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Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti

Superando - 29 Maggio 2025 - 1:48pm

Si chiamerà “Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti” l’incontro del 31 maggio a Civitavecchia (Roma), nell’àmbito delle iniziative promosse dalla ministra per le Disabilità Locatelli, per il Tour Mediterraneo del Veliero Amerigo Vespucci. Vi parteciperanno numerosi esponenti di organizzazioni impegnate sul fronte dello sport praticato da persone con disabilità, mentre varie Associazioni avranno visibilità negli stand predisposti dal Ministero per le Disabilità

Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti: è il titolo dell’incontro che si terrà nella mattinata del 31 maggio (ore 11), presso il Molo Del Bicchiere (Banchina Guglielmotti), nel porto di Civitavecchia (Roma), nell’àmbito delle iniziative promosse dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, per il Tour Mediterraneo del Veliero Amerigo Vespucci.

Saranno due i momenti previsti, con la moderazione della giornalista RAI Simona Rolandi, al primo dei quali porterà il proprio saluto la stessa ministra Locatelli, seguita dagli interventi di Luca Pancalli, presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) (in video); Paolo Tavian, presidente della FISIP (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici); Alessandra Palazzotti, direttrice nazionale di Special Olympics Italia; gli atleti paralimpici Gianmatteo Ramini e Maurizio Lo Bartolo; Andrea Stella, presidente dell’Ente di Terzo Settore Lo Spirito di Stella; Giovanni Sacripante, responsabile Nazionale della DCPS (Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale) FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio); Francesco Ambrosio, presidente della FISDIR (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali).

Al secondo momento, invece, i saluti istituzionali saranno quelli di Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa, e vi interverranno Simona Placiduccio, esperta della Ministra per le Disabilità in materia di sport; gli atleti paralimpici Andrea Quarta e Giorgio Porpiglia; Cristina Vicinanza, responsabile della Commissione Disabilità Federale nella FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici); Giovanni Massaro della Bebe Vio Academy; Daria Braga, direttore della Fondazione Laureus; Salvatore Iannì, governatore del Rotary Distretto 108L.
In chiusura è previsto l’intervento di Michele Salata, direttore del Centro Regionale di Cure Palliative Pediatriche dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Da ricordare, infine, che saranno undici le Associazioni ad alternarsi negli stand della Ministra per le Disabilità, ossia Solidarietà Cooperativa Sociale; Alicenova; Associazione Francesco Ricciardi; Ass.Pro.Ha; Liberautismo; Fondazione Maruzza; Associazione Risveglio; Arci San Gordiano; ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie); AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica); Cooperativa Sociale Mansier. (S.B.)

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Luca Barisonzi: “Storia di una rinascita”

Superando - 29 Maggio 2025 - 1:27pm

Si chiama “Storia di una rinascita” il nuovo libro di Luca Barisonzi, caporal maggiore del Corpo degli Alpini, che nel 2011 fu vittima di un attentato a Bala Murghab, in Afghanistan, che lo rese una persona con tetraplegia. Il volume verrà presentato oggi, 29 maggio, a Milano, dallo stesso Barisonzi, insieme all’Associazione Nazionale Alpini del capoluogo lombardo

Ne avevamo presentato sulle nostre pagine una bella intervista di Dorotea Maria Guida, appena un anno dopo l’attentato che a Bala Murghab, in Afghanistan, lo aveva reso una persona con tetraplegia. In quello stesso anno, Luca Barisonzi, caporal maggiore del Corpo degli Alpini, aveva dato alle stampe per Mursia il libro La Patria chiamò.
Qualche tempo dopo ne avevamo anche segnalato l’impresa che l’aveva visto, insieme all’alpinista Luca Colli, raggiungere, prima persona con tetraplegia a farlo, la Capanna Margherita, a 4.554 metri, il rifugio più alto d’Europa sul Monte Rosa.
Oggi diamo ben volentieri notizia della sua nuova fatica letteraria, intitolata Storia di una rinascita, uscita anch’essa per Mursia, in cui Barisonzi torna a condividere la propria esperienza, offrendo una testimonianza potente sul dolore, la trasformazione e la forza dell’animo umano.
Il libro verrà tra l’altro presentato nel pomeriggio di oggi, 29 maggio (ore 18), alla Libreria Hoepli di Milano, insieme all’ANA del capoluogo lombardo (Associazione Nazionale Alpini), con la partecipazione dello stesso Barisonzi. (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di approfondimento sul nuovo libro di Luca Barisonzi.

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Personale ATA – Decreto di nomina Commissione Graduatoria Permanente Personale ATA a.s. 2025/2026.

Ultime da A.T.P. Catanzaro - 29 Maggio 2025 - 1:01pm

COMMISSIONE ATA 24 MESI – m_pi.AOOUSPCZ.REGISTRO UFFICIALE(U).0004429.29-05-2025 Allegati COMMISSIONE ATA 24 MESI - m_pi.AOOUSPCZ.REGISTRO UFFICIALE(U).0004429.29-05-2025 (290 kB)

La ricerca sulle lesioni midollari tra speranze concrete e comunicazione responsabile

Superando - 29 Maggio 2025 - 12:41pm

La speranza delle persone con lesione midollare e in generale con disabilità non può stare nell’annuncio “miracoloso” di turno, da parte degli organi d’informazione, ma nella capacità di costruire un percorso condiviso in cui la comunità scientifica, i media, le istituzioni e le associazioni lavorino insieme con obiettivi chiari: avanzare nella ricerca, comunicare con responsabilità, migliorare concretamente la vita delle persone: solo così, infatti, potranno diventare realtà accessibili a tutti quelle che oggi sono ancora speranze Auguste Rodin, “Il pensatore”, 1880-1902, Museo Rodin, Parigi (particolare)

L’ennesima notizia di un possibile avanzamento nella cura delle lesioni midollari ha fortemente riacceso in questi giorni i riflettori mediatici su una delle sfide più complesse della medicina contemporanea. Mentre i titoli dei giornali annunciano con enfasi “svolte epocali” e “miracoli scientifici”, chi vive quotidianamente con una paralisi spinale si trova ancora una volta a fare i conti con il divario tra l’entusiasmo mediatico e la realtà della ricerca scientifica.
La tecnica al centro del recente dibattito – una combinazione di stimolazione elettrica e riabilitazione intensiva – rappresenta senza dubbio un passo avanti nella comprensione dei meccanismi di recupero neurologico e i risultati pubblicati, frutto del lavoro di team di ricerca seri e competenti [se ne legga in calce, N.d.R.], meritano attenzione e approfondimento. Eppure, la distanza tra un protocollo sperimentale e una terapia accessibile a tutti rimane enorme, un dettaglio troppo spesso sacrificato sull’altare della notizia sensazionale.
Se da una parte, quindi, guardiamo ovviamente con grande interesse a ogni progresso scientifico, dall’altra, però, chiediamo che se ne parli con il necessario rigore. Quando infatti trasformiamo ipotesi di ricerca in certezze mediatiche, facciamo un torto sia alla scienza che alle persone che attendono risposte concrete. E la storia recente, purtroppo, offre numerosi esempi di questo fenomeno: dagli esoscheletri, presentati anni fa come soluzione imminente, e oggi ancora confinati in centri specializzati, alle terapie cellulari, che hanno suscitato speranze poi ridimensionate dalla complessità della ricerca clinica.

