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Rita Consiglio, in arte “Esmeralda”, artista a tutto tondo dal cuore gitano

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Cantante, attrice e scrittrice, Rita Consiglio ha scelto di chiamarsi “Esmeralda” per la sua visione dell’artista, quella di una gitana, anima errante in giro per il mondo, “libera libera libera”, come recita la sua ultima canzone. Con lei abbiamo parlato di arte, cinema e anche della sua cecità, scendendo poi nell’affascinante quanto essenziale mondo delle audiodescrizioni Rita Consiglio (“Esmeralda”)

A prescindere dalla modalità con cui uno lavori, la professione acquisisce valore aggiunto se ti permette di entrare in contatto con personalità arricchenti. Io, che da più di quindici anni audiodescrivo per professione, non dimentico mai di fare la conoscenza e ascoltare il parere dei veri fruitori dei miei copioni: gli spettatori ciechi e ipovedenti che fieramente rivendicano un cinema accessibile. Tra i tanti amici, fruitori delle mie audiodescrizioni, molti mi testimoniano con le loro esperienze di vita che ogni ostacolo è sormontabile se accompagnato da passione e talento.
La persona che vorrei presentare oggi, di passione e talento ne ha da vendere: è Rita Consiglio, in arte “Esmeralda”, cantante, attrice e scrittrice. Questo suo nome d’arte – racconta lei stessa – nasce dalla visione che ha dell’artista, ovvero quella di una gitana, anima errante in giro per il mondo, “libera libera libera”, come recita la sua ultima canzone.
Esmeralda, che è la gitana per eccellenza, cela in sé un significato molto importante, ovvero quello della “speranza” e della “rinascita”. Concetti che Rita rivendica ardentemente con la sua produzione e la sua esperienza di vita. L’ho intervistata per Superando: abbiamo parlato di arte e cinema, scendendo poi nell’affascinante quanto essenziale mondo delle audiodescrizioni.

Come ti sei accostata al mondo della musica, della recitazione teatrale e della scrittura?
«Tutto è avvenuto gradualmente. Mio padre mi ha iscritta a una scuola di canto di Palermo, dopo essersi reso conto che in macchina cantavo continuamente le canzoni di Celine Dion o Barbra Streisand. L’ho approfondito nel conservatorio di Carini, con quella che è ancora la mia insegnante che mi segue e supporta nel mio percorso artistico.
La passione per il teatro l’ho coltivata fin da piccola durante le recite scolastiche. Nel 2019 ho frequentato un corso di dizione e lettura espressiva prima e un corso di teatro vero e proprio poi. Il mondo della voce in tutte le sue sfaccettature mi ha sempre affascinato: già da piccolina ascoltavo con molta attenzione i doppiatori, cercando di imitarne il modo di parlare e divertendomi a cambiare voce e tono a seconda delle situazioni.
Alla scrittura, invece, mi sono avvicinata più tardi, dopo il Covid. Improvvisamente, ho sentito l’esigenza di buttare fuori quello che avevo dentro non solo con il canto, ma anche con la scrittura. Ho pubblicato alcune opere in una collana antologica e due libri di poesie, di cui uno interamente mio. Trovo che tutte queste discipline siano intrinsecamente collegate, tant’è che con la poesia autobiografica La regina scalza, ripercorro il mio primo giorno sul palco come “Esmeralda” – poesia che mi è valsa il secondo posto al Premio Internazionale Ovidio».

Quali sono i traguardi artistici di cui vai più fiera?
«In primis la pubblicazione del mio primo singolo Libera libera libera, pubblicato lo scorso 18 dicembre con la Tilt Music Production. Ne vado fiera perché è un brano arrivato dopo anni di studio, sacrificio e dedizione: qualcuno finalmente si è accorto di Esmeralda e di quello che voleva regalare al mondo. Da questo brano, scaturirà il mio primo concerto, Esmeralda love musical, a Cherasco (Cuneo) il 21 febbraio, un traguardo che riempie il mio cuore di gioia.
C’è inoltre la passione per il flamenco: il look di Esmeralda è prettamente gitano, andaluso, e mi aiuta a esprimere ciò che sento quando sto sul palco. Con la mia maestra di ballo sono già riuscita a fare due saggi: c’è ancora molto da lavorare, ma è bellissimo poter fare anche questo.
Infine, una delle emozioni più belle del 2024 è stata la vincita del Premio Unica Voce a Forlì. Per un’artista che ha fatto della sua voce il suo mondo, credo non ci sia premio più bello.
Un’altra soddisfazione è un romanzo a cui sto lavorando attualmente, nel quale denuncio la Grande Retata dei Gitani – un fenomeno storico di deportazione e persecuzione accaduto nel XVIII secolo di cui ancor oggi nessuno parla e che invece ha destato il mio interesse, vista la passione che ho per il mondo andaluso».

La copertina del singolo “Libera, libera, libera”

Hai mai vissuto la cecità come un vincolo nella realizzazione della tua carriera?
«Sì, mi è capitato più volte. Mai per causa mia: sono sempre stata disposta ad adattarmi e ad imparare perché l’arte è il mio mondo. È stato per causa d’altri: in primis, alcuni insegnanti delle superiori che mi impedirono di fare teatro per “non prendersi responsabilità”. Oggi posso dire con soddisfazione che sia nella compagnia teatrale in cui recitavo l’anno scorso sia in quella attuale sono l’unica ad avere una disabilità. Gli stolti si incontrano ovunque. Diciamo che parto sempre un po’ prevenuta, in maniera che qualora arrivi un “no” sono già preparata psicologicamente».

Qual è il tuo rapporto con il cinema e la televisione? Fruisci spesso di audiodescrizioni?
«Ho sempre guardato la televisione, fin da piccola. I miei genitori sono sempre stati appassionati di film e serie televisive, delle quali spesso mi descrivevano le immagini. È per questo che ho cominciato a usufruire delle audiodescrizioni solo più avanti. Sono particolarmente appassionata di gialli e film d’azione, per i quali non è sempre facile audiodescrivere, per la frenesia delle clip su schermo. Tra le audiodescrizioni più belle che ho ascoltato, ricordo con piacere quelle del Commissario Montalbano».

Dal tuo punto di vista, come valuteresti la situazione delle audiodescrizioni in Italia, in termini di quantità, ma soprattutto di qualità?
«Quantitativamente la situazione potrebbe essere migliore: i cartoni animati, per esempio, scarseggiano. Per un bambino affetto da cecità è praticamente impossibile usufruirne, a meno che gente vedente non si metta lì a spiegargli per filo e per segno ciò che succede. Questo è spesso impraticabile, dal momento che anche i cartoni sono sempre meno parlati.
Qualitativamente, per me una buona audiodescrizione parte anche e soprattutto dalla dizione di chi speakera, dal suo timbro vocale. Capita spesso negli audiolibri di sentire lettori inascoltabili o carenti di empatia. Lo stesso vale anche per le audiodescrizioni. Da qui, la necessità e l’urgenza di investire di più nelle audiodescrizioni. Adeguarsi al mondo che corre significa anche non lasciare indietro chi ha voglia di correre, ma è costretto ad andare un po’ più piano».

Quando guardi un film o un episodio, che cosa apporta a te un’audiodescrizione che reputi ben fatta?
«Un’audiodescrizione ben fatta apporta qualcosa in più a chi sta guardando: dà completezza alla fruizione con quel tassello mancante di cui si sentiva il bisogno. È bello poter guardare un film sapendo di non dipendere da chi è con te, che spesso non sa neppure quale sia il modo giusto per descriverti ciò che vede. Ricordo che spesso, da piccola, è capitato che mia madre mi dicesse: “Dunque, aspetta, e come te lo posso spiegare?”. Non sempre chi guarda con te, seppur vivendo tutti i giorni la situazione, sa come approcciarsi al giusto modo per descrivere: serve una figura professionale. Credo sia importante dare la propria testimonianza, collaborare affinché le audiodescrizioni siano fatte sempre meglio. I suggerimenti da parte di chi vive il problema della cecità possono essere un contributo importante per chi si troverà a descrivere».

Credo che questa intervista con l’artista Esmeralda sia stata certamente capace di apportare un esempio più che positivo a quanti possono avere intenzione di fare, ma che per questo o quel motivo ancora attendono o ci ripensano. D’altro canto, il dialogo con la Rita fruitrice non ha mancato di fornire importanti spunti per capire quale sia la visione dell’audiodescrizione e che cosa si possa fare per migliorare questo ausilio che aspetta già da troppo tempo un riconoscimento ufficiale per dare tanto ai professionisti quanto ai fruitori il valore che meritano. Nel frattempo, abbandoniamoci all’ascolto di questo nuovo singolo di Esmeralda: Libera, libera, libera.

