Le persone con disabilità che a Roma debbono necessariamente spostarsi su una sedia a rotelle sono spesso costrette a restare a casa per l’estrema carenza di mezzi pubblici e taxi accessibili. Credo dunque sia necessario trovare con urgenza una soluzione per studenti e lavoratori con disabilità, persone anziane non deambulanti, pazienti che devono raggiungere strutture sanitarie o svolgere semplici commissioni quotidiane ecc.
Tutti e tutte, infatti, hanno il diritto di partecipare alla vita sociale, ma molti restano di fatto confinati in casa, spesso senza alternative. E questo disagio riguarda non solo i residenti, ma anche i visitatori e i turisti con disabilità, per i quali Roma appare una città scarsamente accessibile.
Nonostante l’annuncio dell’assegnazione di 1.000 nuove licenze taxi da parte del Comune, di cui 200 riservate a veicoli accessibili, pochissimi mezzi attrezzati sono attualmente in circolazione. Se non sbaglio, infatti, i tempi previsti dal bando portano all’attivazione delle nuove licenze entro ottobre 2025. Chi però ha bisogno di muoversi oggi non può attendere mesi, per cui è necessaria una risposta immediata.
Mi auguro pertanto che l’Amministrazione Comunale possa attivare misure transitorie urgenti; monitorare costantemente l’effettivo avanzamento del percorso previsto per i nuovi mezzi; riassegnare senza ritardi eventuali licenze rifiutate; garantire informazione pubblica e trasparente ai cittadini e alle associazioni.
Spero in sostanza che Roma possa diventare in tempi brevi una città più inclusiva e accessibile a tutti.
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Accendere i riflettori sulla spasticità post-ictus, complicanza neurologica che ostacola i movimenti, limita l’autonomia e impatta pesantemente sulla qualità della vita: è l’obiettivo della tavola rotonda digitale Corpi che parlano. Affrontare la spasticità, restituire autonomia, incontro a partecipazione libera (previa registrazione online sul sito di Radio 24 nella sezione Eventi), promosso da Radio 24 per il pomeriggio del 4 giugno (ore 15-17), moderata da Nicoletta Carbone, conduttrice dei programmi di salute e benessere della stessa Radio 24.
«Affrontare e intervenire prontamente con le giuste terapie – viene sottolineato dai promotori dell’evento, ideato in collaborazione con Ipsen – può fare la differenza tra una vita limitata e una vissuta con piena dignità. Ogni anno in Italia circa 120.000 persone vengono colpite da ictus, ma per molti, la fase acuta è solo l’inizio: oltre 45.000 pazienti sviluppano infatti forme di spasticità. Eppure, nonostante l’incidenza elevata e le ripercussioni quotidiane, la spasticità post-ictus è ancora poco conosciuta, poco diagnosticata e spesso sottovalutata. Molti pazienti e familiari non sanno cosa sia, non ricevono informazioni chiare e non arrivano in tempo a una presa in carico adeguata. La buona notizia è che oggi esistono terapie efficaci – farmacologiche e riabilitative – in grado di ridurre i sintomi, migliorare la mobilità e restituire dignità ai piccoli gesti quotidiani».
«Tutto però parte da una parola chiave – si aggiunge -, ossia informazione: informare e sensibilizzare vuol dire dare strumenti a chi convive con la spasticità e a chi la affronta ogni giorno come medico, fisioterapista, caregiver. Vuol dire intervenire presto, personalizzare i trattamenti, costruire percorsi di cura integrati e continuativi».
Nel corso della diretta streaming del 4 giugno, dunque, moderata come detto da Nicoletta Carbone e fruibile sul sito di Radio 24, oltreché sul canale digitale DAB+1, interverranno Maria Concetta Altavista che dirige l’Unità Operativa Complessa di Neurologia nell’ASL Roma 1 (Presidio Ospedaliero San Filippo Neri); Patrizia Olivari, presidente e amministratrice delegata di Ipsen; Andrea Santamato, direttore della Struttura Complessa di Neuroriabilitazione, Unità Spinale, Recupero e Rieducazione funzionale del Policlinico di Foggia; Paolo Sciattella, professore di Economia Sanitaria all’Università di Roma Tor Vergata; Andrea Vianello, presidente della Federazione A.L.I.Ce. Italia ODV (Associazione per la lotta all’ictus cerebrale). (S.B.)
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In occasione della manifestazione WMF (We Make Future Festival), in programma a BolognaFiere dal 4 al 6 giugno, Village for all (V4A®), la nota rete impegnata sul fronte dell’ospitalità accessibile, invita tutti e tutte a visitare DI OGNUNO, spazio immersivo e multisensoriale dedicato appunto all’ospitalità accessibile (padiglione 30, stand B38/A35), iniziativa promossa in collaborazione con Lombardini22 e con Hospitality, il Salone dell’Accoglienza di Riva del Garda (Trento).
