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Quel Decreto del governo argentino va condannato fermamente, ma in Italia la cultura dell’inclusione è solida

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«Le parole usate dal governo argentino di Milei nei confronti delle persone con disabilità – scrive Vincenzo Falabella – rappresentano un allarmante passo indietro, che minaccia i valori fondamentali di una società civile. E tuttavia in Italia il rispetto per i diritti delle persone con disabilità rimane saldo, grazie ai princìpi costituzionali e alle leggi in vigore, supportate dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità» Una realizzazione grafica americana dedicata all’inclusione delle persone con disabilità

Ha suscitato indignazione a livello internazionale il recente Decreto del governo argentino di Javier Milei, in cui vengono indicati i “nuovi criteri” nella valutazione delle disabilità psicofisiche per l’assegnazione di pensioni di invalidità, ove le persone con disabilità cognitive vengono definite come “ritardati”, “idioti”, “imbecilli” e “mentalmente deboli” (in spagnolo si parla esattamente di retraso mental, idiota, imbécil e débil mental) [se ne legga già anche su queste pagine, N.d.R.]. Le recenti dichiarazioni del governo argentino guidato da Javier Milei, che vorranno definire le persone con disabilità “idioti”, “imbecilli” e “ritardati”, hanno suscitato indignazione a livello internazionale. Tali “insulti”, infatti, non solo sono gravemente offensivi, ma rivelano anche una visione retrograda e discriminatoria nei confronti di una parte vulnerabile della popolazione, che meriterebbe invece sostegno, rispetto e piena inclusione.
Le parole del governo argentino non rappresentano un semplice errore linguistico, ma sono il riflesso di un atteggiamento politico che potrebbe minare i progressi fatti nel garantire i diritti delle persone con disabilità e nel favorire la loro integrazione sociale.

Sul piano internazionale, quelle parole contrastano fortemente con i princìpi sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, un trattato che impegna gli Stati che l’hanno ratificata a garantire l’uguaglianza, il rispetto e la dignità di tutte le persone con disabilità. Adottata, com’è noto, nel 2006, la Convenzione stabilisce infatti che le persone con disabilità debbano godere dei diritti umani e delle libertà fondamentali in condizioni di parità con gli altri. In particolare, l’articolo 1 (Scopo) sottolinea che l’obiettivo è «promuovere, proteggere e assicurare il godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità», mentre l’articolo 8 (Accrescimento della consapevolezza) evidenzia l’importanza di combattere gli stereotipi e le discriminazioni basate sulla disabilità.
Le parole usate dal governo di Milei non solo violano questi principi, ma rischiano di rafforzare pregiudizi e discriminazioni radicati nella società, ostacolando l’inclusione delle persone con disabilità in ogni àmbito della vita.

In Argentina e non solo, dunque, queste affermazioni hanno sollevato giustamente preoccupazioni circa le politiche pubbliche riguardanti i diritti delle persone con disabilità. Il linguaggio denigratorio utilizzato dai rappresentanti del governo potrebbe aprire la strada a politiche che non solo non favoriscono l’inclusione sociale, ma potrebbero anche aggravare la marginalizzazione delle stesse persone con disabilità. In tal senso le organizzazioni che operano nel campo dei diritti delle persone con disabilità temono che la retorica politica di Milei possa avere ripercussioni pratiche, riducendo l’accesso a servizi essenziali come l’istruzione, la sanità e l’integrazione lavorativa. E tuttavia, se guardiamo al nostro Paese, quelle dichiarazioni non avranno alcun impatto diretto e non solo per la solida cultura italiana di inclusività, ma anche grazie all’impegno formale assunto dall’Italia con la ratifica della Convenzione ONU. Il nostro Paese, infatti, ha firmato e ratificato il trattato nel 2009 (Legge 18/09), impegnandosi a garantire i diritti delle persone con disabilità e a promuovere politiche che ne favoriscano l’integrazione.
Il nostro ordinamento giuridico, inoltre, tutela i diritti delle persone con disabilità, in particolare attraverso l’articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzione di condizione fisica o mentale. Nello specifico, la Costituzione afferma che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini» (articolo 3, comma 2), principio che include le persone con disabilità, garantendo loro pari opportunità sociali, economiche e politiche.
Va qui ricordato che l’Italia, da anni, ha adottato leggi e politiche che favoriscono l’inclusione delle persone con disabilità, basti pensare alla Legge 104/92, che promuove la loro partecipazione attiva nella società, prevedenfdo misure volte a garantire l’accessibilità, l’integrazione scolastica, l’inclusione nel mondo del lavoro e il miglioramento della qualità della vita, del tutto in linea con i princìpi fissati quattordici anni dopo dalla Convenzione ONU.

