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Audiodescrizione e accessibilità: un futuro sinergico

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«Il nostro invito – scrive Laura Giordani, audiodescrittrice e adattatrice di dialoghi -, che è poi il desiderio di tante persone che prendono parte alla produzione, post-produzione e fruizione di opere audiovisive, è che il pubblico vedente ancora ignaro delle meraviglie di questo formidabile strumento che è l’audiodescrizione, si avvicini con fiducia ad esso, per conoscerne le potenzialità e, perché no, i cultori appassionati» (Foto di Stefano Tedeschini)

Quando si parla di audiodescrizione, quel che ad alcuni viene in mente è un piccolo team di professionisti che, immerso nel buio di una sala di incisione, si dedica a ore di interminabile lavoro perseguendo l’obiettivo – a prima “vista” impossibile – di rendere un film accessibile a persone cieche e ipovedenti.
Un altro luogo comune, ugualmente diffuso, risiede nello scetticismo di chi, sentendosi raccontare gli sforzi che si fanno per garantire l’accessibilità, reagisce con un «Ma i ciechi guardano i film?».
Io non credo che idee vaghe e pregiudizi come questi siano da condannare a priori, senza cioè possibilità d’appello. Non credo che il fatto di non conoscere determinate realtà sociali basti a bollare qualcuno in maniera negativa. Il mondo è vasto, un insieme di fenomeni complessi in costante mutazione. Non avere mai riflettuto sull’impatto che l’accessibilità delle opere filmiche, uniche o seriali che siano, ha sulla vita della gente e sull’impegno che molti descrittori mettono oggi nel garantire che tale diritto sia riconosciuto e di conseguenza fruito nel migliore dei modi possibili, non rappresenta in sé una colpa. A patto, però, che si sia disposti ad ascoltare, con mente aperta.

L’audiodescrizione (d’ora in poi semplicemente AD) è ormai una realtà consolidata da più di mezzo secolo. La sua genesi accademica risale ai pionieristici studi condotti da Gregory Frazier, professore di Scienza della Comunicazione alla State University di San Francisco. Nel campo applicato (oltre che nella ricerca) è bene poi ricordare il prezioso contributo di Joel Snyder, a oggi uno dei massimi esponenti internazionali nell’ambito dell’audiodescrizione.
A partire dagli Anni Settanta, la riflessione su modalità creative, regole formali e applicazioni di questo strumento di eguaglianza sociale ha portato a conquiste che segnano a fondo l’evoluzione della storia del diritto alla cultura. Eppure, nell’immaginario collettivo, la figura dell’audiodescrittore corrisponde ancora a un qualcosa di molto nebuloso, o, nel migliore dei casi, di poco compreso.
Questo genere di professionista è un esperto descrittore di film, serie televisive, cartoni animati, eventi sportivi, spettacoli teatrali e di opere esposte in musei e gallerie. Le sue doti sono al servizio – un concetto chiave per chiunque cerchi di delineare la missione dell’audiodescrittore – di fruitori ciechi e ipovedenti desiderosi di attingere da un patrimonio audiovisivo pressoché sconfinato.

Va anche ricordato, e ribadirlo è sempre un bene, che l’audiodescrittore non rappresenta una monade isolata, avvolta dal buio del proprio studiolo, ricurva su copioni di opere che da immagini si trasformeranno in parole. Si tratta invece di un singolo tassello facente parte di un insieme più grande, che contribuisce a fornire un servizio frutto di un impegno collettivo – un impegno sinergico.
Sinergico dev’essere, infatti, il rapporto tra descrittore e committenza. Uno scambio professionale basato dunque sulla reciproca fiducia che culmina, prima della messa in onda o pubblicazione, nel collaudo delle AD – auspicabilmente anche con la consulenza di persone cieche e ipovedenti – e si rinsalda calendarizzando tempi di lavorazione proporzionati alla complessità e all’estensione delle opere da descrivere.
Sinergico dev’essere il lavoro del descrittore, quando collabora con una squadra di colleghi alla creazione autoriale di AD per opere seriali o franchise cinetelevisivi. In questi casi, il confronto tra prospettive e stili differenti costituisce una risorsa di valore, da cui il testo descrittivo non può che uscire arricchito, anche in virtù della cooperazione – ancora una volta necessaria e auspicata – di professionisti ciechi e ipovedenti.
Sinergico è poi l’interscambio tra le figure della cosiddetta “filiera dell’AD”, la catena di montaggio grazie a cui il testo descrittivo viene registrato e missato a un’opera audiovisiva, rendendola, a tutti gli effetti, accessibile al pubblico cieco e ipovedente. Le figure coinvolte nel processo sono molte e molto specializzate. A partire dall’autore della descrizione, passando per lo speaker, la cui voce verrà ascoltata dai fruitori a lavorazione terminata e collaudata, fino ai fonici di sala, di mix e sincronizzatori, ai quali sono affidati incisione, sincronizzazione e missaggio della traccia audio.
Sinergico, infine (ed è qui che sentiamo di offrire a Lettori e Lettrici un piccolo spunto di riflessione) dev’essere il rapporto che lega l’arte ausiliaria dell’audiodescrizione a tutti i membri della società civile, accanto e in mezzo ai quali persone cieche e ipovedenti vivono e coesistono quotidianamente. Approfondire la conoscenza di questo potente strumento di inclusione e familiarizzare con il lavoro di chi fornisce (e di chi richiede) accessibilità, non è semplicemente l’ennesimo “dovere morale” da “buoni samaritani”. Al contrario, costituisce un’opportunità. È una finestra aperta su un mondo che stupirà chi ancora non ne ha fatto esperienza, ed è una porta (anzi, un portone) che ci consente di condividere con figli, fratelli, familiari e amici con disabilità visiva abitudini che a noi paiono basilari, ma che sono tutt’altro che scontate. Si pensi, per esempio, a passatempi di per sé ordinari come guardare una soap o un programma sul divano, andare al cinema dopo la “pizzata” del venerdì sera, assistere a un evento sportivo in uno stadio, o godere di uno spettacolo teatrale in compagnia dei nostri cari. Tutte queste attività fanno da collante sociale e veicolo di cultura senza che noi, “cittadini vedenti” abituati, ce ne rendiamo neanche conto.

Laura Giordani al lavoro (foto di Stefano Tedeschini)

Includere, piuttosto che bypassare, è qualcosa che non si può rimandare, nel nostro Paese: profonde innovazioni teoriche e tecnologiche supportano oggi, a tutti gli effetti, questo irrinunciabile salto in avanti, alla luce anche dei recenti sviluppi legislativi che consentiranno, nel prossimo futuro, il fiorire di un àmbito e di un mercato già in espansione a livello sia nazionale che internazionale.
L’auspicio, ancora una volta, è che anche l’Italia partecipi a questo andamento globale, rivedendo tutte quelle leggi che escludono le disabilità dalla cultura e dall’intrattenimento, e attuando la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che garantisce pari opportunità a tutti gli esseri umani e che all’articolo 30 (Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi ed allo sport) recita tra l’altro: «Gli Stati Parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità: (a) abbiano accesso ai prodotti culturali in formati accessibili; (b) abbiano accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili; (c) abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale».
Accanto poi a queste importantissime direttive, ci sono i princìpi espressi nell’articolo 3 della Costituzione Italiana, secondo cui: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

A coronamento infine di uno status quo ancora in via di definizione, la Legge Cinema n. 220 del 2016 stabilisce che chiunque si rivolga al Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, per ricevere il sostegno relativo al Tax Credit, debba depositare presso la Cineteca Nazionale audiodescrizioni e sottotitoli per non udenti. Tuttavia, in questo caso, non viene fatto alcun riferimento alla fruizione: la condizione sufficiente è la mera consegna. Viene quindi spontaneo chiedersi il perché di una scelta simile. Perché obbligare le produzioni a investire soldi in ausili che vengono poi chiusi nelle “cassette di sicurezza” della Cineteca Nazionale?

Un cenno finale, tanto doveroso quanto interessante per il cosiddetto “pubblico dei non addetti ai lavori” va all’utilizzo che sempre più spesso si fa dell’AD come strumento di apprendimento linguistico. Ne sono testimoni tutti quegli studenti di italiano per stranieri che si avvalgono dei metodi di insegnamento integrato – che comprendono quindi il ricorso a opere audiovisive audiodescritte – di tanti docenti desiderosi di tenersi al passo coi tempi anche mediante opere di produzione cine-televisiva.

In conclusione, il nostro invito, che è poi il desiderio di tante e tante persone che prendono parte alla produzione, post-produzione e fruizione di opere audiovisive, è che il pubblico vedente ancora ignaro delle meraviglie di questo formidabile strumento descrittivo si avvicini con fiducia al mondo delle AD, per conoscerne le potenzialità e, perché no, i cultori appassionati. Farlo non costa poi molto, basta premere i pulsanti di un telecomando e selezionare l’audiodescrizione di un film da una tendina su uno schermo. Che sia in italiano sulle nostre reti nazionali, o in altre lingue dalle piattaforme streaming, concedetevi la possibilità di conoscere l’universo delle audiodescrizioni nelle sue varie applicazioni. Verrete accolti a braccia aperte, e siamo certi che ne “vedrete delle belle”!