«Sarà un’opportunità unica – sottolinea Roberto Vitali, co-fondatore e amministratore delegato di Village for all -, rivolta a operatori turistici, gestori di strutture ricettive, campeggi, hotel, B&B, agriturismi e villaggi turistici, per sperimentare dal vivo come l’accessibilità possa diventare valore competitivo e parte integrante dell’esperienza ospite. DI OGNUNO, infatti, propone un’esperienza concreta tra due ambienti contrapposti: uno costruito per generare discomfort, l’altro progettato secondo criteri di accessibilità fisica, sensoriale e alimentare. Un’esperienza trasformativa che mostra quanto le scelte progettuali e gestionali possano incidere sull’accoglienza».
Da ricordare anche che sempre all’interno di WMF, nella mattinata del 6 giugno (stage 3, padiglione 22, ore 11.30), vi sarà anche la premiazione dell’Hospitality Award – Inclusività e Accoglienza, pensato per valorizzare le strutture italiane che si distinguono per l’abbattimento delle barriere, l’innovazione e la comunicazione inclusiva. (S.B.)
A questo link è disponibile un testo di approfondimento a cura di Hospitality. Per altre informazioni: stampa@villageforall.net; s.barile@imagebuilding.it (Simona Barile).L'articolo Un’esperienza di ospitalità accessibile da vivere in prima persona proviene da Superando.
Era una mattina come tante quella del 27 maggio scorso, quando mi è arrivata la notizia che don Franco Monterubbianesi ci aveva lasciati. Sapevo che stava molto male ma la notizia comunque mi ha colto di sorpresa.
Ho riflettuto molto sul ruolo che don Franco ha avuto nella mia vita e credo anche nella vita di molte altre persone con disabilità. Io gli devo la mia seconda vita.
Sono trascorsi molti anni da quel mese di aprile del 1974, quando grazie a una mia amica incontrata a Lourdes, ricevetti l’indirizzo della Comunità di Capodarco. Senza esitare scrissi una lettera a don Franco, e ripensandoci doveva proprio essere la lettera di una disperata. Solo pochi giorni dopo venne a conoscermi e mi aiutò ad uscire da quel cancello del Cottolengo che sembrava impenetrabile.
Ricordo che in quel primo incontro dentro le mura del Cottolengo mi raccontò molte cose della Comunità di Capodarco, che per me erano quasi incomprensibili, ma una cosa l’avevo capita, ossia che fuori da quelle mura c’era la possibilità di vivere in un modo diverso. Ha reso possibili molte cose che io vivevo solo nella mia fantasia e che credevo irrealizzabili.
Solo pochi giorni dopo, quindi, mi ritrovai alla Comunità di Capodarco di Roma e lì il primo giorno partecipai al matrimonio di due persone con disabilità. Poi anche in quel più breve periodo incontrai persone con disabilità che lavoravano che studiavano ed io ero sconvolta, perché lì compresi capito che potevo davvero voltare pagina.
La conferma maggiore la ebbi una volta arrivata a Capodarco di Fermo, dove incontrai molti amici, ripresi gli studi e frequentai un corso per imparare un mestiere.
Il 20 ottobre del 1976 è iniziata l’avventura della Comunità Progetto Sud in Calabria e far parte del gruppo dei fondatori è stata la mia prima scelta consapevole: avevo già voltato pagina ed ero in piena crescita e con un grande desiderio di recuperare il tempo perduto in istituto.
Nei successivi 49 anni vissuti in Calabria non sono stati tantissimi gli incontri con don Franco, ma ogni volta che mi vedeva mi diceva sempre che era contento di vedermi attiva e voleva saperne di più della “vita indipendente”. Poi mi parlava delle famiglie di persone con grave disabilità che chiedevano di essere sostenute e del bisogno di realizzare tanti “Dopo di Noi”.
Don Franco era un vulcano di idee e di creatività, un trascinatore, la fantasia era superiore alla possibilità concreta di realizzare le molte sue idee.
Nel suo testamento spirituale, pubblicato da «Avvenire» il 31 maggio, si legge tra l’altro: «Io sono colpevole di aver amato il prossimo, colpevole di aver pregato per tutti, colpevole di essere stato progressista o anche di più (e ride, ndr), sì sono colpevole del bene che ho voluto al mondo e agli ultimi, d’aver aiutato chi era considerato immeritevole o scansafatiche, colpevole di aver preso la parola, di non averla lasciata a quegli uomini che si credevano innocenti in una società in cui gli esclusi erano colpevoli solo di essere nati».
Io sono una degli “ultimi” che lui ha amato, a cui lui ha sollecitato la speranza di un futuro diverso e il desiderio di vivere in comunità, di sentirmi accolta e di imparare ad accogliere, di lasciarmi aiutare a crescere e a diventare capace di aiutare altri a crescere.
Grazie Don Franco per avermi dato questa seconda vita.
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Frutto dei laboratori realizzati con persone uscite dal coma della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna, la Compagnia Gli Amici di Luca presenterà nella serata di oggi, 3 giugno, al Teatro Dehon di Bologna (ore 21), lo spettacolo Seguendo il sentiero dorato, per la direzione artistica e la regia di Deborah Fortini, con il coordinamento pedagogico di Martina Pittureri.
