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In materia di disabilità gli esperti e le esperte sono le stesse persone con disabilità

Affrontare il tema dell’auto-rappresentanza delle persone con disabilità, significa arrivare a concludere che anche se avessimo dieci lauree e un curriculum da far paura, una persona con disabilità sa di se stessa ciò che nessun’altra fonte potrà mai raccontarci, e se non glielo chiediamo direttamente, non saremmo mai in grado di dire come vuole vivere la sua vita e cosa è importante per lei Adolf D. Ratzka (1943-2024), figura di particolare importanza del movimento per la Vita Indipendente delle persone con disabilità in Europa

Tra i principali riferimenti normativi e applicativi in materia di partecipazione e di auto-rappresentanza delle persone con disabilità c’è l’articolo 4 (Obblighi generali) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Il comma 3 di esso recita: «Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative».
Vi è poi l’articolo 33 (Applicazione a livello nazionale e monitoraggio) che al comma 3 prevede che le persone con disabilità siano coinvolte anche nel processo di monitoraggio della Convenzione stessa.
Infine c’è il Commento Generale n. 7, testo elaborato dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità nel 2018, che è specificamente centrato sul tema della partecipazione delle persone con disabilità. È bene specificare che i Commenti Generali non sono norme, ma servono ad applicare correttamente le disposizioni normative a cui si riferiscono fornendo, a tale scopo, precise indicazioni operative.

La Convenzione ONU riconosce la partecipazione delle persone con disabilità simultaneamente come obbligo generale e questione trasversale, e presta attenzione anche all’adeguato coinvolgimento dei minori e delle donne. Il motto Niente di Noi senza di Noi sintetizza efficacemente la filosofia e la storia del movimento per i diritti delle persone con disabilità, che si basa proprio sul principio della loro significativa partecipazione. Il concetto di partecipazione è strettamente legato ad altri due concetti: quello di autorevolezza, che consiste nel riconoscere il valore e l’affidabilità dei pensieri elaborati ed espressi dalle persone con disabilità in merito alla loro condizione, e quello, già citato, di auto-rappresentanza, ossia il riconoscere alle persone con disabilità la capacità di rappresentare sé stesse e le proprie istanze nei diversi contesti.

La questione dell’auto-rappresentanza delle persone con disabilità iniziò ad essere affrontata negli Stati Uniti d’America, all’Università di Berkeley, in California, già negli Anni Sessanta, con la nascita del movimento per la Vita Indipendente delle persone con disabilità.
In Europa la diffusione di questa filosofia si deve all’intraprendenza di Adolf D. Ratzka (1943-2024), medico e fondatore dell’Istituto per la Vita Indipendente di Stoccolma (Svezia), scomparso lo scorso luglio. In un celebre intervento in cui propone una definizione del concetto di Vita Indipendente, Ratzka prende le distanze dal modello medico di disabilità che considera la stessa disabilità un problema dell’individuo e «usa etichette diagnostiche che tendono a dividere le persone disabili in molti diversi gruppi». Dunque si chiede: «Come possiamo migliorare la nostra situazione?» Questi sono alcuni passaggi della sua articolata risposta: «Dobbiamo spezzare il monopolio dei professionisti non disabili che parlano a nome nostro, definire i nostri problemi e suggerire le soluzioni per le nostre necessità. Dobbiamo costruire organizzazioni efficaci che rappresentino il punto di vista delle stesse persone disabili. I governi debbono riconoscere le nostre organizzazioni come partner nella definizione delle politiche sulla disabilità. […] Ma una cosa deve essere molto chiara: siamo noi gli esperti. […] Nella lotta per i nostri diritti possiamo essere più efficaci quando ci aiutiamo a vicenda a cambiare i nostri atteggiamenti verso noi stessi. Vedere te stesso come una persona profondamente normale [profoundly ordinary person, N.d.R.] è difficile quando ti è sempre stato detto che sei diverso, che non puoi fare questo e non puoi fare quello. In questa lotta abbiamo bisogno di parlare con qualcuno con cui possiamo identificarci, con persone che si trovano in una situazione simile. Lo chiamiamo supporto tra pari. Supporto tra pari significa condividere i frutti della propria esperienza». (Adolf D. Ratzka, La Vita indipendente e le nostre organizzazioni: una definizione, intervento esposto alla conferenza Our Common World, organizzata da Disability Rights Advocates Hungary a Siofok, Ungheria, il 9-11 maggio 1997, testo pubblicato sul sito dell’Independent Living Institute).

Il problema che si pone è quello di riconoscere l’autorevolezza delle persone con disabilità, un tema che, come abbiamo visto, riguarda le stesse persone con disabilità, ma anche tutte le altre persone.
Più o meno tutte le persone con disabilità si scontrano con la difficoltà di non vedere riconosciuta la propria autorevolezza, ma quelle con disabilità psicosociale la sperimentano in misura molto maggiore a causa degli stereotipi e dei pregiudizi riguardo a questo specifico tipo di disabilità. Stereotipi e pregiudizi che spesso sono condivisi anche dalle altre persone con disabilità.
Ratzka parlava, giustamente, del monopolio dei professionisti, e chi opera nell’àmbito della cosiddetta “salute mentale” sa benissimo quanto questo monopolio sia ancora granitico, ma la questione è che davanti a una persona con disabilità psicosociale può accadere (e accade di frequente) che non solo i professionisti, ma chiunque possa arrivare a ritenersi più autorevole e competente della persona stessa, e prendersi l’arbitrio di sostituirsi e decidere per lei anche sulle scelte che riguardano la sua vita (ad esempio, sulla scelta relativa a dove, come e con chi vivere). Ciò può accadere nei rapporti con le istituzioni, nei servizi sanitari/sociali, in àmbito giuridico (anche, ma non solo, attraverso gli istituti di tutela giuridica), nelle stesse Associazioni/Organizzazioni di persone con disabilità, in famiglia o in altri contesti.

I principali riferimenti normativi e applicativi in materia di partecipazione/auto-rappresentanza delle persone con disabilità, che ho citato inizialmente, sono molto importanti ed è essenziale conoscerli. Ma è fondamentale comprendere anche che essi non hanno il potere di incidere in modo profondo sulle condotte individuali, perché in realtà ciò che orienta le nostre condotte sono le nostre convinzioni. Questo vuol dire che se siamo intimamente convinti che le persone con disabilità non siano sufficientemente autorevoli per prendere decisioni, tenderemmo a sostituirci a loro qualunque cosa dica la legge. E mentre lo facciamo ci racconteremmo che lo facciamo per il loro bene, che le persone disabili quelle decisioni non sarebbero comunque in grado di prenderle, che sarebbe tempo sprecato provare a coinvolgerle. Davanti a queste argomentazioni non possiamo nemmeno confidare sull’argine degli scrupoli di coscienza, perché chi pensa queste cose è mosso/a dalla convinzione di essere nel giusto, dunque non ritiene di doversi censurare. Ma la verità è che se l’oggetto della scelta sono le prerogative di vita di una persona con disabilità – e intendo disabilità di qualunque tipo e gravità –, il soggetto più autorevole è la stessa persona disabile e non noi. Ci vuole una grande onestà intellettuale e una giusta dose di umiltà per ammetterlo. Ritengo infatti che, se anche applicassimo alla lettera le norme giuridiche, ma non cambiassimo le nostre più intime convinzioni sull’autorevolezza delle persone con disabilità, non potremmo dire di aver costruito una società inclusiva. In una società inclusiva lo stile relazionale è la cooperazione, il “fare con”, mentre le nostre società si basano sulla competizione, e la competizione produce gerarchie tra esseri umani che si concretizzano nel “fare per” qualcuno/a. Se non prestiamo attenzione agli stili relazionali non riusciremo a modificare questi aspetti. È la stessa Convenzione ONU a dirci che la disabilità ha una matrice relazionale. La disabilità è relazione. Le cifre di una società inclusiva sono il riconoscimento e la solidarietà reciproca tra esseri umani che, pur svolgendo ruoli diversi, si pongono sullo stesso piano. Ciò equivale a dire: io ti riconosco e ti rispetto, non perché lo dice la legge (o, almeno, non solo per questo), non per farti un favore, e neppure perché sono buono/a, ma perché intimamente sento che sei un essere umano esattamente come me, e che abbiamo gli stessi diritti e la stessa dignità.

Lavorare per la diffusione di una cultura giuridica è fondamentale, ma non dobbiamo cadere nell’inganno che sia questo il solo piano su cui agire. Infatti chiunque può aderire a una legge solo su un piano formale, limitandosi a fare lo stretto necessario per non incorrere in sanzioni. Pertanto, se vogliamo essere davvero efficaci, è necessario lavorare anche ad altri livelli, su piani in qualche modo più “personali”, interrogandoci sugli stili relazionali, illuminando e divenendo consapevoli delle nostre più intime convinzioni riguardo alla disabilità, e abbandonando quelle infondate.
Questo lavoro ci deve portare a concludere che anche se avessimo dieci lauree e un curriculum da far paura, una persona con disabilità sa di se stessa ciò che nessun’altra fonte potrà mai raccontarci, e se non glielo chiediamo direttamente non saremo mai in grado di dire come vuole vivere la sua vita e cosa è importante per lei. Queste considerazioni non sono finalizzate a disconoscere il valore delle competenze professionali, mirano piuttosto di circoscriverne l’àmbito e le modalità di applicazione, perché, come purtroppo ancora accade, non possano più tradursi in arbitrio e tirannia sulle vite altrui.
È fondamentale che questi concetti siano recepiti a partire dal livello individuale perché solo così saremmo anche in grado di dare la giusta impronta alle relazioni professionali di chi lavora nei servizi che riguardano le persone con disabilità, alle nostre relazioni familiari e amicali, alle nostre Associazioni/Organizzazioni e alle rivendicazioni politiche che portiamo avanti attraverso esse, agli atti giuridici, amministrativi o d’altro tipo che, si spera, recepiranno tali istanze.
Non possiamo chiedere alla società e alle Istituzioni ciò che noi per primi/e non siamo disponibili a fare: riconoscere l’autorevolezza delle persone con qualsiasi tipo di disabilità e promuoverne l’auto-rappresentanza. Parafrasando Ratzka, deve essere inequivocabilmente chiaro che in materia di disabilità gli esperti e le esperte sono le stesse persone con disabilità.

*Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). Il presente testo, già apparso nel sito di Informare un’h e qui ripreso con minimi riadattamenti al diverso contenitore per gentile concessione, coincide con quello dell’intervento pronunciato in occasione del settimo congresso annuale dell’Associazione Diritti alla Follia, Milano 14-15 dicembre 2024.