*Adattatrice di dialoghi, audiodescrittrice, docente universitaria, attualmente al lavoro al suo quinto libro. Ne segnaliamo anche, sempre sulle nostre pagine (a questo, questo e questo link), i recenti contributi intitolati “La buona audiodescrizione di un ‘teen drama’”, “L’audiodescrizione del film ‘Sei nell’anima’, che racconta l’ascesa di Gianna Nannini” e “Accessibilità al quadrato: l’audiodescrizione di ‘All Blinds – Il baseball come non lo avete mai visto’”.

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Osservatorio Nazionale: il documento finale del Gruppo di Lavoro sulla violenza nei confronti delle donne con disabilità

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È stato reso pubblico il documento finale elaborato dal Gruppo di Lavoro sulla violenza nei confronti delle donne con disabilità dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità. Esso non contiene misure esigibili, limitandosi a proporre suggerimenti che – forse – potrebbero confluire nel prossimo Piano di azione sul contrasto alla violenza cui sta lavorando l’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne

Come riferito a suo tempo, nella riunione dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità svoltasi il 3 dicembre scorso, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, è stato approvato all’unanimità, tra le altre cose, il documento finale del Gruppo di Lavoro sulla violenza nei confronti delle donne con disabilità. La costituzione di quest’ultimo era stata annunciata dalla ministra per le Disabilità Locatelli il 25 novembre 2023, nel corso di una riunione straordinaria dell’Osservatorio legata alle celebrazioni della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, riunione cui aveva preso parte anche la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Roccella.
Scopo del Gruppo, i cui lavori sono iniziati il 26 marzo dello scorso anno, concludendosi il 9 luglio successivo, era, appunto, produrre un documento con delle indicazioni da proporre al Comitato Tecnico dell’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne. Ora il documento in questione è stato reso pubblico. La denominazione di esso è Documento finale del Gruppo di lavoro sulla questione della violenza contro le donne con disabilità dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità ed è disponibile (in formato pdf) a questo link.

Prima di entrare nel merito dei contenuti, va specificato che questo documento non contiene misure esigibili, ma si limita a proporre suggerimenti che – forse – potrebbero confluire nel prossimo Piano di azione sul contrasto alla violenza a cui sta lavorando l’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne. Dunque, al momento non è possibile dire se e in che modo tali suggerimenti saranno recepiti. Veniamo ora ai contenuti più rilevanti.
Preliminarmente va segnalato che il documento in esame è suddiviso in tre parti che affrontano i seguenti aspetti: Accessibilità della comunicazione e dell’informazione, Standard minimi dei Centri antiviolenza (CAV) e delle Case rifugio e Linee guida sulla violenza contro le donne con disabilità e formazione delle operatrici.
Una nota introduttiva informa che il testo «è stato realizzato sulla base dei contributi presentati, discussi e condivisi nell’àmbito del Gruppo di lavoro sulla questione della violenza contro le donne con disabilità costituito nell’ambito dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità», e che vi hanno preso parte i/le rappresentanti delle Amministrazioni, Enti e Associazioni che già partecipano ai lavori dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità (l’elenco di tali soggetti è pubblicato a pagina 2).
Nella Premessa, tra le altre cose, viene specificato che la violenza nei confronti delle donne con disabilità presenta caratteristiche peculiari, che può essere agita da estranei, ma anche da parte di caregiver familiari e conviventi, in àmbito domestico e negli spazi di cura, ricovero ed accoglienza.
Viene inoltre rilevato come, ad oggi, «l’assistenza ed il supporto alle vittime nei percorsi di uscita dalla violenza sono spesso pensati in riferimento a donne, per lo più, che non presentano alcun tipo di disabilità», e che il proposito di modificare questa situazione «alimenta veri e propri obblighi giuridici, etici, morali e sociali» (pagina 4, grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni testuali).

Nell’Introduzione viene opportunamente richiamato l’articolo 6 (Donne con disabilità) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09), che riconosce come le donne con disabilità siano esposte a discriminazione multipla (un tipo di discriminazione che si basa su più fattori, nel caso specifico: il genere e la disabilità).
Sono poi riportati gli ultimi dati ISTAT disponibili (desunti dal rapporto La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. Anno 2014), da cui risulta che le donne con disabilità sono più esposte a tutte le forme di violenza di genere rispetto alle altre donne.
Viene quindi segnalata la frammentarietà e la parzialità nella rilevazione dei dati sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne con disabilità, e si considera come «fondamentale» che il sistema integrato di rilevazione dei dati «generi flussi strutturati d’informazioni fruibili a livello nazionale e locale, con dati disaggregati per le diverse condizioni, in particolare per l’eventuale condizione di disabilità della vittima di violenza e la sua relazione con l’autore o gli autori della violenza. L’importanza dei dati statistici e la loro capacità di fornire una comprensione dettagliata e accurata della portata e della natura di questo fenomeno forniscono una solida base per l’elaborazione di politiche e interventi mirati anche normativi» (pagina 8).

In un ulteriore passaggio viene segnalato che l’Italia ha ratificato altri due trattati specificamente centrati sulle questioni di genere: la CEDAW (ovvero la Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, la cui ratifica è stata prevista dalla Legge 132/85), e la Convenzione di Istanbul (ossia la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, ratificata dal nostro Paese con la Legge 77/13).
Vengono poi elencati i principali provvedimenti programmatici (i diversi Piani d’azione) e normativi adottati dal nostro Paese in ottemperanza degli impegni scaturiti dalla ratifica delle ultime due Convenzioni menzionate, e altre disposizioni inerenti all’area della disabilità.
Il documento da un lato riconosce che «il contrasto alla violenza sulle donne con disabilità richiede un approccio sistemico basato sulla sensibilizzazione, l’educazione, la legislazione e l’azione concreta», ma poco più avanti precisa che «sul piano finanziario le azioni, le finalità e gli obiettivi indicati nel presente Documento dovranno essere conseguiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente» (pagine 9). E tuttavia è abbastanza irrealistico credere che si possa realizzare «un approccio sistemico» senza che a tale scopo vengano destinate risorse specifiche.

Per quel che riguarda gli aspetti descrittivi del documento rinviamo a una lettura dello stesso, mentre proponiamo a questo link quelli che si configurano quali suggerimenti, giacché, come accennato, essi sono presentati come mere possibilità. Qualche esempio può aiutare a comprendere meglio in cosa si concretizza questa modalità.
Pertanto, laddove l’articolo 9 (Accessibilità) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità prescrive che «gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione», nel documento si scrive, invece, che «si potrebbero creare campagne di sensibilizzazione, accessibili, che mettano in evidenza la violenza contro le donne con disabilità» (pagina 16). Dunque da un lato la Convenzione ONU dispone delle prescrizioni molto precise in materia di accessibilità all’informazione, dall’altro vi è un documento che considera la creazione di campagne di sensibilizzazione accessibili in tema di violenza come mera possibilità.
Altro esempio: davanti alla constatazione che la quasi totalità della Case rifugio si sono dotate di criteri di esclusione dall’accoglienza delle donne con particolari vulnerabilità (tra cui figurano le donne con disabilità) e dei loro figli e figlie – una pratica in palese contrasto con il principio di non discriminazione esplicitato con forza nell’articolo 4 della Convenzione di Istanbul –, il documento si limita a suggerire che «è auspicabile garantire che i servizi antiviolenza non adottino criteri di esclusione nell’accoglienza delle donne, ma costituiscano, invece, reti territoriali finalizzate alla presa in carico delle donne, vittime di violenza, esposte a discriminazioni multiple» (pagina 26).
Qui possiamo osservare come l’impiego dell’aggettivo auspicabile – che, stando al Vocabolario Treccani, viene utilizzato «per lo più in funzione di predicato con valore neutro: è a. che tutto proceda bene» – si presti ad essere inteso come una blanda esortazione al superamento di questa pratica che fa sì che proprio le donne vittime di violenza che hanno particolari vulnerabilità, e che dunque avrebbero maggiore bisogno di sostegni, vengano respinte dai servizi antiviolenza e abbandonate a loro stesse.