Liberamente ispirata al Mago di Oz, la celebre fiaba di L. Frank Baum, la rappresentazione arriva dopo oltre un anno di lavoro del gruppo teatrale degli Amici di Luca, nell’àmbito del Progetto Oz, dopo che anni fa il gruppo stesso si era misurato con Wonderland di Lewis Carroll, raccontando in quel caso la storia di Alice e di una caduta. «Ora dunque – spiega Fulvio De Nigris dell’Associazione Gli Amici di Luca – la Compagnia presenta il percorso conclusivo di un’altra fiaba, il Mago di Oz, appunto, ovvero il sogno di svegliarsi in un luogo dove “le nuvole sono lontane e alle nostre spalle”. E questa volta il gruppo ha deciso di andare ancora più in là, dove non esiste un confine: oltre l’arcobaleno e lo fa attraverso il teatro che è una stazione importante da dove partire».
«Questo spettacolo – aggiunge – diventa quindi anche un momento di incontro e dialogo con la cittadinanza che in questi mesi è stata invitata ad inviare desideri e pensieri. Al gruppo il compito di trasformarli in azione scenica, da sottoporre all’attenzione di un Mago, che tutti sperano possa condurli nel luogo “dove i problemi si sciolgono come gocce di limone!”». (S.B.)
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Si è tenuto il 31 maggio scorso un Congresso Ordinario e Straordinario della FISH, già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e dall’inizio di quest’anno Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie. Ne parliamo con il presidente della Federazione Vincenzo Falabella al quale chiediamo innanzitutto un bilancio su tale appuntamento. «Questo nostro Congresso Ordinario e Straordinario ha rappresentato molto più di un semplice momento formale: è stata infatti la dimostrazione concreta di come si costruisce una democrazia partecipativa dal basso, se è vero che ogni intervento, ogni domanda, ogni posizione espressa – anche quando in disaccordo – ha contribuito a rafforzare il senso di un’organizzazione che vive grazie all’impegno attivo di chi la compone. E a proposito del cambio di denominazione, da Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap a Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, non si è trattato di un semplice aggiornamento lessicale, ma del punto di arrivo di un percorso condiviso, frutto di anni di battaglie, discussioni ed evoluzioni nel modo di concepire la disabilità».
Se dovesse sintetizzare quale sia oggi la forza principale di un’organizzazione come la FISH, quali parole userebbe?
«Credo che la forza della FISH oggi risieda nella capacità di rappresentare unitariamente il mondo della disabilità, senza mai scendere a compromessi sui diritti fondamentali. Questa autorevolezza non è un dato scontato, ma il risultato quotidiano del lavoro di tutte le Associazioni, dei Delegati e degli Attivisti che, con coerenza e determinazione, portano avanti le istanze delle persone con disabilità e delle loro famiglie nelle sedi istituzionali e nei territori.
Il dibattito interno, vivace e talvolta acceso, non è un elemento di divisione, ma una ricchezza, purché ogni posizione sia motivata e costruttiva. La discussione sull’articolo 12 del nostro Statuto, ad esempio [durata delle cariche della Federazione, che è rimasta di 4 anni, N.d.R.] ha offerto lo spunto per una riflessione più ampia: il dissenso è legittimo e necessario in una democrazia, ma deve sempre tradursi in un’occasione di crescita collettiva, con proposte alternative e argomentazioni condivise.
Per quanto riguarda invece l’approvazione all’unanimità del Bilancio d’Esercizio 2024, del Previsionale 2025 e del Bilancio Sociale, questo ha confermato la solidità e la trasparenza della Federazione. Non considero infatti quei documenti come mere formalità, ma come la testimonianza di un’organizzazione che sa tradurre impegno e visione in risultati tangibili. Il Bilancio Sociale, in particolare, va oltre i numeri e racconta l’impatto reale delle attività della FISH sulla vita delle persone e sui territori, consolidando la fiducia degli aderenti e dei partner istituzionali».
Cosa ci può dire della mozione approvata durante il Congresso, riguardante in particolare la formazione sui territori?
«La mozione approvata, che è stata al centro del Congresso, rappresenta una vera e propria chiamata all’azione per tutto il movimento. La decisione, infatti, di avviare percorsi di formazione con i territori non è una semplice procedura tecnica, ma una scelta politica di grande rilievo. Questi momenti, infatti, non saranno lezioni calate dall’alto, ma occasioni di scambio e di crescita collettiva, per rafforzare i legami tra il livello nazionale e le realtà locali e per dotare tutti degli strumenti necessari ad affrontare le sfide future, come l’attuazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità. Penso che la formazione non debba essere delegata a pochi “tecnici”, ma che diventi un patrimonio condiviso di tutte le Associazioni e di ogni singolo attivista: solo così si potrà garantire una partecipazione qualificata e diffusa, capace di unire competenza e passione civile, analisi e mobilitazione».
Come proseguirà ora il percorso della Federazione?
