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Torni il confronto sulla qualità dell’inclusione scolastica

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«Auspichiamo che il confronto possa tornare su un piano costruttivo, centrato sulla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità»: lo dicono dalla Federazione FISH il cui Consiglio Direttivo Nazionale ha deciso di costituirsi in giudizio a sostegno di quel Decreto Ministeriale che ha fissato la proroga del docente supplente di sostegno con rinomina per un secondo anno su richiesta della famiglia, dopo che quello stesso Decreto era stato impugnato da alcune organizzazioni sindacali

Dopo avere espresso nei giorni scorsi la propria contrarietà sugli organi d’informazione, rispetto alle decisione delle organizzazioni sindacali Flc Cgil e Gilda Unams, seguite successivamente anche dalla Uil Scuola, di impugnare il Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio scorso (Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026, a norma dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024, n. 106), che ha introdotto la possibilità di confermare il docente di sostegno sul medesimo alunno con disabilità, su richiesta della famiglia e con il parere positivo del Dirigente Scolastico, sentito il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione, il Consiglio Direttivo Nazionale della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) ha conferito pieno mandato al proprio Presidente per costituirsi in giudizio a sostegno di quello stesso Decreto Ministeriale.
«Esprimiamo forte contrarietà al ricorso presentato dalle organizzazioni sindacali – si legge in una nota -, poiché la norma contestata introduce strumenti importanti per garantire maggiore continuità didattica agli alunni e alle alunne con disabilità, elemento essenziale per una reale inclusione scolastica. La continuità del docente di sostegno, infatti, non è un dettaglio tecnico, ma una condizione imprescindibile per costruire percorsi educativi stabili, personalizzati e inclusivi. La frammentazione degli interventi, causata da cambiamenti frequenti, compromette il rapporto educativo e rallenta l’apprendimento. Il Decreto Ministeriale di cui si parla, pur migliorabile, va nella direzione giusta, in quanto riconosce strutturalmente il diritto alla continuità didattica e mette al centro il progetto di vita degli alunni e delle alunne con disabilità».

«La nostra Federazione – sottolinea il presidente della stessa Vincenzo Falabella – è da sempre impegnata nella tutela dei diritti degli studenti con disabilità e delle loro famiglie. Difendiamo il principio della continuità didattica perché è un diritto, non un privilegio. Auspichiamo dunque che il confronto possa tornare su un piano costruttivo, centrato sulla qualità dell’inclusione». (S.B.)

Sul medesimo tema qui trattato, suggeriamo anche la lettura, sulle nostre pagine, del contributo di Salvatore Nocera intitolato Perché quella norma è perfettamente legittima (a questo link). Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Il Comune di Bologna premia Fulvio de Nigris e Maria Vaccari con le “Turrite d’Argento”

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Il 15 aprile il Sindaco di Bologna assegnerà la “Turrita d’Argento” – riconoscimento che il Comune emiliano conferisce a persone o realtà che si siano distinte per avere contribuito al progresso della città – a Fulvio De Nigris e Maria Vaccari, fondatori della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, il noto Centro dedicato alla riabilitazione, alla formazione e alla ricerca nel campo delle gravi cerebrolesioni acquisite Maria Vaccari e Fulvio Dre Nigris al “G7 Inclusione e Disabilità” (Assisi, ottobre 2024)

Il 15 aprile, nella Sala Rossa Maurizio Cevenini di Palazzo D’Accursio a Bologna (Piazza Maggiore, 6, ore 12), Fulvio De Nigris e Maria Vaccari riceveranno la Turrita d’Argento dal sindaco di Bologna Matteo Lepore, riconoscimento che il Comune emiliano conferisce, per decreto del Sindaco stesso, a persone o realtà che si siano distinte per avere contribuito al progresso della città.
De Nigris e Vaccari, lo ricordiamo, sono i fondatori della Casa dei Risvegli Luca De Nigris, il noto Centro dedicato alla riabilitazione, alla formazione e alla ricerca nel campo delle gravi cerebrolesioni acquisite, struttura dell’Azienda USL di Bologna che afferisce all’IRCCS Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna.

«Siamo profondamente grati al Comune di Bologna per questo riconoscimento – dicono De Nigris e Vaccari, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fondazione Gli Amici di Luca Casa dei Risvegli Luca De Nigris – che sentiamo non solo nostro, ma di tutte le famiglie, i volontari, i professionisti e le persone che in questi anni hanno condiviso con noi il cammino della Casa dei Risvegli. Nato dal dolore, questo progetto ha trovato nella solidarietà e nell’impegno civile la forza per trasformarsi in speranza concreta. La nascita della Fondazione alla quale anche il Comune di Bologna ha recentemente aderito in modo convinto, oltre alla Curia, all’Istituto di Montecatone e all’Emil Banca, è un’ulteriore sfida per dare solidità al progetto che abbiamo costruito e che è patrimonio della città. Una Fondazione aperta a quanti vorranno ancora sostenerci per il futuro. Ricevere dunque le Turrite d’Argento ci onora e ci incoraggia a continuare a costruire, insieme, una società più giusta e inclusiva, dove nessuno venga mai lasciato solo».

«De Nigris e Vaccari – si legge nelle motivazioni del riconoscimento – rappresentano un esempio concreto di impegno civile e solidarietà nel campo dell’assistenza e della riabilitazione rivolta a persone con esiti di coma e gravi cerebrolesioni». Dopo la morte del loro figlio sedicenne Luca De Nigris, a seguito di un periodo di coma e stato vegetativo di 240 giorni successivo alle complicazioni di un’operazione chirurgica e una gara di solidarietà che li aveva portati a cercare la speranza del risveglio all’estero, hanno trasformato la loro esperienza in un progetto concreto per la città di Bologna, fondando nel 2004, con il dottor Roberto Piperno, la citata Casa dei Risvegli Luca De Nigris, centro di neuroriabilitazione che costituisce un’eccellenza a livello continentale e che a oggi ha accolto più di 600 persone con esiti di gravi cerebrolesioni, supportandole, insieme alle loro famiglie, nel percorso di recupero. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: fulvio.denigris@amicidiluca.it.