Un elemento fondamentale di questo progresso è rappresentato dal lavoro instancabile del movimento associativo italiano. Le numerose Associazioni che operano in questo settore, molte delle quali radicate nella storia sociale e culturale del nostro Paese, svolgono infatti un ruolo cruciale nel costruire una cultura di uguaglianza e inclusione. Sono organizzazioni che coinvolgono milioni di persone, famiglie e professionisti, protagoniste non solo nell’assicurare l’accesso a servizi e opportunità, ma anche nel promuovere una visione della società che valorizza e rispetta le differenze.
Il movimento associativo italiano è sempre in prima linea nel sensibilizzare l’opinione pubblica e nel fare pressione sulle Istituzioni affinché vengano adottate politiche rispondenti alle reali esigenze delle persone con disabilità. Le campagne di sensibilizzazione, le attività educative nelle scuole, i progetti di inclusione sociale e le iniziative legali a tutela dei diritti sono solo alcune delle azioni che combattono quotidianamente la discriminazione. Questo impegno continuo ha contribuito a mantenere alta l’attenzione sulle tematiche della disabilità, stimolando un dibattito pubblico che ha portato a un ripensamento delle politiche sociali e alla diffusione di una cultura che riconosce le persone con disabilità come parte integrante della comunità. In tal modo, l’Italia ha consolidato una visione più inclusiva e giusta, dove i diritti delle persone con disabilità sono considerati essenziali per la giustizia sociale.
Anche di fronte a episodi come le dichiarazioni del governo argentino di Milei, dunque, il movimento associativo italiano continua a rappresentare una forza determinante per garantire che ogni persona, indipendentemente dalle proprie condizioni fisiche e mentali, possa vivere una vita piena e dignitosa.
La solidità culturale dell’Italia in tema di disabilità si fonda su un impegno profondo verso i princìpi costituzionali di uguaglianza e solidarietà. Le politiche italiane, pur con margini di miglioramento, sono orientate a rafforzare l’inclusione sociale e l’uguaglianza delle persone con disabilità. In questo contesto, le parole del governo di Milei non intaccheranno la consapevolezza e l’impegno della nostra società, che continua a promuovere un modello di civiltà e giustizia sociale.

E tuttavia, va detto a questo punto, è importante sottolineare che l’Italia, pur avendo compiuto significativi progressi, non è immune da situazioni simili a quelle verificatesi in Argentina. In passato, infatti, anche nel nostro Paese ci sono stati episodi e dichiarazioni che hanno suscitato preoccupazione e indignazione. Si pensi, ad esempio, alle parole di alcuni personaggi pubblici che in diverse occasioni hanno utilizzato espressioni offensive nei confronti delle persone con disabilità, alimentando pregiudizi e stereotipi dannosi. L’Italia, però, ha sempre mostrato una grande capacità di reagire a queste provocazioni, respingendo fermamente ogni forma di discriminazione e rifiutando ogni tipo di pregiudizio. Le dichiarazioni di singoli, infatti, non possono minare i princìpi fondamentali che guidano il nostro Paese, né scalfire l’impegno di chi lavora ogni giorno per costruire una società più equa, rispettosa e inclusiva.

In conclusione, le parole usate dal governo argentino rappresentano un allarmante passo indietro, che non solo danneggia direttamente le persone colpite, ma minaccia anche i valori fondamentali di una società civile. E tuttavia in Italia il rispetto per i diritti delle persone con disabilità rimane saldo, grazie ai princìpi costituzionali e alle leggi in vigore, supportate dalla ratifica della Convenzione ONU. Ogniqualvolta emergano affermazioni di questo tipo, è fondamentale condannarle apertamente e rafforzare l’impegno per una cultura inclusiva, rispettosa e consapevole.
Sono convinto, pertanto, che in un contesto di solidarietà e impegno continuo, l’Italia continuerà a difendere i diritti delle persone con disabilità, opponendosi fermamente a ogni tentativo di discriminazione o esclusione sociale.

*Presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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Il lichen scleroatrofico, malattia rara, ma non troppo

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Coloro che sono affetti da lichen scleroatrofico, patologia infiammatoria cronica inserita nell’Elenco delle Malattie Rare, che interessa prevalentemente la cute e le mucose dell’area anogenitale, vengono definiti Malati Rari, ma forse così non sono, se è vero che si parla del 3% delle persone, divise in parti uguali tra donne e uomini. A fornire loro supporto vi è dal 2018 l’Associazione LISCLEA

Paola ha 65 anni, Livia 37, Sebastiano 43, Samuele 8. Età e sesso diversi, eppure le loro vite sono unite da un sottile filo rosso, quello del lichen scleroatrofico, patologia infiammatoria cronica inserita nell’Elenco delle Malattie Rare (Decreto Ministeriale 279/01), che interessa prevalentemente la cute e le mucose dell’area anogenitale. Prurito intenso, atrofia, lacerazioni, bruciore, disturbi urinari, perdita di elasticità e difficoltà ad avere rapporti sessuali sono tra i sintomi più comuni. Una malattia che non riguarda solo il sesso femminile nella fase della menopausa, come si pensava fino a qualche tempo fa, ma anche giovani donne, uomini e bambini.
Li definiscono Malati Rari, ma forse così non sono. A confermarlo è il dermatologo Emanuele Miraglia: «Il lichen è una malattia rara, ma non così tanto. Secondo la mia esperienza siamo attorno al 3% delle persone, divise in parti uguali tra donne e uomini. Nei bambini le forme sono un po’ più rare, in alcuni casi acute, ma che poi tendono a sparire nel tempo».