«I prossimi mesi saranno cruciali per tradurre in azioni concrete le decisioni del Congresso. Per farlo, è essenziale che ogni Associazione, ogni Delegato, ogni Attivista continui a sentirsi protagonista di questo cammino, portando nelle proprie realtà non solo le delibere approvate, ma anche lo spirito con cui sono state costruite. Ancora una volta, infatti, abbiamo dimostrato di essere un’organizzazione viva e coesa, capace di guardare al futuro senza mai dimenticare che la forza di essa sta nella capacità di lottare insieme, con determinazione e senza compromessi, per i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie». (S.B.)
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È in programma per il pomeriggio di oggi, 3 giugno, a San Salvador (ora italiana 16.30), il seminario sul tema Linee Guida per la Disabilità e l’Inclusione Sociale nei Progetti di Cooperazione, intitolato Nada sobre Nosotros sin Nosotros (“Nulla su di Noi senza di Noi”), promosso dall’AICS, l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, in occasione della missione nel Paese centroamericano di El Salvador di Giampiero Griffo, nell’àmbito del progetto triennale PODER (Programma per l’inclusione occupazionale, la difesa del diritto all’educazione e la rivendicazione dei diritti delle persone con disabilità), promosso dall’Organizzazione Non Governativa EducAid.
A condurre l’incontro, infatti, sarà lo stesso Giampiero Griffo, presidente della RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), che è stato tra i principali autori delle indicazioni adottate sin dal 2018 per garantire l’inclusione delle persone con disabilità e il rispetto dei loro diritti in tutte le iniziative finanziate dal Governo italiano.
Interverranno quindi Paolo Gallizioli, direttore dell’AICS a San Salvador; Francesca Trisciuzzi, referente per la Disabilità nell’AICS; Claudio Bracconi, referente per i progetti PODER e INCLINA; Lorenzo Leonelli, coordinatore del Settore Educazione e referente per il Genere nell’AICS a San Salvador; Giulia Trobbiani, rappresentante nel Paese ospitante di EducAid. (S.B.)
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In continuità con la storica collaborazione internazionale tra Special Olympics International, il movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, e Lions Clubs International, è stato sottoscritto nei giorni scorsi a Torino un protocollo d’intesa tra il Multidistretto Lions 108 Italy e Special Olympics Italia, accordo che segna l’avvio di una collaborazione strutturata a livello nazionale, con l’obiettivo di promuovere l’inclusione delle persone con disabilità intellettive attraverso lo sport, la cultura e iniziative di carattere sociale.
Il protocollo, della durata di tre anni, punta quindi a valorizzare le sinergie tra le due organizzazioni attraverso una serie di progetti comuni su tutto il territorio nazionale.
«Questa alleanza – ha dichiarato Alessandra Bianco, rappresentante per l’occasione di Special Olympics Italia – rappresenta un passo concreto verso una società più giusta e accogliente. Insieme ai Lions, infatti, possiamo moltiplicare l’impatto delle nostre azioni e continuare a costruire opportunità reali per ogni atleta». (S.B.)
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Si è tenuto nei giorni scorsi a Roma, presso l’Auditorium dell’Hotel Casa tra noi e con il patrocinio del Municipio XIII Roma Aurelio, l’evento di presentazione del progetto di Service Learning* Libro Parlato – Ad alta voce: storie di emozioni, realizzato dagli alunni della classe IB nella scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Piazza Borgoncini Duca di Roma (Plesso 2 Ottobre 1870-Fornaci).
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con il Centro Nazionale del Libro Parlato Francesco Fratta dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), consiste in una raccolta di sei racconti dedicati alle emozioni primarie, scritti e narrati dai ragazzi.
L’evento si è aperto con l’intervento di Arianna Quarta, assessora alle Politiche Sociali, Sanitarie e Pari Opportunità nel Municipio XIII di Roma, che ha espresso grande apprezzamento per l’iniziativa, invitando i ragazzi a vivere «con orecchie e cuore aperti, per saper accogliere sempre le diversità che incontreranno nella vita, con gentilezza, sensibilità e senso di responsabilità».
A fare gli onori di casa è stata la dirigente scolastica Anna Maria Lamberti, che ha moderato l’incontro, introducendo alternativamente le testimonianze dei ragazzi – secondo la sequenza dei sei racconti sulle emozioni primarie – e i contributi dei relatori. Lamberti ha evidenziato in particolare quanto «il Service Learning sia una straordinaria opportunità per lo sviluppo di competenze trasversali, fondamentali per lo sviluppo di cittadini consapevoli e responsabili».
Ideatrici e promotrici del progetto, le docenti Laura Bonsi e Chiara Serva hanno quindi introdotto le fasi progettuali e creative che hanno portato alla nascita del libro parlato, aprendo così la riflessione sui molteplici significati educativi dell’esperienza di Service Learning.