Il problema, dunque, non è nell’importanza delle scoperte scientifiche, ma nel modo in cui vengono comunicate. Titoli trionfalistici come Addio alla sedia a rotelle o La paralisi è sconfitta rischiano di creare aspettative irrealistiche in chi convive con una lesione midollare, per poi lasciare spazio a comprensibili delusioni, quando si scopre che i tempi della medicina sono ben diversi da quelli della cronaca. Ogni annuncio prematuro finisce per alimentare la cosiddetta “sindrome della speranza tradita” che tante persone con disabilità hanno già sperimentato sulla propria pelle.

Ma c’è poi un aspetto ancora più profondo che merita certamente attenzione ed è che la qualità della vita delle persone con lesioni midollari non dipende esclusivamente dai progressi della ricerca biomedica: accessibilità, inclusione lavorativa, assistenza adeguata, sostegno psicologico sono tutti elementi altrettanto cruciali che rischiano di passare in secondo piano, quando il dibattito si concentra esclusivamente sulla “cura miracolosa”.
In altre parole, non accettiamo che si parli delle persone con disabilità solo in termini di attesa di una soluzione medica: la nostra battaglia, infatti, è per una società che sappia includere tutti e tutte, qui e ora, indipendentemente dai progressi della ricerca.

La strada maestra, allora, sembra essere quella di un approccio equilibrato che sappia coniugare diversi elementi: l’entusiasmo per i progressi scientifici, che devono essere sostenuti e incoraggiati; la responsabilità nella comunicazione, che deve evitare facili trionfalismi; l’attenzione alle esigenze concrete delle persone con disabilità, che vanno ben oltre la sola dimensione medica. Perché se è vero che la scienza procede per piccoli passi, è altrettanto vero che ogni passo – purché comunicato con onestà e rigore – rappresenta un tassello importante nel lungo cammino verso soluzioni sempre più efficaci.
In questo senso, il ruolo dei media è cruciale: serve cioè un giornalismo scientifico capace di spiegare la complessità senza banalizzarla, di raccontare le speranze senza trasformarle in illusioni, di mantenere viva l’attenzione su una tematica che merita un dibattito serio e continuativo, non solo qualche titolo a caratteri cubitali in occasione dell’ultima pubblicazione.
Allo stesso tempo, le Istituzioni hanno il dovere di garantire risorse costanti alla ricerca e di lavorare parallelamente all’abbattimento di tutte quelle barriere fisiche, culturali e sociali che ancora limitano la piena partecipazione delle persone con disabilità.

La speranza, in fondo, non sta nell’annuncio “miracoloso” di turno, ma nella capacità di costruire un percorso condiviso in cui la comunità scientifica, i media, le istituzioni e le associazioni lavorino insieme con obiettivi chiari: avanzare nella ricerca, comunicare con responsabilità, migliorare concretamente la vita delle persone. Solo così potremo rendere realtà accessibili a tutti quelle che oggi sono ancora speranze.

*Presidente della FAIP (Federazione delle Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), nel quale coordina l’Osservatorio Inclusione e Accessibilità.

Il caso clinico cui si fa riferimentro nel presente contributo è stato pubblicato dalla rivista scientifica «Med – Cell Press», frutto di un lavoro condotto dal team multidisciplinare di MINELab, che vede coinvolti i medici, fisioterapisti e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Università Vita-Salute San Raffaele, insieme ai bioingegneri della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

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Un ponte concreto tra il percorso socio-riabilitativo individualizzato e il mondo del lavoro

Superando - 29 Maggio 2025 - 12:04pm

Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili Giovane donna al lavoro, afferente ai servizi dell’ANFFAS

Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS” (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). Lo facciamo dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che per dare risposta ai bisogni di autodeterminazione, autonomia e adultità da parte delle persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo, già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili.

Come funziona il vostro progetto SISL (Servizio Inclusione Socio-lavorativa)?
«Il nostro progetto SISL rappresenta un servizio riabilitativo socio-sanitario, che grazie a un’équipe multidisciplinare (direttore medico, psicologa, assistente sociale ed educatore), grazie alla metodologia della mediazione e alle sue caratteristiche distintive, si pone l’ambizioso obiettivo di accompagnare le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in un percorso di crescita personale e professionale, finalizzato al raggiungimento di una piena inclusione sociale e lavorativa. In particolare, mira a favorire l’acquisizione di competenze utili per un futuro inserimento nel mondo del lavoro, attraverso esperienze concrete e significative di vita reale in àmbito di lavoro. Uno degli aspetti centrali del progetto è lo sviluppo di un’identità adulta, che si costruisce anche e soprattutto attraverso l’assunzione di un ruolo attivo all’interno di un contesto lavorativo.

Ma in quale modo viene costruito un percorso su misura per ogni persona?
«Per rendere concreti gli obiettivi definiti in precedenza, il SISL prevede una prima fase di conoscenza della persona nella quale viene elaborata la valutazione multidimensionale, secondo l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che rappresenta il punto di partenza per la definizione del progetto riabilitativo individualizzato e quindi per stabilire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciò che ci guida nel lavoro è l’assunto che l’esperienza della disabilità è legata alla presenza di barriere ambientali e sociali che a seconda siano presenti o meno, possono ostacolare o facilitare la capacità di un individuo di svolgere le proprie attività e di esprimere le proprie risorse. Successivamente il progetto viene sottoscritto dai tre attori in gioco – la persona con disabilità, la famiglia e i componenti dell’équipe multidisciplinare – che con differenti ruoli partecipano e contribuiscono al successo del percorso.
L’intervento personalizzato, che si concretizza attraverso la sperimentazione della persona in diversi ruoli e in differenti contesti, diventa quindi un’occasione per mettere in gioco le proprie risorse e “scoprirne” delle altre. Le persone afferenti al servizio hanno quindi l’opportunità di acquisire da una parte maggiore consapevolezza di sé, delle proprie attitudini, dei propri limiti, bisogni e desideri, per pensare e progettare il proprio futuro “su misura”; dall’altra, una maggiore conoscenza del mondo del lavoro, delle professioni, del funzionamento aziendale, dalle regole che governano gli ambienti lavorativi alle relazioni presenti (gruppo di lavoro, superiori, eventuali clienti, ruoli, responsabilità).
Si tratta dunque di un servizio che si prefigge di costruire un ponte concreto tra il percorso socio-riabilitativo individualizzato e il mondo del lavoro, promuovendo il protagonismo della persona all’interno di un progetto di vita più ampio caratterizzato da autonomia, autodeterminazione e qualità della vita.