Oggi del lichen si conoscono i sintomi e le cure, ma il vero ostacolo resta la diagnosi. In molti casi, infatti, viene diagnosticato con mesi, se non anni, di ritardo, andando a incidere negativamente sulla salute personale e di coppia della persona, come sottolinea la ginecologa Anna Angela Criscuolo: «Il lichen influisce sulla vita delle donne, sui rapporti sessuali, sulla gestione quotidiana, su possibili gravidanze, sul lavoro. Non è solo un problema organico, ma opera su diverse sfere personali. Ecco perché è necessario arrivare alla diagnosi in breve tempo». A farle eco le parole della giovane Livia: «Alla diagnosi di malattia rara si sovrappone quella di natura ginecologica. Il fichen fa stare malissimo e fa essere diversi. E poi c’è il fatto di dover spiegare che cosa si ha a chi si ama, alla propria famiglia».

Diagnosi, ma soprattutto prevenzione, quella che spesso manca agli uomini, come conferma l’urologo Stefano Lauretti: «Mentre le donne sono più portate a effettuare visite ginecologiche, gli uomini sono restii. Oltre alla necessità di sottoporsi regolarmente a delle visite specialistiche, dovremmo educare gli uomini a una corretta igiene e al fatto che ci sono condizioni, come il diabete, la psoriasi, le malattie autoimmunitarie, che possono predisporre i pazienti a problematiche urinarie importanti. Una buona educazione sanitaria, non particolarmente complessa, può facilitare una diagnosi precoce e quindi quanto più è precoce la diagnosi, tanto migliore può essere il trattamento».

Urologi, ginecologi, dermatologi, chirurghi plastici: per sua natura il lichen necessita di un approccio terapeutico multidisciplinare, a supporto del quale vi è l’Associazione LISCLEA, come testimonia la storia di Paola: «L’incontro con LISCLEA è stato fondamentale: non mi ha fatto sentire sola e mi ha aiutato nelle cose pratiche, dal nome degli specialisti agli indirizzi dei centri. Frequentare un’Associazione è parlare lo stesso linguaggio, è trovare un terreno fertile su cui innestare un racconto». Un’Associazione che, come afferma la presidente Muriel Rouffaneau, «da anni si impegna per promuovere maggiore conoscenza e sensibilizzazione della malattia, oltre che favorire lo sviluppo della ricerca. Lo facciamo per noi, pazienti in primis, ma soprattutto per le nuove generazioni, affinché possano avere una vita migliore». Quella vita che Serena, la mamma di Samuele, si augura: «Se riuscisse a guarire avrebbe una vita più semplice, normale. Ora che è alle elementari anche se fa assenze o non finisce l’anno scolastico non ci sono grandi problemi, ma quando sarà più grande? O quando lavorerà? Capiranno la sua difficoltà?».

LISCLEA è un’Associazione di pazienti, ma anche di genitori di piccoli pazienti che intendono proteggere e accudire al meglio. È nata nel 2018 con l’obiettivo di far conoscere una malattia troppo spesso ignorata, di aiutare le persone che ne soffrono e le famiglie a organizzarsi dando informazioni pratiche (e non mediche) per orientarsi velocemente verso le strutture e i centri di riferimento dove ricevere sostegno, diagnosi ed esenzione, considerando che chi è affetto da lichen è un malato raro; il tutto informando e sensibilizzando l’opinione pubblica sulla patologia attraverso convegni e giornate dedicate. (A.F.)

Per ulteriori informazioni: Anita Fiaschetti (anitafiaschetti@gmail.com).

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Un salto nel passato per il Governo dell’Argentina

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«Questo è un preoccupante passo indietro non solo politico, ma innanzitutto culturale»: lo dice il presidente dell’AIPD Salbini, a proposito di un Decreto del governo argentino di Javier Milei, ove le persone con disabilità cognitive vengono definite come “ritardati”, “idioti”, “imbecilli” e “mentalmente deboli”. L’AIPD chiede quindi al Governo italiano «di aprire un confronto con il Presidente argentino, perché possa invertire la rotta»

«Non è accettabile che si parli di “idioti” o “ritardati”, riferendosi alle persone con disabilità intellettiva: in Italia stiamo facendo passi avanti e dobbiamo essere di esempio per i Paesi che, come l’Argentina, decidono di tornare indietro»: a cosa si riferiscono le parole di Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down)? A un Decreto del governo argentino di Javier Milei, con il quale il 14 gennaio scorso è stata approvata una riforma dell’ANDIS, l’Agenzia Nazionale che si occupa di disabilità e in particolare a una risoluzione allegata alla riforma, in cui vengono indicati i “nuovi criteri” nella valutazione delle disabilità psicofisiche per l’assegnazione di pensioni di invalidità. Qui infatti, le persone con disabilità cognitive, vengono definite come “ritardati”, “idioti”, “imbecilli” e “mentalmente deboli” (in spagnolo si parla esattamente di retraso mental, idiota, imbécil e débil mental).