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Le persone con disabilità e l’uguale riconoscimento davanti alla legge

Per il pieno rispetto dell’articolo 12 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che prescrive l’uguale riconoscimento davanti alla legge, si deve effettivamente creare un sistema in cui la persona con disabilità sia realmente libera di autodeterminarsi. Nel presente approfondimento vediamo perché e soprattutto come si dovrebbe agire

L’articolo 12 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità riafferma il diritto delle persone con disabilità all’uguale riconoscimento davanti alla legge, ciò che era già stato espresso da precedenti strumenti internazionali in àmbito di diritti umani, ai quali la Convenzione non deroga, ma semplicemente esplicita le azioni specifiche che gli Stati devono mettere in atto per garantire alle persone con disabilità questo diritto umano.

Il diritto all’uguale riconoscimento davanti alla legge è inerente alla dignità di ogni essere umano ed è collegato al principio di non discriminazione. Questo diritto non accetta restrizioni sulla base della disabilità, neppure in situazioni di emergenza. Esso si sostanzia nel fatto di essere titolari di diritti e doveri (“capacità giuridica” o Legal Standing) e nel potere di istituire, modificare e sciogliere rapporti giuridici, ovvero nella possibilità di agire concretamente, con azioni legalmente valide, in relazione ai propri desideri e alle proprie volontà.
Il riconoscimento di tale diritto e l’effettiva possibilità di esercitarlo sono strettamente interconnessi con il godimento reale degli altri diritti umani. Ad esempio, il diritto alla Legal Capacity è essenziale per il diritto alla vita indipendente, quello di far parte, in modo attivo, della società in cui si vive, il diritto alla famiglia, quello di esprimere il consenso ai trattamenti medici, e il diritto di voto. Nessuno di questi diritti è garantito se non lo è quello di essere riconosciuti come soggetto giuridico con capacità d’agire. Senza tale riconoscimento, infatti, una persona non può sposarsi, non può comprare una casa, non può determinarsi e dare vita a rapporti giuridici né difendere i propri interessi in tribunale.

Come notato dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità nel suo primo Commento Generale, molti degli Stati Parte della Convenzione, basandosi sulla valutazione delle capacità nella presa delle decisioni o Mental Capacity, concetto discriminatorio e controverso, non riconoscono alle persone con disabilità, soprattutto nel caso in cui sia presente una compromissione intellettiva o cognitiva, la capacità d’agire, mettendo in atto meccanismi di sostituzione nella presa delle decisioni che impediscono alla persona stessa di esprimere ed attuare i propri desideri.
Anche l’EDF, il Forum Europeo della Disabilità, nel suo recente rapporto Legal Capacity: Personal choice and control, ha evidenziato come nessuno dei 27 Paesi dell’Unione Europea abbia provveduto a realizzare quanto richiesto dalla Convenzione ONU, mantenendo ancora in essere istituti giuridici per i quali le persone con disabilità non possono decidere per se stesse, ma sono sostituite nella presa delle decisioni sulla loro vita da rappresentanti che agiscono secondo il principio del «miglior interesse della persona rappresentata». La reale attuazione del diritto delle persone con disabilità all’uguale riconoscimento davanti alla legge impone invece agli Stati Membri di assicurare loro l’utilizzo di meccanismi di supporto nella presa delle loro decisioni, decisioni a cui deve essere riconosciuto effettivo valore legale.
Il succitato articolo 12 della Convenzione, così come chiarito dal già menzionato Comitato ONU, stabilisce che tali supporti e sostegni nella formulazione delle decisioni debbano essere strutturati in modo tale da garantire il rispetto delle volontà e dei desideri della persona che ne usufruisce. Ulteriormente, prevede che i sostegni forniti siano di vario tipo: possono essere costituiti, per esempio, dal supporto di una o più persone fidate della persona con disabilità, dal supporto alla pari o assistenza alla comunicazione, dalla possibilità di pianificare le proprie decisioni, in vista di un futuro in cui non le si potrà più esprimere, potendo anche stabilire quando tale piano debba entrare in vigore.

Secondo quanto espresso dalla Convenzione ONU, quindi, è necessario un cambio completo di paradigma che si basi sulla capacità d’agire universale, riconoscendo la non correttezza della distinzione tra persone “incapaci” e capaci di effettuare scelte riguardo a se stesse e ai propri interessi, perché ciascun essere umano ha diritto alle proprie scelte. Gli Stati devono di conseguenza realizzare un sistema che permetta alla persona di autodeterminarsi, ricevendo un livello di supporto adatto per le sue volontà e necessità, e che allo stesso tempo la tuteli e la protegga da abusi, discriminazioni e indebite influenze. In questo senso, è necessario che, nelle circostanze in cui non sia possibile determinare la volontà della persona con disabilità, il principio guida del «migliore interesse della persona» sia sostituito dal «principio della migliore interpretazione della volontà e delle preferenze dell’individuo supportato». Sempre a scopo di tutela, la Convenzione richiede che sia previsto un meccanismo di controllo imparziale sul rispetto effettivo della volontà della persona con disabilità da parte di colui che l’assiste nella presa delle decisioni, e che la persona beneficiaria possa decidere in qualunque momento, e in autonomia, di interrompere il sostegno.

Per attuare il diritto all’uguale riconoscimento dinanzi alla legge è necessario, per di più, che l’accesso agli strumenti di supporto alle decisioni sia volontario, che il godimento di esso non costi nulla alla persona che ne beneficia, che non sia negato per ragioni economiche, e che sia stabilito per legge che l’uso di sostegno nella presa delle decisioni non sia fonte di limiti nell’esercizio di altri diritti e delle libertà fondamentali.

In Italia, abbiamo tre istituti di protezione giuridica indirizzati, secondo le norme, a coloro che si trovano in una situazione di “infermità mentale”, “incapacità attenuata” o “impossibilità di provvedere ai propri interessi”. Ognuno di questi tre meccanismi giuridici, ovvero: l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno, si sostituisce, a gradi differenti, alla persona che ne è destinataria nella presa delle decisioni. Anche l’amministratore di sostegno, sebbene introdotto nel 2004 [Legge 6/04, N.d.R.] con la ratio di creare uno strumento di sostegno alle decisioni in àmbiti indicati caso per caso dal giudice, rivolto a persone “impossibilitate a curare i propri interessi”, ma considerate capaci di intendere e di volere, da un punto di vista giuridico si è tradotto molto spesso in una reale sostituzione della persona nella formulazione delle scelte sulla sua vita. Ciò è dovuto a una mancata formazione dei professionisti del mondo giuridico sulle modalità comunicative accessibili, e anche a un vuoto normativo riguardante i modi in cui la persona destinataria dell’amministrazione di sostegno possa comunicare all’amministratore le proprie volontà. Inoltre, così come succede anche nella maggior parte dei Paesi europei, anche nel nostro ordinamento è previsto che il rappresentante della persona segua il “principio del migliore interesse” e non quello che richiede di rispettare il più possibile le volontà del rappresentato. Va infine sottolineato che frequentemente i costi dell’amministrazione e della verifica specializzata di tali attività d’amministrazione sono posti a carico della persona beneficiaria dell’istituto di protezione giuridica.

Si deve quindi modificare il sistema attuale, modifica raccomandata, tra l’altro, al nostro Paese dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Si dovrebbe cioè creare un sistema in cui la persona con disabilità sia libera di autodeterminarsi, potendo mettere per iscritto e “in anticipo” le proprie volontà, desideri e preferenze, e in cui i professionisti e coloro che assumono l’incarico non si sostituiscano alla persona, ma la sostengano e la aiutino nelle sue scelte. Questi dovrebbero essere adeguatamente formati e vincolati nelle proprie funzioni di supporto dal principio della migliore interpretazione delle volontà e delle preferenze della persona. Solo così si potrà realmente implementare il modello della disabilità espresso nella Convenzione che, a differenza di quello medico, riconosce alla persona con disabilità diritti e doveri su un piano di uguaglianza con gli altri e vede la disabilità come condizione derivante da un ambiente pieno di barriere culturali, fisiche, sensoriali e comunicative.

Una persona senza la possibilità di autodeterminarsi davanti e per la legge non avrà mai il controllo sulla propria vita e non potrà mai essere un componente attivo della propria comunità. In aggiunta, proprio perché i diritti umani sono collegati tra di loro a doppio filo e la violazione di uno di essi è fonte del diniego degli altri, si devono garantire tutte le altre previsioni della Convenzione ONU, assicurando, per esempio, che gli istituti e le procedure finanziarie siano accessibili, che le informazioni siano disponibili in vari formati, tali da renderle usufruibili e comprensibili da parte di tutti.

*Ufficio Legislativo della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). Testo dell’intervento pronunciato in occasione del settimo congresso annuale dell’Associazione Diritti alla Follia, Milano 14-15 dicembre 2024.

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Una bella iniziativa, per garantire il diritto alla salute delle donne con disabilità

È giunto a conclusione il Progetto Libellula, iniziativa promossa in Toscana dal Distretto 2071 del Rotary che grazie a una raccolta di oltre 42.000 euro, ha consentito di acquistare 26 lettini ginecologici elettrici, regolabili in altezza e in inclinazione, adeguati alle necessità delle donne con disabilità. I lettini sono stati donati agli ambulatori ginecologici ospedalieri e ai consultori del territorio, nonché agli ambulatori del Codice Rosa, il percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato alle vittime di violenza Anton Zapotochny (Dovzhenko), “Libellula colorata” (©José Art Gallery)

Nel luglio dello scorso anno, con piacere, abbiamo dato notizia, su queste stesse pagine, di un importante progetto promosso, in Toscana, dal Distretto 2071 del Rotary, per garantire il diritto alla salute delle donne con disabilità, un àmbito nel quale sono particolarmente discriminate.
Nello specifico, il Progetto Libellula, questo il nome dell’iniziativa, ha promosso all’interno dei 70 Club Rotary della Toscana una raccolta fondi finalizzata ad acquistare lettini ginecologici elettrici, regolabili in altezza e in inclinazione, adeguati alle necessità delle donne con disabilità, al fine di donarli prioritariamente agli ambulatori ginecologici ospedalieri e ai consultori del territorio, quindi agli ambulatori del Codice Rosa (il percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato alle vittime di violenza).

Ebbene, con altrettanto piacere, apprendiamo dall’ideatrice e promotrice del progetto, Margherita Magi Damiani, dirigente medica di Primo Livello presso l’INAIL, nonché moglie di Fernando Damiani, governatore del Distretto 2071 del Rotary, gli esiti dell’iniziativa. «La somma raccolta grazie alle donazioni dei Rotary Club della Toscana, e di pochi generosi privati, è stata complessivamente di 42.680 euro e ci ha permesso di acquistare 26 lettini ginecologici elettrici. La destinazione è stata decisa dai Direttori Sanitari in base alle esigenze del territorio», riferisce Magi Damiani. Questo risultato è stato conseguito anche grazie all’impegno e all’interessamento di una socia del Rotary Monte Argentario, la dottoressa Manola Pisani, che ha curato i rapporti con le ASL e con la ditta produttrice, aggiunge la stessa Damiani.