Per quanto poi riguarda l’Agenzia di Mediazione Lavoro, quali sono le principali richieste che ricevete da candidati e aziende?
«La persona con disabilità che accede al nostro servizio esprime spesso il desiderio di normalità, di un percorso lavorativo stabile e gratificante, di una vita adulta caratterizzata da indipendenza e autonomia, di riconoscimento di un ruolo all’interno della società. In tal senso, la motivazione lavorativa rappresenta una costante per le persone che afferiscono all’Agenzia di Mediazione al Lavoro, ma… da sola non basta! Per realizzare infatti il proprio “sogno nel cassetto”, è necessario trasformare desideri in obiettivi concreti e realizzabili che tengano conto delle caratteristiche reali della persona e del contesto, in termini di vincoli e opportunità.
Nel dettaglio, le principali richieste che riceviamo dalle persone riguardano:
° un supporto concreto per individuare un percorso lavorativo compatibile con le proprie attitudini, capacità e limiti;
° l’accesso ad offerte di lavoro compatibili con le proprie caratteristiche e i propri bisogni in contesti accoglienti e accessibili, in linea con i propri ritmi, disponibilità, esigenze ecc.;
° un supporto nella ricerca attiva del lavoro, nella stesura del curriculum, della lettera di presentazione, nella preparazione ai colloqui;
° un punto di riferimento, un sostegno e un accompagnamento durante l’inserimento, qualcuno che funga da interprete, facilitando la comunicazione con il gruppo di lavoro, il datore di lavoro, chiarendo le proprie necessità, favorendo un’integrazione positiva ed eventuali accomodamenti ragionevoli.
Quest’ultimo punto lo ritroviamo anche sul versante delle aziende, le quali ci richiedono di fungere da interfaccia con la persona con disabilità: aprire alla diversità nelle organizzazioni significa infatti promuovere un cambiamento culturale che arricchisce l’ambiente lavorativo e promuove l’innovazione, creando talvolta paure e difese che necessitano di essere ascoltate e gestite. Come lo facciamo? Attraverso una progettazione condivisa dell’inserimento lavorativo e un accompagnamento nelle diverse fasi, dall’attivazione alla gestione e monitoraggio.
La finalità di questo dialogo con le organizzazioni diventa quella di mettere a disposizione delle aziende strumenti che facilitino l’incontro e l’alleanza con i candidati, e strategie per gestire eventuali situazioni critiche. Tra i servizi rivolti alle aziende ricordiamo:
° la selezione di profili idonei alle esigenze dell’organizzazione e l’attivazione di progetti di inserimento personalizzati;
° il supporto per tutta la durata dell’inserimento con azioni di accompagnamento e mediazione da parte di personale esperto e qualificato;
° la formazione del personale aziendale e la promozione di azioni per la gestione della diversità in azienda».

E se doveste indicare le strategie a parer vostro più efficaci, per favorire un’inclusione lavorativa stabile e soddisfacente da parte delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo?
«Sicuramente la Metodologia della Mediazione al lavoro rappresenta l’elemento fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo, metodologia che prevede:
– Azioni di tutoraggio: affiancamento della persona da parte del tutor della mediazione (interno ANFFAS), il cui ruolo è inizialmente incentrato sul supporto nella conoscenza del contesto, del funzionamento aziendale e del gruppo di lavoro (regole, ruoli, gerarchia, relazioni, cultura, clima, ecc.) ed è dedicato all’apprendimento delle mansioni lavorative. La frequenza del tutoraggio, nel primo periodo, è intensiva, per poi riproporzionarsi in base alle necessità della persona e diminuire gradualmente.
– Azioni di monitoraggio: visite in azienda generalmente a cadenza settimanale (comunque modulate in base alle necessità), finalizzate a rilevare l’andamento del progetto e a fornire strategie alla persona e all’azienda stessa.
– Azioni di sostegno psicologico/counseling: colloqui individuali finalizzati a rileggere le esperienze lavorative, a supportare la persona nella conoscenza di sé in relazione all’ambiente circostante e a fare chiarezza circa i propri punti di forza, i limiti, le difficoltà.
– Azioni di Supporto alle aziende: colloqui e incontri con il tutor aziendale, con il datore di lavoro, con il gruppo di lavoro; incontri di formazione e informazione.
Un altro ingrediente fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo è dato dalla presenza di figure specializzate nel settore, del tutor aziendale e del tutor ANFFAS.
Il tutor aziendale è un dipendente interno all’azienda, che affianca la persona con disabilità sul luogo di lavoro ed è la figura di riferimento che ne supervisiona il lavoro, supportandone l’apprendimento e l’inserimento nel gruppo di lavoro.
Il tutor ANFFAS è un educatore/educatrice formato nel settore, che ricopre un ruolo di mediazione, monitorando l’inserimento per tutta la sua durata e garantendo il rispetto di quanto previsto dal progetto personalizzato e dal ruolo della persona. Inoltre, è la figura che affianca la persona con disabilità nell’apprendimento delle mansioni e nella conoscenza dell’ambiente di lavoro, che sostiene il/la lavoratore/lavoratrice e lo staff aziendale, fornendo strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo, che prevede, infine, incontri periodici in azienda con colleghi, datore di lavoro e tutor aziendale, fornendo loro strumenti e strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo della persona con disabilità».