«Come Associazione di famiglie – sottolinea Salbini -, non possiamo che criticare aspramente la decisione del Presidente argentino di compiere quello che ci pare un preoccupante passo indietro non solo politico, ma innanzitutto culturale: e sappiamo quanto la cultura influenzi e determini poi le politiche e quindi la vita quotidiana delle persone con disabilità e delle loro famiglie, indicando di fatto il loro ruolo e la loro percezione all’interno della comunità. Il nostro Paese ha compiuto negli anni passi da gigante, superando terminologie cariche di stereotipi e pregiudizi, con il contributo significativo delle Associazioni. Possiamo vantare oggi un linguaggio inclusivo e rispettoso della dignità e delle capacità della persona, un linguaggio che nega con forza l’identificazione della persona con la propria disabilità. Vale la pena anche ricordare che in Italia è stata da poco adottata una nuova terminologia sulla disabilità, nell’ambito della riforma di cui si attende ancora la piena attuazione: ebbene, tra le novità introdotte e già messe in campo, c’è proprio la revisione della terminologia sulla disabilità all’interno delle normative, in cui ancora sono in uso definizioni spesso obsolete. Dobbiamo quindi essere d’esempio e fare in modo che anche gli altri Paesi percorrano questa strada».

L’AIPD lancia pertanto un appello: «Chiediamo al Governo italiano di aprire un confronto con il Presidente argentino, perché possa invertire la rotta e incamminarsi con decisione verso il traguardo della piena inclusione e partecipazione delle persone con disabilità, a partire dal riconoscimento delle loro capacità e potenzialità. Il presidente Milei ha recentemente ricevuto la cittadinanza italiana onoraria: quello che decide ci riguarda, soprattutto se ha a che fare con i diritti, sui quali non si può tornare indietro».

«Ci uniamo quindi alle organizzazioni della società civile argentina – concludono dall’AIPD – che chiedono l’abrogazione immediata di questa normativa, invitando il governo argentino a rivedere il proprio approccio, adottando un linguaggio rispettoso e inclusivo, in linea con le raccomandazioni scientifiche e con i principi di dignità e uguaglianza».

Per la cronaca, ricordiamo in conclusione che l’Argentina ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità il 2 settembre 2008, rendendola quindi Legge del proprio Stato. E quanto detto non è certo in linea con i princìpi e gli obblighi fissati dalla Convenzione. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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Ventunesima edizione per il corso del Museo Omero sull’accessibilità dei beni culturali

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Torna il corso di formazione dedicato all’accessibilità dei beni culturali, organizzato dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona. L’iniziativa è rivolta a chi lavora nei musei e nei luoghi della cultura, nel campo sociale, in architettura, a guide turistiche e docenti Visita tattile di un museo

Torna il corso di formazione dedicato all’accessibilità dei beni culturali, organizzato dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona.
Quest’anno l’iniziativa, giunta alla ventunesima edizione, si terrà dal 27 al 29 marzo, presso la Sala Boxe della Mole Vanvitelliana ad Ancona, sede del Museo Omero. La scadenza per le iscrizioni è il 9 marzo prossimo.
Il corso è rivolto a chi lavora nei musei e nei luoghi della cultura, nel campo sociale, in architettura, a guide turistiche e docenti.
Si tratta di un momento formativo di alto livello per conoscere le tecnologie, gli strumenti, i metodi e le esperienze nazionali nei seguenti àhbmbiti: accessibilità al patrimonio culturale, educazione artistica ed estetica per persone cieche, ipovedenti e sorde, turismo accessibile.
Due i moduli previsti, L’accessibilità al patrimonio museale e l’educazione artistica ed estetica per persone cieche e ipovedenti e Beni culturali e turismo: come renderli accessibili alle persone sorde, cui è possibile iscriversi separatamente. (C.C.)

Per l’iscrizione contattare la segreteria del Museo Omero (info@museoomero.it) che invierà l’apposito modulo con le modalità di pagamento.

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Un mese di informazione e sensibilizzazione sulla neuromielite ottica e patologie correlate

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Associazione fondata dall’AISM, l’AINMO dà il via oggi, in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, a un intero mese di informazione e sensibilizzazione sulla neuromielite ottica, malattia spesso confusa con la sclerosi multipla, e su patologie ad essa correlate, quale la MOGAD

«Ricevere una diagnosi di neuromielite ottica è un evento sconvolgente, ma non si è soli. La diagnosi precoce può cambiare il futuro di chi ne è colpito e la nostra Associazione è qui per dare voce, sostegno e consapevolezza a chi ne soffre. Insieme possiamo sensibilizzare e costruire un futuro migliore. Vogliamo insomma raccontare la confusione e l’incertezza che caratterizzano il percorso delle persone con neuromielite ottica, ma anche la luce che indica che non sono sole»: lo dichiara Elisabetta Lilli, presidente dell’AINMO (Associazione Italiana Neuromielite Ottica), che in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare (Rare Disease Day) di oggi, 28 febbraio, dà il via a un intero mese di informazione e sensibilizzazione sulla neuromielite ottica e patologie correlate, iniziativa che si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il patrocinio dell’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), della SIN (Società Italiana di Neurologia) e della SNO (Società dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri).

Per tutto il mese di marzo, dunque, l’attenzione sarà rivolta alla diagnosi precoce, all’accesso alle cure e al supporto per chi convive con questa patologia autoimmune, che colpisce il sistema nervoso centrale, provocando danni neurologici gravi e permanenti. Spesso confusa con la sclerosi multipla, essa interessa principalmente il nervo ottico e il midollo spinale, colpendo in Italia tra le 1.500 e le 2.000 persone, in prevalenza donne e bambini. Pur non esistendo una cura definitiva, una diagnosi tempestiva e trattamenti adeguati possono fare la differenza, migliorando sensibilmente la qualità della vita.