Questo approccio possibilista che permea il documento ha un effetto decisamente dissonante, specie se il testo in esame viene messo a confronto con i molteplici richiami rivolti al nostro Paese, anche sugli specifici aspetti relativi alla violenza nei confronti delle donne con disabilità, nel primo, e per ora unico, Rapporto di valutazione sull’attuazione alla Convenzione di Istanbul in Italia, pubblicato dal GREVIO (il Gruppo indipendente preposto al monitoraggio sull’applicazione della medesima Convenzione) nel gennaio 2020. In questo Rapporto il GREVIO, tra le altre cose, osservava come, sebbene i gruppi di donne svantaggiate (tra i quali rientrano anche le donne con disabilità) siano considerati nelle politiche di contrasto alla violenza sulle donne predisposte dal nostro Paese, tuttavia tali politiche non prevedono – per questi gruppi – obiettivi operativi concreti e impegni in tutti i settori della prevenzione, della protezione delle vittime, della punizione dei colpevoli e delle politiche coordinate (punto 24: in merito a come il tema della disabilità è stato trattato nel Rapporto in questione segnaliamo l’analisi presente a questo link). Ecco, sono passati ben cinque anni dalla pubblicazione del Rapporto del GREVIO e dunque sarebbe ora che, riguardo al fenomeno della violenza sulle donne con disabilità, il nostro Paese qualche impegno concreto iniziasse a prenderselo. Cosa stiamo aspettando?

Ringraziamo Silvia Cutrera per la segnalazione.

*Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Un premio alle tesi di laurea che approfondiscono temi importanti per il mondo della disabilità

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Noemi Del Negro e Alessandro Tosolini verranno premiati il 13 febbraio a Udine, nell’àmbito della tradizionale iniziativa promossa annualmente dalla Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con le Università di Udine e Trieste, rivolta ai giovani studenti e studentesse che con il loro lavoro abbiano approfondito temi importanti per il mondo della disabilità

Noemi Del Negro, laureatasi all’Università di Udine, sul tema Il ruolo dell’educatore professionale nel Parent Training e la necessità di accompagnamento educativo per genitori di minori con disturbo dello spettro autistico e Alessandro Tosolini, laureatosi all’Università di Trieste, con la tesi intitolata L’inclusione professionale delle persone con disabilità in una Repubblica fondata sul lavoro: saranno loro ad essere premiati il 13 febbraio a Udine (Sala Pasolini del Palazzo della Regione, Via Sabbadini, 31, ore 11), nell’àmbito della tradizionale iniziativa promossa annualmente dalla Consulta Regionale delle Associazioni delle Persone con Disabilità e delle loro Famiglie del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con gli Atenei di Udine e Trieste, rivolta ai giovani studenti e studentesse che con il loro lavoro abbiano approfondito temi importanti per il mondo della disabilità.
Come sempre, parteciperanno alla cerimonia vari rappresentanti istituzionali, a partire dall’assessore regionale Riccardo Riccardi, insieme a Mario Brancati, presidente della Consulta Regionale e ad Alberta Gervasio, presidente della Banca di Cividale che contribuisce all’iniziativa. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@consultadisabili.fvg.it.

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31 scuole contattate e altrettanti rifiuti per il ragazzo con disturbo dello spettro autistico!

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«Questo episodio evidenzia una grave lacuna nel sistema educativo italiano riguardo all’inclusione scolastica degli studenti e delle studentesse con disabilità»: così la Federazione FISH, che sulla vicenda chiede anche un intervento del Ministro dell’Istruzione e del Merito, commenta quanto accaduto a Milano a un quindicenne con disturbo dello spettro autistico, la cui famiglia ha contattato 31 istituti scolastici senza riuscire a trovarne uno disposto ad accoglierlo

«Questo episodio evidenzia una grave lacuna nel sistema educativo italiano riguardo all’inclusione scolastica degli studenti con disabilità. Infatti, nonostante le normative vigenti promuovano l’inclusione, casi come questo dimostrano che la realtà è ancora lontana dagli obiettivi prefissati»: così la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglia) commenta quanto accaduto a Milano a un quindicenne con disturbo dello spettro autistico di forma severa, la cui famiglia ha contattato 31 istituti scolastici senza riuscire a trovarne uno disposto ad accoglierlo.

«Sottolineiamo con forza – dichiarano ancora dalla Federazione – l’urgenza di garantire il diritto all’istruzione per tutti gli studenti e studentesse, indipendentemente dalle loro condizioni. È inaccettabile che famiglie come quella di questo ragazzo si trovino a dover affrontare tali ostacoli nell’accesso all’educazione: infatti, l’assenza di risposte da parte di decine di istituti scolastici non è solo un fallimento del sistema educativo, ma una violazione dei princìpi fondamentali di equità e inclusione sanciti dalla Costituzione Italiana e dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che già da sedici anni è la Legge 18/09 dello Stato Italiano».

«Chiediamo al ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara – è l’istanza del presidente della FISH Vincenzo Falabella – di inviare con urgenza ispettori per effettuare le necessarie verifiche e controlli e qualora venissero riscontrate delle violazioni, sollecitiamo interventi decisi e l’applicazione di sanzioni adeguate per garantire il rispetto del diritto all’istruzione per tutti gli studenti».
«Da parte nostra – aggiunge – rinnoviamo l’impegno a sostegno delle persone con disturbo dello spettro autistico e delle loro famiglie, lavorando per garantirne la piena partecipazione nella società e l’accesso alle opportunità di sviluppo e realizzazione personale. Continueremo infatti a batterci per un sistema scolastico realmente inclusivo, che non lasci indietro nessuno e che sappia trasformare i princìpi dell’inclusione in azioni concrete e strutturali». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Il licenziamento del lavoratore con disabilità per superamento del periodo di comporto – Corte di Cassazione Ord. n. 170/2025

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L’ordinanza n. 170/2025 della Corte di Cassazione pubblicata il 7 gennaio 2025, affronta un tema di rilevante impatto per la tutela dei lavoratori con disabilità: il licenziamento per superamento del periodo di comporto, ovvero il numero massimo di giorni di assenza dal lavoro per malattia prima che il datore di lavoro possa legittimamente recedere dal rapporto di lavoro.

Il Caso

La Corte di Appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto le domande di impugnativa del licenziamento da una società nei confronti di un lavoratore, per il superamento del periodo di comporto.

La Corte, accertato che il lavoratore è persona con disabilità, non ha tuttavia condiviso l’assunto del giudice di primo grado secondo cui l’applicazione del periodo di comporto tanto ai lavoratori normodotati quanto ai lavoratori con disabilità costituisse una discriminazione indiretta.

L’impugnazione del lavoratore innanzi al Supremo Consesso è stata articolata in 7 motivi.

Ritenuto infondato il primo, la Corte ha invece ritenuto fondato il secondo, esaminabile assieme al quinto, ritenendo l’esame degli altri motivi assorbiti dall’accoglimento dei due di cui sopra.

Il secondo ed il quinto motivo vertevano sulla “violazione e/o la falsa applicazione della direttiva 2000/78/CE per avere la sentenza impugnata negato che l’applicazione del medesimo periodo di comporto al disabile e a chi tale non è costituisca discriminazione indiretta anxche ai sensi del diritto dell’Unione” e “sulla violazione e/o falsa applicazione delle direttive 97/80/CE 2006/54/CE e del Dlgs 198/2006 lamentando che i giudici d’appello avrebbero violato il principio secondo cui un comportamento oggettivamente discriminatorio si presume tale fino a prova contraria”.

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Prima di esaminare gli aspetti giuridici della sentenza, occorre ricordare che il periodo di comporto è regolato dall’art. 2110 del Codice Civile, che consente al lavoratore assente per malattia di conservare il posto di lavoro entro un limite temporale previsto dal contratto collettivo o dalla legge. Superato questo periodo, il datore di lavoro può procedere al licenziamento.

Tuttavia, quando il lavoratore è una persona con disabilità, si pongono alcuni interrogativi giuridici fondamentali come ad esempio:

  1. Il periodo di comporto va applicato rigidamente anche ai lavoratori con disabilità?
  2. Il datore di lavoro ha un obbligo di applicare gli “accomodamenti ragionevoli” prima di licenziare il dipendente?
  3. La normativa italiana ed europea tutela in modo specifico i lavoratori con disabilità?

L’ordinanza n. 170/2025 della Cassazione sembra rispondere proprio a queste domande, chiarendo la portata degli obblighi del datore di lavoro e i limiti del licenziamento.

I Profili Giuridici

Dall’analisi della sentenza emergono tre aspetti chiave.

La Corte richiama in maniera indiretta il principio di uguaglianza e non discriminazione, sancito dall’art. 3 della Costituzione Italiana, l’art. 5 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che impone agli Stati di garantire parità di trattamento nel lavoro e la Direttiva 2000/78/CE, che regola la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte chiarisce che il licenziamento per superamento del comporto non può essere automatico, ma deve essere valutato caso per caso, per evitare che si traduca in una discriminazione indiretta.

Per discriminazione indiretta ricordiamo che si intende come quella situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente, in base a un determinato fattore c.d. di rischio (discriminatorio), di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga .

Nel caso in esame, la conoscenza della condizione di disabilità del lavoratore, o la possibilità di conoscerlo secondo l’ordinaria diligenza, da parte del datore di lavoro, fa sorgere l’onere datoriale, a cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore, di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l’eventualità che le assenze per malattia del dipendente siano connesse alla condizione di disabilità al fine di individuare possibili accomodamenti ragionevoli la cui adozione presuppone l’interlocuzione ed il confronto tra le parti che costituiscono una fase ineludibile della fattispecie complessa del licenziamento.

Si pone pertanto l’accento su un aspetto fondamentale facendone, a sommesso parere di chi scrive, un punto centrale dell’ordinanza; il richiamo all’obbligo del datore di lavoro di adottare accomodamenti ragionevoli prima di procedere al licenziamento.

La Corte infatti statuisce che il datore di lavoro non può licenziare un lavoratore con disabilità senza aver prima verificato la possibilità di assegnarlo a mansioni compatibili con la sua condizione, che l’azienda deve dimostrare di aver esplorato alternative meno impattanti per il lavoratore, come il lavoro agile, una riduzione dell’orario o altre misure di supporto e se il datore non adotta queste misure e procede direttamente al licenziamento, il provvedimento potrebbe essere dichiarato discriminatorio e nullo.

Occorre inoltre ricordare che, in caso di contestazione, spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento non è discriminatorio, che l’azienda ha tentato ogni soluzione ragionevole prima di licenziare il dipendente e che il mantenimento del lavoratore avrebbe comportato un onere sproporzionato per l’impresa.

Se il datore di lavoro non riesce a dimostrare questi elementi, il licenziamento potrebbe essere considerato illegittimo.

Le conseguenze pratiche dell’ordinanza.

L’ordinanza n. 170/2025 ci pone di fronte a numerose conseguenze pratiche.

E’ indubbio che essa rappresenta un rafforzamento delle tutele per i lavoratori con disabilità ed in particolare:

  1. Un minor rischio di licenziamento: il datore di lavoro non potrà più licenziare automaticamente per superamento del comporto, ma dovrà prima ottenere informazioni circa le assenze per malattia e la loro connessione con la condizione di disabilità del lavoratore per poi, se vi sia connessione, valutare soluzioni alternative.
  2. Possibilità di rientro con accomodamenti ragionevoli: il lavoratore potrà richiedere forme di adattamento delle proprie mansioni.
  3. Aumento della protezione giuridica: se il datore di lavoro non rispetta questi obblighi, il lavoratore potrà impugnare il licenziamento e ottenerne l’annullamento.

Ma anche le aziende dovranno rivedere le proprie politiche di gestione del personale con disabilità, in particolare ad esempio con l’adozione di protocolli per la gestione del rientro dei lavoratori con disabilità, con delle maggiori verifiche prima del licenziamento con anche la necessità di documentare ogni tentativo di accomodamento, per evitare il rischio di contenziosi.

In conclusione l’ordinanza n. 170/2025 della Cassazione rafforza indubbiamente le tutele per i lavoratori con disabilità ed impone ai datori di lavoro un’attenta valutazione prima di procedere al licenziamento per superamento del comporto.

Questa sentenza costituisce un precedente rilevante che potrebbe cambiare il modo in cui le aziende gestiscono i lavoratori con disabilità e influenzare futuri interventi normativi e giurisprudenziali.

 

Approfondimento a cura del Centro Studi Giuridici HandyLex

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Turismo senza barriere grazie al “quad” per persone con disabilità

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Il Fondo per l’Inclusione delle Persone con Disabilità sta consentendo l’acquisto da parte di alcuni Enti Locali di “Zoom Uphill”, fuoristrada svedese per persone con disabilità, progettato per affrontare terreni difficili, che offre a persone con mobilità ridotta la possibilità di esplorare in sicurezza ambienti non accessibili con le tradizionali carrozzine elettriche. Il caso più recente è quello di Spinazzola in Puglia (Provincia di Barletta-Andria-Trani) Il fuoristrada per persone con disabilità “Zoom Uphill” a San Marino

Grazie al Fondo per l’Inclusione delle Persone con Disabilità, istituito dal Decreto Legge 41/21 (convertito con modificazioni nella Legge 69/21 e rifinanziato per altri 200 milioni nel prossimo triennio, all’interno della recente Legge di Bilancio per il 2025), il Comune pugliese di Spinazzola (Provincia di Barletta-Andria-Trani) ha potuto acquistare due fuoristrada elettrici con quattro ruote motrici, pensati per le persone con disabilità motorie.

Progettato per affrontare terreni difficili, lo Zoom Uphill è un ausilio medico elettrico 4×4 che offre appunto a persone con mobilità ridotta la possibilità di esplorare in sicurezza ambienti inaccessibili con le tradizionali carrozzine elettriche. Si tratta di un veicolo che sembra stia diventando un punto di riferimento per una serie di Amministrazioni locali impegnate nella promozione del turismo accessibile.

Oltre alla Repubblica di San Marino, primo territorio ad avere compreso la potenzialità anche turistica del mezzo, va citato il progetto Montefeltro Alternattivo promosso dall’Unione Montana del Montefeltro (Provincia di Pesaro Urbino), che ha portato all’acquisto di due Zoom Uphill grazie ai fondi del Programma di Sviluppo Rurale Europeo.
Altro caso esemplare è quello di Cortina D’Ampezzo (Belluno), dove l’Amministrazione locale, grazie al medesimo Fondo, sta sviluppando progetti per rendere le Dolomiti accessibili a tutti e tutte, soprattutto in prospettiva delle prossime Paralimpiadi Invernali del 2026. Qui due Zoom Uphill, acquisiti dal Comune, sono a disposizione di coloro che avendone i requisiti possono noleggiarli gratuitamente. (C.C.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Voci che Corrono (posta@vocichecorrono.eu).

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Per un’informazione di qualità sulle Malattie Rare

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In vista della Giornata Mondiale delle Malattie Rare del 28 febbraio, il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha organizzato per il 13 febbraio, presso la propria sede di Roma, il convegno “Qualità dell’informazione: una risorsa per i sistemi sanitari e le persone con Malattie Rare”, in collaborazione con UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare Il logo internazionale della Giornata Mondiale delle Malattie Rare

Come sempre il mese di febbraio si concluderà il 28 con la Giornata Mondiale delle Malattie Rare (il Rare Disease Day, che negli anni bisestili cade il 29), evento ideato sin dal 2008 dai pazienti e dalle loro famiglie, con l’obiettivo di promuovere la conoscenza e aumentare la consapevolezza delle molteplici sfide del complesso mondo delle Malattie Rare. E come sempre, il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) aderisce all’evento con alcune iniziative, tra cui, quest’anno, il convegno denominato Qualità dell’informazione: una risorsa per i sistemi sanitari e le persone con Malattie Rare, organizzato per la mattinata del 13 febbraio presso la propria sede di Roma (Aula Pocchiari, ore 10-13), insieme a UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare.

«In linea con il tema di questa edizione – spiegano dal CNMR dell’ISS -, focalizzato sulla ricerca declinata nelle sue varie forme, e con quanto si sta portando avanti a livello nazionale nell’implementazione del Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026 e della Legge 175/21 (Disposizioni per la cura delle Malattie Rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei Farmaci Orfani), intendiamo valorizzare con questo incontro il lavoro delle help line istituzionali dedicate alle Malattie Rare e porre l’accento sull’importanza di un’informazione di qualità che rappresenta una preziosa risorsa per i sistemi sanitari, per i professionisti in àmbito sanitario e sociale e per i cittadini/cittadine. In tal senso, abbiamo previsto uno spazio, antistante la sede del convegno, in cui verranno esposti i poster relativi a tutte le help line istituzionali dedicate alle Malattie Rare, nonché un confronto/dialogo con i rappresentanti delle Associazioni di pazienti e sulle loro attività e/o risorse informative». (S.B.)

Il programma completo del convegno del 13 febbraio è disponibile a questo link.

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“Se i social vuoi usare, impariamo a navigare”: un libro-guida sempre utile

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Oggi, 11 febbraio, è la Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete e per l’occasione l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) rilancia il libro-guida “Se i social vuoi usare, impariamo a navigare. Informazioni e consigli per connettersi in sicurezza”, pubblicato nel 2021, ma a tutt’oggi pienamente valido, con i suoi consigli per navigare in rete senza correre rischi per la salute, la privacy e la sicurezza, pensati per le persone con sindrome di Down, ma decisamente utili per tutti e tutte

Oggi, 11 febbraio, si celebra in contemporanea, in oltre cento Paesi di tutto il mondo, il SID (Safer Internet Day), ovvero la Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete, istituita e promossa dalla Commissione Europea. Per l’occasione, l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) rilancia il libro-guida di Monica Berarducci, Francesco Cadelano e Roberta Maulà, denominato Se i social vuoi usare, impariamo a navigare. Informazioni e consigli per connettersi in sicurezza, pubblicato nel 2021 da Erickosn e presentato a suo tempo anche sulle nostre pagine, ma a tutt’oggi pienamente valido, con i suoi consigli per navigare in rete senza correre rischi per la salute, la privacy e la sicurezza, pensati per le persone con sindrome di Down, e quindi scritti in un linguaggio altamente comprensibile, ma decisamente utili per tutti e tutte, a partire da familiari, operatori, insegnanti, volontari e tutti coloro che abbiano a che fare con persone con una disabilità intellettiva, o comunque con tutti i giovanissimi che si avvicinino alla rete.

