per consentire alle persone con disabilità visive di esplorare tattilmente la figura dell’Uomo della Sindone e, con l’aiuto di una guida, di percepirne l’immagine Visita tattile del plastico della Sindone

In Piazza Castello a Torino, la Tenda di Avvolti evento, quest’ultimo organizzato dalla Chiesa torinese per la Festa della Sindone e il Giubileo della Speranza – ospiterà fino al 5 maggio, insieme alla riproduzione multimediale, anche uno speciale plastico della Sindone, da “guardare” sfiorandolo delicatamente con i polpastrelli. «Un plastico con parti in rilievo a diversi livelli – spiegano i promotori dell’iniziativa -, in corrispondenza dell’impronta sindonica, che consente alle persone con disabilità visive di esplorare tattilmente la figura dell’Uomo della Sindone e, con l’aiuto di una guida, di percepirne l’immagine offrendo un’esperienza sensoriale utile a comprenderne i dettagli e la posizione del corpo».

Nato su impulso di don Giuseppe Chicco, già consulente ecclesiastico del MAC di Torino (Movimento Apostolico Ciechi) e realizzato per l’ostensione giubilare del 2000, il plastico è il risultato di un lavoro di squadra, che ha coinvolto tecnici e specialisti, ma anche persone con disabilità visiva. «Per realizzarlo – spiega Nello Balossino, docente di Informatica all’Università di Torino e vicedirettore del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone – sono state sviluppate tecniche informatiche che trasformano le variazioni di colore e luminosità presenti sul telo in diversi livelli di rilievo. Questo tipo di riproduzione rappresenta tuttora un’innovazione importante nel campo dell’accessibilità culturale, perché favorisce il dialogo tra diverse modalità di fruizione».

Il plastico, va detto ancora, riproduce in scala 1 a 1 la parte del lenzuolo in cui l’uomo appare frontalmente. Grazie dunque a questo strumento, le persone con disabilità visive, aiutate da una guida, riescono a costruirsi una precisa immagine mentale della Sindone, vivendo un’esperienza diretta che, altrimenti, sarebbe loro preclusa.
«Dal 2000 a oggi – racconta Angelo Sartoris, persona con disabilità visiva e volontario del Museo della Sindone – migliaia di persone cieche e ipovedenti hanno sfiorato con le dita l’immagine in rilievo: c’è chi lo ha fatto accompagnato dalla fede, chi in un percorso di ricerca o per semplice curiosità. Tra le tante emozioni raccolte, ricordo la frase di un uomo cieco da sempre e avanti negli anni, che mi disse: “Sono venuto molte volte a pregare davanti alla Sindone, ma adesso ho capito quello che non potevo vedere”».

Un plastico, quindi, estremamente importante per le persone con disabilità visiva, ma che rappresenta certamente un’opportunità di scoperta anche per le persone senza disabilità visive. (S.B.)

Ringraziamo Lorenzo Montanaro per la collaborazione.

Per ogni ulteriore informazione: Ufficio Stampa Diocesi Torino (ufficiostampa@diocesi.to.it).

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Lo sport paralimpico nel libro “Milano Sport System”

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Parte del libro “Milano Sport System. Luoghi, ritratti e storie di una lunga passione popolare” è dedicata anche allo sport paralimpico, nonché agli atleti del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano. E il 5 maggio, a cura di quest’ultimo e dell’UICI di Milano, è in programma nel capoluogo lombardo una presentazione dell’opera alla presenza degli Autori

Il libro Milano Sport System. Luoghi, ritratti e storie di una lunga passione popolare, pubblicato per i tipi di About Cities da Gino Cervi e Sergio Giuntini, «racconta una città – come si legge nella presentazione editoriale – che non ha mai smesso di correre, saltare, nuotare e sognare. Perché a Milano lo sport non è mai stato solo sport: è stato il battito del cuore di intere generazioni». E parte del libro è dedicata anche allo sport paralimpico, nonché agli atleti del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano.
Promossa da quest’ultimo, insieme e presso l’UICI di Milano (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), è in programma per il pomeriggio del 5 maggio (Sala Trani dell’UICI di Milano, ore 17), una presentazione dell’opera, alla presenza degli Autori e con la partecipazione di Alberto Piovani, presidente dell’UICI di Milano e di Francesco Cusati, presidente del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: info@gsdnonvedentimilano.org.

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San Francisco 1977, quando cambiò la storia dei diritti delle persone con disabilità

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«Ricordare il 29 aprile 1977 non è solo un esercizio di memoria: è un monito su ciò che è possibile, quando la determinazione collettiva incontra l’ingiustizia e decide di trasformarla», lo afferma Marta Migliosi, attivista con disabilità, ricordando la più lunga occupazione non violenta che cambiò la storia dei diritti civili delle persone con disabilità negli Stati Uniti. «Le conquiste di ieri – aggiunge – sono il terreno su cui possiamo camminare oggi, ma anche un invito a non smettere di lottare» Centinaia di manifestanti, con e senza disabilità, radunati nella Civic Center Plaza di San Francisco il 4 aprile 1977. La protesta si protrasse anche nei giorni seguenti (fonte: Fondo per l’istruzione e la difesa dei diritti delle persone con disabilità)

Nella primavera del 1977 un gruppo di attivisti e attiviste con disabilità occupò per 28 giorni un edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare a San Francisco. Fu la più lunga occupazione non violenta nella storia dei diritti civili negli Stati Uniti.
Non era una protesta improvvisata, ma il culmine di anni di proteste e della mancata firma, da parte di Joseph Califano, direttore del menzionato Dipartimento Federale, di una disposizione a tutela delle persone con disabilità.
In effetti la legge c’era già: la Sezione 504 del Rehabilitation Act, approvata nel 1973, aveva stabilito infatti che nessuna persona con disabilità potesse essere esclusa da programmi o attività finanziate dal governo federale. Ma nel 1977 quella norma esisteva solo sulla carta. L’attuazione di essa continuava ad essere rinviata dal governo, e la commissione incaricata di definirne l’applicazione era priva di rappresentanti con disabilità.
La riforma citava: «Nessun individuo altrimenti qualificato con disabilità negli Stati Uniti, come definito nella sezione 705 (20) del presente titolo, potrà, esclusivamente a causa della sua disabilità, essere escluso dalla partecipazione, vedersi negare i benefici o essere soggetto a discriminazione nell’ambito di qualsiasi programma o attività che riceve assistenza finanziaria federale o nell’ambito di qualsiasi programma o attività condotta da qualsiasi agenzia esecutiva o dal servizio postale degli Stati Uniti».
Il 5 aprile le proteste scoppiarono in tutto il Paese: Atlanta, Boston, Chicago, Denver, Los Angeles, New York, Philadelphia, Seattle. Ma fu a San Francisco che la lotta prese una forma più ampia e lunga.

A San Francisco, dunque, l’edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare fu occupato da oltre 120 attivisti. La differenza la fecero le alleanze: accanto alle persone con disabilità, infatti, c’erano i Black Panthers, la comunità LGBTQ+, attivisti contro la guerra in Vietnam, movimenti per la pace, contro la povertà e le diseguaglianze. Tra le organizzazioni coinvolte: la Glide Memorial Church, la Gay Men’s Butterfly Brigade, Delancey Street, gli United Farm Workers, le Grey Panthers, i sindacati e delle organizzazioni contro la guerra del Vietnam. Senza queste presenze alleate, non sarebbe stato possibile resistere così a lungo.
All’interno dell’edificio si organizzò una vera e propria comunità autogestita. Cinque gruppi di coordinamento – che si occupavano di cura, cibo, pulizia, sicurezza, comunicazione – erano guidati interamente da persone con disabilità. Le decisioni venivano prese collegialmente, con votazioni e assemblee. Si improvvisarono infermieri, assistenti personali, si costruirono reti di aiuto reciproco.

