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Soluzioni terapeutiche dall’incontro tra ricerca medica e spaziale

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L’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco) – sezione scientifica dell’Associazione La Nostra Famiglia – e la Società Mars Planet Technologies hanno recentemente sottoscritto un protocollo d’intesa per sviluppare congiuntamente attività di ricerca e innovazione nel campo della medicina spaziale, con l’obiettivo, tra l’altro, di ottenere strumenti innovativi da sperimentare nei trattamenti di neuropsicomotricità e in generale nella disabilità motoria Una seduta di lavoro ad AstroLab, laboratorio di riabilitazione hi-tech con realtà virtuale e robotica, presso l’IRCCS Medea di Bosisio Parini (Lecco)

L’IRCCS Eugenio Medea di Bosisio Parini (Lecco) – sezione scientifica dell’Associazione La Nostra Famiglia – e la Società Mars Planet Technologies hanno recentemente sottoscritto un protocollo d’intesa per sviluppare congiuntamente attività di ricerca e innovazione nel campo della medicina spaziale. «Questa collaborazione – spiegano dall’IRCCS Medea – mira a studiare e mitigare gli effetti dell’ambiente spaziale sulla salute e sulle prestazioni umane negli ambienti estremi, con particolare attenzione alla fisiologia e alla riabilitazione in condizioni di microgravità. In particolare, l’accordo prevede il trasferimento tecnologico delle soluzioni sviluppate a supporto delle attività umane nello spazio, mutuandole e adattandole in termini applicativi alla medicina riabilitativa, con l’obiettivo di fornire in dotazione strumenti innovativi da sperimentare nei trattamenti di neuropsicomotricità e in generale nella disabilità motoria».

Centro di eccellenza nella ricerca scientifica e nella riabilitazione medica, l’IRCCS Medea unisce quindi le proprie competenze specialistiche all’esperienza di Mars Planet Technologies, attiva nello sviluppo di tecnologie per missioni di simulazione umane nello spazio, medicina spaziale in àmbito VR/XR/AR (rispettivamente realtà virtuale, estesa e aumentata) e sistemi di supporto alla vita.
In particolare, attraverso questo accordo, le due realtà intendono promuovere progetti di ricerca sulla medicina spaziale; valorizzare competenze mediche e ingegneristiche in un contesto di innovazione; creare un polo di riferimento per la ricerca, formazione ed educazione nel settore; avviare collaborazioni con enti di ricerca, università e agenzie spaziali. Il tutto per rafforzare il rispettivo impegno nel costruire un futuro in cui spazio e medicina si incontrino, per spingere i confini della conoscenza e del benessere umano.

«La collaborazione tra istituzioni mediche e tecnologiche – commenta Sandra Strazzer, responsabile dell’Unità Operativa Complessa per le Cerebrolesioni Acquisite dell’IRCCS Medea – può accelerare lo sviluppo di nuove metodologie diagnostiche, terapeutiche e riabilitative. In reparto accogliamo bambini che, in seguito ad un trauma cranico, passano da un’attività di gioco e di movimento alla completa immobilità. Ebbene, dalla collaborazione multidisciplinare con Mars Planet Technologies ci aspettiamo ricadute importanti anche sulle applicazioni terrestri, sia per quanto riguarda l’interpretazione dei cambi metabolici sia per gli sviluppi di innovazioni tecnologiche riabilitative».
«Questa intesa – afferma dal canto suo Antonio Del Mastro, direttore tecnico di Mars Planet Technologies – rappresenta un passo fondamentale per lo sviluppo di soluzioni innovative che possano migliorare la salute degli astronauti nelle future missioni spaziali e, al contempo, offrire nuove applicazioni terapeutiche sulla Terra. Si tratta di un segmento della Space Economy destinato ad avere sempre più importanza nel quadro del trasferimento tecnologico, che Mars Planet Technologies intende interpretare attraverso la collaborazione con uno dei principali attori della medicina riabilitativa». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Cristina Trombetti (cristina.trombetti@lanostrafamiglia.it); Eugenio Sorrentino (eugenio.sorrentino@marsplanet.org).

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Diritti in Sanità e in Salute Mentale

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“I diritti in sanità ed in salute mentale”: è questo il titolo del convegno-dibattito pubblico che si terrà a Bologna il 9 maggio, iniziativa promossa dall’Associazione Diritti Senza Barriere che proporrà un confronto sui temi della salute mentale, ma anche sull’amministrazione di sostegno e, più in generale, sugli istituti di tutela giuridica, nella cui applicazione sono state riscontrate rilevanti criticità. Tante, e tutte di spicco, le figure coinvolte

I diritti in sanità ed in salute mentale: si intitola così il convegno-dibattito pubblico che si terrà a Bologna il 9 maggio, iniziativa promossa da Diritti Senza Barriere, Associazione di Volontariato attiva dal 2001, che si ispira ai principi della solidarietà umana e si prefigge di operare nell’àmbito della tutela e promozione dei diritti nel settore sanitario e assistenziale, al fine di migliorare la qualità dei servizi sanitari.
Nella suggestiva cornice della Cappella Farnese, presso Palazzo d’Accursio di Bologna (Piazza Maggiore, 6), verrà dunque proposto un confronto sui temi della salute mentale, ma anche sull’amministrazione di sostegno e, più in generale, sugli istituti di tutela giuridica, nella cui applicazione sono state riscontrate rilevanti criticità. L’evento è dedicato alla memoria di Paolo Dotta, un farmacista molto stimato, deceduto nel febbraio scorso.

I lavori – che si svolgeranno dalle 14 alle 18,30 – saranno coordinati da Bruna Bellotti, presidente dell’Associazione organizzatrice e dopo il saluto di Massimo Masotti, consigliere dell’Ordine Provinciale dei Medici e degli Odontoiatri di Bologna, interverranno Ivan Cavicchi, docente all’Università Tor Vergata di Roma, sul tema Cambiare il modo di pensare la salute mentale, significa anche cambiare le prassi nell’affrontare la sofferenza mentale; Andrea Angelozzi, psichiatra, già direttore del Dipartimento Salute Mentale dell’Azienza USL del Veneto (I servizi di salute mentale dell’Emilia-Romagna secondo i dati SISM (Sistema Informativo Salute Mentale) del periodo 2015-2023); Francesco Trebeschi, avvocato civilista e amministrativista del Foro di Brescia (Tutela e amministrazione di sostegno: il ruolo e i poteri che la legge e la giurisprudenza riconoscono ai familiari); Claudia Moretti, avvocata civilista del Foro di Firenze (I doveri e le responsabilità dell’amministratore di sostegno, verso il beneficiario e nei rapporti con la Pubblica Amministrazione della presa in carico); Rita Fochesato, notaia del Distretto di Trento e Rovereto (Possibili soluzioni notarili funzionali ad una regolamentazione giuridica di protezione rispetto ad una condizione, attuale o futura, effettiva o potenziale, di Fragilità della Persona).