Dal canto suo, Vicenzo Massa, dirigente nazionale dell’UICI e Coordinatore del Centro Nazionale del Libro Parlato Francesco Fratta, ha sottolineato «il valore di questo percorso, che contribuisce a sensibilizzare i ragazzi sul tema della disabilità e rappresenta un contributo significativo alla cultura dell’inclusione». Ha quindi concluso il proprio intervento, raccomandando ai ragazzi di «portare avanti i propri sogni “a voce alta” proprio come hanno fatto realizzando il libro parlato».
In rappresentanza del Centro Nazionale del Libro Parlato era presente anche Francesca Ferraro, che ha evidenziato il valore della scrittura condivisa e spiegato le varie fasi per la costruzione di un libro parlato, mentre Simone Consegnati, docente universitario e ricercatore dell’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) e Irene Culcasi, docente universitaria e ricercatrice, hanno proseguito, condividendo un’interazione con i ragazzi e sottolineando quanto questo progetto «rappresenti un vero e proprio modello di pedagogia partecipativa, in cui il protagonismo dei ragazzi e il servizio – insieme agli apprendimenti – si fondono per dare vita a una scuola non più meramente trasmissiva, ma innovativa e capace di costruire continuità con la comunità».
Successivamente, Caterina Spezzano, dirigente tecnico del Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e Formazione e referente nazionale del Ministero dell’Istruzione e del Merito per il Service Learning, ha approfondito questa dimensione pedagogica, spiegando come «il Service Learning realizzi l’equilibrio tra la dimensione dell’apprendimento e quella del servizio alla collettività e di quanto sia capace di sviluppare negli studenti competenze disciplinari, trasversali e di cittadinanza». Ha pertanto espresso l’auspico «che sempre più scuole adottino questo approccio pedagogico come parte dell’offerta formativa».
Subito dopo Alessia Vagliviello, referente regionale per il Service Learning presso l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio – ha definito il Service Learning come «un modo innovativo di fare scuola, centrato su alcune parole chiave: rete, comunità, apprendimento significativo, valorizzazione di talenti e risorse». Ha poi concluso il proprio intervento chiedendo alla Dirigente del Borgoncini Duca di aderire alla rete per il Service Learning del Lazio, condividendo in tal modo l’esperienza fatta con le 34 scuole che attualmente ne fanno parte.
La testimonianza personale di Salvatore Nocera, che è tra l’altro presidente nazionale emerito del MAC (Movimento Apostolico Ciechi), sul ricordo dell’impatto con la scuola da persona cieca, ha reso ancora più potente l’esperienza dei ragazzi. «Questo incontro – commenta Nocera – ha seguito il primo promosso lo scorso anno dallo stesso Istituto Comprensivo [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. La scuola che ha dato vita a questo progetto, dunque, ha scelto di coinvolgere ogni anno una classe dove è presente un compagno con disabilità, per farlo partecipare pienamente all’iniziativa di formare un libro sonoro il cui tema è scelto dalla classe stessa e i cui capitoli sono inventati da alunni e alunne e da loro recitati anche intercalando rumori e suoni per rendere più realistica la narrazione. Il libro viene presentato a fine anno, come è accaduto in questi giorni, nel corso di un evento con la presentazione delle famiglie e delle autorità di territorio, per donarlo all’UICI, che lo inserisce nella sua raccolta di libri registrati da fare ascoltare ai soci. Il tutto affiancato e coordinato da due docenti impegnatissime, sotto la responsabilità della Dirigente Scolastica, a propria volta impegnatissima e coinvolgente. Si tratta di un’esperienza che coincide con un modo nuovo di fare inclusione scolastica che mi auguro si diffonda presto nelle scuole, affiancandolo alla tradizionale lezione frontale. Ed è anche una preziosa opportunità per esercitare la solidarietà e la pace attraverso l’atto generoso di prestare la propria voce agli altri».
Gli ultimi due interventi dell’incontro sono stati quelli di Fabrizio Corradi, docente universitario alla LUMSA e psicotecnologo all’Istituto Leonarda Vaccari, che ha evidenziato il valore del libro parlato «come strumento che, oltre ad essere utile a persone con disabilità visiva, è prezioso e funzionale per tutti, grazie alla sua versatilità e alla sua capacità di rispondere a diversi stili cognitivi». E infine, Saveria Dandini de Sylva, presidente dell’Istituto Leonarda Vaccari, oltre a congratularsi per la lodevole iniziativa, che ha pienamente condiviso, ha presentato a propria volta il libro parlato recentemente realizzato all’interno dell’Istituto Vaccari, in versione audio e con un accesso tramite QRcode alla versione in CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa). (S.B.)
*Il Service Learning è un approccio educativo che integra il servizio alla comunità con l’apprendimento, promuovendo lo sviluppo di competenze e conoscenze attraverso l’impegno attivo in progetti solidali.
Per accedere al libro parlato realizzato nell’àmbito del progetto, fare riferimento a questo link. Per ulteriori informazioni: professoressa Laura Bonsi (laura.bonsi@docenti.scuola365.com); professoressa Chiara Serva (chiara.serva@docenti.scuola365.com).L'articolo “Ad alta voce: storie di emozioni”: un modo nuovo di fare inclusione scolastica proviene da Superando.