Quali sono i principali fattori che incidono sul successo o sull’insuccesso dell’integrazione professionale?
«Le esperienze di inclusione e di inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in azienda rappresentano sempre una sfida, ma anche una grande opportunità per tutti gli attori in gioco, lavoratori e lavoratrici, gruppi di lavoro, azienda, famiglia ecc. Riflettere sulle esperienze di successo e di insuccesso ci consente di analizzare le dinamiche che si creano nella relazione tra mondo del lavoro e persona con disabilità, di approfondire la complessità che caratterizza questo incontro e di mettere in luce i fattori che possono ostacolare o facilitare l’inclusione lavorativa.
Nonostante la nostra lunga esperienza come Fondazione ANFFAS Sardegna, possiamo evidenziare che non esiste un’unica soluzione e che la metodologia e la personalizzazione dell’inserimento rappresentano la chiave per l’efficacia dell’inserimento. Le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo portano con sé punti di forza significativi, spesso possiedono abilità manuali e operative e sono maggiormente attratte da ruoli e settori che richiedono metodo e procedure chiare, organizzate in attività prevedibili e sequenziali in ambienti strutturati. Tuttavia, è importante non cedere alla tentazione dell’etichetta e della catalogazione, processo che sicuramente ha i suoi aspetti rassicuranti, consentendoci di capire meglio la realtà e di focalizzare alcuni elementi chiave, ma che spesso diventa riduttivo e limitante, creando la base per la formazione di stereotipi e pregiudizi.
Alla base dell’inclusione lavorativa c’è dunque un processo creativo caratterizzato da flessibilità e adattamento: è proprio vedere la persona nella sua interezza, con risorse e limiti reali, che permette di personalizzare l’inserimento e di trovare strategie ad hoc che ne consentano l’integrazione e il successo. Il mondo del lavoro e il contesto lavorativo sono per definizione dei contesti imprevedibili spesso poco strutturati o troppo flessibili, caratterizzati da imprevisti o adattamenti improvvisi nel lavoro stesso.
Per affrontare queste criticità, è possibile sicuramente adottare strategie mirate, che permettano di valorizzare la presenza di persone con disabilità in azienda, favorendo la diversità di pensiero all’interno dei team, stimolando l’inclusione, il cambiamento e contribuendo al miglioramento di una cultura aziendale più inclusiva. In realtà, sono tanti gli ingredienti che rendono le esperienze di collocamento positive e durature. Ne elenchiamo alcuni:
° la fase di preparazione al lavoro rivolta sia al tirocinante/lavoratore che all’azienda attraverso una formazione propedeutica all’inserimento lavorativo;
° gli incontri di informazione e formazione in azienda rivolti al datore di lavoro/al gruppo di lavoro e al tutor aziendale;
° la disponibilità al cambiamento e a mettersi in gioco sia da parte della persona che dell’azienda;
° i valori aziendali, il clima e la cultura organizzativa;
° le capacità, competenze ed esperienze del lavoratore/lavoratrice;
° la presenza di un tutor interno all’azienda che garantisca una supervisione continua;
° la presenza di un tutor di intermediazione che funga da interprete tra persona e azienda.
La chiave del successo risiede quindi nella definizione di un percorso strutturato progettato con attenzione, finalizzato a creare alleanza, linguaggio comune e significati condivisi e che favorisca il dialogo tra le persone coinvolte (con le loro risorse, difficoltà, aspettative, capacità e interessi), l’azienda (con le sue caratteristiche, necessità, tempi, valori e organizzazione) e i professionisti coinvolti».

Può condividere una storia concreta di inserimento lavorativo positivo?
«Tra le esperienze di successo raccontiamo il percorso di E., una donna di 29 anni, con una maturità conseguita al liceo artistico, che è arrivata ai nostri servizi sette anni fa, dopo essere uscita da poco dal percorso scolastico e con il desiderio di inserirsi nel mondo del lavoro e di diventare adulta attraverso un lavoro preferibilmente nel settore bar/ristorazione. A tal proposito, E. frequentava allora un corso per acquisire competenze nella preparazione dei cocktail e aprirsi maggiori opportunità nel settore desiderato.
La prima esperienza è stata difficile e complicata e si è conclusa con l’interruzione del tirocinio. Cosa era andato storto? Sicuramente la situazione è stata complessa e determinata da diversi elementi, personali, contestuali e relazionali. Da una parte E. era alla sua prima esperienza nel mondo del lavoro e stava capendo per la prima volta il funzionamento di un’azienda del settore, con ritmi serrati, richieste elevate, clienti pretenziosi; dall’altra, la sede aziendale era nuova e il gruppo di lavoro si stava costituendo; l’apertura all’inclusione e al cambiamento risultava pertanto difficile.
Inizialmente E. non voleva più saperne di lavorare nel settore della ristorazione, ma dopo diverse esperienze personali e professionali nelle quali si è sperimentata, rinforzata, acquisendo strategie, autoefficacia, competenze, consapevolezza e progettualità, ora ha un contratto a tempo indeterminato presso una grande azienda italiana nel settore della ristorazione in un centro commerciale.
Un’esperienza di successo, dunque, che mette in luce quanto siano numerosi gli ingredienti che contribuiscono a creare matching ottimali e circoli virtuosi».

E per quanto riguarda il ruolo delle famiglie?
«Rispetto alle famiglie, la situazione è eterogenea in quanto alcune persone che accedono al nostro servizio sono autonome e indipendenti e ci chiedono in maniera chiara di non coinvolgere i loro familiari: una scelta che accogliamo, a condizione che non vi sia qualche forma di tutela attiva. Laddove invece questa risulti presente, diventa cruciale creare un’alleanza con la famiglia, al fine di accompagnare la persona verso un progetto di vita condiviso, per direzione, obiettivi, strategie e modalità.
Talvolta, questo progetto è il frutto di un percorso congiunto che si concretizza e si arricchisce delle esperienze di vita della persona; nella nostra esperienza, infatti, ci è capitato che alcune famiglie scelgano di rinunciare ad un contratto di lavoro per il proprio familiare per non perdere alcuni sussidi o indennità acquisite e non mettere in discussione un progetto di vita già precedentemente delineato. In questi casi il nostro ruolo diventa quello di condividere insieme alla famiglia e alla persona delle opportunità alternative, nuove strade che permettano di vedere la persona in un’ottica differente e di affrontare un eventuale cambiamento che può avere ripercussioni positive nella qualità di vita della persona e del contesto familiare».

Concludiamo dunque con un po’ di cifre, riguardanti segnatamente i vostri servizi.
«Presto detto: 41 partecipanti; 20 Progetti Riabilitativi Individuali (PRI); 8 tirocini; 8 ricerche attive del lavoro; 2 contratti a tempo determinato; 3 contratti a tempo indeterminato; 27 aziende coinvolte».

Le prime sei tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link), Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link), Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot” (disponibile a questo link), Inclusione lavorativa tra norme e realtà: Legge 68 e prospettive di cambiamento (disponibile a questo link), Giulia: la mia esperienza è la prova che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto, ma una ricchezza per tutti (disponibile a questo link) e La grande sfida di ampliare le opportunità lavorative per persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo (disponibile a questo link).

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Fondazioni ITS Academy: avviso pubblico per la presentazione di manifestazioni di interesse per la realizzazione di ulteriori laboratori 4.0

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Il Disability Pride Milano 2025

Superando - 28 Maggio 2025 - 6:21pm

Verrà presentato il 3 giugno, nel corso di una conferenza stampa presso il Comune di Milano, il “Disability Pride Milano 2025“, che si articolerà su una serie di iniziative previste per il 7, 12, 14 e 16 giugno nel capoluogo lombardo, ponendo al centro il tema dei diritti, dell’equità e dell’accessibilità per le persone con disabilità

Verrà presentato il 3 giugno, nel corso di una conferenza stampa presso il Comune di Milano (Sala Brigida di Palazzo Marino, ore 11), il Disability Pride Milano 2025, che si articolerà su una serie di iniziative previste per il 7, 12, 14 e 16 giugno nel capoluogo lombardo (a questo link il programma completo).