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Perché quella norma è perfettamente legittima

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«Pur non avendo letto il ricorso delle organizzazioni sindacali – scrive Salvatore Nocera -, riguardante quel Decreto Ministeriale che ha fissato la proroga del docente supplente di sostegno con rinomina per un secondo anno su richiesta della famiglia, mi permetto di ribadire che quella norma è perfettamente legittima e anche il senso nel quale va correttamente interpretata»

Ho appreso, anche da queste pagine, di un ricorso al TAR del Lazio da parte delle organizzazioni sindacali Flc Cgil, Gilda Unams e Uil Scuola, sul Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio scorso (Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026, a norma dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024, n. 106), relativo alla proroga del docente supplente di sostegno con rinomina per un secondo anno su richiesta della famiglia, valutata discrezionalmente dal Dirigente Scolastico. Pur non avendo letto il ricorso, mi permetto di ribadire quanto ho già espresso in vari articoli sia su queste pagine che altrove, che è in sintesi quanto segue.

La norma è perfettamente legittima, rispondendo a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1 della Legge 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, che prevede la possibilità ordinaria dell’avvio di un procedimento amministrativo ad istanza di un privato.

La fattispecie di cui sopra va interpretata correttamente in tal senso: il Dirigente Scolastico, ricevuta la richiesta della famiglia dell’alunno con disabilità alla conferma, tramite rinomina dello stesso per un secondo anno, deve negarla nei seguenti casi: a) se aspira a quel posto un docente di ruolo in via di trasferimento; b) se aspira a quel posto un supplente specializzato; c) se il docente di cui si chiede la conferma non rientra più nel contingente che dovrà essere nominato su quel territorio nel prossimo anno; d) se lo stesso docente non accetta di essere confermato; e) se il dirigente scolastico non ritiene, motivandolo, di confermare il docente, specie in presenza di un parere negativo del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo sull’Inclusione), che deve obbligatoriamente interpellare.

La norma di cui all’articolo 8 del Decreto Legge 71/24, completata dal Decreto Ministeriale 32/25, è la pratica attuazione della delega sulla «continuità didattica con lo stesso alunno» per tutta la durata di un ciclo, contenuta nell’articolo 1, comma 181, numero 2, lettera c della Legge 107/15.

*Il presente contributo è già apparso in «La Tecnica della Scuola» e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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“Nessuno escluso”: accessibilità e inclusione al Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano

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L’obiettivo è rendere il patrimonio culturale del Museo Diocesano Carlo Maria Martini sempre più accessibile e inclusivo: il 15 aprile a Milano, nei chiostri di Sant’Eustorgio, ci sarà la presentazione del progetto “Nessuno escluso”. Al termine della presentazione verrà poi data la possibilità di sperimentare in prima persona alcuni dei linguaggi e degli strumenti adottati Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano

L’obiettivo è rendere il patrimonio culturale del Museo Diocesano Carlo Maria Martini sempre più accessibile e inclusivo. Martedì 15 aprile, alle 9.30, nei chiostri di Sant’Eustorgio del capoluogo lombardo ci sarà la presentazione del progetto Nessuno escluso. Accessibilità e inclusione al Museo Diocesano Carlo Maria Martini, promosso dal Museo Diocesano stesso, con il contributo della Fondazione Alia Falck e in collaborazione con la Consulta Diocesana Comunità Cristiana e Disabilità.

Interverranno per l’occasione Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale della Diocesi di Milano; Nadia Righi, direttrice del Museo Diocesano; Mauro Santoro, responsabile della Consulta Diocesana Comunità Cristiana e Disabilità; Elisabetta Falck, presidente della Fondazione Alia Falck.

Al termine della presentazione verrà data la possibilità di sperimentare in prima persona alcuni dei linguaggi e degli strumenti adottati. Inoltre, alcune persone con disabilità, nell’àmbito del percorso educativo e formativo Cultura Accessibile, avviato dalla Cooperativa Arcipelago-ANFFAS Nordmilano di Cinisello Balsamo, condivideranno con i presenti il loro personale pensiero emerso dal percorso di significazione davanti alla Deposizione di Tintoretto. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Ufficio Stampa del Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano (Anna Defrancesco), press@annadefrancesco.com.

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Una nuova stagione per l’AIPD, che diventa Associazione di Associazioni

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Da Associazione di Persone ad Associazione di Associazioni: si è aperta con questa e altre modifiche statutarie una nuova stagione per l’AIPD, trasformatasi da Associazione Italiana Persone Down ad Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down, dopo un’Assemblea fatta di due intense giornate di lavoro, che ha portato al nuovo Consiglio e al nuovo Statuto, con un secondo mandato conferito al presidente nazionale Gianfranco Salbini Un’immagine dell’Assemblea dell’AIPD

Da Associazione di Persone ad Associazione di Associazioni: si è aperta con questa e altre modifiche statutarie una nuova stagione per l’AIPD, trasformatasi nei giorni scorsi da Associazione Italiana Persone Down ad Associazione Italiana Persone con Sindrome di Down, il tutto dopo un’Assemblea fatta di due intense giornate di lavoro, che ha portato al nuovo Consiglio e al nuovo Statuto, con un secondo mandato conferito al presidente nazionale Gianfranco Salbini.

In occasione della prima giornata dei lavori, inoltre, l’Assemblea Straordinaria dell’AIPD ha anche potuto approfondire l’importante questione del Progetto di Vita, grazie alla disponibilità di Paolo Bandiera, avvocato e coordinatore del relativo Gruppo di Lavoro presso il Ministero per le Disabilità. «Bandiera – spiegano dall’AIPD – ha fornito una spiegazione dettagliata su come attivare questo strumento essenziale e ha risposto alle diverse domande dei partecipanti, chiarendo anche le ragioni e le modalità dell’attuazione del Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato), la cosiddetta “Riforma della Disabilità”».
«Sicuramente – ha commentato Salbini – questo incontro ha chiarito tanti dubbi e ci ha permesso di sciogliere diversi nodi fondamentali per noi famiglie. Siamo quindi particolarmente grati all’avvocato Bandiera e al Ministero che ci ha permesso di averlo con noi».

Nella seconda giornata dei lavori, quindi, dopo le votazioni su attività, bilanci e mozioni, si è proceduto al rinnovo delle varie cariche associative. Questi i consiglieri eletti: Bruno Arichetta (Reggio Calabria), Federico Dabalà (Venezia), Carmine D’Angelo (Latina), Giovanni Fatucchi (Arezzo), Giancarlo Giambarresi (Roma), Giovanna Grignoli (Campobasso), Samantha Meini (Latina) e Sara Restante (Grosseto).