Sono esattamente cinque i consigli su cui si basa il volume, il primo dei quali l’utilizzo del computer, con indicazioni utili a non affaticare gli occhi e il cervello e a mantenere i muscoli e il corpo sempre attivi. Il secondo consiglio riguarda quindi l’uso del cellulare («Quando non lo usi, cerca di tenerlo il più possibile lontano dalla tua testa e dal tuo corpo», mentre quelli successivi si soffermano soprattutto sull’uso della rete e dei social. Per quanto riguarda Facebook, «meglio dare l’amicizia solo a persone conosciute». Particolare attenzione, poi, è necessaria su TikTok, cui si riferisce il quarto consiglio: «Su TikTok si fanno delle sfide che si chiamano Challenge alcune delle quali sono belle e divertenti, come imparare i numeri con l’alfabeto muto o imparare un balletto. Alcune sfide, invece, sono brutte e pericolose. Per questo, quando ti invitano a fare una sfida, chiedi consiglio a un tuo familiare!».
Il quinto consiglio, infine, viene definito dall’AIPD come «una vera “regola d’oro”, che è sempre bene applicare per non esporsi a rischi in rete: “Pensa per cinque secondi prima di agire. Prima di pubblicare un post, fermati a pensare e fatti una domanda: ‘Mi sentirei a mio agio nel leggerlo ad alta voce, davanti ai miei genitori e ai miei nonni?’”».

«La nostra Associazione – afferma Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD – ha come obiettivo principale quello di accompagnare le persone con sindrome di Down verso la piena partecipazione e l’autonomia. In una società, quindi, in cui sempre più la realtà digitale e quella reale s’incrociano, in cui le piazze fisiche sono spesso sostituite da quelle virtuali e in cui l’intelligenza artificiale sta conquistando sempre più spazio, è nostro compito offrire ai giovani e agli adulti con sindrome di Down e alle loro famiglie strumenti che possano aiutarle a orientarsi e muoversi in sicurezza in questo mondo. E come sempre accade, ciò che è utile per chi ha una disabilità intellettiva, può certamente essere uno spunto utile anche per chi una disabilità non la ha, specialmente per i più piccoli, che muovono i primi passi nella rete. I nostri consigli e il volume che li contiene vanno in questa direzione». (S.B.)

A questo link è disponibile la registrazione di un webinar di presentazione del libro Se i social vuoi usare, impariamo a navigare. Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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Per una scelta più ampia e personalizzata degli ausili

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Nell’àmbito dei lavori della Sottocommissione Distrettuale della Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio Sanitario Nazionale, la Federazione FISH ha presentato una Memoria sulla revisione del Nomenclatore Tariffario per gli Ausili Tecnici, sollevando critiche al sistema attuale e chiedendo interventi per migliorare l’approvvigionamento e l’adeguatezza degli ausili destinati alle persone con disabilità

Nell’àmbito dei lavori della Sottocommissione Distrettuale della Commissione Nazionale per l’aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), presieduta, quest’ultima, dal Ministro della Salute e la promozione dell’appropriatezza nel Servizio Sanitario Nazionale, la FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) ha presentato in audizione una propria Memoria (disponibile integralmente a questo link), riguardante «le necessità assistenziali connesse all’erogazione degli ausili per la mobilità personale (elenco 2A e 2B allegato 5 al DPCM 12 gennaio 2017)», relativa, in altre parole, alla revisione del Nomenclatore Tariffario per gli Ausili Tecnici.

«Abbiamo sollevato critiche sostanziali sul sistema attuale – si legge in una nota della Federazione – e chiesto interventi urgenti per migliorare l’approvvigionamento e l’adeguatezza degli ausili destinati alle persone con disabilità. In particolare, abbiamo posto l’accento sulla necessità di un aggiornamento immediato delle modalità di fornitura, evidenziando soprattutto l’esigenza di ridurre i tempi minimi di rinnovo degli ausili e di escludere alcune tipologie di dispositivi dal sistema di gara d’appalto. I tempi di rinnovo attuali, infatti, risultano eccessivamente lunghi e non mantengono conto delle reali necessità delle persone con disabilità, compromettendo così il diritto alla salute e alla piena cittadinanza. L’attuale sistema, infatti, pensato per contenere la spesa pubblica attraverso la procedura di evidenza pubblica, sta portando a risultati opposti, con il ricorso ad ausili standardizzati che non rispondono alle specifiche esigenze degli utenti. Di conseguenza, molti dispositivi devono essere frequentemente sostituiti, con un aggravio economico per il Servizio Sanitario Nazionale e un pesante disagio per le persone con disabilità».

«Nella nostra Memoria, quindi, abbiamo richiesto – prosegue la nota della FISH – di escludere determinati dispositivi dalle gare d’appalto, garantendo così una scelta più ampia e personalizzata, così come abbiamo proposto che alcuni codici contenuti nell’allegato 2B vengano inseriti nell’allegato 2A. Abbiamo inoltre sollevato l’importante tema di un maggiore coinvolgimento delle persone con disabilità e delle principali associazioni di rappresentanza nei processi decisionali e nelle commissioni tecniche regionali, al fine di garantire che le scelte normative e tecniche rispondano alle reali esigenze dei cittadini e cittadine con disabilità».

«Anche in questo settore – concludono dalla Federazione – proseguiremo nel nostro impegno volto a migliorare la vita quotidiana delle persone con disabilità, promuovendo politiche che rispondano effettivamente ai loro bisogni concreti». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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“Pensiero Imprudente”: quella carrozzina del Papa che ha abbattuto muri secolari

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«Quella carrozzina dov’era seduto Papa Francesco, aprendo la Porta Santa per il Giubileo – scrive Claudio Imprudente – ha aperto le porte, non solo quelle Sante, a un nuovo pensiero, non più a quello di una mera apparenza esteriore che tende a nascondere i difetti e di conseguenza le persone con disabilità, al contrario ha riutilizzato l’imperfezione per scardinare la logica dominante» L’apertura della Porta Santa per il Giubileo, da parte di Papa Francesco

Adesso vi racconto un bel momento. Ero un bambinello molto vispo e vivace e volevo scoprire il mondo, del resto come oggi. Dalla televisione, rigorosamente in bianco e nero (perché allora non avevano ancora inventato i colori), c’era un’immagine che mi stuzzicava la fantasia e mi metteva in moto inconsciamente delle domande… L’immagine era questa, il Papa Paolo VI quando entrava in Basilica di San Pietro veniva “issato” su una poltrona alzata da quattro persone, cosicché la gente lo poteva vedere.
La cosa mi suscitava stupore e curiosità e mi chiedevo perché un uomo venisse trasportato in questo modo, allora ho chiesto ai miei genitori di portarmi a Roma, così avrei potuto vedere dal vivo cosa succedeva. Morale: i miei mi hanno portato una settimana in vacanza a Roma, così siamo riusciti ad andare in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, dove Papa Paolo VI celebrava una funzione.
Infatti il mio stupore fu esaudito, lui era proprio seduto in alto sulla sua sedia gestatoria e quattro uomini lo trasportavano dappertutto dentro alla basilica.
Nella mia mente da bambino dicevo: «Forse anche Lui ha bisogno di una carrozzina come me». Ma qualcosa non mi convinceva… non so il perché…

Passano mesi, anni, cambiano i Papi, finché Papa Bergoglio mi ha riportato in un secondo a quel momento, infatti Papa Francesco ha aperto la Porta Santa in carrozzina, ma questa volta era una vera carrozzina, sapete? Quelle classiche carrozzine blu con le ruote con i raggi e il corrimano per spingersi autonomamente.
Ma che immagine potente! In un attimo ha cambiato ruolo quella carrozzina! Da ausilio per trasportare da un luogo all’altro le persone con disabilità a un segno profetico come aprire la Porta Santa.
Aprire una porta può avere tanti significati… Aprendo la Porta Santa di San Pietro, si dà inizio al Giubileo, l’inizio dell’Anno Santo 2025, ma c’è di più: il gesto di aprire significa anche aprire la mente, la cultura, aprire a nuovi orizzonti e a nuove prospettive.
Quella carrozzina dov’era seduto Francesco, ha aperto le porte, non solo quelle Sante, a un nuovo pensiero, non più a quello di una mera apparenza esteriore che tende a nascondere i difetti e di conseguenza le persone con disabilità, al contrario ha riutilizzato l’imperfezione per scardinare la logica dominante.