La conferenza stampa – che offrirà un primo sguardo sul programma e sugli obiettivi dell’edizione 2025, la quale porrà al centro il tema dei diritti, dell’equità e dell’accessibilità per le persone con disabilità – vedrà la partecipazione tra gli altri di Lamberto Bertolé, assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano, insieme ad Andrey Chaykin (Abbatti le Barriere ETS/Comitato Disability Pride Milano),  che aprirà e modererà l’incontro, Mariella Meli (Associazione Famiglie Disabili Lombarde), Marta Corradi (psicoterapeuta e attivista) e Maurizio Attanasi (Associazione Cologno Zero Barriere). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: disabilitypridemilanoofficial@gmail.com.

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Musica, danza e teatro al Festival Solidale della Musica e delle Arti

Superando - 28 Maggio 2025 - 6:03pm

Tornerà il 29 e 30 maggio a Roma, promosso dalla Cooperativa Spes contra spem, con il patrocinio del Municipio Roma III Montesacro, il Festival Solidale della Musica e delle Arti, iniziativa giunta alla quarta edizione, che proporrà due giornate all’insegna della musica, della danza e del teatro, animate anche da una replica dello spettacolo “Come dentro a un film“, scritto e diretto da Veronica Liberale, con Elena Tomei e Romina Bufano, di cui ci siamo già occupati più volte anche sulle nostre pagine

Tornerà nei prossimi giorni a Roma, promosso dalla Cooperativa Spes contra spem, con il patrocinio del Municipio Roma III Montesacro, il Festival Solidale della Musica e delle Arti, iniziativa giunta alla quarta edizione, che proporrà due giornate all’insegna della musica, della danza e del teatro, «per celebrare insieme – come viene detto – la bellezza dell’arte che unisce, emoziona e include, un’occasione utile a condividere talento, a promuovere la partecipazione e a trasformare i luoghi della città in spazi di cultura e comunità».
Il 29 maggio, dunque, a Piazza Sempione (ore 17-19), vi saranno le esibizioni musicali dei giovani talenti del Liceo Musicale Giordano Bruno e delle band dell’Istituto Archimede Pacinotti. Il 30 maggio, invece, nel giardino di Spes contra spem (Via Paolo Monelli, 26, ore 17-19), andranno in scena due gruppi coreutici del Lazio e lo spettacolo teatrale Come dentro a un film, scritto e diretto da Veronica Liberale, con Elena Tomei e Romina Bufano, del quale abbiamo già avuto occasione di occuparci ampiamente anche sulle nostre pagine. (S.B.).

Ringraziamo Elena Tomei per la segnalazione.

L’ingresso sarà gratuito, per informazioni: info@spescontraspem.it.

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Nota 10786 del 28 maggio 2025 - Tempistiche conclusione percorsi formazione iniziale docenti aa 2024-2025

Ultime dal MIUR - 28 Maggio 2025 - 5:36pm

Nota 10786 del 28 maggio 2025 - Tempistiche conclusione percorsi formazione iniziale docenti aa 2024-2025

Categorie - News Normativa

Agire sui contesti di vita per renderli accessibili e inclusivi: un nuovo Corso di Laurea Magistrale

Superando - 28 Maggio 2025 - 5:20pm

Per dare una chance concreta all’ormai non più prorogabile necessità di trasformazione in senso inclusivo dei contesti in cui si vive, è stato istituito, a partire dall’anno accademico 2025/2026, un nuovo Corso di Laurea Magistrale Interateneo – fra l’Università di Bergamo e l’Università del Salento – dal titolo “Progettazione di contesti di vita accessibili e inclusivi”, un’iniziativa che presenta una serie di innovative peculiarità Disegno raffigurante un’ideale città accessibile

La data di entrata in vigore dell’European Accessibility Act, la Legge Europea sull’Accessibilità, è ormai dietro l’angolo, giugno 2025, praticamente domani; in tanti la aspettano, non già come il momento della “resa dei conti”, ma più realisticamente come l’occasione per tirare le somme: a che punto siamo, con l’accessibilità di prodotti, servizi, contesti? A che punto si vuole arrivare, in quanto tempo, e come?
Come spesso accade, l’evoluzione normativa a livello internazionale e nazionale evidenzia una crescente attenzione del Legislatore verso la necessità di progettare contesti di vita inclusivi per tutte le persone, comprese quelle con disabilità: basterebbe citare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che pone l’inclusione tra gli obiettivi centrali dello sviluppo sostenibile o, nel nostro Paese, il recente Decreto Legislativo 62/24, che indirizza le politiche per la disabilità.
Ciò che appare chiaro, ormai, è che non ci si può più accontentare di interventi a posteriori sui prodotti, sui servizi, sulle costruzioni e in generale in tutto ciò che riguarda la vita collettiva ad ogni livello: non si deve più “fare” secondo tradizione o secondo pregiudizio, per poi modificare, accomodare, approssimare: si tratta invece di concepire fin dall’inizio ogni progettazione secondo il principio-guida dell’accessibilità, di radicarlo culturalmente e strutturalmente in ogni fase della progettazione stessa, di adottare insomma una vera e propria “postura culturale” lungimirante e inclusiva, un’attitudine che rappresenti concretamente una società impegnata a garantire a ciascuno – indipendentemente da età, genere, provenienza o abilità – pari opportunità di partecipazione, apprendimento, lavoro e vita sociale.

Non vi è dubbio che in questa rinnovata prospettiva progettuale le tecnologie, con le loro recenti innovazioni e sviluppi, possano essere strategiche nel promuovere la realizzazione di contesti realmente accessibili e inclusivi: a condizione, però, che siano scelte e integrate in modo consapevole, ossia tenendo conto delle complesse relazioni tra le caratteristiche delle persone, le attività che intendono e desiderano svolgere, e i diversi contesti in cui tutto ciò si declina, con i cambiamenti e gli sviluppi che le differenti età della vita pretendono.
Tradurre questa prospettiva in trasformazioni concrete, capaci di migliorare la partecipazione sociale di ogni persona, richiede figure professionali adeguatamente formate che siano in possesso di competenze multidisciplinari, fra cui quelle: pedagogiche, per leggere i bisogni nella prospettiva del progetto di vita e promuovere l’autodeterminazione; giuridiche, per garantire l’applicazione dei diritti e delle normative; tecnologiche, per selezionare, adattare e sviluppare strumenti adeguati ed efficaci per gli scopi perseguiti; organizzative, per coordinare interventi efficaci in sistemi complessi.
Solo una formazione interdisciplinare può preparare a governare questa complessità e a progettare soluzioni sostenibili, condivise e realmente inclusive.
È necessario, inoltre, sviluppare capacità dialogiche e di mediazione, per ricomporre in un unico quadro le esigenze, i limiti, le opportunità e le capacità progettuali, per disegnare il percorso, insieme ai protagonisti, e per definire i tempi per l’attuazione di esso.