*Adattatrice dialoghi, audiodescrittrice, docente universitaria, attualmente al lavora al suo quinto libro. Il presente contributo è già apparso nella testata «Cultura e dintorni» e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Nessuna persona con disabilità deve più sentirsi sola, abbandonata o maltrattata

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«Esprimiamo profonda indignazione e dolore – scrivono dall’Associazione Autismo Fuori dal Coro per i gravissimi episodi di maltrattamenti, vessazioni e abusi avvenuti in alcune strutture dedicate all’accoglienza di persone con disabilità, in particolare nei casi di Pisa e Luserna San Giovanni (Torino). Servono azioni immediate per evitare che episodi simili si ripetano: nessuna persona con disabilità deve più sentirsi sola, abbandonata o maltrattata nel luogo che dovrebbe essere la sua casa e il suo rifugio

La nostra Associazione a carattere nazionale [Autismo Fuori dal Coro], impegnata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, esprime profonda indignazione e dolore per quanto emerso in merito ai gravissimi episodi di maltrattamenti, vessazioni e abusi – anche sessuali – avvenuti in alcune strutture dedicate all’accoglienza di persone con disabilità, in particolare nei casi denunciati a Pisa e a Luserna San Giovanni (Torino) [per i primi si legga a questo link, per i secondi se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Quanto accaduto è inaccettabile. Parliamo di persone fragili, spesso non autosufficienti, che avrebbero dovuto ricevere cura, protezione e rispetto. Invece sono diventate vittime di abusi e violenze intollerabili, consumati nel silenzio e nell’indifferenza.

Chiediamo verità, giustizia e misure concrete, ossia:
– che sia fatta piena luce su ogni responsabilità e che tutti i responsabili di tali nefandezze rispondano in prima persona dei loro misfatti, senza sconti di pena;
– che venga garantita maggiore vigilanza e videosorveglianza sulle strutture socio-sanitarie;
– che le Famiglie e le Associazioni possano partecipare attivamente al monitoraggio sulla qualità dei servizi;
– che la formazione degli operatori includa aspetti fondamentali legati al rispetto, all’etica e alla gestione consapevole della fragilità;
– che al momento del reclutamento e dell’assunzione del personale (a tutti i livelli) vengano effettuati capillari e minuziosi test attitudinali e psicologici, per verificare lo stato psicofisico ed emotivo delle persone individuate;
– che periodicamente tutto il personale presente in ogni struttura venga sottoposto a terapia psicologica;
– che il personale medico e paramedico non sia mai sottonumerato o sottopagato e che, per il suo maggiore benessere psicofisico, goda di tutte quelle tutele (maternità, malattia, infortunio…) a cui a pieno titolo ha diritto. Questo perché siamo consapevoli del fatto che non si deve fare di “tutt’erba un fascio”.

È bene ricordare che a fronte di un numero limitato (si spera) di persone malvagie ve ne sono tantissime che svolgono questo delicato lavoro con amore e dedizione. Esse hanno diritto a non essere confuse con i “personaggi” che si sono macchiati di questi crimini efferati e anche a loro va la nostra vicinanza.

Non si può più attendere. Servono azioni immediate per evitare che episodi simili si ripetano. Nessuna persona con disabilità deve più sentirsi sola, abbandonata o maltrattata nel luogo che dovrebbe essere la sua casa e il suo rifugio.

*Autismofuoridalcoro@gmail.com. Il contenuto del presente testo corrisponde a quello di un messaggio inviato alla Presidenza del Repubblica, alla Presidenza del Consiglio, alla Presidenza del Senato e al Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità.

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La Fattoria delle Marionette a Torino, per vivere il gioco, la creatività e la natura in modo inclusivo

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C’è un nuovo spazio a Torino dedicato ai bambini e alle famiglie: è la Fattoria delle Marionette, un luogo senza barriere architettoniche, con uno sguardo particolarmente attento alla disabilità, pensato per offrire a tutti e tutte l’opportunità di vivere il gioco, la creatività e la natura in modo inclusivo. L’iniziativa è il risultato della passione per il teatro di figura della Famiglia Grilli, già fondatrice del Museo delle Marionette e dei Burattini – Casa Gianduja

Un nuovo spazio dedicato ai bambini e alle famiglie è realtà a Torino: si tratta della Fattoria delle Marionette, un luogo senza barriere architettoniche, con uno sguardo particolarmente attento alla disabilità, pensato per offrire a tutti e tutte l’opportunità di vivere il gioco, la creatività e la natura in modo inclusivo.
Situata in Via Pettinati, 10, nel cuore del quartiere torinese Nizza Millefonti, la Fattoria è il risultato della passione per il teatro di figura della Famiglia Grilli, già fondatrice del Museo delle Marionette e dei Burattini – Casa Gianduja.

«La Fattoria delle Marionette – sottolineano i promotori – è un piccolo mondo a misura di bambino, aperto dal giovedì alla domenica dalle 17.30 alle 21, che con il suo giardino incantato, progettato per stimolare l’immaginazione e la socialità, diventa un luogo di incontro dove bambini e bambine con e senza disabilità possono giocare, imparare e crescere insieme sotto lo sguardo di animatori esperti. È più che un giardino ludico: è un ponte tra generazioni, arte e natura, dove il gioco diventa strumento di crescita e il teatro si fa esperienza viva e condivisa. E protagoniste assolute sono le marionette-animali: capra, gallo, pecora, mucca, che animano l’immaginario infantile».

«Le attività proposte – si aggiunge – sono pensate per essere fruibili da tutti e tutte, con particolare attenzione all’inclusività e alla possibilità di partecipare di ciascun bambino, indipendentemente dalle proprie necessità. L’ingresso è libero e tutte le attività (laboratorio di pittura libera sulle marionette-animali; orto didattico; giochi di gruppo e didattica creativa; teatrino Inventa la tua storia) sono gratuite». (S.B.)

A questo link sono elencati una serie di appuntamenti speciali alla Fattoria delle Marionette di Torino, dal 12 luglio al 2 agosto. Per ulteriori informazioni: Francesca Mariotti (fmariotti@maybepress.it).

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Il “Mosè” di Michelangelo audiodescritto

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Grazie all’infaticabile lavoro dell’Associazione Blindsight Project, l’audio-tour “Michelangelo audiodescritto”, dedicato a Michelangelo Buonarroti e iniziato con l’audiodescrizione della “Pietà” e della “Sacra Famiglia”, prosegue ora con quella del “Mosè”. Anche quest’ultimo lavoro rientra nel più ampio progetto “Talking Italy©”, iniziativa nata per di rendere l’arte accessibile alle persone cieche e ipovedenti attraverso degli audio-tour Il “Mosè” di Michelangelo a San Pietro in Vincoli a Roma

Grazie all’infaticabile lavoro dell’Associazione Blindsight Project, l’audio-tour Michelangelo audiodescritto, dedicato al celeberrimo pittore e scultore Michelangelo Buonarroti (1475-1564), iniziato con l’audiodescrizione della Pietà e della Sacra Famiglia [se ne legga già anche su queste pagine, N.d.R.], prosegue ora con l’audiodescrizione del Mosè.
Com’è noto, si tratta di una tra le più celebri sculture del Rinascimento, scolpita tra il 1513 e il 1515 per la tomba di Papa Giulio II, ritoccata nel 1542, e attualmente ospitata nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. La figura colossale, seduta e con le tavole della legge sotto il braccio destro, colpisce per l’intensità dello sguardo e il dinamismo della postura.
Tutte le opere dell’audio-tour Michelangelo audiodescritto sono disponibili nella pagina dedicata (a questo link). Ad esse, prossimanamente, si aggiungerà anche l’audiodescrizione della Cappella Sistina.