C’è una canzone di Tiziano Ferro che recita: «Desidero sapere dove va a finire il sole / Se il freddo delle parole gela lo stupore / Se non ti so scaldare né curare dal rumore / Ho soltanto una vita e la vorrei dividere / Con te che anche nel difetto e nell’imperfezione / Sei soltanto… incanto, incanto» (Incanto, Tiziano Ferro, TZN -The Best Of Tiziano Ferro, ℗ 2014 Universal Music B.V.).
Per concludere la carrozzina di Papa Francesco ha spalancato altro che porte, ha abbattuto muri che erano secolari! Muri di pregiudizi, di paure e di esclusione. Che dire, Francesco dalla sua “sedia gestatoria” ha ribaltato la Storia dell’Umanità.
E voi siete pronti a farvi ribaltare?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.

*Il presente contributo, qui in versione integrale, è già apparso, leggermente ridotto, nel sito del CDH-Cooperativa Accaparlante di Bologna, con il titolo “Il papa Francesco in carrozzina” e viene qui proposto per gentile concessione.

Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.

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Hyper-Attivo Amore 3: una nuova edizione a Terni dell’evento che unisce l’ADHD all’Amore

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È in programma per il 13 febbraio a Terni la terza edizione di Hyper-Attivo Amore 3, evento che unirà ancora una volta il tema dell’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) a quello dell’Amore, attraverso le parole e insieme alla musica, al teatro e allo sport, sullo sfondo di una serie di testimonianze di vita Un’immagine di “Hyper-Attivo Amore 2” del 2024

È un evento che seguiamo sin dall’esordio, nel 2023, felicemente replicato lo scorso anno, Hyper-Attivo Amore, promosso a Terni, in occasione degli Eventi Valentiniani*, dall’AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD), avvalendosi del patrocinio del Comune di Terni. La nuova edizione dell’iniziativa, Hyper-Attivo Amore 3, si terrà nel pomeriggio del 13 febbraio, sempre presso la Sala Caffè Letterario nella Biblioteca Comunale della città umbra (ore 16.30), unendo ancora una volta il tema dell’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) a quello dell’Amore, attraverso le parole e insieme alla musica, al teatro e allo sport, sullo sfondo di una serie di testimonianze di vita. «Al centro dell’incontro – spiegano infatti i promotori – vi sarà il Progetto di vita delle persone più fragili, all’insegna di un pomeriggio informativo, di confronto e dibattito, che si proporrà come momento di consapevolezza per le famiglie che devono affrontare l’accettazione della diagnosi di ADHD di un proprio caro e di supporto nel pensare e pianificare il futuro dei figli in una società sempre più selettiva e individualista».
Per l’occasione, con la moderazione di Maria Luce Schillaci, giornalista del «Corriere dell’Umbria», interverranno Viviana Altamura, assessora del Comune di Terni; Marco Battistelli, violinista; Claudia J., cantante; Paola Colini, genitore; Stefano de Majo, artista; Paola Fioroni, già Presidente dell’Osservatorio Regionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità; Riccardo Menciotti, atleta paralimpico; Moira Paggi, presidente di ANFFAS Per Loro; Marco Rea, musicista; persone con ADHD e/o familiari. È previsto inoltre anche un collegamento in diretta con un giornalista presente a Sanremo in occasione del Festival della Canzone Italiana.

L’ADHD (acronimo inglese: Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è inserito nel DSM-5 del 2013, il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, tra i disturbi del neurosviluppo, con una prevalenza di circa il 5% dei bambini e di circa il 2,5% degli adulti.
Si tratta di un problema, lo ricordiamo, caratterizzato da difficoltà nel mantenere l’attenzione, da impulsività e spesso iperattività che rendono più difficile l’autoregolazione dei comportamenti. I sintomi appaiono prima dei 12 anni di età e possono essere presenti in vari contesti (a casa, a scuola, al lavoro, negli hobby ecc.), proseguendo spesso anche in età adulta. Quel che complica ulteriormente la situazione nel nostro Paese alle persone che ne sono colpite e a chi sta loro vicino è il fatto che manca ancora una normativa nazionale specifica, oltre a trattarsi di un disturbo poco diagnosticato e troppe volte non adeguatamente trattato, rispetto alle chiare evidenze della letteratura scientifica.

Secondo le stime più recenti prodotte dall’AIFA, si parla in Italia di circa 1.270.000 persone con ADHD (circa 320.000 minori tra i 6 e i 17 anni e circa 950.000 adulti tra i 18 ed i 67 anni, maggiorenni in età lavorativa).
Nello specifico dell’Umbria, le persone con ADHD sono circa 17.800 (4.400 minori tra i 6 e i 17 anni e 13.400 adulti tra i 18 e i 67 anni).
Infine, nella Provincia di Perugia circa 13.400 persone (3.400 minori tra i 6 e i 17 anni e 10.000 adulti tra i 18 e i 67 anni) e in quella di Terni circa 4.400 persone (1.100 minori tra i 6 e i 17 anni e 3.300 adulti). (S.B.)

*San Valentino è il patrono e primo vescovo di Terni.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficio.stampa@associazioneaifa.it (Francesca Mezzelani).

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Minima Theatralia, incontro di “diverse diversità”

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Il celebre “Rocky Horror Picture Show” sarà presto affiancato da un “cugino” milanese con il quale avrà in comune la volontà di far cadere la diffidenza verso ciò che è “diverso”, abbracciandolo. È prevista infatti per giugno a Milano la prima di “The Mary Shelley Picture Show”, fulcro del progetto “Frankenstein: La Creatura Siamo Noi” di Minima Theatralia, compagnia che produce performance immersive unendo le tante anime del Nord di Milano. Andiamo a conoscerla Particolare dell’immagine scelta per la locandina del “The Mary Shelley Picture Show”

Il Rocky Horror Picture Show, celebre film cult tratto da un altrettanto famoso musical, sarà presto affiancato da un “cugino” milanese con il quale avrà in comune la volontà di far cadere la diffidenza verso ciò che è “diverso”, abbracciandolo. È prevista infatti per il 12 e 13 giugno, al Teatro Elfo Puccini della città meneghina, la prima di The Mary Shelley Picture Show, kolossal musical-teatrale fulcro del progetto Frankenstein: La Creatura Siamo Noi di Minima Theatralia, una compagnia che produce performance immersive unendo le tante anime del Nord di Milano. Attori professionisti dello spettacolo insieme a cittadini di diversa età, abilità, genere e provenienza animano il gruppo che per questa commistione di elementi, più che una compagnia teatrale, si può definire una comunità.

La convinzione che «il teatro sia uno strumento di incontro realmente rivoluzionario per le nostre vite e per le nostre solitudini» traspare dalle parole e dall’entusiasmo con cui ci parla di Minima Theatralia la direttrice artistica, la regista e attrice Marta M. Marangoni, alla quale chiediamo come è nata questa idea: «Minima Theatralia è una scommessa: incontro tra cittadinə e artistə, unione di arte e società, coesione sociale, diritto all’espressione, all’arte, alla creatività, alla bellezza, con particolare attenzione ai criteri di accessibilità ai soggetti fragili. Nasce nel 2008 come mio esperimento per applicare a un progetto concreto il mio percorso di studi in “Drammaturgia Performativa e Comunitaria” del CRT (Centro Ricerca Teatrale). Nel 2012, con un gruppo di socie e soci, abbiamo fondato l’Associazione di Promozione Sociale e da allora Minima Theatralia è cresciuta, ora ci sono una struttura, una sede, tantissimi progetti diversi!».

Le finalità culturali del teatro e dell’arte sposano dunque quelle psico-sociali e di benessere della collettività, questo è teatro sociale e di comunità. Ma cosa si intende con questa definizione? «Il Social Community Theatre – continua Marta – è un tipo di teatro che va oltre la semplice rappresentazione scenica, diventando un mezzo di espressione collettiva e inclusiva, una pratica performativa che promuove le relazioni e le risorse artistiche dei territori, la possibilità di prendersi cura di desideri e bisogni, di individui, gruppi e comunità, costruendo reti sociali. Attraverso questi percorsi, il teatro diventa uno strumento per la rigenerazione urbana, per affrontare temi di inclusione, per creare uno spazio di riflessione e di cambiamento, per promuovere coesione e inclusione sociale, cittadinanza attiva e solidarietà».