È proprio per dare una chance concreta a questa necessità di trasformazione in senso inclusivo dei contesti in cui viviamo, che è stato istituito, a partire dall’anno accademico 2025/2026, un nuovo Corso di Laurea Magistrale Interateneo – fra l’Università di Bergamo e l’Università del Salento – dal titolo Progettazione di contesti di vita accessibili e inclusivi.
Il corso nasce nell’ambito della rete nazionale EDUNEXT (Italian Universities Digital Education Hub) ed è unico nel suo genere in Italia per numerose caratteristiche di originalità: è rivolto a studenti provenienti da lauree in Scienze dell’Educazione, Psicologia, Filosofia, Economia, Giurisprudenza, Ingegneria; si fonda su una forte interdisciplinarietà, con un bilanciamento totale fra insegnamenti di carattere umanistico e di carattere scientifico-tecnologico; prevede laboratori intensivi in presenza, nel corso dei quali, secondo metodologia didattiche mirate, verranno analizzati e risolti problemi concreti di casi-studio, portandoli a soluzione. Il corso stesso affronterà tematiche legate alla disabilità e alle tecnologie assistive, ma anche alla progettazione urbanistica accessibile, alla valutazione dell’accessibilità di contesti e strumenti, e all’individuazione di soluzioni risolutive: l’obiettivo, in sostanza, è quello di formare esperti in grado di agire sui contesti di vita – scolastici, lavorativi, residenziali, culturali – per renderli appunto inclusivi e accessibili.

Uno dei punti di forza della proposta è la modalità prevalentemente a distanza della formazione, che garantisce flessibilità e accessibilità a studenti, studenti-lavoratori e professionisti residenti in qualunque Regione italiana, rispondendo così alla necessità di una formazione avanzata, fruibile in momenti dedicati che permettano ad ognuno di conciliare i tempi di studio, di lavoro e personali.
Inoltre, per ampliare l’accessibilità formativa, il corso offre la possibilità di frequentare singoli insegnamenti, rivolgendosi anche a chi, già impegnato in àmbiti professionali (medici, ingegneri, architetti, consulenti del lavoro, pedagogisti, logopedisti, riabilitatori, operatori del terzo settore), voglia acquisire nuove competenze specifiche nel settore, aggiornandosi sui temi dell’accessibilità, dell’innovazione tecnologica e dell’inclusione.
Nel caso poi si tratti di dipendenti della Pubblica Amministrazione, essi potranno fruire del programma PA 110 e lode, che favorisce l’iscrizione e la partecipazione.
Il completamento di questi singoli moduli o insegnamenti è riconosciuto attraverso Open Badge, attestati digitali delle competenze acquisite, validi anche nel contesto europeo e spendibili nel mercato del lavoro.

Il nuovo corso si colloca dunque in una posizione strategica per contribuire alla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, attraverso l’integrazione di inclusione sociale, innovazione tecnologica ed equità.
In un tempo che chiede di ripensare radicalmente le modalità, le possibilità e le impossibilità con cui la vita collettiva si dipana, progettare contesti di vita accessibili e inclusivi non è solo una scelta tecnica o etica: è un atto di giustizia, che la nuova Laurea Magistrale può sostenere. fornendo gli strumenti per compierlo.

*Professore associato in Educazione Speciale al Dipartrimento di Scienze Umane e Sociali dell’Università di Bergamo (fabio.sacchi@unibg.it).

Maggiori informazioni sul corso di laurea di cui si parla nel presente contributo sono disponibili a questo link, mentre a quest’altro link vi è anche un video di presentazione delle tematiche trattate nel corso stesso.

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Legge sull’epilessia: lo stallo dell’iter porta a uno sciopero della fame dell’AICE

Superando - 28 Maggio 2025 - 4:48pm

«Dopo un anno di attesa della Relazione Tecnica del Ministero della Salute sul Disegno di Legge 898 (“Disposizioni per la tutela delle persone affette da epilessia”), promosso dalla nostra Associazione e presentato il 28 settembre 2023 all’esame della 10ª Commissione del Senato, confermiamo per il prossimo 10 giugno l’avvio dello sciopero della fame del nostro presidente nazionale Giovanni Battista Pesce»: è quanto si legge in una nota diffusa dall’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) La stretta di mano nel settembre 2024 tra il ministro della Salute Schillaci e il presidente dell’AICE Pesce. Ma l’iter della legge è ancora fermo

«Dopo un anno di attesa della Relazione Tecnica del Ministero della Salute sul Disegno di Legge 898 (Disposizioni per la tutela delle persone affette da epilessia), promosso dalla nostra Associazione e presentato il 28 settembre 2023 dalla senatrice Ronzulli all’esame, dal 24 gennaio 2024, della 10ª Commissione del Senato Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale, confermiamo per il prossimo 10 giugno l’avvio dello sciopero della fame del nostro presidente nazionale Giovanni Battista Pesce»: è quanto si legge in una nota diffusa dall’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), ove si ricorda anche come sia «dall’11 giugno 2024 che la 5ª Commissione Programmazione economica, bilancio del Senato ha richiesto e attende la citata Relazione Tecnica del Ministero della Salute, necessaria appunto per formulare il Parere alla 10ª Commissione, permettendo il proseguimento dell’esame del Disegno di Legge, sino all’auspicata approvazione da parte dei due rami del Parlamento».

«Verso le pesanti limitazioni normative e sociali imposte alle oltre 550.000 persone che con le loro famiglie vivono questa “malattia sociale” – sottolinea direttamente lo stesso presidente dell’AICE Pesce -, solo l’approvazione di quella norma ci permetterà di accedere ad adeguate misure inclusive per questa condizione di disabilità e di contrastare il millenario stigma che la opprime, una patologia cronica e disabilitante che al solo fatto di rendere pubblica la persistente o anche superata patologia (dalla remissione delle crisi grazie a farmaci pur meramente sintomatici, fino alla farmaco-resistenza che riguarda il 40% dei casi o quei pochi casi, il 30% in età evolutiva, che guariscono spontaneamente senza necessità di assumere terapie), incontra barriere che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione nella società delle persone su base di uguaglianza con gli altri, spingendo a rendere “clandestina” la propria condizione».