I lettini, dunque, sono stati già consegnati alle sedi stabilite per l’ASL Toscana Centro e l’ASL Sud-Est, mentre per l’ASL Nord-Ovest sarà necessario aspettare la Delibera di acquisizione dell’Azienda Sanitaria, ed è probabile che si vada all’anno nuovo, dopo le festività. A questo link è presente l’elenco dei presìdi sanitari a cui sono stati donati i lettini ginecologici.
Ci preme però ringraziare qui anche le altre figure con percorsi e competenze importanti in àmbito sanitario che Magi Damiani ha coinvolto nel percorso progettuale. Le indichiamo di seguito, limitandoci a segnalare solo qualcuno dei loro molteplici incarichi e qualifiche: Simona Dei, direttrice sanitaria aziendale da dodici anni, prima della ASL di Pisa, poi di Siena, dall’ottobre 2023 dell’ASL Toscana Centro; la dottoressa Vittoria Doretti, ideatrice a livello nazionale e responsabile della rete regionale Codice Rosa, ovvero, come accennato, dello speciale percorso di accesso al Pronto Soccorso dedicato alle vittime di violenze e abusi, in particolare donne e bambini, ma anche vittime di crimini d’odio, progetto nato nel 2010 nell’ASL di Grosseto e diventato regionale nel 2011; la già menzionata dottoressa Manola Pisani, già responsabile dell’Unità Funzionale Cure Primarie Distretto Colline Metallifere-Amiata-Grossetana.
Del gruppo di lavoro ha fatto parte anche chi scrive, Simona Lancioni, sociologa e documentalista, responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), da 25 anni impegnata nella promozione dei diritti delle donne con disabilità, e curatrice di una specifica sezione documentaria dedicata a questi temi.
Alla fase di promozione, infine, ha collaborato anche l’Associazione DisabilmenteMamme, che ha messo a disposizione le testimonianze di Antonella Tarantino, Margherita Rastiello e Carla Marinelli.

Insomma tante donne, con e senza disabilità, si sono messe insieme per contribuire a garantire il diritto alla salute delle donne con disabilità, e dunque a garantire loro un ulteriore pezzetto di libertà. Il progetto ha sensibilizzato i donatori e le donatrici su questi temi fondamentali.
Nell’esprimere ancora una volta il nostro sentito ringraziamento a tutte le persone e agli enti che hanno contribuito, possiamo solo augurarci che l’iniziativa venga replicata anche in altri contesti. (Simona Lancioni) 

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Una violenza che lascia esterrefatti e increduli

«È importante – scrive Laura Abet, responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione LEDHA, riferendosi alla violenza subita a Milano da un sedicenne con disabilità – che nel corso del procedimento giudiziario si attivi una rete di sostegno inclusiva e rispettosa del dramma subìto dal ragazzo, ascoltandolo e non sostituendosi a lui»

Non siamo soliti commentare le notizie di cronaca o le notizie che vengono pubblicate dai media di cui non abbiamo conoscenza diretta. Questa volta, però, pensiamo sia necessario fare un’eccezione.
A Milano un ragazzo di 16 anni, che dagli organi d’informazione viene presentato come una persona con disabilità fisica e cognitiva, è stato sequestrato da un ragazzo di 14 anni e di un uomo di 44 che avrebbero abusato di lui, anche sessualmente. Le violenze, inoltre, sarebbero state filmate.
Questa vicenda ci lascia esterrefatti e increduli.
Esprimiamo tutta la nostra vicinanza e solidarietà alla giovane vittima e alla sua famiglia. E ci mettiamo a disposizione per supportarli in tutti i modi per noi possibili.
Su questa vicenda devono essere completate le indagini da parte della polizia e si esprimerà un giudice, a tempo debito. Ed è importante che nel corso di questo procedimento si attivi una rete di sostegno inclusiva e rispettosa del dramma subìto, a tutela del ragazzo, per evitarne la vittimizzazione secondaria. In quest’ottica è necessario un lavoro sincrono e interdisciplinare, coinvolgendo le Associazioni di persone con disabilità e la rete dei servizi territoriali.
Ci auguriamo che il sedicenne venga ascoltato e che non ci si sostituisca a lui perché, come afferma la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, le persone con disabilità hanno la stessa capacità legale di tutte le persone.

*Responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH).

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I cortometraggi premiati a “INCinema”, il primo Festival tutto accessibile

Durante la tappa di Udine di INCinema, il primo Festival cinematografico in Italia fruibile anche dalle persone con disabilità sensoriali, oltre alla proiezione accessibile del nuovo film di Almodóvar La stanza accanto, vi sono state anche le premiazioni per il concorso INCorto, nel quale una delle due giurie era composta da persone con disabilità sensoriale Una scena di “Sharing is Caring”, premiato come “Miglior Cortometraggio” a Udine dalla giuria di persone con disabilità sensoriale

La seconda edizione di INCinema Film Festival, manifestazione ideata da Federico Spoletti e diretta da Angela Prudenzi, di cui Superando si onora di essere media partner sin dagli inizi, è un Festival, come abbiamo ampiamente riferito a suo tempo, che si svolge sia in presenza al cinema, sia da remoto su piattaforma MYmovies One e che soprattutto offre l’opportunità di vedere dei film in sala in modalità inclusiva anche a chi non può andare regolarmente al cinema. Si tratta infatti del primo festival in Italia fruibile anche dalle persone con disabilità sensoriali, che solitamente non possono partecipare ai festival cinematografici.
Nei giorni scorsi, INCinema, dopo l’apertura a Firenze, e le tappe di Lecce, Roma e Torino, ha vissuto la tappa di Udine, una tre giorni già da noi presentata, durante la quale sono state proposte varie proiezioni, e che grazie alla collaborazione con Warner Bros-Discovery, ha vissuto anche un evento speciale, ovvero in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane, la presentazione accessibile a tutti e tutte del nuovo film di Pedro Almodóvar La stanza accanto (The Room Next Door), vincitore del Leone d’Oro all’81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e candidato a quattro European Film Awards.
Alla proiezione ha presenziato anche l’attore italiano Alvise Rigo, componente del cast, che per l’occasione ha ricordato la sua esperienza: «È stato significativo lavorare diretto da Almodóvar e al fianco di Julianne Moore con la quale ho condiviso una lunga sequenza, straordinari artisti che mi hanno fatto sentire a mio agio in ogni momento. Un’avventura professionale e umana rara oltre che un’occasione incredibile per me, giovane attore italiano che sta muovendo i primi passi nel mondo del cinema. Su quel set mi sono sentito in famiglia, come mi hanno detto nel confermarmi la parte: “Ahora eres un chico de Almodóvar”, il massimo che potessi sognare».

L’attore Alvise Rigo a Udine, al centro, tra Angela Prudenzi e Federico Spoletti, rispettivamente direttrice artistica e ideatore di “INCinema”

Sempre a Udine vi è stata anche la premiazione del concorso di cortometraggi INCorto, con alcuni riconoscimenti assegnati da due diverse giurie, una di persone con disabilità sensoriali e una di studenti della Laurea Magistrale in Cinema e del DAMS dell’Università di Udine.
La giuria delle persone con disabilità sensoriali è stata presieduta dall’attrice e regista Camilla Filippi,  che ha affermato: «Ho appena fatto un film documentario che si chiama Come quando eravamo piccoli che racconta la storia di quello che resta di una famiglia e delle scelte che ci definiscono. Essere presidente della giuria di questo Festival è per me una di quelle scelte che ci definiscono e fanno la differenza. Credo che ognuno di noi, nel proprio àmbito, possa lavorare affinché il mondo diventi un luogo accessibile ad ogni essere umano. In alcuni casi, come in questo, non era nemmeno complicato, serviva solamente uno sguardo diverso e fortunatamente gli organizzatori lo hanno avuto».

Ad aggiudicarsi dunque il premio di Miglior Cortometraggio, attribuito dalla giuria di persone con disabilità sensoriale, è stato Sharing is Caring di Vincenzo Mauro, «per la sua capacità di affrontare con profondità un tema di grande attualità, quale l’assoggettamento alle tecnologie che sfuggono al controllo umano. Il tema seppur drammatico è trattato con un’intelligente ironia volta a far riflettere lo spettatore. L’eccezionale interpretazione del protagonista, Vincenzo Nemolato, contribuisce in maniera decisiva alla compiutezza dell’opera. Con la sua espressività sia fisica che vocale, infatti, l’attore bene interpreta l’incalzare della narrazione e il repentino susseguirsi degli eventi».
Una Menzione Speciale è andata poi a La rabbia nostra di Lorenzo Giroffi, «per la capacità di dare voce a un tema sociale che anima le giovani generazioni». «Con uno stile incisivo e una narrazione cruda e autentica – si legge ancora nella motivazione -, il regista esplora le radici profonde di questo disagio, legandolo a questioni come le disuguaglianze sociali, l’incertezza sul futuro e il senso di isolamento in una società in rapida trasformazione. La giuria ha particolarmente apprezzato l’equilibrio tra un’analisi sociologica lucida e una preoccupazione per un tema sociale non sufficientemente trattato e spesso sottovalutato. Ciò rende il cortometraggio un’opera non solo informativa, ma anche espressiva di una violenza invisibile, ma reale su cui è necessario riflettere».

Per quanto riguarda invece il premio di Miglior Cortometraggio assegnato dalla giuria degli studenti della Laurea Magistrale in Cinema e del DAMS di Udine, esso è andato a Billi il cowboy di Fede Gianni, «per la capacità di raccontare una storia di inclusività e di accettazione, affrontando il tema dell’affermazione della propria identità». Il riconoscimento, inoltre, è andato anche «all’originalità della narrazione: Billi il cowboy riesce infatti ad affrontare queste tematiche utilizzando il formato western per esplorare tematiche che raramente trovano spazio in questo genere, offrendo una prospettiva fresca e innovativa. Un elogio speciale, infine, va alla fotografia, che ci immerge nel sogno di Billi e ci guida attraverso il contesto delle borgate romane, trasformate in uno scenario western».
Una Menzione Speciale della seconda giuria è andata poi al già citato (e premiato) Sharing is Caring di Vincenzo Mauro, ritenuto «una storia breve ma incisiva, che sorprende e intrattiene, lasciando un’impressione duratura».