L’audiodescrizione del Mosè è stata realizzata durante il Corso Executive di Audiodescrizione 2025, in collaborazione con Netflix, presso la Civica Scuola Interpreti e Traduttori Altiero Spinelli di Milano. Il testo è di Laura Raffaeli e degli studenti dello stesso Corso di Audiodescrizione, la voce è di Pino Pirovano.
Anche questa audiodescrizione rientra nel più ampio progetto Talking Italy©, iniziativa ideata e portata avanti da Blindsight Project per rendere l’arte accessibile alle persone cieche e ipovedenti attraverso degli audio-tour. Al momento sono stati prodotti i seguenti otto audio-tour: il Parco dei Mostri di Bomarzo, l’Antiquarium di Sutri e il Museo Colle del Duomo a Viterbo, Villa d’Este a Tivoli, il Complesso Monumentale di Sant’Agnese e Santa Costanza, la Chiesa di San Luigi dei Francesi, la Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma e, infine, come detto, Michelangelo audiodescritto. (Simona Lancioni)

Per informazioni: Laura Raffaeli (president@blindsight.eu o info@blindsight.eu).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Far pagare le batterie sarebbe una palese violazione dei diritti umani

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Ulteriori segnalazioni e denunce da tutta Italia, la risposta del Ministro della Salute a un’Interrogazione Parlamentare e le parole di Giampiero Griffo, che fece parte della delegazione italiana alle Nazioni Unite che partecipò all’elaborazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, secondo il quale far pagare agli utenti le batterie delle carrozzine a motore elettrico sarebbe «una palese violazione dei diritti umani». Continuiamo ad aggiornare Lettori e Lettrici sugli sviluppi di una delicata questione

Continuiamo a seguire la questione sollevata nelle scorse settimane da alcuni articoli pubblicati dal «Fatto Quotidiano» a firma di Renato La Cara, riguardante il fatto che dal 1° gennaio di quest’anno spetterebbero agli utenti le spese legate alla manutenzione e alle riparazioni delle carrozzine a motore elettrico (batterie, motori, joystick, ruote), dopo l’entrata in vigore del Nomenclatore Allegato 5 al DPCM 12/2017, avvenuta il 30 dicembre 2024, con l’approvazione delle relative Tariffe dell’Elenco 1.
Nell’ultimo nostro aggiornamento avevamo riferito che nel Veneto la situazione si era evoluta positivamente, dopo che l’assessora alla Sanità Lanzarin si era espressa in una nota ufficiale, dichiarando che «le Aziende Sanitarie dovranno assicurare agli assistiti aventi diritto, su prescrizione dello specialista, non solo l’erogazione del dispositivo medico, ma anche tutte le prestazioni di adattamento e personalizzazione (a cura di professionisti sanitari abilitati) e quelle di manutenzione, riparazione e sostituzione di batteria o altri componenti necessari».
In precedenza avevamo anche segnalato come la questione fosse stata sollevata tramite un’Interrogazione Parlamentare in cui si era chiesto ai Ministeri della Salute e dell’Economia e Finanze, se intendessero «adottare con la necessaria urgenza iniziative per garantire che i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice ISO 12.23 (carrozzine a motore elettrico) fossero a carico del Servizio sanitario nazionale e quindi garantiti gratuitamente alle persone che ne hanno bisogno».

Ebbene, mentre «Il Fatto Quotidiano», sempre a firma di Renato La Cara, ha dato spazio a un ulteriore approfondimento, evidenziando varie altre segnalazioni e denunce da tutta Italia, è arrivata anche la risposta del ministro della Salute Schillaci alla citata Interrogazione Parlamentare (se ne veda il video a questo link), che sembrerebbe chiudere la questione. «Per le carrozzine per le persone disabili – ha dichiarato infatti il responsabile del Dicastero – le regioni e Asl devono stipulare contratti attraverso gare pubbliche ed i fornitori devono garantire l’adattamento e personalizzazione dei dispositivi da parte di professionisti abilitati, la manutenzione ordinaria, oltre alla sostituzione dei componenti come le batterie. Non è una raccomandazione, ma una norma di legge».
Secondo quanto affermato da Schillaci, dunque, «il nuovo decreto tariffe del 2025 non ha cambiato nulla sui diritti dell’assistito, l’innovazione riguarda solo la modalità di approvvigionamento, ma i diritti dei cittadini sono rafforzati».
«La riparazione – ha concluso – rimane a carico delle aziende sanitarie e all’assistito non dovrebbe essere richiesta alcuna compartecipazione alla spesa per la riparazione e sostituzione delle carrozzine, se questo sta accadendo, qualcuno non applica le normative. Non è accettabile».
Ma quante e quali Regioni, per usare le parole del Ministro «non stanno applicando le normative»?

Nel frattempo vale la pena ricordare che anche la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) si era direttamente rivolta al Ministro della Salute e alla ministra per le Disabilità Locatelli, chiedendo «un immediato intervento per ripristinare la copertura economica per riparazioni e sostituzioni delle carrozzine elettriche; nonché una urgente integrazione del Nomenclatore, evitando che questioni burocratiche limitino l’autonomia delle persone con disabilità; la definizione di soluzioni strutturali per prevenire future esclusioni».
Nella sua lettera, la Federazione aveva anche parlato di «violazione dei princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità» (Legge dello Stato Italiano 18/09) ed è proprio per approfondire quest’ultimo spunto che abbiamo interpellato Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International) e componente della delegazione italiana coinvolta a suo tempo alle Nazioni Unite per l’elaborazione della Convenzione stessa.
«Negare il rimborso delle batterie per le carrozzine a motore elettriche – spiega Griffo – sarebbe una palese violazione dei diritti umani, confliggendo, nello specifico con l’articolo 20 (Mobilità personale) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità il quale recita che “Gli Stati Parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a: (a) facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti ed a costi accessibili; (b) agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausili per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili”. A quanto pare, infatti, e al netto della recente risposta del Ministro della Salute all’Interrogazione Parlamentare, non mi sembra che il nuovo Nomenclatore Tariffario preveda la rimborsabilità delle batterie delle carrozzine a motore elettrico, considerate un costo eccessivo e quindi negate per risparmiare. E si tratta di una misura che rappresenta un onere non indifferente, arrivando a costi di quasi 600 euro, per alcuni tipi di carrozzine».

Ma non è solo l’articolo 20 della Convenzione ONU ad essere coinvolto. Griffo, infatti, si rifà anche all’articolo 4 (Obblighi generali), secondo il quale «gli Stati Parti si impegnano […] (a) ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella presente Convenzione; (b) ad adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità; (c) a tener conto della protezione e della promozione dei diritti umani delle persone con disabilità in tutte le politiche e in tutti i programmi; (d) ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente Convenzione ed a garantire che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente Convenzione».
«Quando dunque ha ratificato la Convenzione con la Legge 18/09 – sottolinea Griffo -, l’Italia si è impegnata ad applicarla. Quella misura, pertanto, rappresenterebbe una palese violazione innanzitutto dell’articolo 20, che riconosce la mobilità personale come diritto umano e in tal senso ritengo che la FISH e/o altre Associazioni dovrebbero certamente impugnare quel provvedimento». (S.B.)

Al tema trattato in questo contributo abbiamo già dedicato i seguenti testi: Batterie e riparazioni elle carrozzine a motore elettrico: pagano gli utenti? (a questo link); Cari Ministri, Care Regioni: e quindi, se mi si rompe la batteria, devo restare chiuso in casa? (a questo link); Carrozzine a motore elettrico e spese a carico degli utenti: bene il Veneto, ma la FISH scrive al Governo (a questo link).

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L’intollerabile distanza: persone non autosufficienti e servizi nelle Marche

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Il rapporto tra esigenze delle persone e l’offerta di sostegni, interventi, servizi; come si sostanzia il sostegno alla domiciliarità; quanto pagano e quanto dovrebbero pagare le persone che vivono nelle residenze per anziani; qual è la situazione delle liste di attesa nei servizi territoriali: sono i quattro temi, legati tra loro, affrontati dal libro “L’intollerabile distanza. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche”, nuovo Quaderno pubblicato dal Gruppo Solidarietà

Si chiama L’intollerabile distanza. Persone non autosufficienti e servizi nelle Marche, il nuovo Quaderno (l’undicesimo sulle politiche della propria Regione) pubblicato dal Gruppo Solidarietà, che raccoglie parte del lavoro di analisi dell’ultimo biennio svolto dall’Osservatorio sulle Politiche Sociali dello stesso Gruppo Solidarietà.

Il volume affronta quattro temi, legati tra loro, vale a dire il rapporto tra esigenze delle persone (la cosiddetta “domanda”) e l’offerta di sostegni, interventi, servizi; come si sostanzia il sostegno alla domiciliarità; quanto pagano e quanto dovrebbero pagare le persone che vivono nelle residenze per anziani; qual è la situazione delle liste di attesa nei servizi territoriali.
«Ogni tema – spiegano dal Gruppo Solidarietà – è stato analizzato e sviluppato attraverso l’analisi di dati che abbiamo prima cercato e poi elaborato attraverso un filo conduttore: gli effetti e l’impatto sulle persone. Tutto materiale, quindi, messo a disposizione di quanti, a partire dalle Istituzioni ad ogni livello, vogliono affrontare con rigore – e sperabilmente con una certa passione – esigenze spesso vitali di molte persone. Condizioni, non dimentichiamolo, che in un domani assai vicino, potrebbero riguardare ciascuno di noi». (S.B.)

A questo link è disponibile il testo dell’introduzione del libro. Per ulteriori informazioni (e per ordinare il volume): grusol@grusol.it.