«Una patologia – prosegue il Presidente dell’AICE – ove le “epilessie rare” hanno, almeno, il grande vantaggio di essere diagnosticate rispetto alle tante “epilessie criptogenetiche”, ossia “nascoste nei geni” prive ancora di un’origine nota e di speranza per una possibile cura delle cause. Nonostante quindi la presenza di datate e internazionalmente riconosciute Società professionali, il mondo delle persone con epilessia in Italia segna un gravissimo ritardo inclusivo e culturale, con scarsa, se non negata, maturazione della condizione di disabilità. Solo 5 Regioni su 21, infatti, hanno un Piano Diagnostico Terapeutico ed Assistenziale, solo in una Regione è stato istituito un Osservatorio e Registro di Patologia, e solo nel 2018, infine, grazie ad uno sciopero della fame dell’AICE, fu conseguito l’inserimento di un “Capitolo Epilessia” nel Piano Nazionale della Cronicità, realizzatosi con l’aggiornamento del 2024».

«E dunque – conclude Pesce -, nonostante una positiva interlocuzione con il ministro della Salute Orazio Schillaci, nel settembre dello scorso anno, a fronte del permanere dello stallo e delle mancate risposte del Ministero, mi sento in obbligo per le nostre famiglie ad intraprendere questo sciopero della fame, auspicando che in questa Legislatura venga approvata una prima Legge, per dare piena cittadinanza alle oltre 550.000 persone con epilessia e loro famiglie del nostro Paese».

Segnali positivi bipartisan, per altro, sono arrivati anche dalla riunione del 6 maggio scorso della 10ª Commissione del Senato, durante la quale, come si legge nel relativo resoconto ufficiale, la senatrice di opposizione Sandra Zampa ha richiamato l’attenzione «sullo sciopero della fame annunciato dal presidente dell’Associazione italiana contro l’epilessia. La protesta è dovuta allo stallo dell’iter dei disegni di legge in materia di tutela delle persone affette da epilessia, conseguente alla mancata predisposizione della relazione tecnica richiesta. Si tratta di una situazione di notevole gravità, in quanto determina una inaccettabile mancanza di certezze per i numerosi cittadini interessati».
Dal canto suo, il senatore di maggioranza Ignazio Zullo, relatore sui Disegni di Legge n. 898 e connessi, ha condiviso «quanto espresso dalla senatrice Zampa», oltre a far presente «di essere in contatto con il presidente dell’Associazione italiana contro l’epilessia» e ad auspicare «un mirato impegno comune affinché si possa disporre nel più breve tempo possibile della relazione tecnica e quindi procedere celermente con il seguito della discussione dei disegni di legge in materia».
Seguiremo naturalmente con attenzione gli sviluppi della vicenda parlamentare. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: assaice@gmail.com.

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Fratelli e sorelle invisibili: il passaggio dalle quinte al palcoscenico

Superando - 28 Maggio 2025 - 1:57pm

Il prossimo 31 maggio, a livello internazionale, sarà la Giornata dei Sibling, dedicata al legame tra fratelli e sorelle. Nell’àmbito della disabilità, però, con il termine “sibling”, ci si riferisce, più nello specifico, ai fratelli e alle sorelle di persone con disabilità e/o con una patologia. Per l’occasione l’Associazione Parent Project, impegnata sul fronte delle distrofie di Duchenne e Becker, rende noto di avere pubblicato una nuova edizione della brochure “Sibling, fratelli invisibili. Il passaggio dalle quinte al palcoscenico”

Il 31 maggio si celebrerà anche in Europa la Giornata dei Sibling, dedicata al legame tra fratelli e sorelle, ma nell’àmbito della disabilità, ci si riferisce, con il termine sibling, più nello specifico, ai fratelli e alle sorelle di persone con disabilità e/o con una patologia. La Giornata del 31 maggio diventa quindi anche un’occasione per dialogare e per mettere in luce le specificità e le difficoltà spesso correlate a questa condizione.
«La nostra Associazione – dicono da Parent Project, che riunisce persone con distrofia muscolare di Duchenne e Becker e le loro famiglie – da diversi anni dedica a questa fondamentale componente della comunità di pazienti servizi e risorse ad hoc, con l’obiettivo di accogliere e sostenere tutto il nucleo familiare e accompagnarlo in ogni tappa del suo percorso di vita. È da questo impegno che è nata anche una pubblicazione divulgativa recentemente del tutto aggiornata, per includere le stesse voci e testimonianze dei fratelli e delle sorelle coinvolte nelle attività».

«La Giornata del 31 maggio – sottolinea Ezio Magnano, presidente di Parent Project – celebra il legame speciale che unisce fratelli e sorelle, che assume ulteriore complessità, ma anche valore e significato quando parliamo dei fratelli e sorelle di persone con disabilità. In questi anni in tutti noi è maturata l’idea e la certezza che il benessere psicologico dell’intera famiglia passi non solo dalla consapevolezza dei genitori nell’affrontare la distrofia di Duchenne o di Becker, ma anche e soprattutto dal benessere e dal coinvolgimento dei sibling, che spesso offrono un aiuto insostituibile».

La brochure Sibling, fratelli invisibili. Il passaggio dalle quinte al palcoscenico è dunque la nuova edizione di un materiale già realizzato da Parent Project, ma rivisto e aggiornato, come detto, alla luce dell’esperienza maturata negli ultimi anni. Distribuita per la prima volta pochi mesi fa alla Conferenza Internazionale di Roma di Parent Project, la pubblicazione offre una panoramica teorica sulle caratteristiche del vissuto dei sibling dal punto di vista psicosociale.
«Crediamo che le giornate celebrative – afferma Marica Pugliese, psicologa e psicoterapeuta del Centro Ascolto Duchenne di Parent Project, che da anni coordina le attività dedicate a questo tema – abbiano davvero valore solo se accompagnate da un lavoro costante su questi temi. Questa nuova edizione della brochure ci ha consentito di approfondire gli aspetti emotivi che caratterizzano le diverse fasi dello sviluppo, dall’infanzia, all’adolescenza e alla vita adulta, per mettere a fuoco gli elementi più importanti cui prestare attenzione. Ma la parte più importante di questo materiale è quella dedicata alle testimonianze che con grande disponibilità i ragazzi e le ragazze hanno deciso di lasciare alla comunità, per sensibilizzare sul tema e aiutarci a comprendere meglio i loro vissuti e i loro bisogni». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione Istituzionale di Parent Project (Elena Poletti), e.poletti@parentproject.it.