«Con il nuovo Statuto e il nuovo Consiglio – dichiara il confermato presidente Salbini – si è realmente aperta per noi una nuova stagione. In tal senso, voglio sottolineare solo una delle importanti modifiche statutarie proposte, che segneranno una vera e propria trasformazione per AIPD: il passaggio da un’Associazione di persone fisiche a un’Associazione di Associazioni, ciò che rappresenta un cambiamento epocale, rispecchiando non solo l’evoluzione della nostra realtà, ma anche un adeguamento fondamentale alle normative del Codice del Terzo Settore. Questa riforma ci offrirà la possibilità di strutturarci come una rete nazionale solida e coesa, in grado di rispondere ancora più efficacemente ai bisogni delle persone con sindrome di Down e delle loro famiglie. La trasformazione in una rete nazionale, infatti, non solo garantirà un maggiore coordinamento e collaborazione tra le Sezioni, ma ci permetterà anche di essere più presenti e incisivi a livello territoriale e istituzionale, rafforzando la nostra capacità di incidere sulle politiche pubbliche, promuovendo i diritti delle persone con sindrome di Down e delle loro famiglie a livello nazionale. Se prima quindi avevamo una macchina affidabile, da oggi abbiamo “una macchina da corsa”, più veloce, più potente e capace di affrontare nuove sfide con grinta e ambizione e, soprattutto, con la forza della rete».

«L’obiettivo principale – ha concluso Salbini – è creare una rete più ampia per perseguire insieme gli obiettivi comuni, affinché questa rete diventi realtà e possa concretizzare i traguardi condivisi: primi fra tutti, la promozione dell’autodeterminazione delle persone con sindrome di Down, l’integrazione lavorativa e l’autonomia per tutte le età, la collaborazione con le Istituzioni e il mondo scientifico. A tutti va il mio ringraziamento, per l’impegno costante e la “visione” che guida i nostri passi i quali, sono sicuro, ci porteranno lontano, nella giusta direzione». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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La malattia di Hansen (lebbra) continua a causare disabilità e stigma

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Vari specialisti e ricercatori si sono riuniti all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, per discutere e condividere le più recenti strategie di prevenzione e trattamento della malattia di Hansen, la cosiddetta “lebbra”, durante un corso di formazione promosso in collaborazione con l’Associazione AIFO, «su questa malattia antica e stigmatizzante, che ancora oggi rappresenta una sfida globale per la salute pubblica», come ha affermato la responsabile scientifica Angela Corpolongo Un’immagine dell’incontro all’Istituto Spallanzani di Roma

L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma ha organizzato e ospitato il Corso di formazione teorico-pratico per la corretta diagnosi e cura delle persone affette da malattia di Hansen, la cosiddetta “lebbra” (se ne legga una scheda in calce).
L’incontro, realizzato in collaborazione con l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau), ha riunito decine di specialisti e ricercatori per discutere e condividere le più recenti strategie di prevenzione e trattamento della lebbra, «una malattia antica e stigmatizzante, ma che ancora oggi rappresenta una sfida globale per la salute pubblica», come ha affermato Angela Corpolongo, responsabile scientifica del corso e dirigente medico dell’Unità Operativa Complessa Malattie Infettive Altamente Contagiose e ad Alta Intensità di Cura dello Spallanzani.
«Nonostante i notevoli progressi compiuti nella diagnosi e nel trattamento – ha aggiunto – la lebbra persiste colpendo le popolazioni più vulnerabili, diventando così ulteriore veicolo di discriminazione. Tramite questo corso abbiamo voluto fornire agli specialisti in dermatologia, neurologia, anatomia patologica, biologia, radiologia, infettivologia e ai tecnici di laboratorio gli strumenti necessari per riconoscere e diagnosticare correttamente i pazienti affetti da lebbra. Un’opportunità unica, dunque, per condividere conoscenze, esperienze e buone prassi, con l’obiettivo di rafforzare la collaborazione interdisciplinare e promuovere un approccio integrato nella lotta contro una malattia che, come detto prima, colpisce ancora con forza le popolazioni tropicali o sub tropicali più povere, portando con sé disabilità ed esclusione sociale».

L’AIFO, che come detto ha coadiuvato lo Spallanzani nell’organizzare e promuovere il corso e che vanta un’esperienza decennale nel campo delle malattie tropicali e delle patologie trascurate – ha sempre sostenuto la necessità di rafforzare la formazione e la consapevolezza dei professionisti del settore sanitario. Infatti, come sostiene il presidente dell’Associazione Antonio Lissoni, «la formazione è la chiave per contrastare efficacemente la lebbra e altre malattie tropicali neglette. In tal senso, la collaborazione tra la nostra organizzazione e l’Istituto Spallanzani rappresenta un passo fondamentale per risvegliare l’interesse e rafforzare la capacità di diagnosi e trattamento in Italia».

Da ricordare in conclusione che l’iniziativa, oltre che dall’AIFO, è stata patrocinata da IN-NTD, il network italiano per le malattie tropicali neglette, dalla Rete delle Malattie Rare della Regione Lazio, dalla SIMET (Società Italiana di Medicina Tropicale e Salute Globale) e dalla SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: federica.dona@aifo.it (Federica Donà). La malattia di Hansen
La malattia di Hansen (lebbra) è una malattia infettiva e cronica, causata dal batterio Mycobacterium leprae. Si suppone che la lebbra si trasmetta da persona a persona tramite goccioline e secrezioni nasali e a seguito di contatti stretti a lungo termine. Il contatto occasionale e/o a breve termine non sembra diffonderlo.
Il numero di casi di malattia di Hansen nel mondo si è drasticamente ridotto negli anni Novanta in seguito al vasto impegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 1982 ha fornito le indicazioni per il trattamento polichemioterapico e ha largamente sostenuto i programmi nazionali di terapia e di diagnosi precoce. Tuttavia, negli ultimi anni si sta assistendo a un nuovo aumento. I dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenziano infatti nel 2023 un incremento del 5% rispetto all’anno precedente con 182.815 casi.
Le principali aree endemiche restano l’India, il Brasile e l’Indonesia, ma la malattia è ancora un problema significativo anche in altri Paesi dove persistono difficili condizioni socioeconomiche.
Nonostante i progressi nella cura, dunque, la lebbra continua a causare disabilità e stigma con un numero crescente di persone che arrivano troppo tardi alla diagnosi. Il numero annuale delle bambine e dei bambini (con meno di 15 anni) con lebbra è ancora alto e in crescita in valori assoluti: sono 10.322 i minori diagnosticati nel 2023 (5,7% del totale).