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Un corso di formazione rivolto ai medici riguardante la riforma sulla disabilità

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È online il progetto formativo gratuito, rivolto ai medici, denominato “La riforma sulla disabilità: il certificato medico introduttivo”, realizzato dalla FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), in collaborazione con il Ministero per le Disabilità e l’INPS

Come segnala il Ministero per le Disabilità, è online (a questo link) il progetto formativo gratuito, rivolto ai medici, denominato La riforma sulla disabilità: il certificato medico introduttivo, realizzato dalla FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), in collaborazione con lo stesso Ministero per le Disabilità e l’INPS.
«Nell’àmbito delle recenti modifiche normative in materia di disabilità – si legge nella presentazione -, questo corso si propone di fornire ai medici certificatori le giuste conoscenze per una corretta compilazione del certificato medico introduttivo che, ai sensi del Decreto Legislativo 3 maggio 2024 n. 62, costituisce il presupposto indispensabile per l’avvio del procedimento valutativo di base».
«Ringrazio l’Ordine dei Medici – dichiara la ministra per le Disabilità Locatelli – per l’impegno nello sviluppo della riforma e per il prezioso lavoro che sta portando avanti, a partire dalla risoluzione di alcuni nodi tecnici riguardanti il caricamento dei documenti in allegato emersi nella prima fase, e per l’impegno in questa attività integrata di formazione che raggiunge tutti i medici con un corso specifico di alto livello sulla riforma stessa». (S.B.)

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Habibou, studentessa cieca, molto più di una lettera di ringraziamento

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«Noi non vi vediamo, ma sentiamo la vostra presenza in ogni progresso che facciamo. E speriamo che altre mani si uniscano a voi affinché la disabilità non sia mai più un ostacolo per chi vuole imparare»: lo ha scritto Habibou Adidjatou, studentessa cieca dello Stato africano del Togo, ai tanti che hanno sostenuto il progetto dell’Associazione Gruppo San Francesco d’Assisi – Per i ciechi del Togo, voluto per dare strumenti informatici agli studenti ciechi di quel Paese

«Speravamo di riuscire ad attrezzare una ventina di studenti, e siamo arrivati al doppio! In questi mesi abbiamo consegnato 28 computer portatili ad uso personale per gli studenti ciechi o ipovedenti dell’università che sosteniamo con la borsa di studio e per le due studentesse di Dapaong che hanno perso la vista da poco e, dopo aver imparato il Braille, vogliono tornare a studiare. Ma abbiamo inviato anche 9 computer fissi per dotare di un laboratorio informatico due istituti per ciechi che ne erano privi e per gli studenti di Bassar»: così Flavio Fogarolo, presidente dell’Associazione Gruppo San Francesco d’Assisi – Per i ciechi del Togo di Barbarano Mossano (Vicenza), traccia lo splendido bilancio di un’iniziativa di solidarietà, spontanea e autogestita, nata per dare agli studenti ciechi del Togo, Paese dell’Africa Occidentale, la possibilità di usare anche loro per lo studio gli strumenti informatici che in Italia, ma non solo, i coetanei nella loro situazione usano abitualmente da decenni. Un’iniziativa che qualche mese fa avevamo ampiamente presentato anche sulle nostre pagine.
Molte altre notizie su questo progetto (e su altro ancora) si possono leggere nell’ultima newsletter dell’Associazione (a questo link), ma qui diamo spazio, più che volentieri, alla traduzione italiana della lettera inviata da Habibou Adidjatou, studentessa cieca del Togo, indirizzata ai tanti che hanno sostenuto il progetto, tra i quali, sottolinea Fogarolo, «il gruppo via mail Suggerimenti per una didattica della vicinanza, il gruppo Facebook Normativa Inclusione e la rete dei CTS-Centri Territoriali di Supporto)». «E questa – aggiunge – è molto più di una lettera di ringraziamento!». Concordiamo.

Habibou Adidjatou, studentessa cieca, rappresentante degli studenti con disabilità dell’Università di Lomé, Togo

Lettera aperta a chi ci ha teso la mano
Scrivo a voi, che siete lontani ma ci siete stati vicini, a voi che avete creduto in noi, senza nemmeno conoscerci.
Mi chiamo Habibou Adidjatou, sono studentessa dell’Università di Lomé. Sono cieca. E non sono la sola. Siamo in tanti in questa Università a vivere con una disabilità visiva. Ciascuno di noi ha la sua storia, il suo dolore, le sue difficoltà. Ma ciò che abbiamo in comune è un desiderio incrollabile di imparare, di farcela, di vivere degnamente.
Alcuni di noi sono nati con questa disabilità. Altri l’hanno incontrata in seguito, dopo una malattia o un incidente. Ma tutti noi abbiamo dovuto reimparare a vivere in modo diverso. Dai banchi della prima elementare, passando poi per le scuole medie e superiori, fino al diploma di maturità, abbiamo studiato in Braille, spesso in scuole speciali. È stato difficile, ma abbiamo resistito.
E poi siamo arrivati all’Università. Un mondo nuovo, dove tante attività si svolgono online, su piattaforme, con documenti digitali… ma non sempre accessibili. Per noi che potevamo disporre solo dei nostri telefoni era quasi tutto impossibile. Studiare su documenti lunghissimi, seguire corsi da remoto, fare ricerche, leggere romanzi e altri testi di letteratura… tutto era una sfida continua.
Ma un giorno, siete arrivati voi.
Ci avete teso la mano, senza fare rumore, senza aspettarvi nulla in cambio.
E ci avete donato i computer. E, credetemi, non ci avete dato solo delle macchine. Ci avete dato una nuova, grande opportunità.
Oggi, grazie a questi strumenti, io e i miei compagni possiamo finalmente studiare come tutti. Possiamo leggere, ascoltare, fare ricerche, capire. Possiamo seguire i corsi online, approfondire le conoscenze e prepararci per gli esami con sicurezza. È una libertà che non abbiamo mai sperimentato prima all’Università.
Voglio dirvi con questa lettera che quello che avete fatto ha un enorme valore. Che il vostro sostegno sta cambiando delle vite. Che le vostre azioni si fanno sentire più delle parole.
Noi non vi vediamo, ma sentiamo la vostra presenza in ogni progresso che facciamo. E speriamo, dal profondo del nostro cuore, che altre mani si uniscano a voi affinché la disabilità non sia mai più un ostacolo per chi vuole imparare.
Con rispetto, gratitudine e speranza,
Habibou Adidjatou – Studentessa non vedente – Rappresentante degli studenti con disabilità dell’Università di Lomé, Togo

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Non solo “matrimoni da favola”!

Superando -

Di Amazon, in queste settimane, non si sono occupate solo le cronache dedicate alle nozze “da favola” di Jeff Bezos, fondatore, proprietario e presidente della più grande società di commercio elettronico al mondo, ma è stata anche la testata «The Guardian», che ha pubblicato un ampio servizio dal significativo titolo “I lavoratori con disabilità di Amazon in posizioni aziendali denunciano una ‘discriminazione sistemica’”. Accuse tutte seccamente respinte da Amazon. Vediamo di cosa si parla

Ad occuparsi nelle scorse settimane di Amazon non sono state solo le cronache “ipertrofiche” dedicate alle nozze “da favola” di Jeff Bezos, fondatore, proprietario e presidente della più grande società di commercio elettronico al mondo, ma è stata anche la nota testata «The Guardian», che ha pubblicato un ampio servizio dal significativo titolo Disabled Amazon workers in corporate jobs allege ‘systemic discrimination’ ossia “I lavoratori con disabilità di Amazon in posizioni aziendali denunciano una ‘discriminazione sistemica’”. Vediamone in sintesi i contenuti.

Un’elaborazione grafica realizzata da Amazon dedicata ai propri dipendenti con disabilità

In sostanza, i lavoratori con disabilità di Amazon hanno accusato l’azienda di reprimere in modo aggressivo i loro tentativi di organizzarsi, oltreché di utilizzare sistemi di intelligenza artificiale che non sarebbero conformi alle leggi statunitensi sulla disabilità. In particolare, l’azienda stessa avrebbe respinto le richieste di agevolazioni per il personale con disabilità in modo “automatico” o “semi-automatico”, oltre a rimuovere ripetutamente messaggi e anche una petizione da una chat di gruppo (canale Slack) dei dipendenti. In tal senso, il 31 maggio scorso una lettera di ben 33 pagine era stata inviata a nome di un gruppo di oltre 200 lavoratori con disabilità ai dirigenti, tra cui l’amministratore delegato di Amazon, Andy Jassy, sostenendo che il gruppo fosse sostanzialmente fuori linea con i requisiti federali previsti dall’ADA (Americans with Disabilities Act), la nota Legge statunitense del 1990 sui diritti civili, che tutela le persone dalla discriminazione basata sulla disabilità.
In particolare, nella lettera venivano citate le imposizioni di rientro sul luogo di lavoro per persone con disabilità alle quali in precedenza era stato consentito di lavorare da casa, in base a raccomandazioni mediche, oltre al fatto che gli adattamenti sugli stessi luoghi di lavoro fossero guidati da processi di intelligenza artificiale non in linea con la citata Legge ADA.