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Nel corso della propria Assemblea dei Soci, il Forum Nazionale del Terzo Settore, che rappresenta oltre 100 reti nazionali di Terzo Settore, ha approvato un ordine del giorno (a questo link il testo integrale) sul dramma che si sta consumando nella Striscia di Gaza.
«Il Forum del Terzo Settore – vi si legge tra l’altro – si è sempre posizionato fermamente per la pace e ha condannato l’uso della forza come soluzione alle crisi internazionali, seguendo i principi dalla Costituzione. Nella Striscia di Gaza, la risposta militare israeliana agli attacchi terroristici e al rapimento degli ostaggi civili da parte di Hamas e della Jihad islamica del 7 ottobre 2023 ha causato, in 18 mesi, oltre 52.000 vittime palestinesi, il 59% delle quali donne, anziani e minori. Le restrizioni israeliane all’accesso degli aiuti umanitari, in particolare il blocco di tutti i valichi dal 2 marzo scorso, hanno reso impossibile l’ingresso di beni di prima necessità, tra cui acqua, cibo, medicinali e l’accesso all’energia elettrica. E la violenza israeliana non ha risparmiato gli ospedali: quasi 2/3 delle 36 strutture ospedaliere sono state danneggiate o distrutte. Circa 20.000 persone, soprattutto bambini, rischiano di morire a causa di stenti, fame e condizioni sanitarie disastrate».
Il Forum sostiene quindi i contenuti della lettera indirizzata al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani, inviata dalle reti delle organizzazioni della società civile italiana aderenti al Forum stesso (AOI-Associazione delle ONG Italiane, CINI-Coordinamento Italiano NGO Internazionali e Link2007), chiedendo alle Istituzioni italiane di promuovere un’azione internazionale per fermare la guerra e i massacri in Palestina.
«In particolare – dichiarano dal Forum -, l’appello al Governo italiano è di contribuire a: condannare pienamente le ostilità e fermare tutte le autorizzazioni all’export di armamenti; impegnarsi per il rilascio degli ostaggi israeliani da parte di Hamas e dei palestinesi incarcerati senza giustificazione dal Governo israeliano; pretendere dal Governo israeliano la cessazione delle operazioni militari e dell’occupazione della Striscia di Gaza e della West Bank, e l’apertura dei valichi per gli aiuti umanitari; opporsi alla militarizzazione degli aiuti e facilitare l’attività umanitaria delle agenzie ONU e delle ONG internazionali; chiedere che i responsabili di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e violazioni del diritto internazionale siano giudicati dal Tribunale Penale Internazionale». (S.B.)
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«Nel nostro Paese – dicono dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – ci sono oggi circa 144.000 persone che convivono con la sclerosi multipla, ma molte di loro devono affrontare una battaglia invisibile. Cercano risposte, chiedono assistenza, ma spesso si scontrano con muri di silenzio e burocrazia. Per alcune, la situazione è ancora più drammatica: sono le Hard to Reach (letteralmente “difficili da raggiungere”), quelle cioè che il sistema non riconosce, non intercetta, non prende in carico. Sono oltre 14.000 persone, il 10% della popolazione con sclerosi multipla, che vivono senza un riferimento certo, senza percorsi di cura e assistenza sociale adeguati. Oggi, 30 maggio, Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla (World MS Day), presentiamo il nostro Barometro della Sclerosi Multipla e Patologie Correlate 2025, che insieme all’indagine Hard to Reach racconta una realtà che va affrontata nella sua complessità».
E ancora, a proposito delle persone con sclerosi multipla Hard to Reach, dall’AISM, snocciolando una serie di dati del Barometro 2025, si spiega trattarsi di «donne e uomini che lottano per mantenere una vita dignitosa, spesso senza riuscirci. Hanno tra i 45 e i 60 anni, convivono con otto sintomi della sclerosi multipla, e nel 47% dei casi affrontano anche altre patologie croniche concomitanti. Vivono una situazione critica e il sistema rimane inerte di fronte ai loro bisogni. Il 61% di loro vede insoddisfatti i propri bisogni riabilitativi e il 59% non ha supporto psicologico. Dopo un ricovero, il 62,3% non riceve alcun aiuto. E ancora, il 45,3% ha bisogno di assistenza domiciliare, ma i due terzi di non riescono ad averla. Per loro, affrontare la malattia significa anche mettere “mano al portafoglio”: il 65%, infatti, ha dovuto pagare di tasca propria le prestazioni specialistiche, perché il sistema pubblico non ha risposto. E poi c’è l’isolamento sociale, riportato dal 57% delle persone, se è vero che per alcuni, nemmeno la famiglia o gli amici riescono a rappresentare un punto di riferimento. Le difficoltà di queste 14.200 persone sono dunque la conseguenza diretta delle debolezze del sistema».