Decine di dimostranti con e senza disabilità radunati all’interno dell’edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare di San Francisco, nell’aprile 1977 (fonte: AP Images)

Quando l’FBI tagliò l’elettricità, lasciando senza ventilatori e frigoriferi per i farmaci chi ne aveva bisogno, furono il sindacato degli operai e i Black Panthers a intervenire per ripristinare la corrente e portare pasti caldi.
Le forze dell’ordine bloccarono l’edificio, impedendo ogni accesso. Solo dopo uno sciopero della fame collettivo fu concesso l’ingresso a interpreti LIS (Lingua dei Segni), personale medico e assistenti. Le comunicazioni con l’esterno continuarono grazie alla Lingua dei Segni, con messaggi inviati da un edificio all’altro. I media nazionali non parlarono di altro, ma ancora i rappresentanti istituzionali non si fecero sentire.
Mary Jane Owen, una delle donne con disabilità che partecipò all’occupazione, affermò: «Questo è stato il nostro forte. Non dobbiamo abbandonare questa roccaforte finché non sapremo di aver vinto».

Il 29 aprile 1977 Califano firmò finalmente i regolamenti attuativi della Sezione 504 del Rehabilitation Act. Il documento non rappresentava solo una vittoria politica, ma l’esito finale di un’azione collettiva che cambiò la storia delle persone con disabilità.
Da quella lotta emersero alcune tra le figure più importanti nella storia dei diritti delle persone con disabilità – tra cui Judith Heumann, Kitty Cone, la già menzionata Mary Jane Owen e Frank Bowe –, che, anni dopo, diverranno protagoniste nella redazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
«Ci sentivamo come se stessimo agendo per conto di centinaia di migliaia di persone che non potevano essere lì con noi – ricorda Kitty Cone –. Persone istituzionalizzate o bloccate in situazioni di dipendenza».

Ricordare questa storia oggi è fondamentale. Perché dimostra che il cambiamento è possibile, le alleanze possono fare la differenza. Dobbiamo avere chiaro cosa non è più accettabile per noi e su quello fissare una linea sul quale non si torna indietro, così è stato fatto, così si farà. Le conquiste di ieri sono il terreno su cui possiamo camminare oggi. Ma sono anche un invito a non smettere di lottare.

*Attivista con disabilità.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, insieme alle immagini utilizzate, per gentile concessione.

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A proposito del Decreto riguardante la specializzazione sul sostegno

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«Dopo che il recente Decreto Ministeriale riguardante i “Percorsi di specializzazione sul sostegno”, ha portato a una svolta significativa nel panorama della formazione degli insegnanti di sostegno, come Federazione FISH – scrive Vincenzo Falabella – chiediamo, come facciamo da tempo, l’istituzione di una cattedra specifica per il sostegno, misura strutturale che permetterebbe di superare la logica dell’emergenza»

Il recente Decreto Ministeriale recante Percorsi di specializzazione sul sostegno attivati ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2024, n. 106 (disponibile a questo link), accompagnato dai relativi allegati tecnici, rappresenta una svolta significativa nel panorama della formazione degli insegnanti di sostegno. Con misure concrete e obiettivi chiari, il provvedimento punta a sanare una delle principali criticità del sistema scolastico italiano: la presenza di un elevato numero di docenti impegnati sul sostegno privi di adeguata specializzazione.
Il Decreto, infatti, permette finalmente a molti dei circa 100.000 docenti attualmente in servizio sul sostegno senza titolo specifico di intraprendere un percorso formativo strutturato, ciò che rappresenta non solo una chance professionale per gli insegnanti coinvolti, ma soprattutto un primo passo concreto verso un sostegno didattico realmente qualificato per gli alunni e le alunne con disabilità, spesso penalizzati da un sistema che, pur prevedendo l’inclusione, non sempre è in grado di garantirla in modo efficace.

Un’ulteriore novità rilevante è l’aumento del numero dei CFU richiesti (Crediti Formativi Universitari): da una proposta iniziale di 20 CFU, si è passati a 40, e in alcune casistiche fino a 48, scelta, questa, che rafforza la qualità della formazione, rispondendo alla complessità della figura del docente di sostegno, che richiede competenze pedagogiche, didattiche, relazionali e organizzative specifiche.
Ogni CFU corrisponde a 25 ore complessive, distribuite tra lezioni teoriche, attività laboratoriali e studio individuale. Nonostante l’impegno richiesto, il costo dei corsi è stato calmierato: nessun percorso potrà superare i 1.500 euro, una misura volta a rendere più accessibile l’accesso alla specializzazione, evitando discriminazioni economiche.
Tutte le attività, va detto, si svolgeranno online, ma in modalità sincrona, ossia in tempo reale. I partecipanti dovranno quindi essere presenti virtualmente alle lezioni, assicurando un’interazione attiva e un controllo effettivo della frequenza. Tuttavia, non è stata accolta la richiesta della nostra Federazione [FISH-Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, N.d.R.] di svolgere in presenza almeno i laboratori, un aspetto che avrebbe potuto migliorare ulteriormente l’efficacia pratica del percorso.
La direzione scientifica dei corsi sarà affidata a docenti universitari esperti del settore, anche per i percorsi coordinati dall’INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) e questo garantisce un alto livello di serietà accademica e una coerenza metodologica fondamentale per formare docenti realmente preparati ad affrontare le sfide dell’inclusione.
Va ricordato ancora che mentre i corsi erogati dalle Università rilasciano un titolo di specializzazione valido non solo a livello nazionale, ma anche europeo, in conformità con il Sistema ECTS, diversamente, i titoli rilasciati dall’INDIRE avranno validità esclusivamente in Italia, un aspetto da tenere in considerazione per chi guarda anche a prospettive internazionali.

A questo punto, la nostra Federazione, pur accogliendo con favore l’adozione di questo Decreto, invita le Istituzioni a compiere un passo ulteriore. La nostra stessa Federazione, infatti, chiede da tempo l’istituzione di una cattedra specifica per il sostegno, una misura strutturale che permetterebbe di superare la logica dell’emergenza, garantendo tre elementi fondamentali: una formazione iniziale solida, una formazione in servizio continua e mirata, e soprattutto la continuità didattica, che rappresenta un diritto essenziale per tutti gli alunni, ancor più per quelli con disabilità.
La discontinuità del docente di sostegno, ancora oggi una delle principali fragilità del sistema, mina infatti l’efficacia dell’intervento educativo e compromette il percorso di crescita dell’alunno. Solo con un’assunzione di responsabilità piena, stabile e strutturale da parte dello Stato sarà possibile realizzare pienamente il principio di inclusione sancito dalla nostra Costituzione e dalle norme nazionali e internazionali sui diritti delle persone con disabilità.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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Inserimento lavorativo: un incontro in Lombardia per trovare soluzioni

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L’inserimento lavorativo delle persone con disabilità è ostacolato da burocrazia e carenza di strumenti concreti. Il 3 maggio si terrà a Merate (Lecco) un convegno promosso dall’Associazione Movimento Genitori Lombardia, con la partecipazione di esperti e istituzioni, per fornire soluzioni e percorsi pratici

Ostacoli burocratici e mancanza di strumenti concreti pesano sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Per affrontare il tema e fornire risposte concrete, sabato 3 maggio, si terrà a Merate (Lecco) il convegno dal titolo Il lavoro: dovere, diritto e dignità, con coraggio. Per diventare grandi insieme. Nessuno è solo.
Organizzato dall’Associazione Movimento Genitori Lombardia, l’incontro vuole offrire strumenti pratici, normativi e giuridici per facilitare l’accesso al mondo del lavoro, in particolare per i giovani con disabilità e appartenenti a famiglie in condizioni economiche precarie.