Per approfondire la conoscenza delle NMOSD (spettro delle malattie neuromielite ottica) e di una patologia vorrelata quale la MOGAD (malattia associata agli anticorpi anti-glicoproteina oligodendrocitica della mielina), si può accedere al sito dell’AINMO, dove è disponibile un’esauriente guida informativa e un audiolibro dedicato. Inoltre, il numero verde dell’AISM 800 803 028 (attivo da lunedì a venerdì), offre supporto medico, consulenze sociali e assistenza con professionisti qualificati. È stata infatti proprio l’AISM a fondare l’AINMO per offrire sostegno, informazioni e consapevolezza a chi affronta questo tipo di malattie e ai loro familiari e caregiver. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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Per una Scuola gentile fondata sul Benessere

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Autorevoli relatori, quali tra gli altri Dario Ianes, Daniela Lucangeli, Francesca Palmas e Roberta Fadda, parteciperanno il 3 marzo a Cagliari al seminario denominato “Per una Scuola gentile fondata sul Benessere, fruibile anche in diretta streaming, promosso dall’Istituto Comprensivo Pirri 1-Pirri 2, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna e l’Università di Cagliari, nonché con il Patto Educativo di Comunità di Pirri e la Federazione ABC Italia

«Un percorso inclusivo è da intendersi come un cammino continuo (appunto “mai finito”, “mai chiuso”) in cui si affrontano continue ri-organizzazioni e costruzioni, che poi faranno sì che una persona possa essere pienamente se stessa, possa essere quell’individuo, unico e irripetibile. Del resto non è forse un principio della Pedagogia e della nostra Scuola, quello di “salvaguardare” le diversità, le unicità e le particolarità di ciascuno? Certo, non è sempre facile, ma esistono delle eccellenze, delle buone prassi, che ci narrano di un’inclusione possibile, utilizzando concretamente proprio questa metodologia. Fa sempre “più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, non è vero? E c’è una Scuola che lavora in questa direzione, tanti professionisti che coltivano quotidianamente la corresponsabilità, la partecipazione e l’appartenenza»: così Francesca Palmas, responsabile Scuola e Centro Studi della Federazione ABC Italia (Associazione Bambini Cerebrolesi) presenta l’essenza di quanto verrà affrontato nel pomeriggio del 3 marzo a Cagliari (Auditorium Tiscali, ore 15-19.30), durante il seminario denominato Per una Scuola gentile fondata sul Benessere, promosso dall’Istituto Comprensivo Pirri 1-Pirri 2 di Cagliari, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Sardegna e il Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia dell’Università di Cagliari, nonché con il Patto Educativo di Comunità di Pirri e la Federazione ABC Italia, avvalendosi del patrocinio del Comune di Cagliari, della Municipalità di Pirri, e della Rete Nazionale Senza Zaino (Per una Scuola Comunità).

Particolarmente autorevoli gli interventi previsti per l’incontro, che potrà essere seguito anche in diretta via streaming (a questo link). Rimandando infatti Lettori e Lettrici a questo link per il programma completo, segnaliamo che parteciperanno tra gli altri, oltre alla citata Francesca Palmas, Dario Ianes, ordinario di Pedagogia dell’Inclusione alla Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano-Bozen e co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento, Daniela Lucangeli, ordinaria di Psicologia dell’Educazione e dello Sviluppo all’Università di Padova e presidente dell’Accademia Mondiale delle Scienze Learning Disabilities e Roberta Fadda, docente associata di Psicologia dello Sviluppo e Psicologia dell’Educazione pall’Università di Cagliari.

«L’occasione di questo seminario-evento – sottolinea Valentino Pusceddu, dirigente dell’Istituto Comprensivo Pirri 1-Pirri 2 – consentirà di approcciarsi ad una visione innovativa della scuola come luogo privilegiato per maturare situazioni diffuse di benessere e un desiderio di comunità, condizioni indispensabili per confrontarsi con la complessità del mondo attuale». (S.B.)

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Una Malattia Rara non definisce chi ne è affetto: prima di tutto sono bambini e ragazzi!

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In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare di oggi, 28 febbraio, l’ANAT lancia un video con oltre 20 bambini e ragazzi affetti da atassia telangiectasia provenienti da undici Paesi del mondo e aderisce alla campagna internazionale per sensibilizzare su una patologia ancora poco conosciuta. Il filmato vuole sottolineare che «una malattia rara, una patologia genetica, non definisce chi ne è affetto. Sono bambini e giovani che vogliono vivere come i loro coetanei»

C’è chi salta, chi va sulla neve, chi si arrampica, chi cucina, chi semplicemente gioca, insomma le cose che fanno tutti i bambini e le bambine: l’obiettivo del video diffuso in Italia dall’ANAT, l’Associazione Nazionale che riunisce le famiglie colpite da atassia telangiectasia (AT), è proprio quello di far capire che i bambini e i ragazzi ripresi, provenienti da undici Paesi del mondo, pur convivendo con questa patologia genetica, che purtroppo ne accorcia l’aspettativa di vita, cercano con le loro famiglie di vivere una vita il più possibile ricca e normale.