«La discriminazione sistemica, le ritorsioni e le carenze politiche qui documentate – concludeva la lettera – non solo violano l’ADA, ma erodono anche la fiducia, danneggiano la salute individuale e compromettono l’integrità dell’azienda. Abbiamo anche condotto sondaggi interni, dai quali è emerso che il 93% degli intervistati con disabilità ha affermato che le politiche attuali li hanno danneggiati, mentre un altro 71% ha affermato che più della metà delle loro richieste di adattamento del posto di lavoro era stata respinta o non era stata soddisfatta, e il 92% ha segnalato la mancanza di una procedura di adattamento del posto di lavoro accessibile. Chiediamo dunque un’azione immediata per riformare queste politiche, promuovere un ambiente di lavoro realmente inclusivo e tutelare i diritti di tutti i dipendenti». E quest’ultima richiesta è stata anche la sostanza di una petizione pubblica presentata successivamente ai dirigenti di Amazon.
«The Guardian», infine, riferisce dettagliatamente anche di quello che sarebbe stato il licenziamento immediato di un dipendente con disabilità leader di una campagna per i diritti dei lavoratori con disabilità, riportando inoltre altre storie di quelle che sarebbero comprovate discriminazioni.

Ma come ha replicato Amazon? Non ha negato la rimozione dei messaggi dalla chat di gruppo dei lavoratori, affermando che «quei messaggi violavano la politica aziendale sull’utilizzo dei sistemi elettronici di Amazon a fini di sollecitazione». Ha tuttavia «contestato le affermazioni secondo cui avrebbe attuato ritorsioni nei confronti dei dipendenti che avevano cercato di organizzarsi su questioni sindacali», affermando seccamente, tramite un portavoce, che «Amazon rispetta il diritto dei dipendenti a organizzarsi e non interferisce con tali diritti. Non discriminiamo né adottiamo ritorsioni nei confronti dei dipendenti che partecipano ad attività sindacali».
Commentando poi i sondaggi interni sui lavoratori con disabilità, citati in precedenza, l’azienda ha parlato di «un numero limitato di dipendenti non verificati», che non avrebbero quindi rispecchiato l’opinione di tutte le persone con disabilità. Ha affermato inoltre che il proprio team dedicato ai servizi per la disabilità e ai congedi «garantisce che i dipendenti abbiano accesso ad agevolazioni e adattamenti e che le decisioni siano “guidate dall’empatia”», negando quindi che «l’intelligenza artificiale sia stata utilizzata per processi decisionale riguardanti le agevolazioni ai dipendenti con disabilità».

Versioni, quindi, praticamente opposte, di cui prendiamo atto, ma situazioni che richiedono certamente un alto livello di attenzione, specie in un momento come quello attuale, vissuto negli Stati Uniti, di oggettivo arretramento sul fronte dei diritti. (Stefano Borgato)

Ringraziamo Giovanni Merlo per la segnalazione.

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Le sofferenze delle famiglie raccontate senza tabù, al di là degli articoli e dei commi

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«Nessuno – scrive Stefania Stellino -, se non chi la vive, può anche solo immaginare la vita con una disabilità complessa come l’autismo. Pensiamo con due autismi, di cui uno estremamente complicato, un autismo profondo. E se un giorno, il più lontano possibile, quella persona finirà in un gruppo appartamento o, chissà, in una struttura, rileggete queste righe e forse comprenderete, ma mettendo da parte articoli e commi, e leggendo con il cuore» Nicole al golf e le dita aggrovigliate di Daniel (immagine realizzata da Stefania Stellino)

Mi sono un po’ stancata di chi pensa di avere la verità in tasca e parla per slogan o in punta di normative, in contesti non sempre pertinenti. Quando parlo come rappresentante di famiglie o come formatrice, anch’io, in effetti, cito articoli, commi, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e da circa un anno sempre più spesso il Decreto Legislativo 62 del 2024. Ma qui, adesso, parlo da mamma. Da genitore di due persone autistiche con necessità di supporto molto diverse. Una situazione esplosiva.
Per cui leggere che qualcuno che vive la sua realtà, che rispetto, ci mancherebbe, ma non quella di tante famiglie “autistiche” e sicuramente non la mia, se permettete mi fa un po’, come dire, stancare. Un po’ tanto. Nessuno, se non chi la vive, può anche solo immaginare la vita con una disabilità complessa come l’autismo. Pensiamo con due autismi, di cui uno estremamente complicato, un autismo profondo.

Dopo la lettura in Superando di un articolo di Simona Lancioni [“Quali fondamenti giuridici avrebbe l’istituzionalizzazione?”, N.d.R.], mi ero ripromessa di non alimentare polemiche, ma poi proprio qualche giorno fa mi sono trovata a dover fronteggiare l’ennesima situazione ai limiti della sopportazione, che poteva avere un esito tragico. E così non posso non rispondere, di getto, in una sorta di flusso di coscienza, da genitore, non tanto alle domande incalzanti – e mi si permetta – anche un po’ pretestuose di Lancioni, quanto alla mancanza di empatia nel testo. Perché è vero, un’Associazione deve portare avanti istanze che devono tutelare diritti e dare indirizzi. Ma poi, poi c’è la realtà di tutti i giorni. C’è chi vive, se si può definire vita questa, in eterno scacco del proprio figlio che se non ha il controllo assoluto di tutti i componenti della famiglia va in crisi, in debito di ossigeno, con attacchi di panico che portano ad un’aggressività senza pietà. Se poi ci mettiamo che quel figlio è alto quasi 2 metri e pesa più di 100 chili, il gioco è fatto.
Nonostante tutto a volte si deve rischiare, perché non può sempre dover pagare l’autismo più comprensivo, quello dell’altra figlia, che deve rinunciare a tutto, anche ad andare in bagno quando ne ha bisogno. Eh sì, anche andare in bagno per noi è complicato, no, no, ho sbagliato: è impossibile! Che la porta debba rimanere aperta è il minore dei mali. Risparmierei il resto, ma credo sia necessario, per tentare anche solo minimamente di far comprendere, raccontare come (non) si vive. Troppo comodo e facile sentire sempre e solo parlare dell’autismo “bello e performante”. Noi abbiamo circa 30 secondi per espletare qualsivoglia “bisogno”, dopodiché scatta l’ossessività compulsiva: ti viene vicino e ti indica la carta igienica e se non ne strappi subito un pezzo, ti si mette letteralmente col fiato sul collo fino a che per disperazione non prendi quel pezzo e lo usi, sperando lui non ti colpisca a tradimento.

Si deve rischiare. Dicevo: giornata di golf, un progetto portato avanti dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Geniytori di perSone Autistiche) grazie al Rotary Acqua Santa di Roma. A Nicole piace. Nicole già rinuncia a tanto. Nicole è andata al Golf Club Marco Simone, a circa 25 minuti da casa, con la sua compagna adulta. Abbiamo provato a portare Daniel varie volte, ma con scarsi risultati, sempre a discapito di Nicole. Uscita da poco e già scatta il Nico Nico Nico Nico a raffica, fino ad avere fame d’aria, ad un attacco di panico con acme in un’aggressione che fortunatamente mi ha solo procurato un polso dolorante e l’ennesimo colpo agli occhiali (quelli che ancora resistono).
Ci siamo vestiti al volo. Il padre lo ha vestito a fatica, mentre la compulsività lo rendeva meno collaborante del solito. Andiamo al garage con lui che si aggroviglia le dita per scaricare la frustrazione. Blocchiamo la compagna adulta pregandola di aspettarci lì ai campi. “Bicchiere mezzo pieno” (perché solo così si può andare avanti sempre con il sorriso): Nicole può tirare per altri 20 minuti. In macchina la tensione è a livelli altissimi. Daniel catatonico: il post crisi. Noi vigili e purtroppo ormai esausti. Da ogni punto di vista. Nicole sale dai campi proprio mentre arriviamo – sincronismo perfetto! – dopo avere anche sventato un incidente. Non si può guidare certo rilassati in queste situazioni.
Ovviamente neppure la guarda. Ha ottenuto quello che voleva. Il controllo.

Uno psichiatra pochi mesi fa lo ha etichettato come il “mago di Oz”. Tutti lo temono più per la fama che per quel che è. Forse il paragone può andare anche bene per l’aura di terrore che ha creato intorno a sé. Il problema è che il terrore è condito da manifestazioni violente, di cui non si può certo non tener conto. Nessun operatore ormai se la sente di stare da solo con lui e così le risorse (di cui in teoria non dovrei lamentarmi) non sono sufficienti a coprire neppure le mattine.
Mentre scrivo, sul note del telefono (il mio taccuino portatile), ho lui che, con una mano, mi tira le orecchie per togliermi gli orecchini, e con l’altra mi fa togliere vestiti ed intimo: perché l’intimo in casa non si porta. Sia mai.
E allora fino a che ce la faremo, resisteremo. Ma sfido chiunque a non poter uscire di casa, a non poter indossare vestiti in casa, a non potersi dimenticare di togliere gli orecchini, o a non avere sfregato bene bene il rossetto dalle labbra, e meno male che metto solo quello.
Come può chi non conosce l’autismo, anzi, chi non vive h24 l’autismo, come può pensare di comprendere la vita di una famiglia con una persona autistica? Già è difficile per chi vive un autismo non complesso comprenderla fino in fondo. Io per prima, se avessi solo Nicole, con molta fatica riuscirei ad immaginare cosa possa voler dire non poter scendere due minuti a comprare il latte; dover videochiamare il padre appena scende per comprargli la pizza (che lui ha chiesto), perché chiusa la porta, inizia a dire papà papà papà papà e tu stai lì col terrore che ti morda in testa, dopo averti sollevato da terra per i capelli; avere sempre addosso un gigante che controlla quello che fai e come lo fai, e che alla stessa ora (Dio o il diavolo, solo, sanno come faccia ad orientarsi nel tempo così perfettamente senza conoscere l’orologio) ti indica minaccioso il fornello, per farti vedere che devi tirare fuori la carne dal congelatore per Nicole, anche se quella sera cenerà con altro; non fare più vita sociale, addio a  compleanni, cene, pranzi. Tutto azzerato.
A tutto questo, estremamente sintetizzato, si devono aggiungere le crisi esistenziali e psicomotorie di Nicole, ormai stressata all’inverosimile. È che troppo spesso ci dimentichiamo che anche lei è autistica! Non è per nulla semplice dover accettare di mettersi a letto al tramonto se lui decide che è quello il momento di mettersi i pigiami, o di alzarsi tutti ed essere operativi a qualsiasi ora lui si svegli. È difficile per noi, figuriamoci per Nicole.