Secondo il report 2024 del Servizio Collocamento Mirato e Fasce Deboli della Provincia di Lecco, il numero di iscritti è aumentato, con 2.472 persone registrate, di cui 859 nuovi iscritti, e 599 avviate a un’attività lavorativa. Tuttavia, i percorsi di accompagnamento e orientamento al lavoro devono ancora essere rafforzati per rispondere alla domanda crescente. Durante il convegno del 3 maggio verranno dunque approfonditi temi chiave: diritti, opportunità, percorsi di inserimento, strumenti di orientamento post-scolastico e realtà di offerta presenti sul territorio.

La presidente dell’Associazione Movimento Genitori Lombardia, Sara Anzellotti, evidenzia le difficoltà che molte famiglie incontrano nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, soprattutto per le persone con disabilità intellettiva o disturbi dello spettro autistico. «La burocrazia spesso complica l’accesso agli strumenti di supporto, e l’attenzione dedicata ai minori tende a ridursi nella fase adulta, lasciando le famiglie sole nell’affrontare il futuro lavorativo dei propri cari», spiega Anzellotti.

L’evento, patrocinato da Comune di Merate, Provincia di Lecco, Regione Lombardia, Ambito Merate, Retesalute e Consorzio Erbese, vedrà la partecipazione di esperti e rappresentanti delle principali Cooperative del territorio. L’incontro si terrà presso l’Auditorium Giusi Spezzaferri di Merate (Piazza degli Eroi, 3, ore 15-19), a partecipazione libera. (C.C.)

Per maggiori informazioni: info@movimentogenitorilombardia.it; servizi@gruppoarete.it.

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Tornano “Le erbe aromatiche di AISM”

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Anticipando la Settimana Nazionale di Informazione sulla Sclerosi Multipla di fine maggio, l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), promuoverà nel prossimo fine settimana del 3 e 4 maggio l’ormai tradizionale iniziativa delle “Erbe aromatiche di AISM”, per raccogliere fondi che contribuiranno concretamente ad implementare i servizi di assistenza per le persone con sclerosi multipla e patologie correlate, oltre a sostenere la ricerca scientifica

Anticipando la Settimana Nazionale di Informazione sulla Sclerosi Multipla di fine maggio, l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), promuoverà nel prossimo fine settimana del 3 e 4 maggio, in circa 500 piazze d’Italia e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, l’ormai tradizionale iniziativa delle Erbe aromatiche di AISM, distribuendo appunto kit contenenti una selezione di due piante di erbe aromatiche (in cambio di una donazione di 12 euro).
I fondi raccolti contribuiranno concretamente ad implementare i servizi di assistenza per le persone con sclerosi multipla e patologie correlate, oltre a sostenere la ricerca scientifica. A supporto inoltre dell’iniziativa, vi è anche il numero solidale 45512, che riguarderà in particolare Neurobrite, Polo di Ricerca in Neuroriabilitazione presso la sede nazionale dell’AISM a Genova. (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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L’impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone con disabilità

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“Intelligenza artificiale, domotica e digitalizzazione – L’impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone con disabilità”: è il convegno promosso per il 5 maggio, presso il Porto di Reggio Calabria, nell’ambito delle iniziative volute dalla Ministra per le Disabilità Locatelli per il Tour Mediterraneo della Nave “Amerigo Vespucci”

Intelligenza artificiale, domotica e digitalizzazione – L’impatto delle nuove tecnologie sulla vita delle persone con disabilità: è questo il titolo del convegno promosso per la mattinata del 5 maggio (ore 11), presso il Porto di Reggio Calabria (Banchina di Ponente), nell’ambito delle iniziative volute dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli per il Tour Mediterraneo della Nave Amerigo Vespucci.
Dopo i saluti istituzionali di Caterina Capponi, assessora della Regione Calabria, saranno due i momenti previsti (Digitalizzazione e intelligenza artificiale. Servizi migliori e più accessibili e Buone pratiche: domotica e riabilitazione), ai quali interverranno Diego Borella, capo della Segreteria Tecnica per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio; Alessandro Moricca, amministratore unico di PagoPa; Davide Ferraro, Engagement Manager – Disability Alliance EMEA Interim Lead – Google Italia; Francesco Carlo Morabito, professore ordinario all’Università Mediterranea di Reggio Calabria; Mariagrazia Santi, ricercatrice del Centro Protesi INAIL; Alberto Dellacasa Bellingegni, Technical Project Manager – R&D Senior Engineer di INAIL; Stefano Regondi, Direttore NLAB Research Center presso ASST GOM Niguarda; Irma Missaglia, presidente di Sim-patia (Abili a vivere). (S.B.)

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Una fiera-evento dedicata a chi si prende cura degli altri

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Il “caregiving”, ovvero il prendersi cura di una persona non autosufficiente, è il pilastro invisibile dell’assistenza in Italia. Dall’8 al 10 maggio, alla Fiera di Pordenone, ci sarà un evento interamente dedicato a chi assiste persone anziane, fragili e con disabilità: “104 – The Caregiving Expo”. La manifestazione biennale riunirà professionisti e caregiver per un confronto su pratiche, innovazioni e strategie per migliorare la qualità della vita delle persone anziane, fragili e con disabilità

Il caregiving è il pilastro invisibile dell’assistenza in Italia a milioni di persone. Dall’8 al 10 maggio, alla Fiera di Pordenone, è in programma un evento interamente dedicato a chi si prende cura delle persone anziane, fragili e con disabilità: 104 – The Caregiving Expo. Questa manifestazione, con cadenza biennale, si rivolge a una vasta gamma di professionisti e assistenti: caregiver professionali, infermieri, operatori sociosanitari, medici, assistenti domiciliari, responsabili di strutture sanitarie e assistenziali, ma anche caregiver familiari e volontari, oltre agli utenti finali.

L’obiettivo è migliorare la qualità della vita di chi necessita di supporto e di chi lo offre: infatti la fiera offre uno spazio di dialogo e scambio di esperienze tra aziende, professionisti e strutture specializzate, mettendo in mostra le migliori pratiche, innovazioni tecnologiche e nuove strategie terapeutiche per migliorare la vita delle persone con disabilità e di chi se ne prende cura. Oltre all’area espositiva, il programma includerà una serie di incontri tecnici e scientifici, utili per approfondire i temi dell’assistenza.

L’accesso alla fiera sarà gratuito previa registrazione online o direttamente in fiera. Per agevolare i visitatori, è disponibile un catalogo ufficiale con mappa, lista espositori e programma dettagliato degli incontri. Nei giorni precedenti all’evento, verrà lanciata una campagna su RAI, Canale 5 e TGcom24, per garantire la massima visibilità alla fiera e ai suoi espositori.