INCinema, ricordiamo in conclusione, è prodotto e organizzato da SUB-TI ACCESS, in collaborazione con l’Associazione Libero Accesso, con il sostegno del Comune e della Banca di Udine, e anche in collaborazione con MYmovies, Alice nella Città, la Cineteca di Milano, la Fondazione Sistema Toscana, il Museo del Cinema di Torino, il Festival del Cinema Europeo di Lecce, Trieste Film Festival e l’Associazione +Cultura Accessibile.
Si avvale inoltre del patrocinio dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), della FIADDA (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone sorde e Famiglie), della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), dell’Associazione Aniridia Italiana e della Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia.
I partner tecnici sono Earcatch e EasyReading, i media partner, oltre a Superando, Fred Film Radio e Motto Podcast. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Cristina Scognamillo (criscognamillo@gmail.com).

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Undicesima e ultima tappa per il progetto “Sport senza confini 2024”

Articolato su undici tappe in sei diverse Regioni, si concluderà il 14 e il 15 dicembre a Milano “Sport senza confini”, l’iniziativa della FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) che si propone di avviare allo sport bambini/bambine e ragazzi/ragazze con e senza disabilità tra i 5 e i 14 anni, attraverso un percorso propedeutico alla scelta di una disciplina paralimpica. E nel prossimo anno si replicherà, ampliando ulteriormente l’iniziativa

Sin dalla tappa di esordio in marzo a Modena, abbiamo seguito sulle nostre pagine l’iniziativa Sport senza confini, percorso ludico-motorio itinerante promosso dalla FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali), con il patrocinio del CIP (Comitato Italiano Paralimpico), e rivolto ad atleti con disabilità tra i 5 e i 14 anni, allo scopo di consolidare l’integrazione dei giovani all’interno di un gruppo di ragazzi e ragazze con e senza disabilità. Il progetto è sostenuto dalla Fondazione Conad e, da quest’anno, anche da Procter & Gamble Italia, che ha scelto di includere il progetto nella campagna Campioni Ogni Giorno, attraverso la quale realizzare azioni tangibili per promuovere l’accesso allo sport di ragazzi e ragazze con disabilità.
E dunque, dopo gli appuntamenti di Modena, Ascoli Piceno, Roma, Perugia, Bologna, Forlì, Lecce, Reggio Emilia, Bergamo e Palermo, l’undicesima e ultima tappa di Sport senza confini è in programma per il 14 e 15 dicembre presso il Centro Scolastico Gallaratese di Milano, chiudendo una prima stagione di grande successo, che ha coinvolto sei diverse Regioni italiane, per un totale di 187 partecipazioni, offrendo a tanti giovani la possibilità di vivere un’esperienza di inclusione e sport, sotto la guida di tecnici FISPES specializzati. Un percorso, per altro, che proseguirà anche nel 2025, con una nuova edizione di Sport senza confini.

«Con la tappa di Milano – afferma Sandrino Porru, presidente della FISPES – si chiude il progetto Sport senza confini della scuola itinerante 2024, ben undici tappe che ci hanno permesso di visitare numerose realtà del nostro Paese, presentando un’opportunità e soprattutto una speranza per tante famiglie che hanno potuto condividere con noi questo percorso. Un grande traguardo che diventa l’ennesimo punto di partenza verso un 2025 più ricco di opportunità, in quanto gli incontri saranno ancora più numerosi e frequenti, e dal quale verranno avviate le prime scuole stanziali che diventeranno il vero faro di riferimento per tante persone, partendo dai bimbi, per avvicinarsi allo sport paralimpico».
«Abbiamo dimostrato – aggiunge – che i limiti sono solo immaginari e nella testa delle persone e scoperto sul campo che tutti possiamo fare tutto, connotandolo con l’abilità e il talento di ciascuno, unico e irripetibile. Questo è stato possibile solo grazie ad un grande lavoro di squadra, composta da bambini, famiglie tecnici e i fantastici compagni di viaggio, Fondazione Conad e Procter & Gamble Italia, tutti facenti parte della grande Famiglia FISPES, che non smetterò mai di ringraziare, con profondo sentimento di riconoscenza e stima». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Noemi Cervi (noemi.cervi@safecommunications.it).

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Un progetto innovativo per l’autonomia delle persone con disabilità visiva

Nel panorama del design e dell’innovazione tecnologica applicata, è stato lanciato iSee, progetto rivoluzionario consistente nei primi occhiali assistivi progettati per migliorare la mobilità delle persone con disabilità visiva, un prodotto completamente Made in Italy, che rappresenta un passo avanti significativo nell’inclusione sociale attraverso la tecnologia Gli occhiali “iSee”

Nel panorama del design e dell’innovazione tecnologica applicata, la Società iVision Tech ha lanciato un progetto rivoluzionario: iSee, i primi occhiali assistivi progettati per migliorare la mobilità delle persone con disabilità visiva, un prodotto completamente Made in Italy, che rappresenta un passo avanti significativo nell’inclusione sociale attraverso la tecnologia. Il lancio è avvenuto in un contesto in cui il mercato della tecnologia assistiva è in crescita, con un’attenzione sempre maggiore verso soluzioni che garantiscano una migliore qualità della vita per le persone con disabilità visive.

Tecnologia e miniaturizzazione
Il progetto iSee punta dunque a trasformare la quotidianità delle persone non vedenti. Gli occhiali, dotati di sensori avanzati, rilevano ostacoli fino a quattro metri di distanza e trasmettono all’utente segnali acustici intuitivi per una mappatura precisa dello spazio circostante. «Integrando tecnologie di ultima generazione – spiega la società -, il dispositivo sfrutta sensori avanzati e strumenti audio altamente sofisticati per rilevare ostacoli fino a una distanza di quattro metri».
La miniaturizzazione rappresenta un aspetto chiave del dispositivo: gli occhiali mantengono infatti l’estetica di un normale paio di montature, garantendo discrezione, leggerezza e durata della batteria.
Questo risultato è stato raggiunto grazie alla collaborazione con aziende leader nei settori della componentistica e alle competenze multidisciplinari in àmbiti come le telecomunicazioni e la tecnologia satellitare.

Valore sociale del progetto
Dietro iSee si cela una chiara missione sociale. Federico Fulchir, project manager di iVision Tech, sottolinea l’impatto che il progetto può avere: «Il nostro obiettivo è di coprire in un primo momento il mercato dell’Europa e del Nordamerica, in cui sono presenti 3,6 milioni di non vedenti e, successivamente, di allargarci su scala globale, dove si stimano circa 43 milioni di persone con cecità». La strategia prevede anche il riconoscimento degli occhiali come dispositivo medico, per renderli accessibili a un’utenza più ampia.
L’approccio inclusivo è emerso già nelle fasi iniziali di sviluppo, che hanno coinvolto attivamente persone cieche, permettendo di creare un prodotto realmente in grado di rispondere alle loro esigenze quotidiane.
Il lancio di iSee rappresenta dunque un passo concreto verso una maggiore autonomia e sicurezza per milioni di persone.

Made in Italy e innovazione tecnologica
iVision Tech si distingue nel settore per il proprio impegno nel coniugare tradizione artigianale e innovazione tecnologica. Con una sede produttiva all’avanguardia a Martignacco (Udine), l’azienda rappresenta un’eccellenza del Made in Italy nel settore dell’occhialeria. «Questo – afferma Stefano Fulchir, amministratore delegato della Società – è un progetto sociale che ci rende molto orgogliosi e che ha visto un lungo lavoro di progettazione per raggiungere un livello qualitativo molto elevato».
Il lancio di iSee si inserisce per altro in una strategia più ampia che ha visto acquisizioni strategiche nel settore delle lenti oftalmiche e dell’elettronica. Sinergie industriali che hanno permesso di sviluppare un prodotto altamente tecnologico, capace di rispondere a standard di eccellenza.

Visione futura: la tecnologia al servizio dell’inclusione
La commercializzazione di iSee ha avuto inizio in questo mese di dicembre, tramite e-commerce, mentre la presentazione ufficiale al pubblico avverrà al MIDO di Milano nel febbraio del nuovo anno. L’ambizione della società, come detto, è di espandere progressivamente il progetto a livello globale, mantenendo alta l’attenzione verso le esigenze specifiche delle persone cieche.
Nel contesto di un mondo sempre più interconnesso, il progetto iSee dimostra come la tecnologia possa non solo semplificare la vita quotidiana, ma anche rappresentare un ponte verso una maggiore inclusione. È un esempio tangibile di come l’innovazione possa avere un impatto positivo, dimostrando che il progresso tecnologico, quando guidato da una forte missione sociale, può trasformare il futuro per milioni di persone.

In conclusione
Il lancio di iSee apre a questo punto una riflessione più ampia sull’importanza di investire in tecnologia assistiva. I numeri relativi alla cecità globale sottolineano la necessità di soluzioni che possano migliorare concretamente la qualità della vita delle persone cieche e in tal senso il progetto di iVision Tech si distingue per la visione umanitaria che lo anima, unendo innovazione, inclusione e sostenibilità.
Si tratta quindi di un’iniziativa che rappresenta un modello da seguire per il settore tecnologico, evidenziando come il connubio tra design, ricerca e ascolto attivo delle esigenze degli utenti possa generare cambiamenti significativi.
In un mondo sempre più orientato alla digitalizzazione, progetti come iSee sono la dimostrazione tangibile di come la tecnologia possa, e debba, essere al servizio di tutti.

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Sindrome di Rett: un libro per fornire uno strumento di valutazione globale

Pubblicato dall’AIRETT, il libro Checklist di Assessment Globale per la Sindrome di Rett (AGR) fornisce uno strumento di valutazione globale sulle persone con la sindrome di Rett ed è stato sviluppato specificamente per assistere professionisti sanitari, educatori e caregiver nell’identificazione e nel monitoraggio delle tappe dello sviluppo e nella valutazione delle abilità funzionali in diversi contesti di vita

Recentemente pubblicato dall’AIRETT (Associazione Italiana Sindrome di Rett), il libro Checklist di Assessment Globale per la Sindrome di Rett (AGR) è stato progettato per fornire uno strumento di valutazione globale sulle persone con la sindrome di Rett, sviluppato specificamente per assistere professionisti sanitari, educatori e caregiver nell’identificazione e nel monitoraggio delle tappe dello sviluppo e nella valutazione delle abilità funzionali in diversi contesti di vita, tra cui casa, scuola e centri di riabilitazione.
Attraverso la struttura gerarchica elaborata nel volume, la checklist consente infatti un monitoraggio dettagliato del progresso delle abilità, supportando piani di intervento personalizzati e mirati a migliorare la qualità della vita e l’autonomia delle persone con sindrome di Rett. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: centrorett@airett.it.