I dati del Barometro 2025 presentato dall’AISM evidenziano per altro che sono tutte le 144.000 persone con sclerosi multipla del nostro Paese a rischio di esclusione: il 78%, infatti, risulta avere almeno un bisogno insoddisfatto, mentre il 33,8% ne ha tre o più, senza risposte adeguate. Il 76,5%, inoltre, ha vissuto almeno una discriminazione, sul lavoro, con la burocrazia, nei servizi essenziali, mentre il 50% di chi lavora teme di perdere il posto, perché il mercato non si adatta a chi ha una malattia cronica o una disabilità. Il costo sociale complessivo medio della SM è di 46.400 euro annui per persona, cifra che sale a oltre 63.000 euro nei casi più gravi. In questi, le famiglie arrivano a spendere di tasca propria oltre 14.000 euro l’anno, soprattutto per coprire i costi dell’assistenza.
«La sclerosi multipla – annotano dall’AISM – costa alla società italiana 6,7 miliardi di euro all’anno e tuttavia, la spesa pubblica per persona con sclerosi multipla si attesta tra i 22.000 e i 23.000 euro annui, senza incrementi proporzionali all’aumento della disabilità, evidenziando l’inadeguatezza delle risposte nei casi più gravi. Non si tratta quindi “solo” di un problema di equità, ma anche di efficienza del sistema, dal momento che la perdita di occupazione delle persone con sclerosi multipla e dei loro caregiver genera un impatto economico stimato in 2,5 miliardi di euro di Prodotto Interno Lordo persi ogni anno. Troppe persone, dunque, vengono dimenticate, affrontano da sole la malattia o pagano di tasca propria ciò che dovrebbe essere garantito. È tempo dunque di cambiare paradigma: la sclerosi multipla è una condizione complessa e in continua evoluzione, e non può più essere gestita con approcci frammentari. Serve una presa in carico realmente personalizzata, equa, proattiva. Occorre una rete strutturata, integrata, in grado di intercettare chi rischia di restare escluso, con investimenti tempestivi su ciò che migliora davvero la qualità della vita».
«Non possiamo accettare il rischio – afferma Francesco Vacca, presidente dell’AISM. che decine di migliaia di persone restino escluse perché i servizi non si attivano. Il nostro Barometro è un richiamo urgente a costruire una rete integrata e umanizzata che oggi, per molti, non esiste. Come AISM, mettiamo a disposizione il nostro impegno per un’Agenda condivisa che assicuri, a ogni persona, il diritto a realizzare il proprio progetto di vita».
«Serve un nuovo patto tra sanità, sociale, territorio e persone – aggiunge Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM –, rendendo pienamente operativi i PDTA (Piani Diagnostici Terapeutici Assistenziali), rafforzando la rete dei Centri che si occupano di sclerosi multipla, investendo in processi come il Progetto di Vita previsto dalla Riforma della Disabilità. Ogni persona può diventare Hard to Reach se il sistema non reagisce prontamente: un servizio che si interrompe, un caregiver che cede, un farmaco che cambia. Parlare di sostenibilità significa investire in terapie precoci, riabilitazione, supporto psicologico, lavoro. E questo approccio che promuoviamo non vale solo per la sclerosi multipla, ma è applicabile anche alle altre patologie neurodegenerative e con tutta probabilità anche a molte altre patologie croniche».
Interpretando dunque il Barometro 2025 non solo come un’indagine, ma anche come un’opportunità, l’AISM, in occasione della Giornata Mondiale di oggi, 30 maggio, ha voluto lanciare una nuova grande consultazione pubblica per l’Agenda della Sclerosi Multipla e Patologie Correlate verso il 2030, «un percorso condiviso per ripensare il sistema di presa in carico, abbattere le barriere e garantire diritti e servizi adeguati a tutte le persone con sclerosi multipla». «Invitiamo tutte le persone con sclerosi multipla, le famiglie, i professionisti e le istituzioni – dichiara Vacca a tal proposito -, a contribuire, perché solo insieme possiamo costruire un futuro più giusto, inclusivo e davvero centrato sulla persona. Noi continuiamo a fare la nostra parte, con 30 cantieri aperti e #1000azionioltrelaSM, per portare le istanze delle persone con disabilità dentro ogni riforma – dal piano sanitario al sistema di welfare – e per scrivere, insieme, l’Agenda della Sclerosi Multipla 2030». (S.B.)
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«Con Guardare oltre invitiamo questi giovani ad aprire uno sguardo nuovo, fatto di inclusione e rispetto. È un progetto in cui crediamo molto e che siamo certi possa contribuire a creare nuova consapevolezza, anche e soprattutto nelle nuove generazioni»: così Rodolfo Dalla Mora, disability manager del Comune di Treviso e presidente della SIDIMA (Società Italiana Disability Manager), si esprime sul progetto Guardare oltre, iniziativa di educazione all’inclusione e alla cittadinanza attiva avviata nei giorni scorsi all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni della città veneta, voluta allo scopo di sensibilizzare i giovani detenuti al valore della diversità, accompagnandoli in un percorso formativo e umano alla scoperta dell’altro e di se stessi.