Tra gli altri appuntamenti previsti, da segnalare nel pomeriggio di giovedì 8 maggio (ore 14.30), il convegno Consolidamento e innovazione per l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità in Friuli Venezia Giulia, organizzato dalla Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia.
La manifestazione sarà inoltre l’occasione per presentare anche un’innovativa sinergia nel settore del turismo accessibile: infatti, la nota rete impegnata sul tema dell’ospitalità accessibile Village for all – V4A®Vacanza-accessibile.it e Aspassobike.it uniscono le forze per offrire soluzioni inclusive che uniscono ospitalità, mobilità e autonomia, garantendo un’esperienza di viaggio senza barriere. (C.C.)

Per maggiori informazioni, scrivere a: 104caregivingexpo@fierapordenone.it.

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Supporti tecnici alle disabilità: le falle di un sistema da ripensare tutti insieme

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«Le convenzioni stipulate tra le aziende sanitarie e le società che erogano servizi salvavita alle persone che ne hanno bisogno – scrive tra l’altro Stefania Delendati – sono, in base alla mia esperienza, il nodo principale del problema, con responsabilità da entrambe le parti. Gli appalti indetti sono spesso (molto spesso) al ribasso, nel senso che vince chi offre le prestazioni richieste al prezzo più conveniente, quindi capita che si “risparmi” sulla qualità del supporto tecnico fornito agli utenti» «La continuità assistenziale in aree cruciali per la vita come la respirazione e la nutrizione – scrive Stefania Delendati – è ostacolata dalla burocrazia e un banale disservizio si può trasformare in una potenziale emergenza sanitaria per la persona coinvolta e la sua famiglia»

Le disabilità non vanno in vacanza, non conoscono giorni di festa né orari di riposo, non timbrano il cartellino la mattina e non terminano il turno la sera dopo un’altra timbratura. Sono operative 24 ore su 24, 365 giorni all’anno per le persone che le vivono sulla loro pelle e per i loro familiari. A volte servono gli straordinari, quando c’è un problema improvviso, oppure quando la burocrazia ci mette lo zampino e complica situazioni già di per sé non semplici da gestire.
Alcuni tipi di disabilità richiedono supporti tecnici e macchinari indispensabili per la sopravvivenza, ci sono anche bambini e bambine che ne hanno un bisogno vitale. Si tratta di ventilatori polmonari, bombole di ossigeno, aspiratori, macchine per supportare la tosse, pompe per l’alimentazione enterale, strumenti sofisticati che, come tutte le apparecchiature, oltre a necessitare di materiale di consumo che deve essere periodicamente sostituito, sono soggetti a manutenzione e guasti imprevisti. Solo che non è come quando si rompe la TV o un qualunque elettrodomestico, per questi presìdi medici la soluzione non può essere procrastinata perché in molti casi si tratta di una questione di vita o di morte, letteralmente, senza esagerare.
Siccome ritengo che finché si parla a livello teorico si fatica a comprendere determinate problematiche, scendo un po’ più nel dettaglio parlando di me.

Da oltre 35 anni utilizzo nelle ore notturne un ventilatore polmonare che sopperisce alle apnee a cui sono soggetta a causa della mia patologia genetica che indebolisce tutti i muscoli, compresi quelli respiratori. È un problema comune più di quanto si pensi, e io posso considerarmi fortunata, perché ci sono persone che hanno necessità di ventilazione artificiale in maniera continuativa tutto il giorno e tutta la notte. Ora, tornando a me, se una notte per caso il mio ventilatore smette di funzionare, devo chiamare il numero verde della società che ha vinto l’appalto della mia ASL di appartenenza per l’erogazione di queste forniture, e richiedere l’intervento di un tecnico reperibile. È accaduto, niente di drammatico a parte l’agitazione che m’è venuta, il guasto non era grave, il tecnico ha spiegato come risolvere il disguido al telefono e tutto è andato a posto (sorvolo sulla lunga attesa prima di avere una risposta con ansia annessa, si sa come sono i numeri verdi e quelli legati alla sfera assistenziale non fanno eccezione).
È andata peggio ad una mia amica. I ventilatori hanno una batteria incorporata che si aziona automaticamente se viene a mancare la corrente; queste batterie hanno una “data di scadenza” e, anche se funzionano ancora, alla data impostata danno un segnale di allarme continuativo per ricordare che devono essere sostituite. La mia amica questa cosa non la sapeva, nessuno l’aveva informata, e una notte il suo ventilatore polmonare ha iniziato a suonare senza sosta. Ha telefonato e le hanno detto che era appunto l’allarme della batteria scaduta che è stata cambiata il giorno successivo, non la notte stessa, notte che la mia amica ha trascorso in bianco perché non può dormire senza supporto respiratorio e, non dovendo tenere la ventilazione artificiale per più di 16 ore al giorno, in base agli accordi ASL-ditta fornitrice, come me non ha diritto ad un ventilatore di scorta.

Le convenzioni stipulate tra le aziende sanitarie e le società che erogano questi servizi sono, in base alla mia esperienza, il nodo principale del problema con responsabilità da entrambe le parti. Gli appalti indetti sono spesso (molto spesso) al ribasso, nel senso che vince chi offre le prestazioni richieste al prezzo più conveniente, quindi capita che si “risparmi” sulla qualità del supporto tecnico fornito agli utenti. Così, ad esempio, capita che il materiale di consumo annuale non venga consegnato per intero, oppure si sostituisca con qualcosa di differente, un po’ meno caro, senza dire nulla. A me addirittura era stato detto che un dato materiale non era più in produzione, mi sono informata presso il centro medico che mi segue e ho saputo che veniva ancora prodotto. Ho inviato un’e-mail all’ufficio competente della mia ASL che immagino abbia informato la società fornitrice, dal momento che nel giro di due giorni è arrivato quanto mi occorreva!
Confrontandomi con altre persone ho saputo che in alcune zone il materiale annuale non viene quasi mai consegnato correttamente o per intero ed è quasi sempre necessaria almeno una telefonata per avere quello che serve. Alcuni la fanno questa telefonata, ma possono soltanto perché sono al corrente di quanto gli spetta, in altre parole sanno quali e quanti materiali prevede la convenzione ASL-società fornitrice, e se lo sanno è perché in autonomia si sono informati. Non è infatti previsto che agli utenti venga d’ufficio reso noto a cosa hanno diritto e con quale periodicità, un fatto a mio parere assurdo.
Tra le persone che hanno bisogno di questi presìdi ci sono anche anziani che non hanno dimestichezza con telefoni, e-mail, numeri verdi e non riescono a domandare. Si muovono sulla fiducia e temo che alcuni ci rimettano perché non riescono a far sentire la loro voce, il che è molto triste oltre che ingiusto.
Anche una persona giovane, in alcuni periodi della propria vita, potrebbe non essere in grado di difendere i suoi diritti e dovrebbe sottostare allo stato delle cose, senza poter contare sul sostegno di un sistema organizzato e coordinato che funziona come si deve senza bisogno di solleciti. E c’è anche il non secondario problema della personalizzazione delle forniture, pure questo probabilmente dovuto in parte a ragioni economiche, ma che sottintende ancora il pensiero che a persone con gli stessi problemi equivalgano le medesime necessità, dimenticando che ognuno è diverso dagli altri e questo assioma non cambia in presenza di una disabilità. Se l’appalto prevede tot materiale standard e una persona ha bisogno di qualcosa di leggermente differente perché le sue condizioni lo richiedono, anche se c’è un certificato medico che lo dichiara, è molto difficile ottenere una deroga. Mi era stato prescritto un certo modello di ventilatore polmonare, anni fa, ma quello erogato dalla società in convenzione con la ASL non era adatto alle mie esigenze. Lo specialista pneumologo, dopo avermi fatto provare per un pomeriggio intero la macchina “convenzionata”, ha infine scritto una lettera nella quale dichiarava che per me non andava bene e ne ha richiesto un altro tipo. Penso che questa lettera abbia percorso chilometri tra un ufficio e l’altro, sia passata tra le mani di non so quanti dirigenti prima di avere il nullaosta. Nel frattempo mi sono sentita dire che se quel ventilatore andava bene per altri poteva andare bene anche a me, insinuando che il mio fosse un capriccio e non una necessità certificata da un medico. Potete immaginare la mortificazione di sentirsi trattare in questo modo per una richiesta indispensabile di cui, potendo, si farebbe volentieri a meno, ma la salute non lo permette.
Tutto è bene quel che finisce bene? Mica tanto. Per quel ventilatore extra convenzione non si presentava mai nessun tecnico per la manutenzione ordinaria, prevista due volte all’anno… (altro dettaglio, la cadenza dei controlli dipende dalla convenzione e non tutti gli utenti sanno ogni quanto tempo i tecnici devono testare le apparecchiature, nemmeno viene detto, se non richiesto in maniera esplicita). Mi era stato assicurato che il disguido si sarebbe risolto, finché una notte il ventilatore si è fermato e in sostituzione mi è stato proposto quello che si sapeva non era adatto a me. La faccio breve, ho dovuto minacciare l’intervento di un avvocato e soltanto a quel punto ho risolto. Si è poi appurato che la società fornitrice aveva fatto credere all’ASL di avere effettuato tutte le manutenzioni come da accordi e l’ASL aveva pagato senza battere ciglio, senza una verifica.