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L’impegno di Montecatone per il reinserimento sociale delle persone con disabilità

«Continuiamo ad essere in prima linea nel promuovere l’inclusione e il reinserimento sociale delle persone con disabilità»: lo ha dichiarato, in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, Mario Tubertini, commissario straordinario dell’Istituto Riabilitativo Montecatone di Imola (Bologna), la nota struttura di riferimento, specializzata nella cura e nella riabilitazione delle lesioni midollari e delle gravi cerebrolesioni La palestra robotica dell’Istituto Riabilitativo Montecatone di Imola (Bologna)

«La nostra struttura è da sempre in prima linea nel promuovere l’inclusione e il reinserimento sociale delle persone con disabilità. Quotidianamente il team di professionisti lavora con dedizione per offrire le migliori opportunità di riabilitazione e migliorare la qualità della vita dei nostri pazienti. In questi anni abbiamo investito proprio in questa direzione: solo per citare alcune iniziative, la palestra robotica, il Life Bridge e la nuova radiologica, attrezzata tra l’altro con una risonanza magnetica 3Tesla»: lo ha dichiarato, in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità Mario Tubertini, già direttore generale e attualmente commissario straordinario dell’Istituto Riabilitativo Montecatone di Imola (Bologna), la nota struttura di riferimento, specializzata nella cura e nella riabilitazione delle lesioni midollari e delle gravi cerebrolesioni.

Sul fronte divulgativo e formativo scientifico, Montecatone, come ampiamente riferito anche sulle nostre pagine, ha recentemente organizzato il convegno RehabEvolution – Innovazione tecnologica in neuroriabilitazione, importante occasione di incontro per medici, ricercatori ed esperti del settore, evento chiusosi con un’intervista a Romano Prodi, durante il quale sono state messe in luce le ultime innovazioni nella neuroriabilitazione e il ruolo della tecnologia, inclusa la robotica e l’intelligenza artificiale, nel futuro delle terapie riabilitative.
Tra le altre iniziative promosse in questi anni, anche il concorso letterario SEMPRE IO, giunto alla sua quarta edizione, voluto per valorizzare la creatività e l’espressione delle persone con disabilità, nonché il progetto INCLUSION-E, realizzato in collaborazione con l’Associazione di Promozione Sociale RACESPORT, per promuove l’inclusione attraverso attività sportive.
Ancora nell’àmbito della ricerca, infine, il gruppo di lavoro diretto da Laura Calzà ha pubblicato negli ultimi anni studi su riviste internazionali, contribuendo significativamente all’avanzamento delle conoscenze nel campo della riabilitazione.

Centro di alta specialità accreditato, l’Istituto Montecatone fornisce 158 posti letto per la riabilitazione intensiva, garantendo un approccio multidisciplinare e servizi specialistici all’avanguardia. Da segnalare anche le collaborazioni con ACI (Automobile Club d’Italia), INAIL e IIT (Istituto Italiano di Tecnologia). (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Claudia Corsolini (corsolini@montecatone.com).

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Il “Premio Angelo Ferro 2024”

Assegnato annualmente a personalità con disabilità visiva e del mondo medico e giornalistico, il Premio Angelo Ferro 2024, iniziativa promossa dalla Fondazione Lucia Guderzo, in collaborazione con la Fondazione Lega del Filo d’Oro, è andato a Luisa Bartolucci, Sara De Carli e Massimo Morelli Il “Premio Angelo Ferro 2024” assegnato alla giornalista Sara De Carli

Proprio mentre scriviamo, viene consegnato presso la sede RAI di Venezia il Premio Angelo Ferro, dedicato a chi fu economista, filantropo e persona particolarmente attenta a valorizzare “le capacità di tutti”, iniziativa promossa dalla Fondazione Lucia Guderzo di Loreggia (Padova), in collaborazione con la Fondazione Lega del Filo d’Oro di Osimo (Ancona), che comporta una serie di riconoscimenti assegnati annualmente a personalità con disabilità visiva e del mondo medico e giornalistico.
Per la quinta edizione del premio, consistente in un angelo d’argento dell’artista veneziano Luciano Brollo, sono stati scelti Luisa Bartolucci, «per avere fatto della musica e delle parole l’occasione di informazione e intrattenimento che squarciano l’isolamento di chi non vede creando e dirigendo Slash radio Web»; Sara De Carli, giornalista di «Vita», «per avere trasformato le parole in emozioni, raccontando con sensibilità le cose vere della vita ed aver fatto emergere con il cuore il senso dell’esistenza e il valore dell’umano»; Massimo Morelli, professore di economia alla Bocconi di Milano, «per avere trovato nei numeri la forza per analizzare la realtà formando i giovani nella comprensione dei fenomeni economici». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@fondazioneluciaguderzo.it.

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Desessualizzazione delle donne con disabilità: una forma di violenza psicologica

È dedicato al tema della desessualizzazione, intesa come forma particolare di violenza psicologica, ed è sviluppato con specifico riferimento alle donne con disabilità, un approfondimento curato da Silvia Lisena per il Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), che contiene anche alcune testimonianze di donne con disabilità che hanno subìto nel corso della loro vita quella particolare forma di violenza

Esiste ormai un’ampia letteratura scientifica che documenta come le donne con disabilità siano esposte a tutte le forme di violenza di genere più delle altre donne, ma anche a forme particolari di violenza legate alla loro disabilità. Forme, queste ultime, delle quali possono essere vittime anche gli uomini con disabilità. Tra queste forme particolari di violenza figura anche la desessualizzazione.
Proprio al tema della desessualizzazione, intesa come forma particolare di violenza psicologica, è dedicato un interessante approfondimento curato da Silvia Lisena per il Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).

Il testo, sviluppato con specifico riferimento alle donne con disabilità, è stato mresso online dallo scorso 24 novembre, alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, con il titolo (S)Oggetti di desiderio. Donne con disabilità e desessualizzazione (esso è fruibile al seguente link).
Partendo dalla definizione del termine proposta dal vocabolario online della Treccani – ovvero: «privazione o perdita del carattere erotico o sessuale» –, Lisena evidenzia che «la desessualizzazione è un fenomeno che riguarda anche, ma non solo, le persone con disabilità. E in particolare le donne con disabilità che già subiscono una doppia discriminazione sia in quanto donne sia in quanto persone disabili».
Secondo l’Autrice la desessualizzazione costituisce «una vera forma di violenza. Indiretta, probabilmente, ma sempre violenza. Fa paura additare un determinato comportamento come violento, perché disponiamo già del nostro arsenale standardizzato di tipologie e modalità di atti violenti o molesti che la desessualizzazione sembra non presentare alcun requisito per rientrarci. Eppure ci rientra».

L’approfondimento propone dunque alcune testimonianze di donne con disabilità che hanno subito la desessualizzazione nel corso della loro vita. Tali testimonianze organizzate in quattro macroaree tematiche: la sfera assistenziale (che si riferisce alle relazioni con i/le caregiver), la sfera affettiva (in cui rientrano i rapporti familiari e le relazioni sentimentali), la sfera sanitaria (che comprende le interazioni con i/le medici/mediche) e la sfera rappresentativa (relativa ai contesti quotidiani di vita).
Queste testimonianze sono accompagnate da ulteriori riflessioni che illustrano le dinamiche, anche paradossali, che possono scaturire dalla desessualizzazione stessa. Scrive, ad esempio, Lisena: «Se una donna con disabilità non viene (mai) vista come possibile oggetto di desiderio erotico e sessuale, ciò a cui rischia di aspirare fortemente è l’estremo opposto, cioè essere oggettivizzata. Quando parliamo di catcalling [termine inglese che indica una molestia maschile consistente nell’espressione verbale e gestuale di un apprezzamento di natura sessuale rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso, a una donna incontrata per strada o in un luogo pubblico, N.d.R.] lo additiamo legittimamente come pratica deplorevole e deumanizzante, ma inconsciamente parte dalla considerazione della donna come possibile oggetto di attenzioni sessuali (indesiderate). Esattamente ciò a cui non sono neanche lontanamente sottoposte parecchie donne con disabilità, e questo non è un bene. Essere viste come un oggetto e non essere proprio viste sono due concetti apparentemente antitetici, ma in realtà sovrapponibili. “Se io subissi catcalling, almeno sarei considerata una vera donna”, questo potrebbe arrivare a pensare una donna con disabilità. Giusto per quantificare la portata del problema e le conseguenze a cui va incontro, dato che, a causa della doppia discriminazione cui sono sottoposte, le donne con disabilità sono maggiormente esposte a episodi di abusi e violenze di ogni tipo».

Il Gruppo Donne UILDM è fermamente convinto che fare rete possa, a lungo andare, determinare un cambiamento, e auspica che le preziose testimonianze pubblicate diventino spunto di riflessione per chi le legge. Chi vuole può contribuire ad arricchire il confronto inviando allo stesso Gruppo Donne UILDM i propri suggerimenti su come si può contrastare la desessualizzazione nel quotidiano, e quali azioni o strumenti si potrebbero predisporre a tal fine.

«Abbiamo bisogno delle vostre idee perché è importante non spegnere mai la voce su questa tematica», è l’invito. Questa invece è l’e-mail a cui scrivere per contribuire alla riflessione: gruppodonne@uildm.it (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Istituzionalizzazione delle persone con disabilità: un preoccupante arretramento

Un recente studio di Eurofound, Agenzia dell’Unione Europea, ha evidenziato come negli ultimi dieci anni il numero di persone con disabilità che vivono in ambienti segreganti, sia aumentato in molti Stati Membri dell’Unione, in particolare in Francia e in Polonia, ma anche in Italia. Secondo il Forum Europeo sulla Disabilità è «un allarmante fallimento da parte dei Paesi dell’Unione Europea nel sostenere la vita indipendente delle persone con disabilità»

Pubblicato nell’ottobre scorso e disponibile a questo link (in lingua inglese), uno studio di Eurofound, la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che è un’Agenzia dell’Unione Europea, ha evidenziato come il numero di persone con disabilità che vivono in ambienti segreganti, sia aumentato in molti Stati Membri dell’Unione. Si stima infatti che attualmente siano un milione e 400.000 i bambini e gli adulti con disabilità di età inferiore ai 65 anni segregati in tali contesti, rispetto al milione e 100.000 stimati dieci anni fa.

Nel collocare in una sorta di “sala della vergogna” Paesi come la Francia (numero di persone con disabilità che vivono in istituti più che raddoppiato negli ultimi dieci anni), la Polonia (aumento di oltre l’80%), Malta e il Portogallo, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, parla di «allarmante fallimento da parte dei Paesi dell’Unione Europea nel sostenere la vita indipendente delle persone con disabilità, constatando anzi che molti Stati stanno in realtà andando proprio nella direzione opposta rispetto al loro impegno dichiarato per i diritti delle persone con disabilità».

E l’Italia? Purtroppo anche il nostro Paese risulta tra quelli dell’Unione Europea che hanno fatto registrare negli ultimi dieci anni un aumento del numero di persone con disabilità negli istituti, insieme a Croazia, Danimarca, Lussemburgo, Svezia, Irlanda, Slovacchia, Slovenia e Paesi Bassi.
Dati positivi, invece, si sono avuti in 11 Stati Membri dell’Unione, a partire da Finlandia, Grecia ed Estonia, dove vi sono state le maggiori riduzioni di persone in istituti.