In Italia l’ANAT continua a lottare per la ricerca su questa malattia rara che colpisce almeno 50 bambini e ragazzi solo nel nostro Paese. Si tratta di una patologia genetica, neurodegenerativa, multisistemica, poco conosciuta e studiata, che ancora oggi non ha una cura. Essa provoca una grave disabilità fisica progressiva, immunodeficienza e un’alta probabilità di sviluppare un cancro, oltre ad altre complicazioni.

In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare (Rare Disease Day), che si celebra oggi, 28 febbraio, l’AEFAT, Associazione spagnola “cugina” dell’ANAT, ha raccolto i video di neonati, bambini e ragazzi affetti da atassia telangiectasia provenienti, come detto, da undici diversi Paesi, in collaborazione con Associazioni e famiglie di tutto il mondo. Tra gli oltre 50 video, l’AEFAT stessa ha poi riassunto in 90 secondi le immagini di oltre venti piccoli pazienti affetti da AT, per sensibilizzare tutti (Istituzioni, medici, famiglie) su questa malattia devastante quasi sconosciuta e raccogliere fondi per la ricerca (il video è disponibile a questo link).
Il filmato vuole sottolineare un messaggio fondamentale: «Una malattia rara, una patologia genetica, non definisce chi ne è affetto. Si tratta di bambini e giovani che vogliono vivere come i loro coetanei».

«È fondamentale continuare a sensibilizzare tutti verso l’atassia telangiectasia, patologia così rara che oggi non viene riconosciuta nemmeno da pediatri e specialisti. Sebbene non esista ancora una cura, alcuni aspetti possono essere trattabili con interventi tempestivi e inoltre la ricerca sta facendo grossi passi in avanti», commenta Sara Biagiotti, presidente dell’ANAT, estremamente soddisfatta di questo nuovo video di sensibilizzazione realizzato dall’AT Global Alliance, anche con il contributo di numerose famiglie italiane.

A partire dal 2019 l’ANAT finanzia progetti di ricerca sull’AT tramite il bando annuale ANAT Research Grant. Grazie all’aiuto dei sostenitori, a oggi sono 14 i progetti di ricerca finanziati per ben 210.000 euro investiti. (C.C.)

Per maggiori informazioni: Marta Sternai (marta.sternai@hotmail.com).

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“Scritti imprudenti”: in orbita nello spazio, per cancellare i confini e apprezzare i nostri limiti

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«Quando Samantha Cristoforetti è in orbita nello spazio – scrive Claudio Imprudente – dice sempre che i confini politici, tra uno Stato e l’altro, appaiono solo sulle carte. Anche il mio ultimo libro “Scritti imprudenti. Idee e riflessioni intorno alla disabilità” è un volo in orbita nello spazio, per cancellare i confini e per apprezzare i nostri limiti e di esso dialogherò il 6 marzo con il cardinale Matteo Zuppi alla Casa per la Pace di Bologna»

«Scritti Imprudenti! Come può una persona paragonarsi ad una pianta di geranio, giocando con tale metafora, riuscendo a catturare l’interesse degli interlocutori pur essendo un uomo con disabilità complessa? Mi vengono in mente le parole di Alexandre Jollien che dopo diciassette anni di permanenza in un centro specializzato per persone con disabilità, è riuscito a frequentare un istituto commerciale e, successivamente, a compiere gli studi di filosofia all’Università di Friburgo. Ha pubblicato per le edizioni Qiqajon due testi, di cui uno premiato dalla prestigiosa Académie Française. Nel libro “Il Mestiere di Uomo” racconta con parole trasparenti e, soprattutto, con la disarmante semplicità della sua vita, che ciascuno è più grande dei propri limiti, delle proprie malattie, delle proprie disabilità, che la persona non è riconducibile alla menomazione che la caratterizza, non è identificabile con la ferita che la abita, non è mortificabile con l’aggettivo che la delimita».
Così il cardinale Matteo Zuppi ha scritto nella postfazione del mio ultimo libro Scritti imprudenti. Idee e riflessioni intorno alla disabilità (edizioni La Meridiana) che il 6 marzo verrà presentato alla Casa per la Pace di Bologna, dove avrò l’onore di dialogare con il Cardinale, con la moderazione di Fabrizio Mandreoli, teologo e insegnante in carcere.

Ma cos’è Scritti Imprudenti? È una raccolta di articoli apparsi sul «Messaggero di Sant’Antonio», dove da anni curo una rubrica mensile. È una carrellata di riflessioni sulla disabilità e sull’inclusione a trecentosessanta gradi, dove tocco con tatto e ironia vari temi, che vanno dalla democrazia all’inclusione sociale nella scuola, dall’immaginario collettivo sulle persone con disabilità ai “contesti di fiducia”, dal mondo delle relazioni culturali nella Chiesa alla dimensione affettiva delle persone con disabilità, fino alla genitorialità, per finire con un piccolo spaccato su personaggi pubblici che hanno avuto un significato profondo nella mia vita.