Manca dunque un dialogo tra le aziende sanitarie e le aziende fornitrici di presìdi medici, si firma un contratto e si archivia la pratica, ma la complessità della gestione quotidiana a carico delle famiglie non è mai archiviabile, è una pratica sempre aperta sul tavolo. Questo intendevo quando dicevo che vi sono responsabilità da entrambe le parti, da un lato non sempre si trova la dovuta serietà nell’erogazione di servizi essenziali, dall’altra si chiudono gli occhi e si paga con soldi pubblici. Ci tengo a sottolineare questo: soldi pubblici, e quindi di tutti e tutte. E poi al momento del bilancio, per far quadrare i conti si taglia su quegli stessi servizi e altri altrettanto fondamentali.

Mi sono qui concentrata sulla ventilazione artificiale perché è l’àmbito che conosco meglio, però ci sono persone che hanno un bisogno vitale di più ausili e strumenti gestiti da società diverse con cui è necessario interagire con modalità diverse, ognuna ha le sue regole, le proprie modalità operative e tempistiche che in caso di malfunzionamenti o errori non sono rapide come dovrebbero.
La continuità assistenziale in aree cruciali per la vita come la respirazione e la nutrizione è ostacolata dalla burocrazia e un banale disservizio si può trasformare in una potenziale emergenza sanitaria per la persona coinvolta e la sua famiglia. Mi è stato detto che dobbiamo “alzare la voce”, “chiamare i carabinieri”, “fare casino”. Per forza, dico io, nel momento dell’SOS, se nessuno ci ascolta con le buone, bisogna indossare la mimetica e passare alle “maniere forti”. Però non è giusto, non è giusto ed è enormemente stancante dovere sprecare tempo ed energie per rivendicare ciò che ci spetta, è un surplus di fatica e stress per vite nelle quali è difficile trovare la quadratura del cerchio anche quando fila tutto liscio.
Da alcuni anni non ho più problemi, mi auguro che queste non siano le “ultime parole famose” e che la “tregua” duri il più a lungo possibile! È stata anche fortuna, se non c’è un guasto e se il materiale viene consegnato nei tempi e nei modi corretti, non c’è bisogno di scendere in trincea. Però credo che in parte sia anche dovuto al dialogo che con grande sforzo sono riuscita ad instaurare nei periodi di calma, spiegando le mie esigenze che sono le esigenze di tanti e tante, per tentare nel mio piccolo di mettere alcune pezze in un sistema frammentato e distratto, poco incline all’ascolto.
L’universo degli ausili salvavita e di tutto ciò che vi ruota intorno è ancora purtroppo lasciato troppo di frequente alla buona volontà delle famiglie, è inutile negare che permangano situazioni dove chi di dovere non si assume la responsabilità del proprio delicatissimo lavoro da cui dipende l’esistenza di persone fragili alle quali va garantita continuità e sicurezza.
C’è una pluralità di storie ed esperienze dove ogni storia e ogni esperienza merita attenzione da parte di chi deve tutelare la salute dei cittadini e delle cittadine in base alla nostra Costituzione e, aggiungo, secondo coscienza.

*Direttrice responsabile di Superando.

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Persone con gravi disabilità e Vita Indipendente: se ne parlerà a Cecina

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“Persone con gravi disabilità e Vita Indipendente: un paradosso?”: è il titolo di un evento pubblico promosso dall’Associazione Vita Indipendente della Bassa Val di Cecina per il 5 maggio, in corrispondenza con la Giornata Europea della Vita Indipendente. Organizzato a cura di Vincenza Zagaria, psicologa e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione promotrice, l’incontro si svolgerà a Cecina (Livorno), con il coinvolgimento di varie figure istituzionali e dell’associazionismo

Persone con gravi disabilità e Vita Indipendente: un paradosso?: è il titolo di un evento pubblico promosso dall’Associazione Vita Indipendente della Bassa Val di Cecina per il prossimo 5 maggio, data in cui ricorrerà la Giornata Europea della Vita Indipendente.
L’iniziativa, organizzata a cura di Vincenza Zagaria, psicologa e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione promotrice, si volgerà a Cecina (Livorno), a partire dalle 10, nella Sala Primetta Cipolli del Palazzo dei Congressi (Piazza Guerrazzi). Tante le figure istituzionali e dell’associazionismo coinvolte.

Nello specifico porteranno i loro saluti Lia Burgalassi, sindaca del Comune di Cecina; Serena Spinelli, assessora alle Politiche Sociali della Regione Toscana; Sandra Scarpellini, presidente della Società della Salute Valli Etrusche.
A seguire sono previsti i seguenti interventi istituzionali: Vita Indipendente in Toscana: sfide e opportunità da Alberto Zanobini, responsabile del Settore Investimenti per l’Inclusione e l’Accessibilità della Regione Toscana; Simona Salvadori, assessora al Sociale del Comune di Cecina; Storia, finalità e sviluppo, per una vera vita indipendente della già menzionata Vincenza Zagaria; Mariano Gasperini, garante per le persone con disabilità del Comune di Fucecchio (Firenze); Giuliano Coradeschi, componente del Direttivo dell’Associazione Habilia; Erica Viligiardi, responsabile dell’Unità Funzionale del Servizio Sociale, Non Autosufficienza e Disabilità delle Valli Etrusche; Servizi ed interventi per la disabilità nel territorio della Società della Salute Valli Etrusche di Patrizia Mistificato, assistente sociale.
Durante l’ultima parte dell’evento ci saranno gli interventi preordinati di vari componenti dell’AVI Cecina (Associazione Vita Indipendente), vale a dire Luca Meini, vicepresidente, Adriano Bombardi, segretario, Maria Nigro e Gianfranco Cubeddu, soci, Giada Campanino, volontaria e Marida Rusticalli, genitore.
Infine, il compito di trarre le conclusioni sarà affidato a Laura Brizzi, direttrice della Società della Salute Valli Etrusche. (Simona Lancioni)