Al convegno parteciperanno, in presenza o da remoto, anche ulteriori figure del mondo della comunicazione, dell’associazionismo di settore, o “semplici testimoni” di vicende legate all’area della salute mentale o all’applicazione degli istituti di tutela giuridica. (Simona Lancioni)

Il programma dettagliato del convegno-dibattito pubblico è scaricabile a questo link. Per altre informazioni: dirsenbar@yahoo.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con alcune modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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“Ambra Sabatini – A un metro dal traguardo”: un evento speciale per le scuole

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L’8 maggio il docufilm Ambra Sabatini – A un metro dal traguardo”, dedicato alla storia della celebre atleta paralimpica, sarà al centro di un evento speciale riservato alle scuole, e ospitato dal The Space Cinema Roma Moderno, oltreché trasmesso in contemporanea in tutte le altre sale del circuito (ad eccezione di Salerno), segnando l’uscita ufficiale del lungometraggio nelle sale italiane Un’immagine tratta dal docufilm dedicato ad Ambra Sabatini

Ambra Sabatini – A un metro dal traguardo: si chiama così il docufilm dedicato alla storia della celebre atleta paralimpica, che nella mattinata dell’8 maggio (ore 10) sarà al centro di un evento speciale riservato alle scuole, e ospitato dal The Space Cinema Roma Moderno, oltreché trasmesso in contemporanea in tutte le altre sale del circuito (ad eccezione di Salerno), segnando l’uscita ufficiale del lungometraggio nelle sale italiane.
Pensato come momento di incontro e ispirazione per le nuove generazioni, l’evento offrirà quindi al pubblico scolastico l’opportunità di confrontarsi con una storia di determinazione, crescita e rinascita e in sala a Roma saranno presenti la stessa Ambra Sabatini, il regista del docufilm Mattia Ramberti, il conduttore radiofonico e televisivo Gianluca Gazzoli e il giornalista Giovanni Bruno.

L’opera dura 60 minuti e ripercorre le tappe più significative della vita di Ambra Sabatini, dall’incidente che nel 2019 le ha cambiato la vita alla medaglia d’oro e al record mondiale conquistati alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 (in realtà 2021), fino alle recenti sfide internazionali, tra cui le Paralimpiadi di Parigi 2024. «Un racconto autentico e coinvolgente – come si legge nella presentazione – che affronta temi fondamentali come la resilienza, l’inclusione e la valorizzazione della diversità, offrendo spunti importanti per le nuove generazioni».
«Girare questo docufilm – racconta Ambra Sabatini – è stata una delle esperienze più incredibili che abbia mai fatto. Non dimenticherò mai le intense giornate di riprese passate con la mia fantastica troupe. È stato uno dei periodi più intensi della mia vita, dentro ci sono stati sogni, difficoltà, crescita e rinascita. Vedere il film concluso sarà per me un’emozione fortissima e mi auguro, anzi sono sicura, che per tanti altri sarà lo stesso».

Diretto, come detto, da Mattia Ramberti, il docuufilm è una coproduzione Giffoni Innovation Hub e BlackBox Srl, realizzato in collaborazione con Autostrade per l’Italia, che ha scelto Sabatini come testimonial per le proprie campagne sulla sicurezza stradale. Il progetto ha visto inoltre il supporto di Accenture Song. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: petroccione@spencerandlewis.com (Antonio Petroccione).

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I nuovi dati sull’autismo negli Stati Uniti parlano di un costante aumento dei casi

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I nuovi dati divulgati dai Centri di Controllo e Prevenzione delle Malattie statunitensi evidenziano come negli USA ci sia stato un nuovo incremento delle diagnosi di autismo, con una prevalenza di un bambino di 8 anni su 31. È auspicabile che questo fenomeno induca anche l’Italia, dove si registra un aumento delle forme più severe, ad investire in quegli interventi precoci e intensivi (ABA), che hanno mostrato la maggiore efficacia

I nuovi dati divulgati dai Centri di Controllo e Prevenzione delle Malattie statunitensi evidenziano come negli USA ci sia stato un incremento delle diagnosi di autismo, con una prevalenza di un bambino di 8 anni su 31 (3,22%) per il 2022. Un incremento, questo, che non può essere spiegato soltanto con la diversa classificazione o con la diversa propensione a fare diagnosi. È pertanto auspicabile che questo fenomeno induca anche l’Italia, dove si registra un aumento delle forme più severe, ad investire in quegli interventi precoci e intensivi che hanno mostrato la maggiore efficacia.

Entrando nel dettaglio dei dati esaminati, va innanzitutto ricordato che nei siti della rete di monitoraggio dell’autismo e delle disabilità dello sviluppo (ADDM) dei CDC di Atlanta (Centers of Disease Control and Prevention) – siti che fin dal 2000 si trovavano in 11 Stati degli USA, ora saliti a 16 – si esegue, a cadenza biennale, un’indagine campionaria sulla prevalenza del disturbo dello spettro autistico, nei confronti dei bambini di 4 e di 8 anni.
Ebbene, alla vigilia del 2 aprile di quest’anno, Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo, è stata pubblicata dai CDC una nuova indagine sulla prevalenza (disponibile a questo link), nella quale si riporta che nell’anno 2022 un bambino di 8 anni su 31 (32,2 per mille) aveva la diagnosi di autismo. Tale cifra è molto superiore a quella del 2020 (1 su 36, pari al 28 per mille), che a sua volta presentava un aumento ancora più elevato rispetto a quella del 2018 (1 su 44, pari al 23 per mille). Anche nel 2022, inoltre, la prevalenza ha mostrato una variabilità fra siti altissima, andando dal 9,7 per mille del Texas al 53,1 per mille in California. Il disturbo dello spettro autistico è risultato infine 3, 4 volte più prevalente tra i maschi (49,2) rispetto alle femmine (14,3) e tra i bambini di 8 anni il 39,6% è stato classificato anche come persona con disabilità intellettiva.