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Inclusione sotto attacco? L’Università di Foggia fa il punto della situazione

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Si chiama “Inclusione sotto attacco?” l’incontro online organizzato dall’Università di Foggia per il 15 aprile, occasione di confronto sul panorama attuale dell’inclusione in Italia, con particolare attenzione al senso di partecipazione delle persone con disabilità

Si chiama Inclusione sotto attacco? l’incontro online organizzato per il 15 aprile (ore 17) dal Learning Sciences Institute dell’Università di Foggia. Il seminario digitale rappresenta un’occasione di confronto sul panorama attuale dell’inclusione in Italia, con particolare attenzione al senso di partecipazione delle persone con disabilità. Vi interverranno Associazioni impegnate in questo àmbito, tra cui The Shape of Autism, CerBelli, ABC Italia, 3D Diversabilità e LiberoAccesso.

Il webinar nasce dalla necessità di analizzare le sfide e le opportunità legate all’inclusione sociale, in un momento storico in cui le persone con disabilità si trovano spesso a dover affrontare barriere non solo fisiche, ma anche sociali e culturali.
Durante il dibattito, verranno affrontati temi fondamentali come il ruolo delle istituzioni, il contributo della scuola e della formazione, e l’importanza della sensibilizzazione sociale per abbattere stereotipi e pregiudizi. Le esperienze e le testimonianze delle Associazioni partecipanti offriranno una visione concreta dello stato attuale dell’inclusione in Italia e delle strategie adottate per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità.

«Negli ultimi anni abbiamo assistito a un preoccupante arretramento dei diritti delle persone con disabilità. Questo webinar vuole essere uno spazio di confronto e di ascolto, dove esperti, educatori, famiglie e cittadini possano condividere idee, esperienze e buone pratiche per promuovere una reale inclusione. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo garantire che nessuno venga lasciato indietro», afferma Giusi Antonia Toto, promotrice dell’iniziativa, docente di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università di Foggia.

Nel corso dell’evento si discuterà anche del ruolo della scuola e della pedagogia nel promuovere una cultura inclusiva. «Educare le nuove generazioni al rispetto delle differenze è un investimento per il futuro», aggiunge Luigi Traetta, docente associato di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università di Foggia e coordinatore dei corsi di specializzazione per la attività di sostegno (TFA). «La scuola ha il compito non solo di formare, ma anche di sensibilizzare. Il cambiamento culturale è possibile, ma richiede tempo, dedizione e il contributo di tutti». (C.C.)

La partecipazione al webinar sarà gratuita. Per ricevere il link Meet e ulteriori informazioni è possibile scrivere a Giusi Toto: giusi.toto@unifg.it.

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Autonomie possibili nelle disabilità visive

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Organizzato dal MAC (Movimento Apostolico Ciechi), in collaborazione con varie realtà, laiche e cattoliche, è in programma per il 14 aprile a Bologna, presso l’Istituto Cavazza, il convegno denominato “Autonomie possibili nelle disabilità visive. Strategie e prospettive per la terza età”

Autonomie possibili nelle disabilità visive. Strategie e prospettive per la terza età: è questo il titolo dell’incontro organizzato per il pomeriggio del 14 aprile presso l’Istituto Cavazza di Bologna (Via Castiglione, 71, ore 16-19) dal MAC (Movimento Apostolico Ciechi), in collaborazione con varie realtà, laiche e cattoliche.
L’incontro si inserirà nell’àmbito del progetto Autonomie possibili, avviato a favore di persone con disabilità visiva con associate altre disabilità.
Vi interverrà tra gli altri anche il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo e un approfondimento sui contenuti dell’incontro. Per ulteriori informazioni: mac@movimentoapostolicociechi.it.

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Presentata in Toscana una Proposta di Legge sulla Vita Indipendente

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Alla fine di marzo la Giunta Regionale della Toscana ha approvato all’unanimità una Proposta di Legge Regionale avente ad oggetto “Disposizioni per la promozione ed il riconoscimento del diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità”. Il testo e tutta la documentazione di corredo sono stati sottoposti all’esame del Consiglio Regionale. Proponiamo di seguito una descrizione della stessa e alcune osservazioni che ne scaturiscono

Il finanziamento dei progetti di Vita Indipendente delle persone con disabilità (intesa come assistenza personale autogestita) è un servizio stabilizzato della Regione Toscana ormai dal 2014. Come più volte fatto presente (se ne legga nei testi segnalati in calce a questo link), la disciplina di accesso ai contributi individuali è stata recentemente modificata per consentire che il servizio fosse cofinanziato attraverso le risorse del Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+), ciò che ha portato ad un significativo incremento del fondo dedicato (dai 12,8 milioni di euro delle annualità precedenti, ad una programmazione triennale del periodo 2025-2027 con uno stanziamento complessivo di 71,7 milioni di euro), ad un aumento del numero dei progetti finanziati (1.807, ossia oltre 650 in più rispetto al passato) e infine a una modifica degli importi erogabili, che prima potevano variare da 800 a 1.800 euro mensili, mentre ora possono variare da 800 a 2,000 euro mensili.
Tutto bene dunque? Non esattamente, perché i cambiamenti suscitano in chi fruisce dei servizi una sensazione di incertezza e alcune criticità non sono state risolte: il nuovo sistema, infatti, a differenza di quello precedente, comporta che le persone con disabilità debbano anticipare le spese per l’assistenza personale che vengono rimborsate loro solo successivamente, a fronte della presentazione della rendicontazione; sono state inoltre registrate disomogeneità applicative nelle diverse Zone Distretto; e ancora, il personale dei presìdi territoriali ha dato informazioni discordanti e spesso allarmistiche rispetto alla continuità dei progetti in essere, suscitando panico tra le persone con disabilità; infine, l’incremento dei singoli contributi, anche quando è stato accordato (e non sempre lo è stato), non è sufficiente a coprire il significativo aumento dei costi che l’assistenza personale ha avuto negli ultimi anni.