A questo link è scaricabile la locandina dell’evento. Per ulteriori informazioni: avicecina@gmail.com.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con minime modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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L’abbraccio come metafora della cura

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All’insegna dell’abbraccio inteso quale metafora della cura, a Roma, nei locali del Senato, una pluralità di voci ha recentemente testimoniato la realtà di un modello di assistenza nato dalla volontà dei pazienti stessi, quello dei Centri Clinici NeMO (NeuroMuscular Omnicentre), un modello sviluppato in collaborazione con il sistema sanitario e la comunità scientifica La giovane “Mavi” (Maria Vittoria Belleri), paziente dei Centri Clinici NeMO ed Eugenio Mercuri, direttore scientifico di NeMO Roma per l’Area Pediatrica, durante il recente incontro al Senato

A Roma, nella prestigiosa cornice della Sala Caduti di Nassirya, nei locali del Senato, una pluralità di voci ha testimoniato l’unicità di un modello di assistenza nato dalla volontà dei pazienti stessi e sviluppato in collaborazione con il sistema sanitario e la comunità scientifica.
L’evento, promosso su iniziativa del senatore Francesco Silvestro, presidente della Commissione Parlamentare per le Questioni Regionali, ha visto la moderazione di Francesco Ognibene, caporedattore centrale di «Avvenire», e la partecipazione di Maria Vittoria Belleri, la piccola “Mavi”, paziente dei Centri Clinici NeMO (NeuroMuscular Omnicentre) e la giornalista più giovane d’Italia, con al suo attivo anche un’intervista al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Per me NeMO è casa», ha affermato Mavi, aprendo i lavori con parole semplici, ma cariche di significato, che evidenziano il senso profondo del curare: prendersi cura della persona nella sua interezza. Un concetto che guida l’operato delle otto sedi dei Centri NeMO.

Con 134 posti letto, 10 palestre, oltre 400 professionisti e quasi 20.000 famiglie prese in carico in 17 anni, NeMO ha dimostrato che la scienza e la medicina possono cambiare il proprio approccio, restituendo centralità al paziente e alla sua qualità di vita. Un tema, questo, ribadito, durante l’incontro di Roma, dagli interventi di Marco Rasconi, presidente dei Centri NeMO e della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare); Mario Sabatelli, direttore clinico di NeMO Roma per l’Area Adulti; Eugenio Mercuri, direttore scientifico di NeMO Roma per l’Area Pediatrica e direttore del Dipartimento Scienze della Salute della Donna, del Bambino e di Sanità Pubblica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli; Francesca Pasinelli, consigliera della Fondazione Telethon e vicepresidente dei Centri NeMO; Paolo Lamperti, direttore generale del network NeMO.

Il modello NeMO si basa su un sistema di relazioni a “geometria variabile”, in grado cioè di adattarsi alle specificità territoriali per garantire un accesso diffuso ai servizi. Un’esperienza raccontata da Luigi Cajazzo, direttore generale dell’ASST Spedali Civili di Brescia; Rocco Liguori, professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna; Paolo Bordon, direttore generale del Dipartimento Sanità e Servizi Sociali della Regione Liguria; Armando Marco Gozzini, direttore generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche; Jacopo Bonavita, direttore dell’Unità Operativa di Riabilitazione Ospedaliera – Villa Rosa di Trento.

I Centri Clinici NeMO portano il nome e la storia di chi li vive ogni giorno, tra curanti e curati, come hanno dimostrato, durante l’incontro, le testimonianze di Simona Spinoglio, psicologa e specializzanda in psicoterapia presso NeMO Milano e Anna Mannara, nutrizionista di NeMO Napoli, entrambe portatrici di interesse che hanno scelto di mettere al servizio del progetto la loro esperienza professionale e personale.
A rendere ancora più significativo il percorso di NeMO è stato poi il ricordo di Giovanni Nigro, ricercatore campano di fama internazionale e riferimento per le persone con malattie neuromuscolari, cui è dedicato il Centro NeMO Napoli. Un omaggio reso dai figli Vincenzo e Gerardo Nigro, che ne hanno testimoniato l’eredità scientifica e umana.

L’incontro di Roma ha ribadito dunque l’importanza della partecipazione attiva della comunità dei pazienti nella costruzione e nello sviluppo di un modello di cura innovativo. Ne hanno parlato per l’occasione Anita Pallara, presidente nazionale dell’Associazione Famiglie SMA (atrofie muscolari spinali) e Fulvia Massimelli, presidente nazionale dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica).
A rafforzare il messaggio culturale dei Centri NeMO, vi sono stati anche i contributi di Lisa Noja, già deputata, attualmente consigliera della Regione Lombardia e paziente di NeMO e del deputato Fabrizio Benzoni, che hanno sottolineato come il concetto stesso di disabilità possa e debba essere ripensato come una risorsa per la società.

La metafora dell’abbraccio, dunque, all’insegna della quale si è svolta la giornata, si traduce in un impegno collettivo che supera ruoli e competenze per dare vita a una comunità unita dall’unico obiettivo di garantire la migliore qualità di vita possibile a chi convive con patologie neuromuscolari. Perché nei Centri NeMO nessuno è solo, nessuno è un numero, nessuno è “nessuno”. (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni: Ufficio stampa dei Centri Clinici NeMO (Stefania Pozzi), stefania.pozzi@centrocliniconemo.it; Ufficio stampa UILDM (Alessandra Piva e Chiara Santato), uildmcomunicazione@uildm.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con minime modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare

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L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo è una sfida ancora aperta, e il Primo Maggio ricorda l’importanza di garantire diritti e opportunità per tutti e tutte. Con l’iniziativa “PeperonAut, raccontata da Giuseppe Tataranno, presidente dell’ANFFAS di Policoro (Matera), avviamo una serie di interviste coincidenti con esperienze emerse dal “mondo ANFFAS”, per dimostrare che anche per le persone con disabilità cognitiva lavorare non è un privilegio, ma un diritto Foto di gruppo per il progetto “PeperonAut” dell’ANFFAS di Policoro (Matera)

L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo è una questione aperta che attende risposte concrete, e la Festa dei Lavoratori del Primo Maggio è un’occasione per riportarla al centro del dibattito. “Lavoro ergo sum”: ma per troppe persone con disabilità cognitive, questo principio è un’illusione. A partire dalla Maratona ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) del 28 marzo scorso, che ha acceso i riflettori sulle sfide e le opportunità dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità cognitive (ne abbiamo parlato qui), questa serie di nostre interviste si occuperà di alcune esperienze concrete.
Iniziamo dunque con la storia di PeperonAut, progetto raccontato da Giuseppe Tataranno, presidente dell’ANFFAS di Policoro (Matera), dove giovani con disturbi dello spettro autistico trasformano la tradizione culinaria in impresa. Saranno poi altre le iniziative che presenteremo prossimamente, a dimostrare che lavorare non è un privilegio, ma un diritto, il primo passo verso l’autonomia, la dignità e la partecipazione sociale.