Quello del 6 marzo sarà dunque un dialogo a cuore aperto dove scambiare opinioni, battute, riflessioni, pensieri, con molta leggerezza. Per me sarà un momento culturale per scardinare i pregiudizi e i preconcetti sul mondo della disabilità che non è un mondo a parte, ma riguarda tutti, perché tutti siamo limitati.
Per me c’è una bella differenza tra limite e confine: il mondo di adesso difende i “confini”, ma non accetta i nostri limiti. Anche le guerre nascono perché vengono confusi i limiti con i confini. Con poche parole, un limite è una sfida, mentre un confine è qualcosa che deve essere aperto all’altro.
Quando Samantha Cristoforetti è in orbita nello spazio dice sempre che i confini politici, tra uno Stato e l’altro, appaiono solo sulle carte. Anche Scritti Imprudenti è un volo in orbita nello spazio, per cancellare i confini e per apprezzare i nostri limiti.
Di questi temi dialogherò con il cardinale Matteo Zuppi per lasciare una traccia di Pace.
Se volete lasciare una “traccia di pace”, vi aspetto alla Casa della Pace!

Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo è già apparso nel sito del CDH-Cooperativa Accaparlante di Bologna, con il titolo “Riflessioni sulla disabilità e sull’inclusione a trecentosessanta gradie viene qui proposto, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.

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Tre anni di guerra in Ucraina e l’impatto sulle persone con disabilità

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Tre anni di conflitto hanno messo a durissima prova la resilienza degli oltre 3 milioni di persone con disabilità che vivono in Ucraina. Ma «con il costante e continuo supporto, unito all’impegno per l’inclusione, queste persone non saranno lasciate indietro», viene sottolineato dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, che traccia un bilancio delle azioni messe in campo finora Oleksandr ha ricevuto supporto per un appartamento accessibile (Crediti foto: Olha Ivashchenko)

Il 24 febbraio ha coinciso con il terzo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: esattamente 1.097 giorni di una guerra che ha devastato milioni di vite, tra cui quelle di oltre 3 milioni di persone con disabilità che risiedono nel Paese. L’EDF, il Forum sulle Disabilità, ha tracciato un bilancio del lavoro portato avanti su questo fronte.
Come anche sottolineato sulle nostre pagine sin dal 2022, le persone con disabilità hanno dovuto affrontare sfide sproporzionate fin dall’inizio del conflitto, dagli ostacoli per l’evacuazione, alla mancanza di rifugi accessibili, fino all’interruzione dei servizi: «Ecco perché – dicono dall’EDF – insieme ai nostri partner ci siamo mobilitati per sostenere l’organizzazione delle persone con disabilità in Ucraina, fornendo aiuti vitali e sostenendo politiche inclusive per la disabilità. Questo ha significato il supporto diretto a oltre 70.000 persone. E mentre l’Ucraina continua a resistere e a cercare di ricostruire, l’inclusione delle persone con disabilità deve rimanere una priorità».

Qualche cifra per capire ancor meglio di cosa si stia parlando:
° 300.000: è il numero di persone che hanno acquisito una disabilità a causa delle ferite di guerra;
° 1 milione e 800.000: le persone con disabilità che necessitano di assistenza umanitaria;
° 3 milioni e 900.000: le persone in Ucraina nche si stima soffrano di condizioni di salute mentale da moderata a grave; e le persone con disabilità, naturalmente, sono tra quelle più a rischio;
° La metà delle famiglie sfollate che vivono in rifugi collettivi include persone anziane o persone con disabilità.

Due sono state le iniziative principali messe in campo per l’Ucraina: Empower Ukraine e Ukrainian Crisis – OPD led disability inclusive response and recovery,  supportate dal Ministero degli Affari Esteri tedesco e dall’organizzazione CBM International. Tali iniziative coinvolgono 15 organizzazioni partner di 8 Paesi, tra cui anche 2 organizzazioni di persone con disabilità in Ucraina, l’Assemblea Nazionale delle Persone con Disabilità in Ucraina e la cosiddetta “Lega dei Forti“. Nelle fasi iniziali, il programma ha anche supportato le organizzazioni dei Paesi vicini nell’assistere le famiglie evacuate dal Paese.
Alcuni degli effetti concreti dei programmi includono:
più di 70.000 persone supportate attraverso servizi diretti, di cui almeno 36.000 persone con disabilità. I dati di un sondaggio parziale indicano che il 58% sono donne con disabilità e il 13% bambini con disabilità;
– più di 11.500 persone che hanno ricevuto assistenza in denaro e dispositivi di assistenza;
– sono stati distribuiti almeno 850.000 euro tramite assistenza in denaro ai beneficiari;
– più di 8.000 persone con disabilità e le loro famiglie hanno ricevuto servizi di trasporto, generalmente per sostenere visite sanitarie;
– più di 10.500 persone sono state raggiunte da attività di assistenza sanitaria mentale inclusiva, compresi primi soccorsi psicologici, corsi di formazione sulla salute mentale inclusiva, servizi psicosociali e consulenze individuali;
– professionisti sanitari e umanitari hanno partecipato a programmi di formazione sull’inclusione della disabilità.
Le stime su cui si basano questi dati vanno valutate per difetto, a causa dei diversi indicatori presenti nei vari progetti. «Accessibilità e inclusione devono essere al centro degli sforzi di recupero, mentre l’Ucraina si avvia verso la ricostruzione», sottolineano dall’EDF.