A questo punto, per fare un confronto con il nostro contesto italiano, ricordiamo che l’Istituto Superiore di Sanità, con metodologia simile a quella americana ADDM, nel 2019 ha riscontrato un bambino ogni 77 (ultimo dato disponibile), ovvero più o meno lo stesso livello della ricerca dei CDC di Atlanta del 2008, cioè a 11 anni di distanza.
Le mamme americane sanno ormai che i figli con disturbo dello spettro autistico possono usufruire di interventi intensivi, che per essere più efficaci debbono essere effettuati più precocemente che sia possibile. Le mutue e gli Stati, sia pure in modi differenti fra loro, offrono da molti anni e sempre con maggiore ampiezza gli interventi basati sull’ABA (Applied Behaviour Analysis – Analisi Applicata del Comportamento), che la Linea Guida dell’AAP (American Academy of Pediatrics) consiglia come intervento di elezione. Queste differenze sono una delle cause della variabilità di prevalenze fra un sito e l’altro, poiché è noto che la migliore assistenza aumenta la spinta della domanda delle famiglie ad aumentare le diagnosi, persino con trasferimenti di residenza da uno Stato a un altro più generoso.
La stessa raccomandazione verso gli interventi basati sull’ABA, seppure seguita con molta fatica e in poche ASL, veniva data in Italia nel 2011 anche dalla nostra Linea Guida Ministeriale n. 21 dell’Istituto Superiore di Sanità sull’autismo nei bambini e negli adolescenti, uscendo finalmente dall’oscurantismo delle psicoanalisi psicodinamica sistemica e lacaniana le quali, com’è noto, sostenevano che l’autismo fosse provocato da carenza di affetto della madre, perciò definita “madre frigorifero”. Purtroppo, la nuova generazione di esperti del Centro Nazionale di Eccellenza Clinica dell’Istituto Superiore di Sanità ha cancellato la Linea Guida n. 21, che pure era stata confermata nel 2015 e dalle Linee di Indirizzo del 2018, tuttora vigenti, facendo accettare ai vari portatori d’interesse (associazioni di familiari e di esperti) di considerare equivalenti tutti i tipi di interventi senza prove eccellenti di efficacia. Sarebbe come se tutti gli interventi avessero soltanto prove di efficacia molto basse.

La nostra Associazione APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale), insieme ad altre, ha tentato con ogni mezzo di denunciare questo errore che in statistica si definisce “effetto pavimento” (Floor Effect) o anche “effetto tetto”. Un errore che, se fosse passato inosservato, avrebbe automaticamente provocato il rifiuto di introdurre nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) gli interventi con prove intermedie, come appunto quelli basati sull’ABA. Questi ultimi, infatti, esigono interventi psicoeducativi precoci e intensivi, e quindi costosi, per almeno tre anni, cosicché, a parità di efficacia, ci si poteva attendere che le autorità sanitarie inserissero nei LEA (che dovrebbero essere garantiti a tutti) quelli meno costosi, non certo quelli intensivi, il cui costo veniva persino esagerato dall’Istituto Superiore di Sanità, come se dovesse essere praticato in forma residenziale e non sul territorio.
L’ultima edizione della Linea Guida per bambini e adolescenti dell’ottobre 2023 ha in parte corretto quell’errore, aggiungendo (pagine190-192 l), la tabella riassuntiva delle prove di efficacia, dalla quale emerge che gli interventi basati sull’ABA sono più efficaci degli altri per ridurre quasi tutti i “comportamenti problema” che ostacolano l’inclusione nella scuola e nella società delle persone con autismo. Ora ci si aspetta dunque che la Scuola e la Sanità italiane si adeguino alla buona prassi degli altri Paesi avanzati come l’Australia, anche perché i maggiori costi degli interventi intensivi proposti saranno più che compensati dai risultati.

La Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, che il 2 aprile scorso ha visto l’impegno a livello nazionale dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo), dell’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) e di tutti i LIONS italiani, che hanno dedicato all’autismo il service dell’anno Autismo e inclusione, nessuno escluso, faccia agire tutta la nostra società, per evitare che l’Italia resti arretrata rispetto agli altri Paesi avanzati su un problema sociale sempre più importante come l’autismo.

*Rispettivamente presidente e segretario dell’APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale).

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Oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea vivono ancora segregate

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«Oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea – scrive Haydn Hammersley del Forum Europeo sulla Disabilità – vivono ancora segregate in strutture residenziali. In occasione dunque della Giornata Europea della Vita Indipendente, abbiamo voluto ribadire ancora una volta il nostro appello all’Unione Europea, ma anche ai governi nazionali, affinché abbandonino gli istituti segreganti a favore di servizi per la vita indipendente e basati sulla comunità» “Independent Living Now!”, ovvero “Vita Indipendente ora!”, recita il cartello

Oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea vivono ancora segregate in strutture residenziali. In occasione dunque della Giornata Europea della Vita Indipendente del 5 maggio (The European Independent Living Day), la nostra organizzazione [EDF-Forum Europeo sulla Disabilità] ha voluto ribadire ancora una volta il proprio appello all’Unione Europea, ma anche ai governi nazionali, affinché abbandonino urgentemente gli istituti segreganti a favore di servizi per la vita indipendente e basati sulla comunità.
Già con il nostro documento su tale tema, prodotto nel marzo dello scorso anno, avevamo delineato le ragioni per cui non possiamo rimanere in silenzio di fronte alla continua istituzionalizzazione delle persone con disabilità in tutta Europa e alla sconvolgente realtà che in molti Stati Membri dell’Unione Europea il numero di persone con disabilità istituzionalizzate continua ad aumentare.
Gli istituti segreganti negano alle persone con disabilità il diritto di scegliere come, dove e con chi vivere, ma possono anche diventare scenari di gravi violazioni dei diritti umani. Qui di seguito riportiamo alcuni esempi significativi di casi che hanno ricevuto particolare attenzione dagli organi d’informazione.
Whorlton Hall, una struttura ospedaliera specializzata nel Regno Unito, dove persone adulte con disabilità sono stati sottoposti ad abusi fisici e psicologici. La morte di una donna con disabilità in un istituto in Repubblica Ceca per mano di un membro del personale. E ancora, gravi violazioni dei diritti umani sono state denunciate in centri di assistenza per persone con disabilità in Romania, dove le persone con disabilità ivi residenti hanno dovuto affrontare carestia, torture e sfruttamento.

E tuttavia, per ogni caso che riceve l’attenzione degli organi d’informazione, innumerevoli altri rimangono sconosciuti. È stato dimostrato, inoltre, che le persone ricoverate in istituti psichiatrici corrono un rischio maggiore di abusi sessuali e fisici e di severe misure disciplinari, tra cui punizioni corporali e contenzioni, nonché casi di sterilizzazione forzata. In particolare le donne sono segnatamente più a rischio di tali abusi.
Abbiamo anche osservato, in anni recenti, quanto possano essere pericolose le strutture chiuse in periodi di crisi: si pensi alla pandemia da Covid, quando alcuni istituti sono diventati da una parte focolai di infezioni, dall’altra vere e proprie “centrali di abusi”. E con l’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo anche visto quanto fossero isolate le persone negli istituti e quanto le autorità fossero impreparate ad evacuare i residenti in luoghi sicuri, con il conseguente numero incalcolabile di vittime.

Torniamo dunque a invitare i responsabili politici a riconoscere quanto siano dannosi gli ambienti istituzionali segreganti per oltre un milione e mezzo di persone con disabilità nell’Unione Europea che ancora vi vivono, e a impegnarsi finalmente ad abbandonare questa pratica obsoleta e dannosa.