Parte da lontano, dalla realizzazione di piccoli laboratori di cucina con ragazzi e bambini con autismo, seguiti da operatori volontari specializzati e dall’esperienza delle nonne il progetto PeperonAut, un laboratorio professionale di lavorazione dei peperoni cruschi con ragazzi con disturbi dello spettro autistico quali dipendenti. Attualmente a che punto siete?
«L’anno scorso abbiamo candidato il progetto al Fondo di Beneficenza di Banca Intesa che ce lo ha finanziato; ci hanno concesso un contributo totale di 80.000 euro. In più abbiamo vinto un Avviso della Regione Basilicata che aspettavamo da due anni e infine è arrivato il Fondo di Inclusione riguardante l’autismo e siamo risultati vincitori. Abbiamo quindi le risorse per poter aprire l’attività. Stiamo aspettando che le maestranze finiscano i lavori. Nel giro di venti giorni penso che potremo pensare all’inaugurazione, anche alla presenza di rappresentanti delle Istituzioni».

Quante persone saranno operative nel laboratorio e cosa faranno di preciso?
«Al momento noi lavoriamo il peperone essiccato, nel senso che va pulito, tagliato, fritto, macinato, oppure dovrà essere fatto in polvere o passato nel cioccolato (ci sarà anche il peperone ricoperto di cioccolato) e in più avremo le confezioni di peperone secco da mettere in vendita, perché c’è una clientela che compra anche il prodotto non fritto e lo frigge a casa».

Le persone con disabilità cognitiva vengono spesso indirizzate verso la ristorazione. Pensi che ci siano reali possibilità di inserimento anche in altri settori?
«I quattro ragazzi che lavoreranno in questa attività hanno tutti una passione diversa: uno è appassionato di libri, uno di cinema, Vincenzo fa anche le recensioni su un suo canale social dei film della Disney, Davide, anche lui, è un appassionato di libri, che si impegnava volontariamente in una biblioteca di un Comune a noi vicino; Antonello, invece, è un vignettista bravissimo, tant’è che su queste loro passioni dobbiamo costruire qualcosa. Nel frattempo, però, proprio per costruire qualcosa, devono lavorare, guadagnare. Hanno 22-23 anni. Guadagneranno il loro stipendio e coltiveranno nel tempo libero le loro passioni. Naturalmente collaboreranno con noi a fare la promozione in giro del prodotto. Abbiamo persino già richiamato l’attenzione del McDonald’s di Policoro. Certo, ci rivolgiamo di più al mercato solidale, all’e-commerce, abbiamo i nostri canali, c’è anche un impegno dell’ANFFAS Nazionale, in vista della prossima campagna di Natale».

Oltre al problema dei fondi, qual è stata la principale difficoltà nel trasformare l’iniziativa da semplice laboratorio a una vera e propria attività lavorativa?
« Oltre ai soldi, c’è la parte burocratica, perché noi apriamo un’attività in tutti i sensi, quindi non è un’attività speciale: basti pensare che occorrono le autorizzazioni sanitarie, i locali giusti. Abbiamo preso un locale da zero, l’abbiamo rimesso a nuovo. Da quando abbiamo iniziato sono passati quasi quattro anni, era un progetto pilota per il quale ci siamo avvalsi della collaborazione e della grande competenza del professor Roberto Keller, che ci supporta ancora, ed è il nostro consulente scientifico.
Non ci fermeremo a questi quattro giovani, il passo successivo è che, poiché una nostra socia ha un biscottificio, i ragazzi produrranno anche i taralli con il peperone. È una cosa bellissima, questa. Noi genitori abbiamo costituito una Cooperativa dove siamo tutti soci, non abbiamo scopi di lucro, a noi interessa esclusivamente supportare i nostri ragazzi ad andare avanti, a fare la loro attività, a lavorare».

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Non chiederti cosa puoi fare per me. Chiediti cosa io posso fare per te!

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«Non chiederti cosa puoi fare per me. Chiediti cosa io posso fare per te»: è il messaggio che l’AIPD (Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down) ha deciso di trasmettere per il Primo Maggio di quest’anno, facendolo coincidere con una specifica campagna che racchiude il senso e il valore dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e nello specifico di quelle con sindrome di Down

«Non chiederti cosa puoi fare per me. Chiediti cosa io posso fare per te»: è questo il messaggio che l’AIPD (Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down) ha deciso di trasmettere per il Primo Maggio e che racchiude il senso e il valore dell’inclusione lavorativa. «Per le persone con sindrome di Down, il lavoro – sottolineano infatti dall’Associazione – non è solo un diritto, ma soprattutto è lo strumento per offrire il proprio contributo alla società. E a lanciare il messaggio per l’occasione sono cinque uomini e donne, giovani e adulti, con sindrome di Down. Tra loro, Massimiliano Padovan, cinquantatreenne che vive a Roma, che frequenta l’AIPD da quando era molto giovane e che da trent’anni lavora al McDonald’s di Piazza Don Luigi Sturzo, locale gestito dalla Società Arialuce. Quest’ultima lo ha recentemente premiato come “dipendente dell’anno”, «per la costanza e l’impegno nell’eseguire i compiti affidati, per la volontà di assumere sempre nuove mansioni, ma soprattutto perché è un esempio di perseveranza e resilienza».

A raccontare il proprio impegno lungo trent’anni è lo stesso Massimiliano Padovan, in questa intervista curata dall’Ufficio Comunicazione dell’AIPD Nazionale.
Come sono stati i primi giorni di lavoro, ormai trent’anni fa?
«Ero contento e preoccupato».
Chi ti ha aiutato a imparare il mestiere?
«Mi ha aiutato Giovanni Lodico. Mi piaceva molto fare i panini: ero il più bravo. Io e Giovanni una volta alla settimana offrivamo i cornetti ai colleghi».
Quali sono state le cose più difficili da imparare?
«È tutto facile, meno la cassa».
Qual è oggi la cosa che più ti piace fare al lavoro?
«Mi piace fare l’Happy Meal perché ci sono i giocattoli per i bambini».
Come ti trovi con i tuoi colleghi? Quali momenti passate insieme?
«Con i miei numerosi colleghi mi trovo molto bene e a volte con alcuni di loro ridiamo e scherziamo».
Come è cambiato il lavoro in questi trent’anni?
«Il mio lavoro è rimasto quasi invariato, anche se ora ci sono nuovi macchinari e non sempre sono accessibili per me».
Se non avessi avuto il lavoro in questi anni, cosa avresti fatto tutto il tempo? Pensi che saresti diverso?
«Il lavoro per me è importante perché sto sempre con i miei colleghi e prendo lo stipendio. Prima prendevo un assegno e andavo da papà in banca a cambiarlo, ora ho la carta Genius. Con lo stipendio compro quello che mi piace: vestiti, computer, cellulare, DVD… Poi faccio colazione con mamma tutti i giorni al bar, posso permettermi il maestro di chitarra e altre attività. Faccio una chiacchierata con il mio amico Roberto una volta a settimana. Io non spendo tutti i soldi perché in estate voglio andare in ferie».
Un consiglio per i giovani che stanno per iniziare a lavorare?
«Bisogna essere responsabili, volonterosi e ascoltare sempre i consigli del direttore, dei manager e dei colleghi».

Massimiliano Padovan con il riconoscimento di “dipendente dell’anno” recentemente ricevuto

«La storia di Massimiliano Padovan – dichiara Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD – è la dimostrazione di quanto il lavoro sia un valore globale, rispetto al quale non è possibile alcun passo indietro. Abbiamo voluto rilanciare questa storia positiva, in occasione del Primo Maggio, per offrire la nostra testimonianza e prendere posizione ad esempio nei confronti di quei “dazi” che Trump vorrebbe imporre anche sull’inclusione lavorativa. L’America “grande” per noi è questa: la globalizzazione può essere luogo e strumento di diritti e di partecipazione. La nostra Associazione da oltre trent’anni realizza tirocini e inserimenti lavorativi con aziende di tutto il mondo, anche grazie al progetto ValueAble. In occasione della Festa dei Lavoratori, quindi, , ribadiamo che la strada è questa e dobbiamo andare avanti, non possiamo tornare indietro. La globalizzazione dell’inclusione non è negoziabile».