No, non è un incubo e non è una cosa che avviene ogni tanto, è la nostra realtà quotidiana, e nessuno può comprenderla fino in fondo, se non vivendola. I racconti, per quanto dettagliati, non potranno mai restituire i vissuti con le emozioni. Ecco, le emozioni. Perché non tutto è sempre e comunque nero. Ci sono i momenti, è vero pochi, ma ci sono, in cui un sorriso, un abbraccio o la delicatezza di un bacio ti fanno dimenticare tutto: basta un poco di zucchero e la pillola va giù, cantava Mary Poppins!
Dovremmo scegliere. Questo ci è stato suggerito. Scegliere quale figlio sacrificare di più. Solo questo. Piuttosto che trovare insieme soluzioni per non “sacrificare” nessuno… La realtà è che le famiglie sono lasciate sole. Attivata l’UVM per il Progetto di Vita [Unità di Valutazione Multidisciplinare, N.d.R.], l’unica proposta è stata una struttura per Daniel. Poi mai più riunita.
Avevo proposto di lavorare insieme per un gruppo appartamento come obiettivo finale e nel frattempo abituare Daniel a prolungare la permanenza fuori casa, alla Scuola Superiore di AUTonomia dell’ANGSA Lazio e dell’Associazione Giuliaparla, fino ad arrivare magari a trascorrere la sera e poi la notte fuori. Gradualmente, molto gradualmente: non riusciamo neppure più ad andare in vacanza, perché non accetta altri luoghi che casa. Ma si preferisce investire quasi 5.000 euro per soluzioni residenziali extra Regione, piuttosto che seguire le Linee di Indirizzo, la Convenzione ONU.

Ed allora chi è che vuole le strutture? Le famiglie o le Istituzioni che, in 25 anni dalla Legge 328/00, e dal famoso e famigerato articolo 14 di essa sul Progetto di Vita, ancora non hanno la capacità operativa di mettere a terra la normativa, di comprendere che il budget di salute/progetto è un’opportunità per ottimizzare e organizzare le risorse e per realizzare veramente l’integrazione sociosanitaria ricamata sulla persona e non per la persona? Le famiglie sono le vittime, non il contrario.
Il Decreto Legislativo 62/24 avrebbe dovuto cambiare tutto, ma se non si cambia il modo di pensare la disabilità, anche quella complessa, difficilmente il modo di lavorare incancrenito cambierà. E infatti, purtroppo, le difficoltà dell’implementazione della riforma stanno evidenziando come il sistema gattopardescamente non riesca a modificarsi.
Quello che manca è la messa a terra delle normative e l’esigibilità di quanto previsto! Da parte mia, sto facendo il possibile (e l’impossibile) per poter esigere il diritto a vivere una vita dignitosa da parte di Daniel e Nicole, ma anche delle persone autistiche che afferiscono alla nostra Associazione ANGSA Lazio: per esempio la formazione anche per diventare RAP (Referente per l’Attuazione del Progetto di Vita), ai sensi dell’articolo 29 del Decreto Legislativo 62/24. Eh sì, la normativa la conosciamo bene anche noi!

Tornando a quanto obiettavo sin dall’inizio, come si può quindi giudicare situazioni al limite dell’immaginazione, senza sapere? Certo, alla fine è più “producente” parlare dell’autismo bello, o di chi dell’autismo fa business. Più facile. Poi tanto il mostro si sbatte in prima pagina quando accade la tragedia.
Sdoganiamo questo sistema. Parliamo anche delle sofferenze delle famiglie, ma parliamone veramente senza tabù. E se uno di noi avesse un incidente? Io ho dei seri problemi di salute, più altri “piccoli” acciacchi. Non lo scrivo certo per essere compatita, ma per far comprendere l’ulteriore preoccupazione in cui viviamo. Ma per scatenare l’inferno sarebbe sufficiente la necessità di un intervento chirurgico. O anche solo un ricovero. Già per altro accaduto in più occasioni dopo le aggressioni da parte di “Oz”. Cosa accadrebbe a Daniel? Come potremmo gestirlo se uno di noi tre per “x” motivi dovesse assentarsi per lungo tempo?
Quindi, se un giorno, il più lontano possibile Daniel, finirà in un gruppo appartamento o chissà in una struttura, rileggete queste righe e forse comprenderete. Ma vi prego, mettete da parte articoli e commi, e leggete col cuore. Perché sapete quanto amore ci vuole per continuare a vivere questa non-vita? Lo stesso di quello che ci vuole per fare l’altra scelta, se necessaria per sopravvivere (come del resto qualcuno è stato già costretto a fare).

*Genitore di due persone autistiche.

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“E…stiamo Insieme”: la forza del lavoro in rete

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Ha preso il via oggi, 30 giugno, “E…stiamo Insieme”, campo estivo dedicato a giovani con disturbo dello spettro autistico, organizzato dall’ANGSA di Sassari, in collaborazione con la Cooperativa Insieme per Crescere e il sostegno dell’Associazione Inner Wheel Club Sassari Centro. Il progetto, che si protrarrà fino all’11 luglio, si articolerà su un insieme di attività educative, caratterizzandosi come un percorso di crescita, socializzazione e scoperta Soci dell’ANGSA di Sassari e dell’Associazione Inner Wheel Club Sassari Centro, in una fodo di gruppo scattata in occasione del 2 Aprile, Giornata Internazionale della Consapevolezza sull’Autismo

Ha preso il via proprio oggi, 30 giugno, E…stiamo Insieme, campo estivo dedicato a ragazzi con disturbo dello spettro autistico, organizzato dall’ANGSA di Sassari (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), in collaborazione con la Cooperativa Insieme per Crescere e il sostegno dell’Associazione Inner Wheel Club Sassari Centro.
Il progetto, che si protrarrà fino all’11 luglio, si articolerà su un insieme di attività educative, caratterizzandosi come un percorso di crescita, socializzazione e scoperta, pensato per favorire relazioni autentiche e momenti di amicizia tra i giovani partecipanti. Cinque ragazzi con disturbo dello spettro autistico, infatti, ciascuno dei quali accompagnato dal proprio educatore professionale e tre tirocinanti universitarie condivideranno due settimane di esperienze significative in contesti naturali e stimolanti.

Distribuite su tre giornate settimanali (lunedì, mercoledì e venerdì, ore 10-16), le attività – coordinate da un pedagogista esperto in interventi psico-educativi, che seguirà il lavoro degli educatori – si svolgeranno in luoghi diversi della Provincia di Sassari, ovvero la spiaggia di Platamona (stabilimento Lido Alba), il Parco Sporting Milano 26 e la fattoria didattica Badde Cubas a Usini. «Tutti contesti – spiegano i promotori – che offrono l’opportunità di vivere esperienze all’aria aperta, sperimentare le relazioni nel gruppo e imparare facendo, in un clima di reciproca fiducia e supporto». «Questo progetto – aggiungono – porta con sé un forte valore simbolico: è stato infatti sostenuto da Daniela Cadeddu, già presidente della Cooperativa Insieme per Crescere, venuta recentemente a mancare e questo campo estivo è il modo più bello e concreto per continuare a far vivere il suo pensiero educativo, fondato sull’inclusione, sulla cura e sull’importanza del crescere insieme».

«L’amicizia, la condivisione e il rispetto delle differenze – dichiara Giovanna Tuffu, presidente dell’ANGSA di Sassari – sono i veri protagonisti di questo progetto. Per i nostri ragazzi, l’estate non è solo vacanza, ma un’occasione preziosa per crescere con gli altri».
«Come Inner Wheel Sassari – afferma dal canto suo la presidente di tale organizzazione Rosa Foddai – abbiamo voluto esserci per sostenere un progetto che ha un’anima. Il nostro vuole essere un impegno concreto per una società più accogliente».
«Ringrazio a nome di tutti i nostri soci, la Inner Wheel Club Sassari Centro per il grande gesto di solidarietà a favore dei nostri ragazzi – conclude Tuffu -. Quella di E…stiamo Insieme, infatti, è un’esperienza che testimonia la forza del lavoro in rete e la possibilità di costruire, insieme, percorsi concreti di crescita e partecipazione». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: angsassarionlus@gmail.com.