Infine, nello specifico dei bambini e delle bambine con disabilità, il numero di quelli e quelle segregati in istituti è salito a 466.000, aumentando in 11 Stati dell’Unione, innanzitutto a Cipro (più del doppio rispetto a un anno fa), ma anche nei Paesi Bassi, in Croazia, Germania, Irlanda, Svezia, Lussemburgo, Francia, Finlandia, Italia e Spagna. (S.B.)

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Premiati i progetti di inclusione sociale attraverso lo sport

Il ruolo cruciale delle infrastrutture nei progetti di inclusione sociale attraverso lo sport e il valore delle sinergie tra il profit e il no profit al centro del dibattito nella terza edizione del CSR Award, promossa da Entain Italia con il supporto della sua Fondazione Foto di gruppo per i premiati con il “CSR Award 2024”

Il ruolo cruciale delle infrastrutture nei progetti di inclusione sociale attraverso lo sport e il valore delle sinergie tra il profit e il no profit sono stati al centro del dibattito nella terza edizione del CSR Award, promossa da Entain Italia con il supporto della sua Fondazione, lo scorso 3 dicembre, all’Auditorium dell’Ara Pacis a Roma.
«Una visione strategica e una pianificazione a lungo termine sono fondamentali per assicurare il successo dei progetti di inclusione nelle comunità», ha affermato Andrea Faelli, responsabile del Gruppo Entain in Italia. «Investire in infrastrutture adeguate, moderne, sicure e accessibili è essenziale per offrire alle associazioni spazi dove poter sviluppare i loro programmi con continuità. Il CSR Award, edizione dopo edizione, conferma il nostro crescente impegno a fianco delle realtà non profit, mettendo a disposizione non solo risorse economiche, ma anche competenze e una rete di relazioni per amplificare l’impatto dei loro progetti».

I lavori sono proseguiti con l’annuncio delle Associazioni vincitrici della terza edizione del CSR Award. Durante il 2025 verranno infatti sostenute le seguenti realtà: Seconda Chance e Sport Senza Frontiere (progetto Rigiocare il futuro), Club Schermistico Partenopeo (progetto Sport senza barriere), l’Associazione Sportiva Dilettantistica Baseball Softball Club Rovigo (progetto Blind Gym), Romanes-Wheelchair Rugby (progetto “I Wheel” Rugby Camp), l’Associazione Sportiva Dilettantistica Sportinsieme (progetto Padel Mixto: con e senza disabilità sullo stesso campo), Santa Lucia (progetto In testa abbiamo solo il basket), Kim (progetto L’accoglienza sostenibile), Sportfund Fondazione Per Lo Sport ONLUS (progetto Corro a scuola) e Progetto Filippide (progetto World Cup Of Inclusive Duet Artistic Swimming).
Mentre il progetto Rigiocare il futuro prevede la realizzazione di un polo sportivo all’interno del carcere di Secondigliano con l’obiettivo di promuovere l’inclusione sociale e offrire nuove prospettive ai detenuti, quello del Club Schermistico Partenopeo si propone di adeguare e riqualificare una parte dei locali della palestra per renderli pienamente fruibili da parte delle persone con disabilità. Il progetto Blind Gym si propone poi di potenziare l’offerta di servizi per il baseball per ciechi, mentre “I Wheel” Rugby Camp punta sul rugby in carrozzina in Italia, con il padel invece al centro di Padel Mixto: con e senza disabilità sullo stesso campo.
Premiati anche In testa abbiamo solo il basket per le persone con disabilità motoria dai 13 anni in su, attraverso l’avviamento all’attività sportiva, L’accoglienza sostenibile, che ha l’obiettivo di creare una casa dedicata a garantire cure mediche a minori gravemente malati e Corro a scuola, che mira a ripristinare la piena funzionalità della palestra scolastica dell’Istituto Comprensivo 9 di Bologna. Infine, tra i vincitori, anche World cup of inclusive duet artistic swimming, che vuole realizzare la prima inedita manifestazione totalmente inclusiva: per la prima volta al mondo, infatti, saranno chiamati a partecipare atleti e atlete con e senza disabilità, che si esibiranno in esercizi a coppie miste formate da una persona con disabilità fisica e/o intellettiva, e una persona senza disabilità. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Simone d’Onofrio (simone.donofrio@mslgroup.com).

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Attraverso l’obiettivo dell’accessibilità: storie di barriere, sfide e buone pratiche

L’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, invita fotografi, amatoriali e professionisti, a partecipare, entro il 30 marzo 2025, all’ormai tradizionale concorso fotografico focalizzato sull’accessibilità e sulle sfide quotidiane affrontate dalle persone con disabilità. Tema scelto per quest’anno: Attraverso l’obiettivo dell’accessibilità: Storie di barriere, sfide e buone pratiche Foto di Venetia Catalin, partecipante al concorso fotografico dell’EDF nel 2023

«L’accessibilità va oltre rampe e ascensori: si tratta di rimuovere barriere in ogni area della vita, dagli spazi fisici alle piattaforme digitali e alla comunicazione inclusiva. La vera accessibilità significa garantire che tutti possano partecipare pienamente e in autonomia. Tuttavia, per molte persone con disabilità, la vita è un mix di ostacoli, sfide e trionfi, navigando in un mondo che spesso ignora le loro necessità».
Da qui, da questa premessa parte anche quest’anno il concorso fotografico promosso dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità. L’edizione di quest’anno si intitola Through the accessibility lens: Stories of barriers, challenges and good practices (“Attraverso l’obiettivo dell’accessibilità: Storie di barriere, sfide e buone pratiche”).

L’EDF invita dunque fotografi, amatoriali e professionisti, a partecipare al concorso il cui focus è appunto focalizzato sull’accessibilità e le sfide quotidiane affrontate dalle persone con disabilità. Possono parteciparvi cittadini o residenti dell’Unione Europea di tutte le età e non è prevista alcuna quota di iscrizione.
I tre finalisti riceveranno un primo premio da 500 euro e un secondo da 300 euro.
Le opere dovrannno essere inviate entro il 30 marzo 2025 e la giuria sarà composta da un membro del Comitato Direttivo dell’EDF, da un componente del Gruppo di Esperti sull’Accessibilità dell’EDF, da due membri del personale dell’EDF, nonché da due professionisti dell’arte/fotografia. Il regolamento completo è disponibile a questo link.

Per ulteriori informazioni: André Felix (Ufficio Comunicazione EDF), andre.felix@edf-feph.org (scrivere in inglese).

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Un emendamento sull’inclusione scolastica

La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) accoglie con favore un emendamento al Disegno di Legge di Bilancio proposto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara, che la Federazione ritiene possa «incrementare la qualità dell’offerta formativa e valorizzare il personale scolastico», auspicandone l’approvazione definitiva in sede di iter parlamentare

«Accogliamo con favore questo emendamento, che finalmente sembra evidenziare un’attenzione concreta verso un sistema scolastico più inclusivo e capace di garantire pari opportunità e uguaglianza per tutti gli alunni e le alunne con disabilità. Auspichiamo ora che con l’iter parlamentare, a partire della discussione in Commissione, venga compreso il valore di questo intervento e che l’emendamento venga approvato in via definitiva. Solo con scelte coraggiose e mirate, infatti, è possibile intervenire su un sistema che necessita di profonde revisioni e modifiche»: così Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), commenta l’emendamento al Disegno di Legge di Bilancio, proposto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara (il testo dell’emendamento è disponibile integralmente a questo link), che secondo la Federazione, riguarda «un intervento tanto atteso dagli alunni e dalle alunne con disabilità, dalle famiglie e dall’intero mondo associativo, puntando a incrementare la qualità dell’offerta formativa e a valorizzare il personale scolastico, rappresentando un passo importante per dare una prima risposta concreta alle esigenze degli studenti e delle studentesse con disabilità». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Voci di Resistenze per i diritti umani

«Un tributo, un megafono per chi ha fatto della propria esperienza di resistenza un inno al riconoscimento dei diritti» di ogni essere umano, nonché un’occasione per «far emergere testimonianze vive e concrete come vere e proprie scintille di una riforma legislativa reale»: vuole essere questo il settimo congresso annuale dell’Associazione Diritti alla Follia, denominato (R)Esistenze e (IN)dipendenze: Voci e Riforme per i Diritti, in programma a Milano per il 14 e il 15 dicembre

È in programma a Milano per il 14 e il 15 dicembre, il settimo congresso annuale dell’Associazione Diritti alla Follia, denominato (R)Esistenze e (IN)dipendenze: Voci e Riforme per i Diritti, un’intensa due giorni nella quale ai momenti istituzionali si alterneranno tre tavole rotonde che coinvolgeranno molteplici professionalità nazionali e internazionali, selezionate allo scopo di attuare una chiara missione, ossia «elevare Voci di Resistenze come forza motrice e filo conduttore dell’intera edizione», come spiegano dall’Associazione. Non un evento formale, dunque, o astratte disquisizioni accademiche, ma «un tributo, un megafono per chi ha fatto della propria esperienza di resistenza un inno al riconoscimento dei diritti» di ogni essere umano, nonché un’occasione per «far emergere testimonianze vive e concrete come vere e proprie scintille di una riforma legislativa reale».

Ad aprire i lavori, il 14 dicembre (ore 9.15) sarà Michele Capano, avvocato e presidente di Diritti alla Follia, con una riflessione sul cammino ancora irto di ostacoli dell’Italia per garantire diritti reali alle persone con disabilità psicosociale. Seguirà Cristina Paderi, segretaria dell’Associazione, che illustrerà i temi della provocatoria campagna Fragile a Chi?!, una sfida a pregiudizi profondi attraverso una visione rinnovata di indipendenza e dignità. Interverrà quindi Giuseppe Alterio, anch’egli membro di Diritti alla Follia, che descriverà il percorso di raccolta firme cartacee intrapreso dall’Associazione per promuovere le due proposte di riforma, quella sull’amministrazione di sostegno (disponibile a questo link) e quella sul Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO, disponibile a quest’altro link), con l’obiettivo di avviare una raccolta firme telematica per ampliare la partecipazione e sostenere le campagne. Un ulteriore intervento sarà affidato a Michela Corallo, docente di sostegno, che porterà uno sguardo sul mondo della scuola, dove il disagio giovanile può e dev’essere gestito con risorse alternative al trattamento farmacologico.