I dati più recenti sui lavoratori e le lavoratrici con sindrome di Down provengono dall’indagine Non uno di meno, condotta congiuntamente nel 2022 da Censis e AIPD, secondo la quale in Italia si stima che circa il 13% delle persone con sindrome di Down abbia un lavoro da dipendente o collaboratore. Nonostante i progressi, quindi, oltre l’85% delle persone con sindrome di Down non è occupato. «Da parte nostra – sottolineano dall’AIPD – abbiamo avanzato diverse proposte concrete, per migliorare il sistema e la normativa per l’inserimento lavorativo tra cui la semplificazione delle procedure per l’accertamento della disabilità, previsto dalla Legge 68/99 come necessario per l’iscrizione alle liste di collocamento mirato; l’istituzione di fondi e incentivi destinati ai tirocini, oggi a carico delle aziende; il potenziamento del Servizio per l’inserimento lavorativo; infine, il coinvolgimento delle Associazioni. Queste richieste sono state recentemente inviate anche al Governo, sotto forma di sette proposte».

La storia di Massimiliano Padovan, dunque, coincide con la campagna di comunicazione lanciata dall’AIPD in occasione del Primo Maggio di quest’anno, sia sul proprio sito che sui canali social (Facebook e Instagram), allo scopo di mettere in luce il valore positivo del lavoro delle persone con sindrome di Down, inteso appunto come “ciò che posso fare io per voi”. La campagna è stata realizzata grazie alla collaborazione dell’Agenzia Anema District e con le foto di Valerio Polici.
Insieme a Padovan, gli altri protagonisti e protagoniste dell’iniziativa sono Chiara Brizzolari trentenne di Roma che ha frequentato il Liceo Alberghiero e dopo avere concluso il suo percorso di studi, ha svolto molti tirocini presso ristoranti e alberghi con mansioni di sala o di addetta ai piani. Poi è stata assunta con contratto a tempo determinato dall’Albergo Rome hello in Roma. Ora lavora come hostess alla Fondazione Roma ed è molto contenta del proprio impiego, anche «perché si svolge al centro di Roma in un palazzo storico insieme a colleghe giovani che mi vogliono bene».
Chiara spera di essere confermata alla fine del suo contratto, che scadrà a novembre. Il suo attuale progetto è andare a vivere insieme alle sue amiche in una casa tutta loro in autonomia.
Quindi Francesca De Giorgi, ventitreenne di Brindisi, che ha frequentato l’Istituto Professionale Alberghiero e i cui hobby sono il ballo e la recitazione. Ha svolto un tirocinio formativo di un anno e mezzo presso Leroy Merlin e vorrebbe iniziare nuovi e coinvolgenti esperienze lavorative.
E ancora, Andrea D’Andrea, ventisettenne di Teramo, che ha frequentato l’Istituto Alberghiero. I suoi hobby sono la musica, la pallacanestro e lo judo. Vuole lavorare «per essere indipendente». Dopo avere svolto un tirocinio di sei mesi, con mansioni di segreteria, è ora in attesa di collocamento nell’àmbito di un progetto regionale di un anno.
Infine, Paolo Catinari, ventiseienne di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), che ha frequentato l’Istituto Professionale Enogastronomia e Ospitalità Alberghiera, conseguendo l’attestato di frequenza. Il suo sogno nel cassetto è di poter avere una casa in campagna con vari animali da cortile e da compagnia e di avviare qui un piccolo bed & breakfast e un ristorante familiare. Questo suo sogno ha iniziato a muovere i primi passi, grazie anche all’AIPD, che sta aiutando Paolo a realizzarlo.
Nel frattempo, svolge un tirocinio nella Cooperativa Sociale Casa da Sergio, di cui è socio attivo, a Marina Palmense di Fermo, un laboratorio di pasta fresca con cucina in cui vengono realizzati piatti con le materie auto prodotte e, in estate, con i frutti del proprio orto. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: uufficiostampaaipd@gmail.com.

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“Pensiero Imprudente”: un gioco di sguardi con Papa Francesco

Superando -

«Dopo avergli parlato per due minuti per presentarmi – scrive Claudio Imprudente, raccontando uno dei suoi incontri con Papa Francesco -. spiegando cos’è la “tavoletta” con cui comunico, si è fermato per abbracciarmi e in quegli istanti si è creato un vero gioco di sguardi, dove i nostri due ruoli, io persona con disabilità e lui Pontefice, si sono annullati. Non era più una “bella azione” nei miei confronti, ma una vera relazione alla pari» Uno degli incontri di Claudio Imprudente con Papa Francesco

Il lunedì dell’Angelo, alla mattina, mi è arrivato un messaggio da un amico che diceva questo: «Buon giorno. Buona pasqua. Siamo all’ospedale. La mamma sta molto male. Spero di chiamarvi fra poco. È morto papa Francesco ora. Ciao cari».
Quando l’ho letto mi sono soffermato soprattutto sulla prima parte, sul fatto che la mamma del mio amico stava male, poi ho riletto bene tutto il messaggio e ho pensato “dai, è una solita battuta del mio amico”.
Subito ho acceso la TV, e non ci potevo credere: Papa Francesco era davvero andato dal Padre.
In un secondo mi sono sentito svuotato, una sensazione di vuoto, ma vuoto da chi? Da una persona che era un riferimento a livello mondiale, da una voce che era fuori dagli schemi.
E subito la mia mente mi ha ricordato che ho avuto la fortuna e l’onore di incontrare di persona almeno due volte il Santo Padre viso a viso, anzi da sguardo a sguardo.

Mi sono ricordato di una foto che mi fecero alla Sala Nervi, dove in occasione dei Movimenti Popolari, il 5 novembre 2016, ho potuto regalare al Papa i miei libri, ma la cosa che mi ha colpito, riguardando la foto, è la densità dei gesti.
Dopo avergli parlato per due minuti per presentarmi e spiegare cos’è la “tavoletta” con cui comunico, lui si è fermato per abbracciarmi e in quegli istanti si è creato un vero gioco di sguardi, dove i nostri due ruoli, io persona con disabilità e lui Pontefice, si sono annullati.

Claudio Imprudente, che cura per Superando la rubrica “Pensiero Imprudente”

Non era più una “bella azione” che lui faceva nei miei confronti, ma era una vera relazione alla pari. Francesco in quel momento è stato un Papa rivoluzionario, perché la Chiesa fa delle azioni di bontà nei confronti della disabilità un suo principio, ma in quegli istanti si era creata una relazione che andava oltre le buone azioni, i precetti e la dottrina sociale della Chiesa.
La relazione era il punto focale e in quel momento ho avuto una esperienza che definirei “di resurrezione”. In fondo cos’è resuscitare, soprattutto per una persona con disabilità, se non una relazione alla pari che elimina le categorie che discriminano le persone? Di questo sono grato a Papa Francesco.

E voi avete creato delle situazioni di “resurrezione”?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo è già apparso nel sito del CDH-Cooperativa Accaparlante di Bologna, con il titolo “Un gioco di sguardi e i nostri ruoli si sono annullati” e viene qui proposto, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.

L'articolo “Pensiero Imprudente”: un gioco di sguardi con Papa Francesco proviene da Superando.

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