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Una vacanza in sicurezza anche con la celiachia

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Per una persona celiaca è fondamentale sapere di poter mangiare senza glutine in sicurezza: per questo l’AIC (Associazione Italiana Celiachia) ha messo a disposizione una guida di oltre 4.000 locali formati sulla celiachia e sulla dieta senza glutine, insieme a vari altri strumenti che consentono di poter fare una vacanza in sicurezza sia in Italia che all’estero Vacanze in sicurezza anche per le persone celiache, grazie agli strumenti messi a disposizione dall’AIC (Associazione Italiana Celiachia)

Per una persona celiaca è fondamentale sapere di poter mangiare senza glutine in sicurezza: per questo l’AIC (Associazione Italiana Celiachia), tramite il Programma AFC (Alimentazione Fuori Casa senza glutine), ha messo a disposizione una guida di oltre 4.000 locali formati sulla celiachia e sulla dieta senza glutine e segnalati da apposite vetrofanie, ben visibili sulle vetrine dei locali. Il medesimo Programma AFC si rivolge anche alle attività di ristorazione dedicate alle persone in movimento che consumano i pasti in aree aeroportuali, autostradali, sui treni e nelle stazioni ferroviarie (nel sito dell’Associazione è possibile scoprire tutte le collaborazioni che l’AIC ha avviato per garantire alle persone celiache di muoversi e viaggiare in sicurezza).

Gli associati dell’AIC, dunque, possono consultare l’elenco sempre aggiornato sul già citato sito dell’AIC, sull’app AIC Mobile e nella guida cartacea AFC, mentre per i turisti stranieri c’è la possibilità di acquistare l’app per brevi periodi in una versione Welcome. «L’app – spiegano dall’AIC – è uno strumento costantemente aggiornato, in cui si trovano la mappa dei locali gluten free di tutta Italia; l’elenco dei negozi in cui acquistare prodotti senza glutine; il prontuario degli alimenti, suddiviso per categoria merceologica, con una funzione che permette di scansionare il codice a barre di un prodotto e controllare se è nel prontuario; una sezione per acquistare online i prodotti per celiaci. Sempre sulla app, inoltre, è disponibile gratuitamente per tutti l’ABC della dieta del celiaco, elenco a semaforo che aiuta a destreggiarsi tra prodotti “permessi”, “a rischio” e “vietati”, nonché la sezione News».
«Se poi non è possibile consumare i pasti in un locale accreditato AFC – proseguono dall’AIC – il consiglio è di non rinunciare a un pranzo o a un viaggio, ma informare il personale sulla celiachia e quali ingredienti sono vietati e, in caso di dubbi, evitare di consumarli. È buona prassi informarsi prima sulla disponibilità di pasto o prodotti gluten free. Inoltre, i nostri esperti sono sempre disponibili a offrire informazioni e formazione a chi desidera aderire al Programma AFC che, con specifiche procedure e in modo semplice, può essere seguito dai professionisti della ristorazione».

L’AIC, va ricordato, fa parte dell’AOECS (Association of European Coeliac Societies) e del CYE (The Coeliac Youth of Europe), forum internazionale dei giovani celiaci: sui siti di entrasmbe queste organizzazioni sono disponibili i riferimenti delle Associazioni straniere e una serie di consigli utili su dove mangiare e fare acquisti gluten free nei Paesi stranieri, oltre a varie frasi utili sulla celiachia, tradotte in diverse lingue.

Come accennato inizialmente, il Programma AFC prevede anche un’apposita sezione dedicata a punti ristoro in stazioni, aeroporti e autostrade. E sempre sul sito dell’AIC si possono trovare tante altre informazioni su come gestire la celiachia in viaggio. E da ultimo, ma non ultimo, sul canale YouTube dell’Associazione è disponibile un video (a questo link), curato dalle dietiste dell’AIC, che ha già raggiunto oltre 226.000 visualizzazioni sui canali social, contenente consigli pratici su come organizzare al meglio una vacanza senza pensieri, sia in Italia che all’estero, con un occhio anche a un’alimentazione sana e bilanciata non solo in vacanza. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: alessandra.tonini@leacrobate.it (Alessandra Tonini).

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I pazienti reumatici autoimmuni del Piemonte non possono più aspettare!

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«Va attivata senza ulteriori ritardi la Rete Reumatologica Piemontese, strumento fondamentale per garantire diagnosi tempestive, cure appropriate e una migliore qualità di vita per circa mezzo milione di persone che in Piemonte convivono con una malattia reumatica»: a lanciare l’appello, rivolto alle Istituzioni Sanitarie del Piemonte e ai vertici di Azienda Zero, è l’AAPRA (Associazione Ammalati Pazienti Reumatici Autoimmuni)

«Lanciamo un appello urgente alle Istituzioni Sanitarie regionali e ai vertici di Azienda Zero*: è necessario attivare senza ulteriori ritardi la Rete Reumatologica Piemontese, uno strumento fondamentale per garantire diagnosi tempestive, cure appropriate e una migliore qualità di vita per circa mezzo milione di persone che in Piemonte convivono con una malattia reumatica»: lo si legge in una nota diffusa dall’AAPRA (Associazione Ammalati Pazienti Reumatici Autoimmuni), ove si sottolinea che «le malattie reumatiche rappresentano la seconda causa di disabilità in Italia, con un impatto pesantissimo sulla vita delle persone, delle famiglie e sull’intero sistema sanitario e previdenziale. La costituzione di una Rete Reumatologica Regionale del Piemonte consentirebbe dunque di ridurre drasticamente i tempi di attesa per visite specialistiche, diagnosi e terapie; favorire la presa in carico multidisciplinare del paziente, integrando ospedale, territorio e medicina generale; sfruttare le potenzialità della telemedicina per monitorare i pazienti anche a distanza, riducendo disagi e spostamenti, soprattutto per chi vive in aree periferiche; migliorare la qualità delle cure, prevenendo le complicanze e la progressione della malattia; ridurre la cosiddetta “migrazione sanitaria”, ovvero la necessità di rivolgersi a strutture fuori Regione per ricevere cure adeguate».

Nell’evidenziare poi alcuni esempi concreti di benefìci per i pazienti coinvolti, l’AAPRA parla di «diagnosi più rapide e terapie personalizzate, che possono prevenire disabilità permanenti; presa in carico globale, con supporto psicologico e sociale integrato; maggiore continuità assistenziale tra pediatria e età adulta, fondamentale per i giovani pazienti; accesso facilitato ai servizi, grazie a percorsi chiari e condivisi tra tutti i professionisti coinvolti».

«Chiediamo dunque con forza alle Autorità Regionali e ad Azienda Zero – concludono dall’Associazione – di rendere pubbliche le tempistiche di attivazione della Rete Reumatologica Piemontese e di accelerare ogni procedura necessaria affinché questo strumento diventi operativo quanto prima. Ogni giorno di ritardo nell’attivazione di tale Rete, infatti, significa diagnosi tardive, disabilità evitabili, costi crescenti e una qualità di vita peggiore per oltre 485.000 piemontesi. Insieme ai PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali), attualmente inesistenti, la Rete Reumatologica rappresenta uno strumento in grado di garantire diagnosi e trattamenti tempestivi, continuità terapeutica, equità di accesso e una presa in carico realmente multidisciplinare. Basta attese, dunque: la salute dei pazienti reumatici-autoimmuni piemontesi non può più aspettare!». (S.B.)

*Azienda Zero è un Ente piemontese di coordinamento in materia di medicina territoriale, con particolare riferimento ai percorsi di presa in carico e gestione dei pazienti fragili-cronici e di continuità ospedale-territorio, nonché delle attività relative all’assistenza primaria.

Per ulteriori informazioni: segreteria@aapra.it.

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“L’Insolito Posto”: una casa per vacanze sociali inclusiva, consapevole, sostenibile

Superando -

Per la prima volta “Hospitality – Il Salone dell’Accoglienza”, manifestazione internazionale leader in Italia per l’hotellerie e la ristorazione, in collaborazione con WMF di Bologna (We Make Future), ha istituito il “Premio Ospitalità – Inclusività e Accoglienza”, per dare visibilità a iniziative concrete in grado di abbattere le barriere fisiche, sensoriali, cognitive, alimentari e culturali, rendendo l’ospitalità più inclusiva e consapevole. A vincerlo è stato “L’Insolito Posto”, casa per vacanze sociali di Saonara (Padova) La struttura di Saonara (Padova), dove sorge “L’Insolito Posto”

Per la prima volta, quest’anno, Hospitality – Il Salone dell’Accoglienza, la manifestazione internazionale leader in Italia per l’hotellerie e la ristorazione, che si svolge in febbraio a Riva del Garda (Trento), in collaborazione con WMF di Bologna (We Make Future), ha istituito il Premio Ospitalità – Inclusività e Accoglienza, riconoscimento che vuole dare visibilità a iniziative concrete in grado di abbattere le barriere fisiche, sensoriali, cognitive, alimentari e culturali, rendendo l’ospitalità più inclusiva e consapevole.
A vincerlo è stato L’Insolito Posto, casa per vacanze sociali di Saonara (Padova), con questa motivazione: «L’Insolito Posto si è distinto per il forte impatto sociale diretto, l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate e un approccio all’accessibilità autentico e integrato, che unisce accoglienza, innovazione e replicabilità di in un modello concreto e trasformativo».