*Settore Politiche Sociali dell’EDF (Forum Europeo sulla Disabilità). Traduzione e adattamento in italiano a cura della redazione di Superando.

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Si presentano i “Play the Games 2025” di Special Olympics Italia

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Il 7 maggio a Roma, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, vi sarà la conferenza stampa di presentazione dei “Play the Games 2025, promossi da Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, manifestazione che prevede, sino alla fine di giugno, 6 eventi in 17 diverse discipline sportive, per un totale di 20 giorni di gara

Nella mattinata del 7 maggio a Roma, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio (ore 11), è in programma, alla presenza tra gli altri della ministra per le Disabilità Locatelli, la conferenza stampa di presentazione dei Play the Games 2025, promossi da Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, che prevedono sino alla fine di giugno 6 eventi in 17 diverse discipline sportive, per un totale di 20 giorni di gara.
La manifestazione, nella sua interezza, sostituirà i Giochi Nazionali Estivi di Special Olympics, conservando tuttavia lo stesso valore in termini di partecipazione: sarà infatti un momento per dare forma alla delegazione italiana che rappresenterà il nostro Paese ai prossimi Giochi Mondiali Estivi di Special Olympics a Santiago del Cile, nel 2027. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: stampa@specialolympics.it (Giampiero Casale).

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Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia

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Dopo avere raccontato il progetto lucano “PeperonAut”, proseguiamo il nostro percorso di approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo, approdando questa volta a Mirandola (Modena), dove “La Frolleria” sta dimostrando come il lavoro possa essere un’opportunità concreta di crescita e autonomia per giovani con disabilità Alcuni dei giovani con disabilità coinvolti nel progetto della Frolleria

Dopo avere raccontato il progetto lucano PeperonAut, in occasione del Primo Maggio, proseguiamo il nostro percorso di approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo.
Questa seconda puntata ci porta a Mirandola, in provincia di Modena, dove La Frolleria, una pasticceria sociale che coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e vendita, sta dimostrando come il lavoro possa essere un’opportunità concreta di crescita e autonomia.
Con Marzia Manderioli, presidente dell’ANFFAS di Mirandola(Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), esploriamo dunque le prospettive del progetto, tra “franchising”, “co-housing” e la volontà di costruire percorsi di inserimento lavorativo solidi e sostenibili.

L’inclusione è al centro della Frolleria, ma il progetto sta crescendo e si evolve con nuove prospettive, come il franchising e il co-housing: a che punto siete?
«Direi a buon punto. Abbiamo trovato un posto nel centro storico di Mirandola, molto bello, dove il proprietario ci dà la massima disponibilità: c’è la possibilità di avere due appartamenti, perché la nostra intenzione è creare il co-housing per le persone che lavorano a La Frolleria; tanti di loro sarebbero proprio pronti per iniziare questo percorso. Il problema, però, per sostenere le spese di un co-housing non è solo ciò che serve inizialmente, ma ciò che serve per mantenerlo nel tempo. Ma abbiamo un’idea. Siccome Mirandola è il terzo polo biomedicale più grande al mondo e necessita sempre di posti letto, abbiamo pensato di utilizzare un appartamento per il “co-housing” e nell’altro appartamento realizzare un bed & breakfast sempre gestito dalle persone della nostra Associazione. Quindi i clienti del beed & breakfast avranno la possibilità di fare colazione a La Frolleria, che si troverà al piano inferiore. In questo momento stiamo mettendo giù i progetti su carta, siamo in attesa di un aiuto da parte della Regione Emilia Romagna, perché un supporto iniziale serve; poi, come abbiamo dimostrato in questi due anni della Frolleria, riusciamo anche ad autosostenerci.
Per quanto riguarda invece il “franchising” con l’ANFFAS nazionale, ci mettiamo a disposizione per chiunque voglia aprire una Frolleria con le nostre ricette; andremo sul posto: una è quasi pronta per partire, sarà a Cento, in provincia di Ferrara. Andremo con i nostri giovani ad insegnare a fare biscotti».

La Frolleria coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e della vendita dei biscotti. Sono retribuiti? E da quando hanno iniziato questa esperienza, quali cambiamenti avete osservato nella loro autonomia e fiducia in se stessi?
«Le persone coinvolte sono sedici, tra i 20 e i 30 anni, uno ne ha 40. Sono retribuite da circa due mesi, da quando cioè siamo diventati impresa sociale. A Natale abbiamo fatto un contratto di prestazione occasionale e siamo riusciti a dare un piccolo compenso. In Frolleria sono sempre presenti coordinatrici, educatrici, la pasticciera, ci sono tante spese da sostenere. Stiamo avviando anche dei percorsi con l’ASL per dei tirocini formativi.
Un altro passo che vogliamo fare è chiedere alle aziende di assumerli e di farli lavorare, perché qui nel nostro territorio [e non solo, aggiungiamo purtroppo, N.d.R.] le aziende preferiscono pagare le multe piuttosto che assumere persone con disabilità. Poi c’è da portare avanti la sensibilizzazione del territorio, perché La Frolleria è un luogo aperto a tutti. Abbiamo parlato con le scuole del nostro territorio: ci hanno mandato in Frolleria i ragazzi che vengono sospesi. Avevamo un po’ di timore, in realtà si sono rivelati ragazzi gentili, educati, ci hanno aiutato anche a fare dei video, facendoci risparmiare le spese per un videomaker.
Per ritornare sul discorso dei cambiamenti riscontrati nei ragazzi, dopo un mese che è iniziato il progetto della Frolleria, avevo le famiglie che venivano e mi dicevano: “Compriamo i muri, facciamo qui, facciamo là”, perché hanno visto anche a casa un cambiamento: sono infatti passati dall’essere noiosi, agitati ad essere sereni e tranquilli. Alcuni hanno diminuito l’assunzione di farmaci e questo ci è stato riportato proprio dalle famiglie; per noi è stato un grandissimo successo. Si sentono realizzati, utili, pensano che anche loro possono fare qualcosa».

La prima tappa di questo nostro percorso, dedicata al progetto lucano PeperonAut, è riportata nel testo Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link).