La mattinata di sabato 14 culminerà (ore 11) in una tavola rotonda su uno dei temi più delicati e urgenti: l’(in)costituzionalità del trattamento sanitario obbligatorio (TSO), tema sollevato dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza prodotta il 9 settembre scorso, questione sulla quale Diritti alla Follia già da tempo propone modifiche per garantire trasparenza, diritto al contraddittorio e difesa legale, evitando restrizioni arbitrarie alla libertà personale.
Parallelamente, verranno presi in esame i vari Disegni di Legge per la riforma della salute mentale depositati in Parlamento. Tutti, infatti, riconoscono l’urgenza della riforma, ma con priorità differenti. Ne discuteranno in particolare Andrea Michelazzi, psichiatra triestino e membro di Diritti alla Follia, e Carlo Piazza, psichiatra veronese. Michelazzi affronterà il tema della Capacità legale universale, come strumento per una visione pragmatica della realtà, mentre Piazza offrirà una prospettiva sui limiti attuali delle risorse pubbliche nei Servizi di Salute Mentale e analizzerà le proposte di modifica della Legge 180/78.
Gli interventi proseguiranno con Francesco Maisto, Garante dei Diritti delle Persone Private della Libertà per il Comune di Milano, Christian Loda del Comitato per la Prevenzione della Tortura (CPT) e Maria Rosaria D’Oronzo, componente di Diritti alla Follia, che racconterà come la logica del “manicomio” continui a persistere in molti contesti. Dal canto suo, Massimiliano Bagaglini, del Sottocomitato delle Nazioni Unite per la Prevenzione della Tortura (SPT), e Maja Bova, del Comitato Interministeriale Diritti Umani (CIDU), offriranno una prospettiva sui diritti umani, confrontando il caso italiano con il panorama europeo.

Il pomeriggio di sabato 14 (ore 15) si aprirà con la tavola rotonda intitolata L’inganno della protezione giuridica. Il difficile cammino dei diritti umani affermati dalla CRPD: analisi e proposte (CRPD, lo ricordiamo, è l’acronimo inglese per indicare la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità). Questo momento di approfondimento sarà dedicato ad esaminare le contraddizioni e le sfide nella realizzazione dei diritti umani per le persone con disabilità psicosociali, come sancito dalla Convenzione ONU. Attraverso un’analisi critica dell’attuale sistema di protezione giuridica e delle proposte di riforma, si metteranno in luce le problematiche strutturali e le possibili strade per garantire una tutela autentica e rispettosa della dignità e dell’autodeterminazione.
Ad aprire il dibattito sarà Elisa Marino, componente dell’Ufficio Legislativo della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che analizzerà i sistemi di protezione giuridica, in relazione all’articolo 12 della Convenzione ONU (Uguale riconoscimento dinanzi alla legge). Seguirà Amalia Gamio, vicepresidente del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, con un intervento critico sull’istituzionalizzazione come alibi per evitare di confrontarsi con la diversità. A Marine Uldry, coordinatrice per le Politiche dei Diritti Umani presso l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, il compito di presentare il rapporto del Forum stesso (Rapporto sui diritti umani in Europa. Numero 8 – 2024. Capacità giuridica: scelta personale e controllo, disponibile in lingua inglese a questo link), che descrive criticità, sfide e proposte per garantire la capacità giuridica e la libertà di scelta in Europa. Quindi, Olga Kalina, presidente della Rete Europea degli (ex) Utenti e Sopravvissuti alla Psichiatria, esplorerà la situazione delle misure coercitive in psichiatria, sottolineandone gli effetti dannosi e le strade possibili per il loro superamento, mentre Giampiero Griffo, membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), discuterà come il rispetto della capacità giuridica e della scelta personale possano rafforzare l’empowerment delle persone con disabilità in Europa. Infine, Carla Maria Reale, ricercatrice all’Università di Genova, concluderà analizzando la nozione di “capacità legale” presente nel già citato articolo 12 della Convenzione ONU, usando come esempio la cosiddetta agency nella sfera sessuale.
Il confronto sarà moderato da Anna Estdhal, componente di Diritti alla Follia e attivista impegnata nel sociale, e dalla già citata Cristina Paderi.

La mattinata del 15 dicembre sarà dedicata al Peer Support, il “supporto tra pari”. La relativa tavola rotonda, intitolata provocatoriamente Il supporto tra pari: Parola d’ordine indipendenza, mira a enfatizzare l’importanza dell’indipendenza in contrasto con un modello assistenziale che porta all’istituzionalizzazione.
Per l’occasione Marcello Maviglia, docente all’Università del New Mexico, illustrerà il Peer Support come percorso di emancipazione. Chi scrive, quindi [Simona Lancioni del Centro Informare un’h], parlerà dell’articolo 4, comma 3 della Convenzione ONU, che impone agli Stati di garantire la piena partecipazione e autodeterminazione delle persone con disabilità in tutte le aree della vita, evidenziando l’importanza del diritto di scegliere e rappresentarsi autonomamente. Federica Mangione e Jennifer Alvarez, esperte in supporto tra pari, condivideranno poi il loro percorso di empowerment personale, mostrando come questa pratica possa rappresentare un’alternativa concreta e trasformativa ai modelli assistenziali istituzionalizzati. E ancora, Anna Barracco, psicologa, psicoterapeuta ed esperta per biografia personale, rifletterà sulla figura dell’esperto di supporto tra pari (ESP) e sul suo potenziale per favorire un’indipendenza dai servizi tradizionali, portando la sua esperienza professionale e personale. A concludere la sessione sarà Elena Faccio, docente associata di Psicologia Clinica all’Università di Padova, che illustrerà lo stato della ricerca sull’implementazione della figura dell’ESP in Italia, evidenziando i progressi e le sfide attuali.

È prevista infine la partecipazione di Liuska Sanna, Head of Operations di Mental Health Europe (MHE), per presentare la guida internazionale di tale organizzazione sul Peer Support. Essendo Diritti alla Follia membro di Mental Health Europe, questa collaborazione rappresenta un collegamento importante tra le esperienze italiane e il movimento europeo.
Questa sessione sarà moderata da Susanna Brunelli, anche lei esperta in supporto tra pari e componente di Diritti alla Follia, che faciliterà un confronto per mettere in luce il potenziale rivoluzionario di questa pratica. (Simona Lancioni)

A questo link è disponibile la locandina del congresso. L’evento si svolgerà nella sede dell’Associazione ChiAmaMilano (Via Laghetto, 2, MM3 Missori – MM1 San Babila, Milano), ma sarà fruibile anche in diretta online sulla pagina Facebook di Diritti alla Follia (a questo link) o dal sito di Radio Radicale (a quest’altro link).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Facciamo il punto sulle politiche per le persone con disabilità nel Lazio

«Rifletteremo e faremo proposte operative con sessioni ad hoc, indicando le priorità di intervento, al fine di garantire i diritti e la reale e piena partecipazione e inclusione delle persone con disabilità e delle loro famiglie nella vita sociale»: lo dichiara Daniele Stavolo, presidente della FISH Lazio, presentando gli Stati Generali della Disabilità nel Lazio, organizzati dalla stessa FISH Lazio per il 12 dicembre a Roma

«In occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, e anche in concomitanza del trentennale della fondazione della nostra Federazione, su indicazione e sollecitazione della FISH Nazionale, abbiamo promosso questi Stati Generali della Disabilità come un necessario momento di riflessione e discussione con il mondo politico-istituzionale e associativo sullo stato di attuazione delle politiche in favore delle persone con disabilità nei diversi territori della nostra Regione e non solo»: lo dichiara Daniele Stavolo, presidente della FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), presentando appunto gli Stati Generali della Disabilità nel Lazio, in programma per il 12 dicembre a Roma, presso la Sala Tevere della Presidenza della Regione Lazio (Via Cristoforo Colombo, 212, ore 9.30-17).
«Durante la Giornata – aggiunge Stavolo -, rifletteremo e faremo proposte operative con sessioni ad hoc, indicando le priorità di intervento, al fine di garantire i diritti e la reale e piena partecipazione e inclusione delle persone con disabilità e delle loro famiglie nella vita sociale».

Dopo l’introduzione dello stesso Stavolo, con la moderazione della giornalista di Raitre Patrizia Senatore, sono in programma i saluti istituzionali di Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità, Antonello Aurigemma, presidente del Consiglio Regionale del Lazio, Alessia Savo, presidente della Commissione Salute e Politiche Sociali nel Consiglio Regionale, Laura Latini, segretaria dell’UIL Lazio) e Francesca Danese, portavoce del Forum del Terzo Settore Lazio.

La prima sessione sarà incentrata sul Progetto di vita e la vita nella società, con gli interventi di Massimiliano Maselli, assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio); Andrea Urbani, direttore del Settore Regionale Salute e Integrazione Socio Sanitaria; Marta Bonafoni, consigliera della Regione Lazio; Nella Converti, presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale; Maura Curati della FISH di Latina; Alessandro Alfonsini della Fondazione Oltre Noi; Fulvio Lauri dell’ANFASS Lazio (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo); Silvia Cutrera dell’AVI (Agenzia per la Vita Indipendente); Antonella Leto del Servizio Tobia presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata.

La seconda sessione, invece, sarà dedicata al Progetto di vita nell’infanzia, adolescenza ed età adulta e vi parteciperanno Eleonora Mattia, consigliera della Regione Lazio; Stefania Stellino dell’ANGSA Lazio (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo); Carla Consuelo Fermariello, presidente della Commissione Scuola di Roma Capitale; Erica Battaglia, presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale; Anna Rita Giuseppone dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio; Natale Di Cola, segretario della CGIL Roma e Lazio; Laura Imbimbo del Gruppo Asperger Lazio; Luciano Pantarotto, presidente di Confcooperative Federsolidarietà; Valeria Cotura della FIADDA Roma (Associazione per i Diritti delle Persone sorde e Famiglie); Sara Norcia, assessora alle Politiche Sociali del Comune di Terracina; Monia Magliocco di LatinAutismo; Adelaide Da Cruz di Mondo Disabili Future.

La terza sessione, infine, si intitolerà La Riforma, i nuovi istituti, e vi interverranno Giuliana Anatrella della Direzione Regionale Inclusione Sociale del Lazio; Antonio Di Rocco dell’ANCI Lazio (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

Il dibattito finale e le conclusioni saranno affidate a Daniele Stavolo e a Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Roberto Pagano (uffstampapagano@gmail.com).

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Storie di “diplomifici”

«Negli ultimi anni – scrive Salvatore Nocera – abbiamo dovuto purtroppo notare gravi incongruenze nell’utilizzo di titoli culturali, i cui punteggi vanno ad alterare notevolmente le graduatorie scolastiche. E penso, ad esempio, al Decreto secondo il quale i docenti che abbiano svolto supplenze in attività di sostegno didattico all’inclusione scolastica senza il relativo titolo di specializzazione, potranno conseguirlo con un corso della durata pari alla metà dei contenuti culturali previsti per legge dai normali corsi di specializzazione Un’insegnante di sostegno insieme a un alunno

Negli ultimi anni abbiamo dovuto purtroppo notare gravi incongruenze nell’utilizzo di titoli culturali, i cui punteggi vanno ad alterare notevolmente le graduatorie scolastiche, siano esse ai fini delle supplenze o dei concorsi per le immissioni in ruolo o ancora ai fini dei trasferimenti di sede per i docenti di ruolo. Si nota infatti un continuo e crescente pullulare di rilascio di titoli per una seconda abilitazione affine a una principale (ad esempio per le classi umanistiche come A013 di latino e greco, A012 di discipline letterarie o A011 di italiano e latino), oppure di certificazioni linguistiche, ivi comprese quelle dell’insegnamento dell’italiano agli stranieri.