«È stato un onore far parte della giuria del Premio Ospitalità – Inclusività e Accoglienza», ha dichiarato Roberto Vitali, cofondatore e amministratore delegato di Village for all (V4A®), la nota rete impegnata sul fronte dell’ospitalità accessibile». Secondo Vitali, che ha fatto parte della giuria, «tra i progetti valutati, L’Insolito Posto ha colpito per l’approccio concreto e autentico all’accessibilità. Anche se non fa parte del network Village for all, sono felice di vedere emergere realtà capaci di includere davvero le persone con disabilità, non solo come ospiti, ma anche come parte attiva nel progetto, attraverso il lavoro e la formazione. Questo tipo di ospitalità accessibile fa la differenza: inclusiva, consapevole, sostenibile».

L’Insolito Posto appartiene a Il Glicine, Società Cooperativa Sociale di Saonara, impegnata nella gestione di servizi assistenziali, educativi, formativi, sociali e di inserimento lavorativo, rivolti alla promozione umana e all’integrazione sociale delle persone con disabilità o in situazione di svantaggio, operando negli àmbiti della residenzialità e della semi-residenzialità, attraverso la conduzione di un centro diurno, una comunità alloggio e un gruppo appartamento.
A tali strutture, un paio di anni fa si è aggiunto L’Insolito Posto, completamente privo di barriere fisiche e sensoriali. La casa vacanze è stata munita di diverse dotazioni tecnologiche, quali comandi vocali, segnaletica in Braille, avvisatori acustici e visivi, che permettono una permanenza confortevole, in particolare agli ospiti con disabilità sensoriale, così come impianti o semplici accorgimenti per avvisare, aiutare e orientare.
L’Insolito Posto è anche un luogo di inserimento lavorativo per persone con disabilità o con uno svantaggio, grazie alla collaborazione con l’Azienda ULSS n.6 Euganea; vengono, per lo più, avviate ai ruoli di cameriere, aiuto cuoco, receptionist, addetto alle pulizie e, nello stesso tempo, hanno l’opportunità di apprendere le modalità corrette di comportamento sul luogo di lavoro. Tutte queste competenze vengono imparate in un ambiente protetto, ma con la finalità di essere inserite in un normale contesto lavorativo.
«Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento – dichiara Pierluigi Donà, presidente della Società Cooperativa Sociale Il Glicine – che premia un lungo percorso frutto di un grande impegno, molta perseveranza e un intenso lavoro di squadra».

*Il presente servizio è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Il primo premio Ospitalità, Inclusività e Accoglienza va a una casa vacanze del Padovano”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Spettacoli realmente inclusivi sul palco e tra il pubblico

Superando -

Si terrà il 3 luglio a Roma, presso il Senato, la conferenza stampa “Una Legge Live For All”. A un anno infatti dal lancio del “Manifesto Live for All”, il Comitato per i concerti accessibili e alla pari e l’Associazione AlDiQua Artists hanno deciso di promuovere un momento di riflessione, per richiamare l’attenzione delle Istituzioni sulle azioni da adottare per un sistema dello spettacolo realmente inclusivo, sia per le persone con disabilità nel pubblico, sia per i professionisti e le professioniste sul palco

È prevista per il pomeriggio del 3 luglio (ore 17) a Roma, la conferenza stampa Una Legge Live For All, presso la Sala Caduti di Nassiriya del Senato (Palazzo Madama). «A un anno dal lancio del Manifesto Live for All [ancora oggi aperto alle sottoscrizioni sulla piattaforma Change.org a questo link, N.d.R.], che ha raccolto l’adesione di numerose Associazioni e di oltre 8.000 cittadini e cittadine, con il Comitato per i concerti accessibili e alla pari e AlDiQua Artists, Associazione di categoria di artisti e lavoratori dello spettacolo con disabilità, abbiamo deciso di promuovere questo momento di riflessione, per richiamare l’attenzione delle Istituzioni sulle azioni da adottare per un sistema spettacolo realmente inclusivo, sia per le persone con disabilità nel pubblico, sia per i professionisti sul palco», si legge nella nota diramata dall’organizzazione.

La conferenza stampa del 3 luglio si strutturerà in due momenti. Nella prima parte, gli attivisti e le attiviste del citato Comitato presenteranno le proposte di modifica alla Proposta di Legge 1536, in materia di partecipazione delle persone con disabilità e spettacoli e manifestazioni sportive, in corso di esame presso la Commissione Cultura della Camera.
Nella seconda parte, invece, l’Associazione AlDiQua Artists accenderà i riflettori sulle condizioni dei professionisti e delle professioniste dello spettacolo con disabilità, proponendo impegni concreti da parte delle Istituzioni per assicurare pari opportunità a questi lavoratori.

All’evento, che sarà introdotto dal senatore Ivan Scalfarotto, promotore dell’iniziativa, parteciperanno i/le rappresentanti delle organizzazioni coinvolte, Chiara Bersani, Marina Cuollo, Federica D’Alessandro, Flavia Dalila D’Amico, Marilena Lafornara, Giorgia Meneghesso, Lisa Noja, Sofia Righetti, Arianna Talamona, Valentina Tomirotti e Serena Tummino. (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni: manifestolive4all@gmail.com. A questo link è anche disponibile il nostro articolo del 28 aprile 2024, in cui riferivamo del lancio del Manifesto Live for All.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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La seconda edizione del rapporto “Diritti ad ostacoli”, con focus sul Progetto di Vita

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Il 9 luglio prossimo, presso la Sala Consiglio del Rettorato dell’Università di Milano, verrà presentata la seconda edizione di “Diritti ad ostacoli”, prodotto da Human Hall, il Centro per l’Innovazione Sociale e la Tutela dei Diritti Umani della stessa Università di Milano, nel corso di un seminario pubblico, fruibile anche in diretta streaming, che dedicherà un particolare approfondimento al tema del Progetto di Vita delle persone con disabilità

Avevamo dato anche noi ampio spazio, lo scorso anno, a Diritti ad ostacoli, primo rapporto sulla giurisprudenza riguardante le persone con disabilità, prodotto da Human Hall, il Centro per l’Innovazione Sociale e la Tutela dei Diritti Umani dell’Università di Milano. Quella prima edizione del rapporto aveva preso in esame circa 800 Sentenze, un numero che aveva evidenziato come i diritti delle persone con disabilità necessitino ancora troppo spesso di tutela attraverso il ricorso al giudice.
Nella mattinata del 9 luglio (ore 10.30), presso la Sala Consiglio del Rettorato della stessa Università di Milano (Via Festa del Perdono, 7), verrà presentata la seconda edizione del Rapporto, nel corso di un seminario pubblico, un documento che questa volta ha esaminato oltre 1.100 decisioni emesse nel 2024 dalla Corte Costituzionale, dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato, dai TAR e dai giudici ordinari, civili e penali. «Uno strumento prezioso – sottolineano dalla Federazione lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), che vi ha contribuito attivamente con il proprio Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi -, volto a fotografare le principali tendenze giurisprudenziali e il modo in cui i diritti delle persone con disabilità vengono interpretati e concretamente applicati. Nel corso dell’incontro del 9 luglio verrà in particolare approfondito uno dei temi più rilevanti e attuali, vale a dire il Progetto di Vita, alla luce delle novità introdotte dal Decreto Legislativo 62/24, fornendo un’occasione per riflettere su come il sistema giuridico e istituzionale si stia preparando ad accogliere e ad attuare questa nuova prospettiva».

All’evento (che sarà fruibile anche in diretta streaming) porteranno i propri saluti la rettrice dell’Università di Milano Marina Brambilla, l’assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano Lamberto Bertolè e la delegata al tema Disabilità in Ateneo, Stefania Leone.
Seguirà un saluto e l’introduzione al nuovo report da parte della responsabile del Centro Human Hall, Marilisa D’Amico, docente ordinaria di Diritto Costituzionale, entrando quindi nel vivo della presentazione dei risultati della ricerca, a cura di Giuseppe Arconzo, altro docente ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università di Milano, il tutto con i commenti di Lisa Noja, consigliera della Regione Lombardia, di Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano e di Laura Abet, responsabile del citato Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA.
Alla successiva tavola rotonda dedicata al Progetto di Vita, interverranno Giovanni Merlo, direttore della LEDHA e Francesco Trebeschi, avvocato, insieme ai funzionari di settore della Regione Lombardia e del Comune di Milano. (S.B.)

Per partecipare in presenza all’incontro del 9 luglio, accedere a questo link; Per partecipare da remoto, invece, si può richiedere il link necessario a osservatoriodisabilita.humanhall@unimi.it.

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