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Giornata Europea della Vita Indipendente: in favore di chi non vede e non sente

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Per oltre 360.000 persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale in Italia, la Vita Indipendente è purtroppo un traguardo ancora lontano. Anche per questo la Fondazione Lega del Filo d’Oro ha lanciato la campagna “#unaiutoprezioso”, per migliorare la vita di chi non vede e non sente, proprio in corrispondenza della Giornata Europea della Vita Indipendente di oggi, 5 maggio Una famiglia che afferisce alla Fondazione Lega del Filo d’Oro

Prende il via oggi, 5 maggio, in corrispondenza con la Giornata Europea della Vita Indipendente (The European Independent Living Day), la campagna della Fondazione Lega del Filo d’Oro denominata #unaiutoprezioso, per raccogliere fondi tramite il 5 per mille, migliorando in tal modo la vita di chi non vede e non sente.
«Chi non vede e non sente – dicono dalla Fondazione – vive immerso in un mondo fatto di buio e silenzio: una condizione che, senza adeguati supporti, può trasformarsi in isolamento assoluto, anche nelle attività quotidiane e più importanti. Una persona con sordocecità, ad esempio, non può andare in ospedale senza essere accompagnata da un interprete, i bambini o i ragazzi non possono frequentare la scuola senza programmi adeguati, gli adulti non possono accedere al mondo del lavoro, senza politiche realmente inclusive».

«È questa la realtà quotidiana di oltre 360.000 persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale in Italia – proseguono dall’organizzazione nata a Osimo (Ancona) -, per le quali la Vita Indipendente è purtroppo un traguardo ancora lontano. Il nostro impegno quotidiano per garantirla è stato tracciato nel Manifesto delle persone sordocieche, documento, presentato nel marzo dello scorso anno alla Camera, che parte dalla richiesta di aggiornamento della Legge 107/10 (Misure per il riconoscimento dei diritti alle persone sordocieche), per riconoscere tutte le persone che sono contemporaneamente cieche e sorde, a prescindere dall’età in cui sviluppano tali disabilità, oltre a porre l’attenzione su alcuni temi centrali che promuovano un reale cambiamento, chiedendo alle Istituzioni un maggior impegno affinché ogni persona sordocieca venga riconosciuta e sostenuta, ovunque e sempre, con accesso a cure, interpreti e strumenti che possano davvero fare la differenza nella vita di tutti i giorni». (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Federica Aruanno (f.aruanno@inc-comunicazione.it); Chiara Ambrogini (ambrogini.c@legadelfilodoro.it).

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“Fammi vedere”: in mostra 22 sculture tattili realizzate dai giovani di un liceo di Prato

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Dal 6 all’11 maggio l’Associazione Arcantarte presenterà a Prato la mostra tattile “Fammi vedere”, evento di arte inclusiva che ha lo scopo di esporre le opere eseguite dai giovani del locale Liceo Artistico Brunelleschi, dopo un percorso di conoscenza della disabilità visiva effettuato durante lo scorso anno scolastico, in collaborazione con l’UICI di Prato

«Nella nostra società la vista è il senso più usato: siamo assediati dalle immagini e le moltiplichiamo attraverso foto, film, tv e social. Ma il mondo può essere conosciuto anche toccando, ascoltando, gustando e odorando»: è questo uno dei princìpi fondamentali in base ai quali agisce l’Associazione Arcantarte di Prato, che da tempo, come abbiamo spesso raccontato anche sulle nostre pagine, realizza mostre tattili e laboratori di espressività artistica per rendere l’arte inclusiva. Da anni, ad esempio, propone nel mese di settembre la mostra tattile Accarezza l’Arte, giunta già alla nona edizione, oltre ad avere prodotto la prima guida tattile della città, denominata Prato in vista e la pubblicazione audio-tattile Un castello da toccare, con disegni a rilievo e descrizioni in Braille e nero grosso.

Dal 6 all’11 maggio Arcantarte presenterà ora la mostra tattile Fammi vedere (Palazzo Vaj a Prato – Chiesa di San Giorgio e attigua corte, Via Pugliesi, 34), realizzata con la collaborazione del locale Liceo Artistico Brunelleschi e  dell’Associazione Industriale e Commerciale Arte della Lana, avvalendosi del patrocinio del Comune di Prato, del PIN (Polo Universitario di Prato), della Monash University, del Palazzo delle Professioni, dell’Ordine degli Architetti e dell’UICI di Prato (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
«L’evento di arte inclusiva che proponiamo – viene spiegato – ha lo scopo di esporre le opere eseguite dai giovani del Liceo Artistico Brunelleschi, dopo un percorso di conoscenza della disabilità visiva effettuato durante lo scorso anno scolastico, in collaborazione con l’UICI di Prato. Fammi vedere proporrà dunque ventidue sculture tattili realizzate per il concorso Accarezza l’Arte 2024, dagli studenti del citato Liceo Brunelleschi (indirizzo Arti Gigurative), guidati dal professor Franco Menicagli e dal professor Leonardo Bossio. Il nostro intento è avere una collaborazione continua con il mondo della scuola, per creare consapevolezza e quindi cittadinanza più attenta alle esigenze specifiche di tutti e tutte. Inoltre, rivolgendosi a giovani delle scuole superiori, andiamo a creare/implementare sensibilità e formazione in futuri professionisti che svolgeranno un ruolo da protagonisti nella progettazione e trasformazione delle città». (S.B.)

Dopo l’inaugurazione, nel pomeriggio del 6 maggio (ore 17), la mostra Fammi vedere sarà aperta (a ingresso libero), il 7, 8 e 9 maggio dalle 16 alle 19, il 10 e l’11 maggio dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19. Per ogni ulteriore informazione: arcantarteaps@gmail.com.

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“L’arte si può toccare”, parola di Deborah Tramentozzi

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È ancora piuttosto diffusa, anche tra chi lavora nel mondo della cultura, l’idea che le arti figurative siano appannaggio esclusivo della vista, che l’arte si possa “comprendere” solo attraverso gli occhi. A smentire questo sottile e radicato pregiudizio vi è la preziosa attività di Deborah Tramentozzi, guida museale, cieca dalla nascita, che costruisce esperienza di fruizione dell’arte fruibili da chiunque, in modi diversi Deborah Tramentozzi

È ancora piuttosto diffusa, anche tra chi lavora nel mondo della cultura, l’idea che le arti figurative siano appannaggio esclusivo della vista, che l’arte si possa “comprendere” solo attraverso gli occhi. È un pregiudizio sottile, radicato, che rischia tuttavia di escludere, senza volerlo, un’intera categoria di persone, i ciechi, dall’esperienza estetica.
Nelle scorse settimane ho avuto modo di incontrare Deborah Tramentozzi, guida museale, cieca dalla nascita. Trentasette anni, laureata in Lettere Classiche, Deborah vive a Pontinia (Latina), dove lavora come tiflologa e come consulente per l’accessibilità in àmbito culturale; è una raffinata musicista, ma, soprattutto, è una studiosa appassionata di arte. È sufficiente ascoltare la sua riflessione sulla Deposizione di Caravaggio, uno tra i maggiori capolavori dell’arte pittorica italiana (il TEDx è disponibile su YouTube a questo link), per rendersi conto della sua solida preparazione, che non si limita a facilitare l’accesso alle opere, ma prova a riformularne il linguaggio.
Ha lavorato per i Musei Vaticani, il MuNDA (Museo Nazionale d’Abruzzo) dell’Aquila, la Basilica di Aquileia (Udine). È intervenuta alle Nazioni Unite, all’Università di Bristol nel Regno Unito, al Congresso ESCRS di Vienna, al TFOS di Venezia. Ha preso parte a documentari, progetti europei, eventi di formazione, collaborando anche con realtà innovative come la startup Tooteko.