Ma cosa differenzia il teatro tradizionale da quello sociale? «A differenza della metodologia normalmente attuata in teatro – che parte da un testo esistente, crea un piano registico a tavolino e si avvale di maestranze specifiche per realizzare lo spettacolo – la peculiarità del Teatro Sociale e di Comunità è partire dalle competenze locali per far coesistere in maniera creativa processo e prodotto. Doppio obiettivo: sul fronte sociale rafforzare il sentimento di appartenenza al progetto dei partecipanti, dal punto di vista artistico allenare la capacità dei professionisti di intercettare gli elementi della comunità e comporre con essi la performance». Epopea dell’irrealtà di Niguarda, tutto esaurito nel 2024, ne è un esempio, una storia che ha coinvolto 80 tra attori professionisti e cittadini, un lavoro che ha messo in rete le Associazioni del Nord Milano, un progetto di welfare culturale che ha visto le persone anziane del Niguarda riunite per attaccare i bottoni dei costumi, bottoni raccolti sempre nel quartiere, porta a porta.

In una metropoli dove gli ultimi diventano invisibili, Minima Theatralia restituisce un’identità alle persone per aiutarle a superare il rischio di abbandono. È ormai una realtà radicata che «gode della fiducia di enti pubblici e privati per finanziare le proprie attività e distribuisce i propri spettacoli nelle principali stagioni di Milano: Teatro Elfo Puccini, Teatro Gerolamo, Teatro Franco Parenti, Teatro Manzoni, Teatro della Cooperativa. In quanto direttrice artistica – spiega Marta, -mi impegno a esercitare una leadership femminista e positiva, attenta a coordinare ed equilibrare tutte le partecipazioni. La direzione musicale è del maestro Fabio Wolf, insieme formiamo il duo teatral-musicale Duperdu». Con questo spirito «dimostriamo come la collaborazione tra alterità sia non solo possibile, ma anche fruttuosa. Questo impegno ci ha permesso di ricevere riconoscimenti importanti, come il Premio Pancirolli per il Teatro Sociale nel 2015; nel 2021, inoltre, siamo stati selezionati fra le 10 Buone Pratiche Italiane da Ateatro.it e siamo chiamati a partecipare a convegni e conferenze a livello nazionale, così da diffondere il nostro lavoro in altri contesti».

Ci sono anche attori e attrici con disabilità in Minima Theatralia? «Sì, naturalmente sì. Molte persone con disabilità motorie, come la nostra socia Erminia e il marito Michele, lei nata senza gambe e lui con una forma spastica, sviluppano una volontà ferrea nel superare le difficoltà quotidiane. Erminia e Michele si spostano con un furgone adattato alle loro disabilità, e nonostante le immense fatiche che affrontano, entrambi sono sempre presenti e pronti a partecipare, senza farsi frenare dalle piccole pigrizie che talvolta affliggono chi, come noi, non ha difficoltà fisiche. La loro determinazione e la voglia di esserci sono un esempio di capacità di adattamento straordinario per tutto il gruppo».

In generale, quali ostacoli incontrano le persone con disabilità motorie che vogliano partecipare a un lavoro teatrale? «Se dal punto di vista dello spettatore i teatri si sono ormai abbastanza adattati per accogliere persone in carrozzina, con un margine ampio di miglioramento, la situazione cambia quando si tratta di accogliere attori/attrici con disabilità. I camerini, i servizi e gli spazi dietro le quinte non sono pensati per adattarsi a determinati ingombri, come quello di una carrozzina. Il nostro lavoro consiste dunque nel continuare a sensibilizzare i teatri con la nostra significativa presenza».
E di contro, quali “ostacoli” deve superare la messa in scena di una performance per includere attori e attrici con disabilità? «Sicuramente l’aspetto legato al tempo: lavorare con persone con determinate condizioni fisiche richiede più tempo per gli spostamenti, la preparazione, il cambio costume. Sono ostacoli che vanno affrontati con grande attenzione e rispetto, per garantire che ogni attore, indipendentemente dalla sua condizione, possa partecipare pienamente al lavoro teatrale».

Come avviene il “reclutamento” dei cittadini-attori? «Non avviene attraverso un processo formale, ma piuttosto grazie alla presenza consolidata di Minima Theatralia nei quartieri. In particolare, il nostro laboratorio teatrale principale conta attualmente una trentina di partecipanti, ma se consideriamo anche tutti gli altri laboratori coinvolti nella realizzazione degli spettacoli, il numero totale arriva a circa 80 persone».

Minima Theatralia è un incontro di “diverse diversità”, e si perdoni il gioco di parole. A quali “categorie” (bruttissima parola non a caso messa tra virgolette) appartengono i cittadini-attori della compagnia? «Come giustamente sottolinei, la parola “categoria” è un termine che non ci appartiene. Il gruppo che formiamo è misto, anche se esistono laboratori dedicati ai diversi gruppi di partecipanti, come per esempio i signori e le signore anziane con decadimento cognitivo tipo Alzheimer e i loro caregiver. Il gruppo principale è composto da persone con abilità, provenienze, generi, religioni, possibilità ed età diverse. Italiani e stranieri, “abili” e disabili, giovani e anziani, tutti insieme per rappresentare qualcosa di grande!».
E riguardo alla rappresentazione delle disabilità sul palcoscenico cosa ci puoi dire? «L’intento non è quello di rappresentare le diversità attraverso una visione pietistica o, come la definisco io, la “pornografia della disabilità”. Al contrario, il nostro approccio è quello di raccontare storie personali, che vengono poi ricomposte e rielaborate dalla nostra drammaturga Francesca Sangalli nei testi originali degli spettacoli. Queste storie personali vengono intrecciate con la trama che vogliamo raccontare, mettendo in scena la bellezza e la complessità delle diversità senza cadere in stereotipi».

Frutto della rielaborazione di scritti e improvvisazioni, con innesti tra tematiche letterarie, biografie personali e storie di quartiere sarà anche The Mary Shelley Picture Show, spettacolo che ruota intorno alla figura di Frankenstein: «L’intento – anticipa Marangoni – è intrecciare la trama del celebre romanzo gotico con il dialogo (impossibile) tra Mary Shelley e la madre, Mary Wollstonecraft, morta di parto lasciando un volumetto femminista sull’educazione delle fanciulle che è stato seguito alla lettera dal padre (Godwin) educando la figlia Mary».
Frankenstein, una scelta non casuale: «La Creatura del Dr. Frankenstein è il diverso per eccellenza che provoca paura, ma è anche il risultato di tanti pezzi uniti in un intero che diventa straordinario, simbolo dell’integrazione delle differenze. Lo spettacolo prende in esame Frankenstein quale metafora dell’isolamento e della ricerca d’identità». Tematiche che si radicano profondamente nella convinzione che ogni persona meriti attenzione, cura e un’educazione che le permetta di sviluppare pienamente le proprie potenzialità e virtù.

All’atto pratico, la valorizzazione delle “diversità” passa anche attraverso l’abbattimento delle barriere architettoniche. Per questa ragione uno dei progetti più importanti di Minima Theatralia è la ristrutturazione della propria sede, attualmente ospitata in un seminterrato che necessita di un ascensore, un corrimano e un nuovo pavimento in PVC. Marta guarda avanti, a quello che si potrà fare con un ambiente completamente accessibile: «Una volta completati i lavori, nella nostra sede a Niguarda combatteremo la povertà educativa e la solitudine, con laboratori, spettacoli, incontri, raccolta di abiti usati per famiglie bisognose, fino ad arrivare alla realizzazione del nostro prossimo colossal ispirato a Frankenstein. Saranno in scena oltre 80 persone sul grande palco della Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini, con la partecipazione video di Elio De Capitani e Cristina Crippa, fondatori del Teatro dell’Elfo. Siamo molto contenti di avere dal vivo, per il secondo anno consecutivo, anche la giornalista Rajae Bezzaz di Striscia la notizia».
Minima Theatralia è il cuore pulsante di una Milano che non ha timore di mischiare le differenze, così ci fa capire che siamo tutti pezzi unici che uniti costruiscono qualcosa di magnifico.

*Direttrice responsabile di Superando. Il presente servizio è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Sulla scena e nel territorio: la scommessa di Minima Theatralia, che difende ed esalta la bellezza delle diversità”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Per fare una donazione e rendere accessibile la sede di Minima Theatralia, accedere a questo link.