A queste “stranezze”, inoltre, se ne aggiungono altre, quali:
° Questi titoli valgono un punteggio spesso anche doppio rispetto a un anno di insegnamento.
° I corsi per il rilascio di questi titoli normalmente non vengono effettuati da università statali, ma da libere università;
° Questi corsi solitamente non vengono effettuati in presenza ma online;
° Tali corsi, per la loro durata rispetto ad altri, costano moltissimo, eppure sono fortemente richiesti.

L’orientamento politico nell’avere sempre più favorito negli anni il rilascio di questi titoli che hanno un alto valore di punteggio contrasta, invece, con un altro orientamento politico che, sia pur altrettanto discutibile, è però opposto; mi riferisco a tutta la normativa di favore data al valore giuridico degli anni di insegnamento rispetto a quello dei titoli culturali. Penso, tra gli ultimi esempi, a quello del Decreto Legge 71/24 (convertito nella Legge 106/24), il cui articolo 7 stabilisce che i docenti che hanno svolto supplenze in attività di sostegno didattico all’inclusione scolastica senza avere il relativo titolo di specializzazione potranno conseguirlo con un corso della durata pari alla metà (30 Crediti Formativi Universitari) dei contenuti culturali che invece per legge sono previsti per i normali corsi di specializzazione (60 Credito Formativi Universitari). Anzi, addirittura da più parti si ritiene che gli attuali corsi normali di specializzazione di 60 Crediti siano insufficienti, e ade esempio la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) auspica con una sua Proposta di Legge il raddoppio a due anni, per garantire una seria preparazione professionale.

Questa crescente “quotazione in borsa” dei cosiddetti titoli culturali è spiegabile ovviamente con il fatto che il mercato ha compreso come essi siano molto appetibili, e quindi si è messo a “fabbricarli” a iosa con la legittimazione ufficiale dei vari Governi. La conseguenza di tutto ciò è che i giovani, seriamente preparati nelle varie graduatorie di cui sopra, sono superati sia da quanti hanno una grande anzianità di servizio, sia da quanti hanno fatto incetta dei cosiddetti titoli culturali.
Credo che sarebbe dunque il caso che il mondo della scuola facesse una seria riflessione su quanto sta avvenendo, e che a seguito di essa anche il mondo politico ponesse rimedio a questa insostenibile situazione.

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La FISH di nuovo all’ONU, con una crescente consapevolezza

Fino al 20 dicembre, al Palazzo delle Nazioni Unite di New York, è visitabile la mostra La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità attraverso gli occhi dei giovani. All’inaugurazione ha presenziato anche il presidente della FISH (Federazione Internazionale per il Superamento dell’Handicap) Falabella, oltreché consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), che ha incontrato poi anche il console generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele e la comunità italiana newyorkese. Lo abbiamo incontrato Il discorso del presidente della FISH Falabella alla comunità italiana di New York

Fino al 20 dicembre, al Palazzo delle Nazioni Unite di New York, è aperta la mostra La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità attraverso gli occhi dei giovani. All’inaugurazione ha presenziato anche il presidente della FISH (Federazione Internazionale per il Superamento dell’Handicap) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), Vincenzo Falabella, che ha incontrato poi anche il console generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele e la comunità italiana newyorkese. L’abbiamo incontrato per capire in quale misura questa missione abbia rappresentato un’occasione per rafforzare il dialogo internazionale e sensibilizzare la comunità globale sull’importanza di una piena attuazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

Non è una cosa di tutti i giorni intervenire al Palazzo delle Nazioni Unite: dopo il momento delle emozioni, può tracciare un bilancio della sua trasferta a New York? Ha assunto un significato particolare anche per le persone con disabilità e le famiglie che rappresenta?
«È stato certamente un riconoscimento del lavoro che stiamo portando a compimento nel nostro Paese. Il nostro movimento associativo è andato oltre i propri confini nazionali e quello che abbiamo fatto in questi anni, a livello politico, di empowerment, di conoscenza e consapevolezza di come bisogna rivendicare i diritti dei nostri cittadini e delle nostre cittadine con disabilità, è stato percepito chiaramente a livello istituzionale e all’interno del Palazzo di Vetro dell’ONU.
Il direttore dell’Alleanza Internazionale sulla Disabilità (IDA) José Maria Viera, e il capo di gabinetto del segretario generale dell’ONU, Courtenay Rattray, mi hanno confermato che le azioni che stiamo mettendo in campo a livello nazionale sono seguite a livello mondiale: questo è un piccolo vanto per come siamo riusciti a cambiare la cultura e i metodi di advocacy (tutela) e di rappresentanza associativa.
Abbiamo rappresentato le buone prassi che stiamo mettendo in campo, ma anche evidenziato le criticità: l’Italia ha innovato tanto, è riconosciuta a livello internazionale per la stesura di norme importanti, ma molte volte queste norme non riescono ad essere applicate e, quindi, non hanno una ricaduta concreta sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre cittadine con disabilità.
Un passaggio che voglio ulteriormente sottolineare è che la FISH è riuscita ad arrivare in quei luoghi istituzionali che in passato non erano minimamente pensabili: lo abbiamo fatto quando è stata ratificata la Convenzione ONU nel 2006 a New York, e nel marzo dell’anno successivo, quando Giampiero Griffo sottoscrisse la Convenzione stessa insieme all’allora ministro della Solidarietà Sociale Ferrero. Lo abbiamo rifatto ora, attraverso la mia presenza, a distanza di diciotto anni».

Rispetto alla mostra sulla Convenzione vista attraverso gli occhi dei giovani, al cui taglio del nastro ha presenziato, che cos’ha di particolare questo sguardo, cosa vede che gli adulti non riescono a vedere, a suo parere?
«I nostri ragazzi, le nostre ragazze hanno una sensibilità e un’attenzione differente rispetto a noi adulti: sono privi di schemi e di barriere: riuscire ad incidere in maniera significativa sulla loro cultura, sul loro sapere, sulle loro sensibilità è lo strumento migliore per quel cambiamento che tutti noi auspichiamo.
Dalla mostra, attraverso il linguaggio del fumetto, emerge una rappresentazione della disabilità non in chiave pietistica, ma di valorizzazione della persona, quindi è un occhio diverso che non ha paura del “diverso”, non ha paura della condizione di disabilità».

Durante il suo soggiorno ha incontrato anche il Console Generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele: di cosa avete parlato?
«Nonostante fossimo a tantissimi chilometri dal nostro Paese, una volta varcata la soglia del Consolato, abbiamo respirato aria di casa. In attesa dell’arrivo della ministra per le Disabilità Locatelli, abbiamo avuto un incontro riservato con il Console e la viceconsole Marta Mammana: conoscevano molto bene il mondo della FISH da me rappresentato. In merito alla Legge di Bilancio per il 2025, attualmente in discussione, ci siamo soffermati sul Fondo Unico per l’inclusione delle persone con disabilità, snodo cruciale per l’applicazione e la garanzia di tutti quei princìpi che vengono annoverati all’interno della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità».

Come è andato invece l’incontro con la comunità italiana che vive a New York?
«È stato emozionante trovarmi di fronte ad una sala gremita di cittadini e cittadine italiane che vivono ormai da tanto tempo negli Stati Uniti: ci hanno fatto sentire la loro vicinanza, il loro attaccamento al Paese Italia. Nella giornata successiva ho avuto poi anche degli incontri informali con alcune organizzazioni americane di Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari: mi hanno chiesto come abbiamo fatto a costruire questa autorevolezza e questa interlocuzione con la politica nazionale, mentre a livello internazionale il movimento associativo stenta ancora a ritagliarsi un ruolo politico. Mi sono dunquue soffermato su ciò che abbiamo cercato di fare, ossia di mettere da parte la sterile rabbia e l’improduttivo mugugno, studiando moltissimo, mettendo in rete le competenze e soprattutto ascoltando le istanze dei nostri cittadini e cittadine. Al mondo che rappresentiamo abbiamo chiesto in particolare quali fossero i bisogni principali insoddisfatti e da qui siamo partiti per costruire una rete di solidarietà, attraverso il confronto, a volte anche aspro, ma in grado di portare a sintesi le numerose istanze arrivate». (Carmela Cioffi)

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Bene la proroga di esclusione IVA per il Terzo Settore, ma è un rimedio provvisorio

«La proroga di un anno dell’attuale regime di esclusione IVA per il Terzo Settore, inserita nel Decreto Milleproroghe è una buona notizia – dichiara Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore – che solleva da grande preoccupazione decine di migliaia di realtà sociali. Il grido di allarme che abbiamo lanciato negli scorsi mesi è stato ascoltato da Governo e Parlamento, ma l’intervento rimane un rimedio provvisorio

«La proroga di un anno dell’attuale regime di esclusione IVA per il Terzo Settore, inserita nel Decreto Milleproroghe è una buona notizia che solleva da grande preoccupazione decine di migliaia di realtà sociali. Il grido di allarme che abbiamo lanciato negli scorsi mesi è stato ascoltato da Governo e Parlamento, ma l’intervento rimane un rimedio provvisorio. Da anni, infatti, attendiamo una soluzione vera alla questione dell’IVA e già da tempo abbiamo sottoposto una nostra proposta al Ministero dell’Economia, che peraltro non comporterà alcun aggravio per le casse dello Stato, che ci auguriamo vivamente sia accolta»: lo dichiara in una nota Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore.

«Accogliamo con favore – aggiunge Pallucchi – anche la proroga per le ONLUS per accedere nel 2025 al 5 per mille, in attesa dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni fiscali previste dal Codice del Terzo Settore».
«E infine – conclude – seguiamo con attenzione le altre fondamentali questioni per il Terzo Settore e il welfare del Paese nella Legge di Bilancio, dal rifinanziamento del fondo per la povertà educativa minorile, essenziale per prevenire e contrastare il disagio giovanile, al tema dell’articolo 112 (Misure di potenziamento dei controlli di finanza pubblica) di cui chiediamo l’abolizione». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: stampa@forumterzosettore.it.
A questo link vi è l’elenco completo di tutti i soci e degli aderenti al Forum Nazionale del Terzo Settore, tra cui anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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