Quando le chiedo da dove nasca tutto questo, Deborah risponde con semplicità e con il suo immancabile sorriso: «Da bambina alle elementari chiedevo ai miei compagni di disegnare con i pennarelli Uniposca perché potessi vederli utilizzando il mio piccolissimo residuo visivo. Alle scuole medie poi, grazie ad alcuni insegnanti che non si sono fermati davanti alla mia disabilità, ho iniziato ad avvicinarmi all’arte. Lì ho capito che non si guarda solo con gli occhi».
Da allora, Deborah ha sperimentato il tatto attraverso materiali come il pongo e il decoupage, ha provato a disegnare sfruttando un piccolo residuo visivo, ha sviluppato un rapporto personale e profondo con l’esperienza estetica. «Il mio rapporto con l’arte – mi dice – è sinestesico. Per me l’arte si ascolta, si tocca, si annusa. È un dialogo tra i sensi».

Uno degli episodi più significativi del suo percorso è legato ai Musei Vaticani. «Con la dottoressa Isabella Salandri – racconta -, responsabile dei percorsi multisensoriali, ho potuto vivere un’esperienza pienamente multisensoriale: toccare calchi, annusare fragranze, assaggiare bevande legate al contesto storico delle opere, ascoltare musiche evocative. È stato un modo per immergersi completamente nell’opera, senza barriere».
Da quel tipo di approccio nascono anche i progetti che oggi porta avanti, come Basilica per tutti ad Aquileia o la mostra La luce del nero alla Fondazione Burri. Nella splendida Ravenna, poi, sotto la guida del dottor Marco Santi e della dottoressa Anna Caterino, si è formata nel riconoscimento, attraverso il tatto, del colore dei marmi e degli altri materiali che compongono un mosaico.

Deborah Tramentozzi non propone percorsi separati, ma soluzioni inclusive, pensate fin dall’inizio per tutti e tutte. «Il mio obiettivo non è creare un percorso “accessibile” in aggiunta a quello principale. Il punto è costruire un’esperienza che sia fruibile da chiunque, in modi diversi. Non si tratta solo di abbattere barriere, ma di moltiplicare i canali del senso». Un approccio che ha un impatto anche sui visitatori vedenti. «Spesso, dopo una visita guidata, mi sento dire: “Grazie, ho notato cose che non avevo mai visto prima”. Questo dimostra che un’esperienza sensoriale può arricchire chiunque, non solo chi ha una disabilità».

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Vita Indipendente: un diritto da rendere reale

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«Il 5 maggio – scrive Vincenzo Falabella -, Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte»

Oggi, 5 maggio, si celebra in tutto il Vecchio Continente la Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità (The European Independent Living Day), una ricorrenza che nasce dal movimento delle persone con disabilità stesse, a partire dagli Anni Settanta, come rivendicazione di un principio fondamentale: la possibilità di scegliere autonomamente come vivere la propria vita, al pari di ogni altro cittadino e cittadina.

La Vita Indipendente non significa “fare tutto da soli”. Significa, invece, avere il controllo delle proprie scelte quotidiane: dove vivere, con chi convivere, che tipo di assistenza ricevere, quale percorso lavorativo o formativo intraprendere, come partecipare alla vita sociale e culturale della propria comunità. È la possibilità di vivere con dignità, autodeterminazione e libertà, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità.
La FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), attraverso la propria rete di Associazioni, da anni pone al centro del dibattito pubblico questo principio come fondamento di ogni politica inclusiva. Vivere liberi e partecipi, senza essere costretti in istituzioni, in strutture segreganti o dipendenti da sistemi rigidi e impersonali, è ciò che definisce una società realmente civile.
Un passo importante è stato compiuto con l’approvazione della Legge Delega in materia di disabilità (Legge 227/21) e con l’adozione del Decreto Legislativo 62/24, attuativo di essa, che introduce il Progetto di Vita come strumento centrale per costruire percorsi personalizzati e autodeterminati.
Questi provvedimenti rappresentano una base normativa significativa verso l’attuazione concreta del principio di Vita Indipendente e tuttavia, occorre che su questi strumenti vi sia maggiore consapevolezza, non solo da parte della politica e delle amministrazioni pubbliche, ma anche da parte dei cittadini/cittadine con disabilità e delle loro famiglie. La piena attuazione dei diritti richiede infatti partecipazione, informazione, presa in carico personalizzata e un cambiamento culturale profondo che metta la persona al centro.
E altresì, oggi, in Italia, la Vita Indipendente ancora troppo spesso non è un diritto garantito. La scarsità di risorse, l’assenza di una regìa nazionale, le disparità territoriali e la logica emergenziale con cui vengono affrontate le disabilità, impediscono a migliaia di persone di accedere a percorsi personalizzati di assistenza e supporto. Il rischio è quello di relegare le persone con disabilità ai margini della cittadinanza attiva, negando di fatto l’articolo 3 della nostra Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 con la Legge 18/09, stabilisce chiaramente all’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) il diritto a vivere nella comunità, con la libertà di scegliere dove e con chi vivere, e con il sostegno necessario a garantire una vita autonoma. Questo diritto non è negoziabile, né subordinato a criteri di economicità: è un impegno internazionale e costituzionale.
La FISH invita dunque oggi con forza la politica nazionale ad agire: è necessario un piano strutturato, con finanziamenti stabili e mirati, che renda la Vita Indipendente una possibilità reale in ogni territorio. Serve riconoscere e finanziare l’assistenza personale autogestita, rafforzare i servizi di prossimità, costruire una cultura dell’inclusione che superi la logica assistenziale e promuova la piena partecipazione alla vita della comunità.
Investire nella Vita Indipendente non è solo una questione di diritti, ma anche di sviluppo sociale: significa infatti costruire contesti più giusti, in cui ogni persona – con o senza disabilità – possa contribuire, scegliere, partecipare, amare, lavorare, sognare.

Il 5 maggio non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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Graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del personale ATA – triennio scolastico 2024/2027 (D.M. 21 maggio 2024, n. 89) – Scioglimento della riserva per il possesso della certificazione internazionale di alfabetizzazione digitale

Ultime da A. T. P. Cosenza -

Ministero dell’Istruzione Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria – Direzione Generale Ufficio V – Ambito Territoriale di Cosenza Via Romualdo Montagna, 13 – 87100 Cosenza e-mail: usp.cs@istruzione.it – Posta ...