È in questo contesto che la Giunta Regionale Toscana, con una Delibera del 31 marzo scorso, ha approvato all’unanimità una Proposta di Legge Regionale avente ad oggetto Disposizioni per la promozione ed il riconoscimento del diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, e ha disposto di sottoporre la stessa all’esame del Consiglio Regionale.
La Delibera di Giunta, corredata di tutti gli Allegati, è stata effettivamente trasmessa al Consiglio Regionale il 4 aprile. Pubblichiamo qui di seguito la documentazione di cui si tratta: il testo della Delibera del 31 marzo con la quale la Giunta ha approvato la Proposta di Legge; il testo della Proposta di Legge n. 308 (Allegato A della Delibera); la relazione illustrativa della Proposta di Legge (Allegato B); la relazione tecnico-normativa (Allegato C); la scheda sugli aiuti di Stato (Allegato D); e infine la relazione tecnico-finanziaria (Allegato E).

Contenuti della Proposta di Legge Regionale
Essa si compone di sei articoli. Il primo di essi esplicita i princìpi e le finalità della Proposta stessa. Nel primo comma dell’articolo 1 la Regione Toscana «riconosce come fondamentale e strategico per il benessere ed il miglioramento della vita della persona con necessità di sostegno intensivo, il diritto ad una vita indipendente, inteso come diritto all’autodeterminazione nella gestione di tutte le espressioni della propria vita e di quella della propria famiglia». Mentre al secondo comma prevede che il sistema sanitario e sociale integrato, in particolare, accompagnino «la persona con disabilità nel percorso finalizzato al raggiungimento di una maggiore autonomia dalla famiglia, nonché, su richiesta della persona, della piena inclusione e partecipazione nella società, anche allo scopo di contrastare la discriminazione e realizzare pienamente l’uguaglianza con le altre persone».

L’articolo 2 è dedicato al progetto personalizzato e partecipato per la vita indipendente, e stabilisce che detto progetto venga declinato «mediante la definizione di specifiche azioni, tali da permettere alle persone con disabilità che necessitano di un sostegno intensivo, anche con il supporto di uno o più assistenti personali, scelte di vita autonoma, finalizzate al raggiungimento dell’eguaglianza con le altre persone, allo sviluppo, recupero e mantenimento dell’autonomia personale, nel rispetto dell’equità e dell’appropriatezza degli interventi» (così il comma 1). Al comma 2 è scritto che «la persona con disabilità partecipa attivamente alla definizione del progetto di cui al comma 1, determinandone i contenuti in base ai propri bisogni, interessi e preferenze, tenendo conto del contesto di vita individuale, familiare, abitativo e sociale, nonché dell’incremento della propria autonomia, indipendenza e soddisfazione».
Il comma 3 dell’articolo 2 affronta quindi il tema della rappresentanza, e stabilisce che «qualora la persona sia rappresentata da una delle figure di cui all’articolo 10, comma 1, della l.r. 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), gli interventi sono condivisi con la persona stessa, garantendole libertà di scelta ed autodeterminazione».

I destinatari dei progetti personalizzati e partecipati per la vita indipendente sono individuati nell’articolo 3, quali esclusivamente «persone con necessità di sostegno intensivo» (come individuate dagli articoli 3 e 4, nonché 39, comma 2, lett. l-ter della Legge 104/92) «che siano: a) di età pari o superiore ai diciotto anni; b) residenti nella Regione Toscana; c) con permanente grave limitazione dell’autonomia personale non derivante da patologie strettamente connesse ai processi di invecchiamento e non superabile attraverso la fornitura di protesi nonché di ausili tecnici o informatici volti a facilitare l’autosufficienza; d) con livelli di intensità del bisogno assistenziale limitativo dell’autonomia personale, non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l’autosufficienza; e) in grado di esprimere la propria capacità di autodeterminazione e la volontà di gestire in modo autonomo la propria esistenza».

L’articolo 4 (comma 1) stabilisce che «per assistente personale si intende la figura, anche non professionale, che svolge l’attività di assistenza personale quotidiana, o nell’arco delle 24 ore, finalizzata alla piena realizzazione della persona attraverso, a titolo esemplificativo, l’attività lavorativa, la frequenza scolastica ed universitaria, la partecipazione alla vita culturale, ricreativa e sportiva, nonché al volontariato, l’integrazione sociale». Tale figura opera sulla base di un rapporto lavorativo disciplinato da contratto di lavoro concluso con la persona con disabilità, che la sceglie liberamente, e che diventa, a tutti gli effetti, sua datrice di lavoro. «L’attività dell’assistente personale, nel tener conto delle necessità della persona, segue le indicazioni della persona stessa, circa modalità e tempi di espletamento dell’assistenza e si svolge nel rispetto della normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali»: così il comma 3 dell’articolo 4.

L’articolo 5 (comma 1) istituisce, presso la Giunta Regionale, l’Osservatorio Regionale per la Vita Indipendente, un nuovo organo collegiale composto da: il/la dirigente, o suo delegato/a, della struttura regionale competente in materia di vita indipendente, che lo presiede; almeno sei rappresentanti individuati sulla base di documentate competenze, dalle Associazioni competenti per la vita indipendente e presenti sul territorio regionale; tre direttori/trici di Zona, o loro delegati, uno per ciascuna area vasta individuati dall’Assessore competente in materia di vita indipendente; uno dei Garanti per i diritti delle persone con disabilità, istituiti presso i comuni, individuato dall’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sulla base di documentate competenze in materia di vita indipendente.
I compiti attribuiti all’Osservatorio sono quelli di monitorare l’attuazione della Legge che stiamo esaminando (che per ora, lo ricordiamo, è solo Proposta), monitorare «la realizzazione di progetti di ricerca, nonché di progetti di formazione a valenza regionale per la vita indipendente rivolti, in particolare, agli assistenti personali», valutare e monitorare «iniziative di sensibilizzazione e formazione in materia di vita indipendente» (comma 3 dell’articolo 5).
A copertura del sostentamento dell’Osservatorio è stimata una spesa di 2.000 euro per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027, mentre «agli oneri per gli esercizi successivi si fa fronte con legge di bilancio» (comma 1 e 2 dell’articolo 6).