A guidare i giovani sarà lo stesso Dalla Mora, attraverso incontri tematici, testimonianze e attività esperienziali pensate per abbattere stereotipi e pregiudizi, sviluppare empatia e promuovere una visione positiva della disabilità come elemento di arricchimento della comunità.
All’evento di apertura hanno partecipato Barbara Fontana, direttrice dell’Istituto Penale per Minorenni di Treviso, Gloria Tessarolo, assessora alla Città Inclusiva del Comune di Treviso, Luigi Caldato, consigliere comunale e presidente della Commissione Sociale e Salvatore Pellicano, sostituto commissario coordinatore Salvatore Pellicano.
«Questo progetto – ha dichiarato per l’occasione Tessarolo – è un esempio concreto di come la rieducazione possa passare attraverso il riconoscimento dell’altro. Parlare infatti di diversità in un contesto come l’Istituto Penale per Minorenni significa restituire ai giovani detenuti strumenti per abbracciare la cultura della civiltà, del rispetto e della responsabilità. La vera inclusione nasce dalla consapevolezza che ogni persona, con le proprie fragilità e unicità, ha un valore».
Da ricordare in conclusione che l’iniziativa è stata resa possibile grazie al supporto di Maria Concetta Bonetti, coordinatrice scolastica del CPIA Alberto Manzi di Treviso (ove CPIA sta per Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti), nell’àmbito di una rete tra l’Istituto Penale per Minorenni, il Comune di Treviso e la CPIA stessa, fondata sulla collaborazione istituzionale e sull’impegno condiviso per la crescita personale e sociale dei giovani coinvolti. (S.B.)
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Terza edizione, l’1 e il 2 giugno, per la bella manifestazione denominata Magie della Natura, promossa a Campo San Martino (Padova), dalla locale Amministrazione Comunale, in collaborazione con la Pro Loco comunale e varie diverse realtà produttive del territorio, nella cornice del Parco di Villa Breda, il tutto con l’obiettivo di raccogliere fondi per la ricerca sulla SLA (sclerosi laterale amiotrofica), sostenuta dalla Fondazione ARISLA.
Il programma delle due giornate prevede differenti attività per gli adulti e i più piccoli, per godere pienamente delle bellezze naturalistiche del territorio, ma anche per degustare i prodotti locali a chilometro zero, grazie all’allestimento dei mercatini; si potrà inoltre partecipare a diverse iniziative di gruppo e a momenti di confronto, anche accompagnati dai propri amici a quattro zampe, che avranno un’area dedicata. Per i bambini, infine, ci saranno numerose zone dedicate al loro divertimento. (S.B.)
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Perché il 3 giugno, dalle 17 in poi, alla Casa di Quartiere Ca’ Solare di Bologna (Via Del Pilastro 5, Bologna), si chiamerà Un Festival Inutile, la serata per tutte le età, tra stand, giochi e attività, accompagnate da cibo e musica, promossa dalla Cooperativa Accaparlante, in collaborazione con alcune realtà e associazioni del Pilastro di Bologna?
«Questa iniziativa – spiegano da Accaparlante – che sarà anche l’occasione per ospitare la nostra festa annuale, si ispira idealmente alle Macchine Inutili di Bruno Munari, i cui presupposti sono stati anche al centro di un laboratorio a cura del Progetto Calamaio, il gruppo educativo integrato della nostra Cooperativa, che nell’autunno dello scorso anno ha coinvolto numerose persone con e senza disabilità. Proprio le Macchine Inutili, infatti, sono state per il Progetto Calamaio il punto di partenza per liberare fantasia e creatività, uscendo dall’uso ordinario delle carrozzine e degli ausili, per dare vita a opere ironiche e personali che hanno risposto ai desideri e ai bisogni più intimi dei partecipanti, svincolati da necessità pratiche, per il piacere di inventare e divertirsi».
Dalle macchine alle persone, dunque, il passo è stato breve: «“Inutile” – aggiungono infatti da Accaparlante – è oggi anche chiunque venga considerato diverso e improduttivo: migranti, anziani, donne, persone con disabilità, senza fissa dimora, persone in stato di povertà educativa, ma anche chi lavora nel mondo della cultura e nel sociale. E invece queste persone sono quelle che, nella loro eterogeneità, compongono la nostra società e che, ogni giorno, come accade al Pilastro, la storica periferia della città di Bologna, danno il loro contributo per renderla viva e ricca di possibilità».
Ecco quindi perché si chiamerà Un Festival Inutile, nome decisamente appropriato, l’evento che il 3 giugno aprirà gli spazi di Ca’ Solare alla città di Bologna, con una ricca proposta per adulti e bambini alla scoperta delle singole, “inutili”, realtà che la compongono, tra attività educative e ludiche, proposte di lettura, stand e sport, tutte a ingresso libero e senza prenotazione. (S.B.)
Ringraziamo Valeria Alpi per la collaborazione.
A questo link è disponibile il programma completo. Per altre informazioni: tristano.redeghieri@accaparlante.it.L'articolo Un “Festival Inutile” a Bologna, per liberare fantasia e creatività proviene da Superando.