Altre riflessioni su quel Decreto Ministeriale riguardante il sostegno

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A manifestare la propria contrarietà sul recente Decreto prodotto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, contenente “Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026”, è un insieme di collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno. Alla loro presa di posizione segue il commento in replica di Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica

Siamo un insieme di collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno alle alunne e agli alunni con disabilità di ogni ordine e grado di scuola, attivisti del mondo della Scuola [a questo link i firmatari del presente contributo, N.d.R.] che, alla luce della presa di posizione del Garante per le disabilità e della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), in merito ai ricorsi al TAR di alcuni sindacati contro il Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025, intendono dare vita ad una contro-narrazione, a difesa della vera inclusione scolastica.
Vogliamo esprimere la nostra contrarietà rispetto a quel Decreto che affida unicamente alle famiglie la conferma del docente di sostegno. Riteniamo importante poter esprimere il nostro punto di vista in quanto professionisti della scuola, altamente formati e costantemente impegnati in percorsi di aggiornamento anche a nostre spese. Ogni giorno contribuiamo a rendere concreta l’alleanza educativa tra scuola e famiglia, dedicandoci con impegno a un mestiere complesso, volto al benessere e al successo formativo degli studenti.
Le competenze che abbiamo maturato attraverso una formazione continua – frutto di investimenti personali in termini di tempo ed energie – ci permettono di offrire un contributo qualificato nelle scelte che riguardano la Scuola. Chiediamo di essere ascoltati, perché viviamo quotidianamente la realtà scolastica accanto agli studenti, affrontando con responsabilità le sfide educative. È proprio questa esperienza diretta che ci rende interlocutori preziosi per costruire insieme il futuro dell’istruzione.
Perché siamo contrari al Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025? Perché esso prevede la conferma del docente di sostegno da parte delle famiglie, svilendo la qualità dell’inclusione scolastica, ledendo il diritto allo studio delle alunne e degli alunni con disabilità, impattando sugli alunni tutti, bypassando le graduatorie, ciò che favorisce un sistema clientelare, lasciando margini di complessità attuativa e ledendo le libertà costituzionali. Ecco le nostre argomentazioni:
° Il Decreto svilisce la qualità dell’inclusione perché un docente non specializzato potrebbe essere preferito ad un docente specializzato: questo influisce negativamente sulla qualità dell’insegnamento erogato alla classe, rinnegando il primato della formazione universitaria italiana, un’eccellenza riconosciuta unanimemente nel panorama europeo.
° Pur presentandosi come garanzia di continuità per i docenti a tempo determinato, il Decreto ignora le reali esigenze degli alunni con disabilità, in quanto non prevede stabilizzazioni strutturali: il solo mezzo per assicurare la continuità didattica. Il diritto allo studio degli alunni viene in tal modo leso. Limitandosi inoltre a proroghe temporanee, il Decreto perpetua il precariato e di conseguenza il disagio dei lavoratori che sono impegnati a creare facilitatori davanti alle barriere che la disabilità impone. La nostra condizione lavorativa necessariamente impatta sulla condizione della classe. Ricordiamo che ad oggi sul sostegno un docente su due è precario, che ci sono oltre 120.000 cattedre in deroga attivate con contratti al 30 giugno. Solo con la stabilizzazione degli organici si può garantire un sistema scolastico stabile e non fondato sulla precarietà.
° Questo provvedimento darebbe vita ad una procedura che sarebbe terreno fertile per il clientelismo nelle zone del nostro Paese con maggiori criticità socio-economiche, compromettendo definitivamente la libertà e la qualità d’insegnamento di ogni docente, ponendolo in una posizione di sudditanza rispetto alle possibili ingerenze dei genitori, rendendolo, quindi, possibilmente ricattabile e di conseguenza non più soggetto alla pari nell’alleanza educativa scuola-famiglia, nel rispetto dei ruoli di ciascuno.
° La scelta familiare su cui si basa il Decreto potrebbe creare una relazione esclusiva e personalizzata che si connoterebbe per il suo carattere escludente verso il contesto classe: ricordiamo che l’insegnante di sostegno è il docente della classe e non del singolo alunno. Ricordiamo inoltre che il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha espresso perplessità sul fatto che la scelta da parte delle famiglie possa non basarsi su criteri pedagogici e professionali, piuttosto su preferenze soggettive, rischiando di compromettere la qualità dell’insegnamento e la trasparenza nelle procedure di assegnazione.
° Il Decreto non tiene conto della complessità del sistema di attribuzione delle cattedre su sostegno: presenta problemi organizzativi nel caso di uno studente con più docenti assegnati; nel caso del docente assegnato a più classi; nelle classi terminali del ciclo scolastico e rischia in alcuni casi di portare alla dispersione della continuità anziché alla sua conferma.
° La recente presa di posizione del Garante per la disabilità e della FISH sembra non considerare pienamente che l’alleanza educativa è già una realtà concreta, che ogni giorno coltiviamo con impegno e dedizione e che l’unico modo per assicurare la continuità didattica alle alunne e agli alunni con disabilità sia la stabilizzazione dei docenti di sostegno, tanto necessari quanto bistrattati, costretti a rinunciare alla loro libertà pedagogica, accettando una condanna ingiusta al precariato.
Quindi sì alla continuità – tanto per gli alunni quanto per i docenti – come elemento fondante un’inclusione autentica, costruita con uno sguardo attento e proiettato al futuro, al di là di semplificazioni o visioni parziali.
Collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno

Diamo spazio qui di seguito a un commento in replica a tale contributo, a firma di Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica.