Alcune considerazioni
Abbiamo confrontato la formulazione usata nell’articolo 2 della Proposta di Legge per definire il progetto personalizzato e partecipato per la vita indipendente, con quella contenuta nel Decreto Legislativo 62/24 (Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole, della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato), attuativo della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità. Decreto Legislativo che, per inciso, è citato sia nel Preambolo della stessa Proposta di Legge regionale in esame, sia nelle relazioni illustrativa, tecnico-normativa e tecnico-finanziaria. Nello specifico, al comma 3 dell’articolo 18 (Progetto di vita) è scritto: «La persona con disabilità è titolare del progetto di vita e ne richiede l’attivazione, concorre a determinarne i contenuti, esercita le prerogative volte ad apportarvi le modifiche e le integrazioni, secondo i propri desideri, le proprie aspettative e le proprie scelte». Qui notiamo che nella formulazione proposta dalla Regione Toscana non è esplicitato che la titolarità del progetto è della persona con disabilità. Notiamo inoltre che nella Proposta di Legge Regionale la determinazione dei contenuti del progetto stesso è legata ai bisogni, interessi e preferenze della persona con disabilità, mentre nella normativa nazionale si parla di desideri, aspettative e scelte, uno scarto semantico con cui il Legislatore ha voluto sottolineare che il diritto che va affermato e tutelato deve tenere conto anche delle aspirazioni della persona con disabilità, qualcosa di più e di diverso rispetto alla semplice risposta ai bisogni.
Notiamo altresì che, benché si faccia riferimento alla continuità assistenziale del diritto ad una vita indipendente nel Preambolo e in altri allegati della Proposta di Legge, negli articoli della medesima Proposta non è esplicitata alcuna garanzia di continuità assistenziale. Questa lacuna pone molti interrogativi perché, se vi è stato un elemento stabile nelle richieste avanzate nei mesi scorsi da tutte le persone con disabilità, questo è stato proprio quello di vedere scritto, nero su bianco, in atti giuridicamente vincolanti, l’impegno a garantire il costante finanziamento dei progetti di vita indipendente che esse percepiscono come presidio vitale, giacché, senza assistenza personale, la loro stessa vita sarebbe minacciata.

Riguardo al tema della rappresentanza (comma 3 dell’articolo 2 della Proposta di Legge), va benissimo la specificazione che gli interventi siano comunque condivisi con la persona con disabilità, e tuttavia va rilevata la mancanza della previsione che qualora la persona con disabilità ne abbia necessità, vengano predisposti specifici supporti che facilitino l’espressione delle sue scelte inerenti al progetto per la vita indipendente. E un’analoga osservazione può essere fatta anche riguardo al requisito richiesto per accedere al servizio che la persona debba essere «in grado di esprimere la propria capacità di autodeterminazione e la volontà di gestire in modo autonomo la propria esistenza» (articolo 3, comma1, lettera e). Anche in questo caso sarebbe stato importante prevedere la possibilità, in caso di necessità, di attivare un supporto all’espressione delle scelte e della volontà della persona. Si potrebbe obiettare che tale ruolo potrebbe essere svolto dalle figure di rappresentanza (come gli amministratori di sostegno), ma poiché nel 2016 l’Italia è stata richiamata dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità proprio per il fatto che tali figure, anziché supportare le persone con disabilità nelle decisioni, tendono a sostituirsi ad esse, la persona con disabilità dovrebbe avere la possibilità, qualora ne senta la necessità, di poter scegliere da chi farsi aiutare nell’espletamento di compiti così delicati e importanti, come la definizione del progetto di vita indipendente (va precisato che si tratta di una modalità prevista dal già menzionato Decreto Legislativo 62/24).

Salutiamo invece con favore l’istituzione dell’Osservatorio Regionale per la Vita Indipendente (articolo 5 della Proposta di Legge), anche, e soprattutto, per il coinvolgimento delle Associazioni e del Garante per i diritti delle persone con disabilità, perché riteniamo che tale organismo possa essere lo strumento adeguato ad affrontare le criticità ancora irrisolte a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza. Il tempo ci dirà se questa valutazione è corretta.

In conclusione, l’ultima doverosa annotazione rileva la mancanza di una precisa copertura economica della Legge. Le uniche spese a cui si fa riferimento nella Proposta di Legge riguardano infatti la gestione dell’Osservatorio. Per interpretare questa scelta possono essere utili questi passaggi contenuti nella scheda sugli aiuti di Stato (Allegato D): «La presente proposta di legge ha la finalità di favorire la promozione e la diffusione dei sostegni intensivi per i progetti di “vita Indipendente”. La Regione Toscana ha dato avvio alla possibilità per le persone con disabilità di accedere a questo contributo sin dal 2014 ma a seguito della riforma attuata dal D.lgs. 62/2024 in attuazione della Legge Delega 227/2021, si rende necessario procedere a disciplinare lo spazio ad oggi lasciato alla gestione autonoma delle regioni per i sostegni alla vita indipendente ai sensi dell’art. 19 del citato D.lgs. 62/2024, attraverso una legge regionale che riporti i principi posti alla base del diritto alla “vita Indipendente” da attuarsi nella ricerca della maggior partecipazione e continuità assistenziale a prescindere dalle risorse individuabili per sostenere tale politica sociale. L’intento della proposta di legge è altresì quello di monitorare l’attuazione della stessa legge attraverso l’istituzione dell’Osservatorio regionale per la vita indipendente, al fine di cogliere eventuali elementi di sviluppo e crescita nei rapporti con i destinatari e fra le amministrazioni coinvolte al fine di raggiungere sempre più elevati livelli di efficacia efficienza, trasparenza e comunicabilità delle opportunità e dei sostegni messi in atto».
Nella sostanza la Regione sta dicendo che questa Proposta di Legge si è resa necessaria in risposta alle modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 62/24, attuativo dalla Legge Delega 227/21, e che la funzione di essa è quella di riaffermare dei princìpi. E in effetti l’articolo 1 della Proposta di Legge contiene un’importante affermazione di principio: la Regione Toscana «riconosce come fondamentale e strategico per il benessere ed il miglioramento della vita della persona con necessità di sostegno intensivo, il diritto ad una vita indipendente». Tuttavia, se il Consiglio Regionale introducesse in uno degli articoli della Proposta di Legge la seguente integrazione, «la Regione garantisce la continuità dei progetti di vita indipendente, revocabili solo nel caso di cessazione della condizione prevista per l’accesso al progetto» – vale a dire la stessa dicitura presente nel comma 6, articolo 108 della Legge Regionale della Toscana 66/11 –, crediamo che anche l’enunciato di principio ne uscirebbe notevolmente rafforzato. Infatti, riconoscere che una data cosa è «fondamentale e strategica» non equivale ad affermare mi impegno a garantirla con continuità.

*Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), nel cui sito è già apparso il presente approfondimento, che viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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I diritti delle persone con disabilità nell’Unione Europea: un quiz per conoscerli e difenderli

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Per aiutare le persone con disabilità a comprendere e rivendicare i propri diritti, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha lanciato un quiz interattivo su temi chiave come lavoro, istruzione, viaggi e accesso all’assistenza sanitaria all’estero

I cittadini e le cittadine con disabilità dell’Unione Europea godono di una tutela sancita da leggi, trattati, iniziative e strategie dell’Unione Europea. Ma quali sono esattamente questi diritti? E cosa possiamo fare se vengono violati?

Per aiutare le persone con disabilità a comprendere e rivendicare i propri diritti, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha lanciato un quiz interattivo, strumento che offre un’occasione unica per approfondire il funzionamento dell’Unione Europea, la storia e lo sviluppo dei diritti delle persone con disabilità nell’Unione, i diritti garantiti dalla normativa continentale.

Il quiz copre 15 temi chiave, tra cui lavoro, istruzione, viaggi e accesso all’assistenza sanitaria all’estero, una sorta di gioco che permette di acquisire informazioni importanti in soli 5-10 minuti e che alla fine consente ai partecipanti di condividere il proprio punteggio con la comunità.

Come partecipare dunque? Per mettere alla prova le proprie conoscenze, basta completare il quiz completo disponibile online. In alternativa, il Forum condividerà il quiz sui propri canali social come una sfida di tre settimane, con 5 domande ogni settimana. (C.C.)

Per ulteriori informazioni: André Felix (responsabile della Comunicazione dell’EDF), andre.felix@edf-feph.org (cui scrivere in inglese).

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Per un mondo accessibile a tutti: un convegno presso la Comunità di Montagna della Carnia

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Promosso dall’ANFFAS Alto Friuli, con il supporto del CRIBA FVG, il convegno “Entrata Libera! Un mondo accessibile a tutti – Percorso verso l’accessibilità universale”, in programma per il 12 aprile a Tolmezzo (Udine), punta ad indagare la tematica dell’accessibilità secondo un’ottica universale Una realizzazione grafica dedicata al Design Universale (“progettazione per tutti e tutte”)

Promosso dall’ANFFAS Alto Friuli (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), con il supporto del CRIBA FVG (Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche), il convegno Entrata Libera! Un mondo accessibile a tutti – Percorso verso l’accessibilità universale, in programma per la mattinata del 12 aprile a Tolmezzo (Udine), presso la Comunità di Montagna della Carnia (Via Carnia Libera 1944, 29, ore 9), punta ad indagare la tematica dell’accessibilità secondo un’ottica universale e non solo relativa alle esigenze delle persone con disabilità, declinandola su vari aspetti, non limitandola cioè al tema del superamento delle barriere architettoniche, ma pensando anche al turismo, ai beni culturali, agli eventi, alla sicurezza.

L’incontro è patrocinato, tra gli altri, dalla Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia e dall’Università di Trieste. Per quanto riguarda l’intervento del CRIBA FVG, esso verterà sul tema Spazi e contenuti accessibili per garantire eventi inclusivi. (S.B.)

Ringraziamo l’ANFAMIV (Associazione Nazionale delle Famiglie delle persone con Minorazioni Visive) per la segnalazione.

A questo link vi è il programma completo dell’incontro, che si svolgerà in presenza, ad accesso gratuito e libero, ma con la possibilità di seguirlo anche online (il link va chiesto a promozione@anffasaltofriuli.it).

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“In viaggio con mio figlio”: il sostegno della FIA per un cambiamento culturale sull’autismo

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«Autismo viene dal greco “stare nel proprio mondo”. Non voglio che stia nel suo mondo, io lo voglio in questo mondo»: questa frase cattura l’essenza di “In viaggio con mio figlio”, film diretto da Tony Goldwyn, sostenuto dalla FIA (Fondazione Italiana per l’Autismo). Il 16 aprile, al Cinema Quattro Fontane di Roma, si terrà un’anteprima il cui incasso sarà devoluto in beneficenza alla Fondazione. Ne parliamo con Serafino Corti, membro del Consiglio di Amministrazione della FIA Una scena del film “In viaggio con mio figlio”

«Autismo viene dal greco “stare nel proprio mondo”. Non voglio che stia nel suo mondo, io lo voglio in questo mondo»: con queste parole, e non solo, il nuovo film diretto da Tony Goldwyn, In viaggio con mio figlio, è un invito a riflettere sull’autismo e sull’importanza dell’inclusione.
La FIA (Fondazione Italiana per l’Autismo) ha scelto di sostenere questa pellicola, che intreccia con sensibilità e ironia le vicende di un padre, un figlio con autismo e un nonno. In questa intervista a Serafino Corti, membro del Consiglio di Amministrazione della FIA, designato dalla Fondazione Sospiro, emergono i motivi di questo sostegno: una rappresentazione autentica della vita delle persone con autismo, l’importanza del supporto collettivo e il ruolo centrale delle famiglie. Come ha sottolineato Corti, «le difficoltà non sono necessariamente sinonimo di fallimento, ma possono essere superate grazie a un impegno condiviso».

Quali valori e quale messaggio del film In viaggio con mio figlio hanno spinto la FIA a sostenere questa iniziativa?
«In viaggio con mio figlio veicola diversi valori che hanno spinto la FIA a sostenere questa importante iniziativa cinematografica. Possiamo identificare almeno tre aspetti di particolare rilevanza che hanno motivato questo supporto. In primo luogo, il film comunica un messaggio universale: la vita è una scoperta continua e le difficoltà che incontriamo nel viverla fanno parte integrante della nostra esperienza umana. Questo film mostra in modo autentico come, se ci mettiamo in gioco e ci facciamo accompagnare da chi ci ama, possiamo affrontare ogni difficoltà.
Il secondo valore essenziale riguarda la rappresentazione della vita delle persone con autismo. Il film mostra come questa sia oggettivamente più complessa rispetto a quella delle persone “a sviluppo tipico”, ma evidenzia anche come questa maggiore difficoltà non si traduca automaticamente in fallimento. Al contrario, la narrazione richiama all’importanza di un impegno collettivo maggiore da parte di tutti: le persone con autismo stesse, i loro familiari e l’intera società civile. Solo attraverso questo impegno condiviso è possibile garantire che le maggiori difficoltà siano sostenute da supporti appropriati e personalizzati.
Infine, il terzo elemento significativo che ha attratto il sostegno della FIA è l’attenzione che il film dedica alle famiglie. In viaggio con mio figlio riconosce infatti che anche la vita dei familiari delle persone con autismo è più complessa rispetto a quella di genitori con figli a sviluppo tipico. Il film valorizza l’idea che sostegni adeguati e una comunità più supportiva possano fare una differenza sostanziale sulla qualità della vita di queste famiglie».