L’impatto del lavoro svolto si tocca anche attraverso alcune storie di resilienza, come quella di Oleksandr, un veterano di Kiev ed ex motociclista, che ha subito una lesione al midollo spinale nel 2022. Attraverso il programma, esperti in design inclusivo per la disabilità gli hanno fornito supporto per ridisegnare e modificare il suo appartamento all’insegna dell’accessibilità. Questo ha aiutato Oleksandr a recuperare l’indipendenza e a fa parte di un’iniziativa che ha assistito oltre 52 persone nel migliorare l’accessibilità in Ucraina.
Inoltre, un programma ad hoc per i lavoratori sociali ha fornito loro numerose biciclette, ciò che potrebbe sembrare una scelta insolita per chi vive in aree urbane, ma i lavoratori sociali dell’Ucraina servono vari villaggi e decine di famiglie. Hanno quindi bisogno di trasportare prodotti per l’igiene, cibo e medicinali, a volte su distanze molto lunghe. La fornitura di biciclette è stata molto popolare, e la necessità resta per altro non del tutto soddisfatta.
Da segnalare ancora l’“Accademia per i Diritti delle Persone con Disabilità”, ossia la Riga Academy, serie di corsi di formazione in presenza per attivisti sui diritti delle persone con disabilità e rappresentanti del governo ucraino, focalizzati sulle migliori pratiche per l’attuazione dei diritti delle stesse persone con disabilità.
E infine, il contribuito alla transizione verso la vita indipendente, con lo sviluppo della specifica Strategia che garantisce garantire il diritto di ogni bambino in Ucraina a crescere in un ambiente familiare per il 2024-2028, in collaborazione con le Autorità Statali. (C.C. e S.B.)

Per ulteriori informazioni: Phillipa Tucker, coordinatrice per l’Europa Orientale e Centrale dell’EDF (phillipa.tucker@edf-feph.org).

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Un podcast per dare voce alla sclerosi sistemica

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Dall’inizio di quest’anno la Lega Italiana Sclerosi Sistemica ha dato il via a un nuovo progetto di comunicazione, denominato “Diamo voce alla sclerosi sistemica”, consistente in un podcast realizzato in collaborazione con il podcaster Simon Basten, «uno spazio di confronto e condivisione – come spiegano dall’Associazione – per parlare della malattia e delle nostre attività, per raccontare esperienze e condividere informazioni

Dall’inizio di quest’anno la Lega Italiana Sclerosi Sistemica ha dato il via a un nuovo progetto di comunicazione, denominato Diamo voce alla sclerosi sistemica, consistente in un podcast realizzato in collaborazione con il podcaster Simon Basten, «uno spazio di confronto e condivisione – come spiegano dall’Associazione – per parlare della malattia e delle nostre attività, per raccontare esperienze e condividere informazioni. Il tutto attraverso le voci di medici, ricercatori, volontari, portatori di interesse (stakeholder), persone che vivono la malattia e caregiver che si alternano nelle varie puntate toccando diversi aspetti».

Nata nel 2010 con l’obiettivo di fare emergere una patologia complessa e purtroppo ancora poco nota quale la sclerosi sistemica, già ben nota anche come sclerodermia, nel corso degli anni la  Lega Italiana Sclerosi Sistemica si è resa sempre più visibile, sia per quanto riguarda la diagnosi precoce della malattia, grazie alla collaborazione con i centri ospedalieri pubblici che se ne occupano, sia per l’educazione alla gestione della malattia stessa, accompagnando le persone nel percorso diagnostico-terapeutico, fornendo indicazioni riguardo alla gestione quotidiana, sensibilizzando le Istituzioni per ottenere diritti ad oggi negati, stimolando la ricerca e promuovendo studi clinici con farmaci di ultima generazione, nella speranza di arrivare a terapie sempre più efficaci.

Tutte le puntate del podcast Diamo voce alla sclerosi sistemica sono disponibili su Spotify (questo è il link di riferimento). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@sclerosistemica.info (Maria Beatrice Elvano).

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Un questionario sull’accessibilità degli spazi pubblici

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L’AMAT del Comune di Milano (Agenzia Mobilità, Ambiente e Territorio) ha avviato un’indagine per raccogliere informazioni sull’accessibilità degli spazi pubblici. I dati ottenuti contribuiranno a creare un sistema di supporto alle decisioni per l’eliminazione delle barriere architettoniche, nell’àmbito del progetto europeo “ELABORATOR Project”. Alla base vi è un agile questionario compilabile da persone con e senza disabilità alla cui elaborazione ha collaborato anche il CRABA della Federazione LEDHA

Struttura tecnica del Comune di Milano, l’AMAT (Agenzia Mobilità, Ambiente e Territorio) ha avviato un’indagine per raccogliere informazioni sull’accessibilità degli spazi pubblici, con l’obiettivo di sviluppare uno strumento utile alla valutazione delle condizioni esistenti e all’individuazione delle priorità di intervento.
Aperto a tutti e compilabile in forma anonima in circa 5-7 minuti, il questionario su cui si basa l’indagine (disponibile a questo link) si rivolge sia a persone con esigenze specifiche di mobilità sia alla cittadinanza in generale. I dati raccolti contribuiranno alla creazione di un sistema di supporto alle decisioni per l’eliminazione delle barriere architettoniche, nell’ambito del progetto europeo ELABORATOR Project.
Anche il CRABA (Centro Regionale per l’Accessibilità e il Benessere Ambientale) della Federazione lombarda LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità) ha collaborato con l’AMAT, attraverso il Tavolo Accessibilità del Comune di Milano, per migliorare il questionario. (S.B.)

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