Leggo il presente contributo di critica dei docenti specializzati e specializzandi sul sostegno didattico, che dissente dalla presa di posizione del Garante per la disabilità e della Federazione FISH a favore del Decreto Ministeriale 32/25 sulla possibile “proroga” (“rinomina”) di supplenti di sostegno. Infatti, la cosiddetta proroga è formalmente una rinomina, avendo le supplenze validità annuale.
A mio sommesso avviso personale, non è corretto affermare che tale “rinomina” dipenda esclusivamente dalla famiglia. La famiglia, infatti, presenta una richiesta ai sensi dell’articolo 2, comma 1 della Legge 241/90, ma tale richiesta deve passare per parecchie condizioni, prima di poter essere accolta, ossia:
1. Il posto oggetto della richiesta non deve rientrare tra quelli sui quali sia stata già manifestata una richiesta di trasferimento di un docente a tempo indeterminato.
2. Se si tratta di “conferma-rinomina” di un supplente non specializzato, non deve esservi nelle GPS (Graduatorie Provinciali di Supplenza) e nelle Graduatorie di Istituto un docente specializzato. Infatti, l’articolo 14, comma 6 della Legge 104/92 stabilisce che «L’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati». Pertanto un Decreto Ministeriale, come il 32/25, non può derogare ad una norma di legge e se esso venisse interpretato in senso contrario, l’eventuale nomina sarebbe illegittima e travolgerebbe pure, con un ricorso al TAR, tale interpretazione data allo stesso Decreto Ministeriale.
3. Il docente di cui si chiede la “conferma-rinomina” deve rientrare nel contingente che sarebbe nominato per le supplenze in quel determinato àmbito territoriale.
4. Deve essere sentito il GLO dell’alunno/alunno (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), che potrebbe eventualmente anche avere un parere contrario.
5. Il docente interessato deve acconsentire, perché, essendo sicuro di dover essere nominato l’anno successivo, potrebbe aspirare ad una sede per lui più comoda.
6. Il Dirigente Scolastico, sentito il parere del GLO, potrebbe anche non accogliere la richiesta, ovviamente motivando il rifiuto.
Per questi motivi, dunque, ritengo valido il Decreto 32/25, mentre concordo con la richiesta dei docenti di “stabilizzazione”, dal momento che la precarietà di circa 100.000 docenti di sostegno non è assolutamente accettabile, sia per il loro diritto al lavoro che per il diritto alla continuità degli alunni/alunne con disabilità. A tal proposito, il Ministero dell’Istruzione e del Merito non ha ancora provveduto al diritto alla continuità dei docenti a tempo indeterminato di sostegno, che hanno l’obbligo di permanenza quinquennale su posti di sostegno, ma non sullo stesso posto dell’alunno seguito l’anno precedente, potendo quindi presentare domanda di trasferimento su altra cattedra di sostegno. Per evitare questa discontinuità, la Federazione FISH sta cercando di presentare una Proposta di Legge sull’istituzione di un’apposita cattedra di sostegno, che garantirebbe anche per loro la continuità, ciò che però trova ancora molti ostacoli.
La continuità non è un privilegio degli alunni e alunne con disabilità, ma è prevista da una precisa norma di legge, cioè l’articolo 1, comma 181, lettera c, n. 2 della Legge 107/15 (cosiddetta Buona Scuola).
Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica

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Il 15° “Caregiver Day” dell’Emilia Romagna

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“Caregiver familiari: strumenti, politiche e competenze per una nuova stagione del prendersi cura”: è il titolo scelto per il 15° “Caregiver Day”, manifestazione promossa in Emilia Romagna dall’Unione delle Terre d’Argine, organizzata da Anziani e non solo, in collaborazione con l’Associazione CARER, che prevede una serie di eventi, da remoto e in presenza, tutti a partecipazione gratuita, dal 6 al 31 maggio

Caregiver familiari: strumenti, politiche e competenze per una nuova stagione del prendersi cura: è questo il titolo scelto per la quindicesima edizione del Caregiver Day, manifestazione promossa in Emilia Romagna dall’Unione delle Terre d’Argine, organizzata da Anziani e non solo, con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e dell’AUSL di Modena, oltreché con la collaborazione dell’Associazione CARER. L’evento si propone ancora una volta come un’opportunità di confronto su problemi, pratiche, politiche per sostenere il/la caregiver familiare nel difficile compito di prendersi cura di persone care. La manifestazione prevede la realizzazione di una serie di eventi, tutti a partecipazione gratuita, in programma dal 6 al 31 maggio.
«In questa edizione – spiegano dall’organizzazione – si vuole riaffermare la priorità della cura nella vita delle persone e ribadire l’assoluta necessità di inaugurare una nuova stagione di welfare in grado di dare risposte ai bisogni crescenti di assistenza, innovare il sistema dei servizi in ottica di prossimità, flessibilità continuità assistenziale, supporto ai caregiver familiari e loro integrazione nella rete territoriale dei servizi».

In particolare gli eventi di questa edizione saranno articolati in seminari da remoto (webinar) su tematiche di rilievo regionale e nazionale e in incontri/laboratori territoriali in presenza.
Questo il calendario e i temi che verranno trattati nei seminari da remoto (ore 15-17.30):
° Il 6 maggio si tratterà il trema dei sostegni ai/alle caregiver familiari: dalla Strategia Europea sull’Assistenza, alle politiche per i/le caregiver in àmbito nazionale, alla nuova fase di intervento verso i caregiver nella Regione Emilia Romagna. Interverranno tra gli altri Isabella Conti, assessora al Welfare della Regione Emilia Romagna, Giovanni Viganò del Team Nazionale per l’implementazione della Strategia Europea sulla Cura, Barbara Da Roit, sociologa dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Loredana Ligabue dell’Associazione CARER.
° Il 13 maggio si affronterà invece il tema del ruolo e delle competenze del/la caregiver. Dopo l’apertura di Lalla Golfarelli dell’Associazione CARER, gli interventi spazieranno dal lavoro di cura in Europa (Giorgia Casanova dell’IRCCS-INRCA) al valore delle competenze di cura nel contesto nazionale e regionale (Alessandro Geria, consigliere del CNEL-Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Federico Boccaletti di Anziani e non solo, Francesca Bergamini della Regione Emilia Romagna).
° Il 27 maggio, infine, si parlerà dei giovani caregiver in Europa e in Italia, con Giulia Lanfredi di Eurocarers e la già citata Licia Boccaletti, illustrando esperienze in essere (Maria Chiara Annetta e Cecilia Silvestri dell’AUSL di Modena, Veronica Cattini, psicologa di Anziani e non solo, Stefania Fucci, responsabile del Progetto ORIONE dell’Università di Parma) e di politiche di sostegno in Emilia Romagna (Simonetta Puglioli, della Regione Emilia Romagna).

Questo invece il calendario e i temi che verranno affrontati negli incontri in presenza, che avranno carattere di laboratorio partecipato (ore 9.30-12):
° 10 Maggio, alla Casa del Volontariato di Carpi (Modena): accompagnamento al fine vita di una persona cara, con l’educatrice Licia Boccaletti e l’avvocato Salvatore Milianta.
° 17 Maggio al PAC di Novi di Modena (Via Di Vittorio, 30): come combattere lo stress del prendersi cura con la mindfulness, con la psicologa Caterina Rompianesi.
° 24 Maggio alla Biblioteca Campori di Soliera (Modena) (Piazza Fratelli Sassi, 2): come spiegare la demenza ai bambini attraverso le fiabe, con Licia Boccaletti e Veronica Cattini.
° 31 Maggio nella Sala Polifunzionale del Museo della bilancia Campogalliano (Modena): come usare i dispositivi indossabili e gli assistenti vocali per sostenere la cura e favorire il benessere dei nostri cari, con Loredana Ligabue, Rita Seneca e Federico Boccaletti. (Simona Lancioni)

A questo link è disponibile il programma completo della manifestazione. Per ogni altra informazione: info@anzianienonsolo.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con alcune modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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