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I disturbi visivi nella malattia di Parkinson

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“I disturbi visivi nella malattia di Parkinson”: sarà questo, il 13 febbraio, il tema del nuovo incontro online nell’àmbito di “Non siete soli”, ciclo di webinar a partecipazione gratuita e aperto a tutti, nato da un’idea della Confederazione Parkinson Italia e della Fondazione Fresco Parkinson Institute, rivolgendosi alle persone con la malattia di Parkinson, nonché ai loro familiari e ai caregiver

Sarà dedicato ai Disturbi visivi nella malattia di Parkinson il nuovo appuntamento del 13 febbraio, nell’àmbito di Non siete soli, il ciclo di incontri online a partecipazione gratuita e aperti a tutti, iniziativa nata a suo tempo da un’idea della Confederazione Parkinson Italia e della Fondazione Fresco Parkinson Institute, rivolgendosi alle persone con la malattia di Parkinson, nonché ai loro familiari e ai caregiver, con l’obiettivo di informare e migliorare la loro qualità di vita, accrescendone le competenze legate alla gestione degli aspetti clinici, psicologici e sociali della malattia.
Giovedì 13 ottobre, quindi, come sempre alle 17, si parlerà, come detto, di disturbi visivi, con la moderazione del geriatra e fisiatra Daniele Volpi e l’intervento di Luigi Mazzeo. (S.B.)

Per iscriversi al webinar del 13 febbraio e per ulteriori informazioni: segreteria@parkinson-italia.it; info@frescoparkinsoninstitute.it.

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Il progetto di vita della persona con disabilità: dal dire al fare

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Denominato “Dal dire al fare: una rete di servizi per le persone e le famiglie”, si terrà il 12 febbraio a Milano il primo di una serie di incontri previsti sul territorio del Milanese, nell’àmbito di “Insieme per progettare la vita – Centri e Reti per il progetto di vita della persona con disabilità”, progetto promosso dall’Associazione InCerchio

Dal dire al fare: una rete di servizi per le persone e le famiglie: sarà questo il titolo del primo di una serie di incontri previsti sul territorio del Milanese, nell’àmbito di Insieme per progettare la vita – Centri e Reti per il progetto di vita della persona con disabilità, progetto dell’Associazione InCerchio, finanziato dal Bando per gli Enti del Terzo Settore della Regione Lombardia.

Occasione utile per approfondire i temi centrali del progetto di vita delle persone con disabilità, l’evento, in programma per la mattinata del 12 febbraio presso la Fondazione Pasquinelli di Milano (Corso Magenta, 42, ore 10-13), si soffermerà in particolare sui temi dell’autonomia, dell’autodeterminazione e della protezione giuridica, della formazione e dell’inserimento lavorativo, nonché dell’abitare innovativo, articolandosi su due momenti principali: la presentazione delle esperienze e dei risultati raggiunti da Associazioni e Fondazioni coinvolte nel progetto; una tavola rotonda con esperti di settore, che offriranno una serie di spunti normativi, pedagogici, metodologici e organizzativi.
L’incontro sarà coordinato da Daniela Piglia, che dirige l’Associazione InCerchio. (S.B.)

Per approfondimenti e per il programma completo, fare riferimento a questo link. Per altre informazioni: info@associazioneincerchio.com.

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L’Unione Europea finanzi le organizzazioni di persone con disabilità colpite dai tagli USA!

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«L’Unione Europea finanzi urgentemente le organizzazioni per le persone con disabilità colpite dai tagli agli aiuti provenienti dagli Stati Uniti», e in particolare quelle dell’Europa orientale e del Caucaso meridionale, maggiormente colpite da queste politiche: è l’appello del Forum Europeo sulla Disabilità e dell’Associazione Europea dei Fornitori di Servizi per le Persone con Disabilità, che chiedono all’Unione Europea e ai donatori non governativi di intensificare i finanziamenti sia di emergenza che a lungo termine

«L’Unione Europea deve finanziare urgentemente le organizzazioni per le persone con disabilità colpite dai tagli agli aiuti provenienti dagli Stati Uniti», e in particolare quelle dell’Europa orientale e del Caucaso meridionale, le aree maggiormente colpite da queste politiche: è questo l’accorato appello lanciato da un gruppo di organizzazioni e servizi europei impegnati sul fronte della disabilità.
In particolare i soggetti promotori dell’iniziativa chiedono «all’Unione Europea e ai donatori non governativi di fornire finanziamenti di emergenza alle organizzazioni per la disabilità colpite dai tagli ai finanziamenti del governo degli Stati Uniti. L’appello, promosso dall’EDF (Forum Europeo sulla Disabilità) e dall’EASPD (Associazione Europea dei Fornitori di Servizi per le Persone con Disabilità) e firmato da quattro organizzazioni interessate, chiede all’Unione Europea e ai donatori di intensificare i finanziamenti sia di emergenza che a lungo termine».

«I firmatari sottolineano – con una nota – che queste organizzazioni stavano implementando programmi salvavita in Paesi come l’Ucraina, la Moldavia, la Georgia e l’Albania e che la perdita di finanziamenti metterà a rischio le organizzazioni e le persone con disabilità nei Balcani, nell’Europa orientale e nel Caucaso meridionale. L’entità della perdita è sconcertante: un’analisi parziale delle informazioni disponibili al pubblico indica finanziamenti pari a circa 5 milioni di dollari USA negli ultimi 3 anni».
Pertanto, prosegue la nota, «i firmatari condannano fermamente l’improvviso blocco dei fondi da parte dell’amministrazione statunitense che colpisce un ampio spettro di organizzazioni. La perdita di questi programmi lascerà centinaia di migliaia [di persone con disabilità] senza supporto e rappresenterà una minaccia per la sicurezza delle persone nell’area interessata».

La lettera delle organizzazioni invita dunque la Commissione Europea, i Governi Nazionali e i donatori a intervenire con urgenza sui seguenti aspetti:
° Intensificare la fornitura di finanziamenti di emergenza e a lungo termine alla società civile e ai gruppi per i diritti umani.
° Finanziare e sviluppare programmi inclusivi e intersezionali.
° Riconoscere il valore delle iniziative in tema di diversità, equità e inclusione e dei programmi di assistenza allo sviluppo e combattere attivamente la disinformazione.
° Garantire che l’inclusione delle persone con disabilità sia integrata in tutti gli aiuti umanitari e i meccanismi di finanziamento dell’Unione Europea.

Intervenendo sulla questione Gunta Anča, vicepresidente dell’EDF, ha dichiarato: «Questa caotica situazione mette a repentaglio la vita delle persone con disabilità nell’Europa orientale e nel Caucaso meridionale. L’Unione Europea deve farsi avanti per salvarne le vite e garantire che questa assenza di solidarietà non offra ad altri soggetti un’occasione per sfruttare la loro vulnerabilità».
Queste invece le parole di Thomas Bignal, segretario generale dell’EASPD: «I danni che questi tagli causeranno vanno ben oltre il semplice “finanziamento dei progetti”. Essi hanno un forte impatto sulla capacità operativa di queste organizzazioni della società civile di fornire un sostegno essenziale anche a medio e lungo termine. Si rompe il sistema di sostegno stesso». (Simona Lancioni)

Nel sito dell’EDF (a questo link) sono riportati i dettagli dei programmi interessati dalla sospensione dei finanziamenti statunitensi. Per ulteriori informazioni: André Felix (Ufficio Comunicazione EDF), andre.felix@edf-feph.org.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Il progetto “Spiaggia Abile” della Regione Molise

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Con “Spiaggia Abile”, progetto che verrò presentato l’11 febbraio alla BIT di Milano, la Regione Molise punta a trasformare il proprio litorale in un modello di accoglienza senza barriere, rimuovendo le barriere fisiche e culturali che limitano l’accesso al mare delle persone con disabilità, nelle spiagge di Montenero di Bisaccia, Termoli, Campomarino e Petacciato

Si chiama Spiaggia Abile ed è un’iniziativa che punta a trasformare il litorale del Molise in un modello di accoglienza senza barriere. Nel dettaglio, l’obiettivo è la trasformazione delle spiagge di Montenero di Bisaccia, Termoli, Campomarino e Petacciato, rimuovendo le barriere fisiche e culturali che limitano l’accesso al mare delle persone con disabilità.
L’iniziativa verrà presentata nella mattinata dell’11 febbraio alla BIT di Milano (Borsa Internazionale del Turismo, Fiera Milano-Rho, ore 11), con la partecipazione di rappresentanti istituzionali ed esperti del settore, a partire dal presidente della Regione Molise Francesco Roberti.

Promosso con il sostegno della Presidenza del Consiglio, Spiaggia Abile verrà realizzato dalla Regione Molise in partenariato con l’Associazione A.Fa.S.E.V. di Isernia e in collaborazione con Village for all (V4A®), la nota rete specializzata in ospitalità accessibile e con l’Istituto Euricse, Fondazione di ricerca dell’Università di Trento). (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Rossana Tosto (rossana.tosto@pirene.it).

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