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Una vita a colori. Il prima, il durante e il dopo di una mamma caregiver

Superando - 28 Maggio 2025 - 1:32pm

«Ho sentito in me il volere e il dovere di dare in qualche modo testimonianza di Claudia, del suo vissuto e del vissuto di tanti e tante che sono ignorati e vivono un percorso di vita impegnativo, spesso nell’indifferenza di chi potrebbe dare loro sollievo»: lo dice Marina Cometto, a proposito del suo libro “Una vita a colori. Il prima, il durante e il dopo di una mamma caregiver“, ove racconta appunto la propria storia e quella della figlia Claudia

«Claudia era una persona con disabilità che ha arricchito la mia vita e quella di tante altre persone, rimanendo sempre nel suo piccolo mondo limitato, non solo dalla malattia, ma anche dall’indifferenza di molti nella nostra società civile. In questo libro spiego anche le difficoltà che si trovano a vivere molte famiglie come la nostra e spesso sconosciute ai più»: Marina Cometto, firma spesso presente in questi anni anche sulle nostre pagine, è stata per tanti anni la mamma caregiver di Claudia Bottigelli, persona con disabilità gravissima causata dalla sindrome di Rett, malattia devastante che per complicazioni varie l’ha portata via da noi alla soglia dei 50 anni. Con queste parole presenta dunque il suo libro Una vita a colori. Il prima, il durante e il dopo di una mamma caregiver (Primalpe, 2025), curato da Chiara Ludovisi e con una prefazione del neuropsichiatra infantile Giorgio Pini, ove appunto racconta la propria storia e quella di Claudia.

«Ho sentito in me – racconta ancora – il volere e il dovere di dare in qualche modo testimonianza di Claudia, del suo vissuto e del vissuto di tanti e tante che sono ignorati e vivono un percorso di vita impegnativo, spesso nell’indifferenza di chi potrebbe dare loro sollievo. Ciò che di negativo abbiamo vissuto noi, infatti, anche negli ultimi mesi, non dovrebbe viverlo nessun essere umano. La solitudine provata e vissuta ci ha testimoniato quanto ancora la disabilità gravissima sia causa di troppi timori e incompetenza da parte di molti. Spero dunque che leggendo questo libro, in molti possano comprendere che siamo tutti appartenenti allo stesso mondo, con gli stessi diritti e doveri, e che non siamo “un mondo a parte”, come ci fanno sentire, perché è solo dalla conoscenza, conoscenza anche della vita di persone fragili, che il mondo può essere migliore».

«Nel mio piccolo – conclude Marina – ho provato e provo ancora a lasciare dei semi, incontrando spesso persone che mi ringraziano per qualcosa di positivo che ho lasciato loro, conforto, aiuto, sollievo. Ma non avrei mai potuto farlo se non avessi incontrato sul mio cammino l’anima bella e pura di  Claudia!».
Un libro, dunque, di cui certamente suggerire la lettura a tutti e tutte. (S.B.)

Marina Cometto, Una vita a colori. Il prima, il durante e il dopo di una mamma caregiver (Primalpe, 2025), a cura di Chiara Ludovisi, con prefazione di Giorgio Pini.

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Classi di concorso in esubero nella scuola secondaria di secondo grado dopo le operazioni di mobilità per l’a.s. 2025/26. ERRATA CORRIGE

Ultime da A. T. P. Cosenza - 28 Maggio 2025 - 1:12pm

Ministero dell’Istruzione Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria – Direzione Generale Ufficio V – Ambito Territoriale di Cosenza Via Romualdo Montagna, 13 – 87100 Cosenza e-mail: usp.cs@istruzione.it – Posta ...

Un premio a chi studia numeri che nascono dalle persone e tornano alle loro vite

Superando - 28 Maggio 2025 - 12:50pm

È stato assegnato al neurologo Pietro Iaffaldano dell’Università di Bari, il “Premio Rita Levi Montalcini 2025″, riconoscimento che l’AISM dedica ai giovani ricercatori distintisi nella lotta alla sclerosi multipla, per il suo impegno nella ricerca osservazionale, quella resa possibile dai dati delle 94.000 cartelle cliniche del Registro Italiano della Sclerosi Multipla. «I numeri che studiamo – ha dichiarato – nascono dalla vita delle persone e tornano alla vita delle persone» Francesco Vacca, presidente dell’AISM, consegna il “Premio Rita Levi Montalcini 2025” a Pietro Iaffaldano, alla presenza anche di Mario Alberto Battaglia e Paola Zaratin, rispettivamente presidente e direttrice scientifica della FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla)

È stato assegnato al neurologo Pietro Iaffaldano dell’Università di Bari il Premio Rita Levi Montalcini 2025, riconoscimento che l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) dedica ai giovani ricercatori distintisi nella lotta alla sclerosi multipla, per il suo impegno nella ricerca osservazionale, quella resa possibile dai dati delle 94.000 cartelle cliniche del Registro Italiano della Sclerosi Multipla sulla quale il neurologo è da sempre impegnato.
Professore Associato di Neurologia all’Università di Bari e neurologo al Policlinico di Bari, Iaffaldano è stato premiato per l’impatto scientifico e clinico dei suoi studi: dalla valutazione dell’efficacia dei farmaci nella vita reale, alla capacità di predire l’evoluzione della malattia, fino all’analisi della progressione indipendente dalle ricadute (PIRA), anche nei giovani con sclerosi multipla pediatrica.
«Questo premio ha un significato speciale – ha dichiarato il ricercatore – perché valorizza una ricerca che parte dalle storie cliniche delle persone e le trasforma in conoscenza collettiva. È un riconoscimento al lavoro di squadra, dentro e fuori i laboratori».

Autore di oltre 110 pubblicazioni peer-reviewed e relatore invitato nei più prestigiosi congressi internazionali, Iaffaldano ricopre un ruolo centrale nei network di ricerca come il Big MS Data – che integra i registri di sei Paesi – ed è principal investigator degli studi di farmacovigilanza PASS (Post-Authorisation Safety Studies, ossia studi sulla sicurezza dei farmaci realizzati dopo l’autorizzazione e l’immissione in commercio), condotti attraverso il citato Registro Italiano della Sclerosi Multipla.
Nel discorso pronunciato al momento della premiazione, il ricercatore ha voluto condividere idealmente il premio con i colleghi che ne hanno sostenuto il percorso, ma soprattutto con le persone con sclerosi multipla che, con generosità, alimentano il Registro. «Senza il loro contributo – ha affermato – nessuna delle nostre ricerche sarebbe possibile. I numeri che studiamo nascono dalla vita delle persone e tornano alla vita delle persone».

Istituito nel 1999 dall’AISM, il Premio Rita Levi Montalcini ha segnato l’inizio di carriere straordinarie per molti ricercatori oggi protagonisti della scena scientifica internazionale. «Da oggi – dicono dall’Associazione -, in questa storia collettiva entra anche il nome di Pietro Iaffaldano». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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