Serafino Corti

Oltre all’anteprima e alle proiezioni dedicate, ci sono delle aspettative della FIA riguardo all’impatto del film sulla consapevolezza e sull’accettazione delle persone con disturbo dello spettro autistico?
«Aumentare la consapevolezza di cosa sia l’autismo e di quali siano le caratteristiche di funzionamento delle persone con autismo, i loro bisogni e i loro diritti non è certamente un’impresa facile o semplice. La FIA è pienamente consapevole che un singolo film non potrà, da solo, modificare radicalmente questa visione nella società. Tuttavia, le aspettative della Fondazione riguardo all’impatto di In viaggio con mio figlio si inseriscono in una strategia più ampia e articolata.
La FIA, essendo una realtà che unisce fondatori con storie e prospettive diverse relativamente all’autismo – dalle Associazioni di persone con autismo alle Associazioni di familiari, dai professionisti della ricerca e della clinica agli Enti del Terzo Settore – crede fermamente che non esista una ricetta magica in grado di risolvere tutte le sfide legate all’autismo. L’approccio della Fondazione si basa invece sulla convinzione che per fare la differenza siano necessarie azioni costanti e multicomponenziali.
La FIA si aspetta dunque che il film possa fungere da catalizzatore per un cambiamento culturale più ampio, un passo significativo all’interno di un percorso di sensibilizzazione che richiede tempo e impegno costante.
Non si tratta di risolvere tutto con una singola iniziativa, ma di contribuire a costruire, attraverso diverse azioni complementari, una società più inclusiva e consapevole.
In definitiva, attraverso questo film, si punta a seminare idee e prospettive che, insieme ad altre iniziative educative, scientifiche e sociali, possano gradualmente trasformare la percezione dell’autismo nella nostra società».

Più in generale, in quale modo FIA sostiene concretamente le famiglie e le persone con autismo?
«La Fondazione ha sviluppato un approccio concreto e strategico per sostenere le persone con autismo e le loro famiglie, concentrandosi su un elemento fondamentale che può generare cambiamenti duraturi e significativi: il finanziamento della ricerca scientifica. La FIA, infatti, si dedica con particolare impegno al finanziamento della ricerca sull’autismo perché è profondamente convinta che questa rappresenti il vero punto di svolta, il “pivot” essenziale per determinare un salto culturale nella clinica e nei sostegni reali destinati alle persone con autismo».

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Prima di tutto i diritti degli studenti con disabilità

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«Non è la famiglia a scegliere il docente, ma può solo esprimere una richiesta, che verrà valutata dal Dirigente Scolastico insieme al Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione, nel rispetto delle regole e della collegialità»: lo afferma la Federazione FISH, a proposito della decisione delle organizzazioni sindacali Flc Cgil e Gilda Unams di impugnare presso il TAR del Lazio il recente Decreto Ministeriale n. 32 del febbraio scorso

«La conferma del docente specializzato sul medesimo posto rappresenta un passo concreto verso il rispetto del principio della continuità didattica, elemento fondamentale nel percorso educativo e relazionale degli alunni e delle alunne con disabilità. Parlare di “lesione del diritto all’accesso al lavoro pubblico” o di “libertà d’insegnamento subordinata alla famiglia” significa distorcere il senso e i limiti del provvedimento»: così la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) commenta in una nota la decisione delle organizzazioni sindacali Flc Cgil e Gilda Unams di impugnare presso il TAR del Lazio il Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio scorso (Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026, a norma dell’articolo 8, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2024, n. 106), che ha introdotto la possibilità di confermare il docente di sostegno sul medesimo alunno con disabilità, su richiesta della famiglia e con il parere positivo del Dirigente Scolastico, sentito il Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione.
«Il docente di sostegno – si legge ancora nella nota della FISH – non è un supplente a rotazione: è un professionista che supporta il progetto di inclusione della classe e dell’alunno, in un lavoro costruito nel tempo con la scuola e la famiglia. Non è la famiglia a scegliere il docente, ma può solo esprimere una richiesta, che verrà valutata dal Dirigente Scolastico insieme al Gruppo di Lavoro docente, nel rispetto delle regole e della collegialità. Inoltre, la nostra Federazione è da sempre favorevole alla stabilizzazione dei docenti di sostegno e al superamento dell’abuso dei posti in deroga, ma riteniamo scorretto contrapporre la continuità educativa alla lotta al precariato. I due obiettivi, infatti, possono e devono coesistere. La continuità per gli alunni con disabilità non è un ostacolo, ma una richiesta urgente che viene dalle famiglie, dalle scuole e da tutte le organizzazioni che si occupano di inclusione».

«Parlare di lesione del diritto all’accesso al lavoro pubblico – afferma Vincenzo Falabella, presidente della FISH e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) – significa, in questo caso, ignorare che il sistema scolastico esiste innanzitutto per rispondere ai bisogni educativi degli studenti, non per garantire meccanismi astratti di rotazione del personale, alla stregua di un ammortizzatore sociale».
«Piuttosto che impugnare una norma che mette al centro l’alunno – aggiunge – auspichiamo che tutte le forze in campo, sindacati compresi, si uniscano nella battaglia che davvero serve alla scuola italiana, vale a dire la trasformazione dei posti in deroga in organico di diritto e la piena attuazione del progetto di inclusione personalizzato. Dal canto nostro, siamo pronti a sostenere ogni misura che metta al centro la persona con disabilità, la sua crescita, la sua autonomia e il suo diritto a un progetto educativo continuo e coerente». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: uufficiostampa@fishonlus.it.

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