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L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità non fa cadere gli aerei!

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«Gli incidenti possono accadere e accadono, ma è inaccettabile che diventino un pretesto per mettere in discussione un diritto fondamentale come quello dell’inclusione lavorativa e sociale delle persone con disabilità»: lo dichiara Gianfranco Salbini, presidente dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), unendosi in tal modo alle prese di posizione dei giorni scorsi, conseguenti alle affermazioni del presidente degli Stati Uniti Trump, dopo il disastro aereo di Washington del 30 gennaio Giovani della rete AIPD in partenza per uno stage lavorativo in Spagna, grazie al progetto europeo “Mobilità all’estero 2024“ (“Erasmus Plus”) (©AIPD Nazionale)

«Gli incidenti possono accadere e accadono, ma è inaccettabile che diventino un pretesto per mettere in discussione un diritto fondamentale come quello dell’inclusione lavorativa e sociale, che da oltre quarant’anni la nostra Associazione difende e rivendica»: lo dichiara in una nota Gianfranco Salbini, presidente nazionale dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), unendosi in tal modo alle prese di posizione dei giorni scorsi, tra cui quelle di FISH, ANFFAS e CoorDown, di cui abbiamo riferito sulle nostre pagine, a proposito delle affermazioni del presidente degli Stati Uniti Trump, dopo il disastro aereo di Washington del 30 gennaio. «Pretendere e affermare pubblicamente che un aereo cada per colpa di lavoratori con disabilità – aggiunge Salbini – significa avere una visione miope, che si rifiuta di riconoscere un modello di società partecipativo, in cui ciascuno trova il suo posto: un modello più equo, giusto e produttivo per tutti. Per questo, come Associazione che ogni giorno lavora per promuovere e favorire l’inclusione lavorativa delle persone con sindrome di Down, ci sentiamo in dovere di rivendicarne l’importanza e il valore positivo, nel nostro Paese e non solo».

Dall’AIPD si ricorda inoltre «che non si è di fronte a un privilegio concesso, come alcuni sembrano pretendere, ma a uno strumento che fa bene a tutta la comunità: infatti, dati in possesso al nostro Osservatorio sul Mondo del Lavoro dimostrano chiaramente che i lavoratori e le lavoratrici con disabilità, se inseriti/e nel giusto contesto e messi/e nelle condizioni di svolgere le mansioni loro affidate, riportano livelli di produttività praticamente allineati con quelli dei lavoratori senza disabilità. Non solo: è acclarato che ambienti di lavoro inclusivi migliorano il clima aziendale, aumentano la produttività e favoriscono la creatività. Inoltre, una società che valorizza tutti i suoi cittadini è una società più equa e coesa».

«Strumentalizzare episodi per altro drammatici come questo – conclude il Presidente dell’AIPD -, per cavalcare una propaganda che ha il solo obiettivo di solleticare le frange più estremiste e intolleranti, significa voler tornare a tempi lontani, quando le persone con disabilità non avevano accesso ad alcun diritto di cittadinanza. Lavorare significa autodeterminazione, crescita, dignità. È su questo, quindi, che dobbiamo concentrarci, garantendo, ogni giorno di più, che tutte le persone con disabilità possano avere un’opportunità vera e concreta. Il nostro impegno, come Associazione, è quello di supportare sia le persone con disabilità che le aziende, affinché l’inclusione sia un processo efficace e sostenibile per tutti. La strada è tracciata: inclusione significa progresso, per le persone. per il Paese, per il mondo intero». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampaaipd@gmail.com.

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Gli Ultrasuoni Focali nella malattia di Parkinson

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Il 6 febbraio vi sarà un tema medico-scientifico (“Novità sulla Ultrasuoni Focali (FUS) nella malattia di Parkinson”) al centro del nuovo incontro online nell’àmbito di “Non siete soli”, ciclo di webinar a partecipazione gratuita e aperto a tutti, nato da un’idea della Confederazione Parkinson Italia e della Fondazione Fresco Parkinson Institute, rivolgendosi alle persone con la malattia di Parkinson, nonché ai loro familiari e ai caregiver

Nuovo appuntamento il 6 febbraio per Non siete soli, il ciclo di incontri online a partecipazione gratuita e aperti a tutti, iniziativa nata a suo tempo da un’idea della Confederazione Parkinson Italia e della Fondazione Fresco Parkinson Institute, rivolgendosi alle persone con la malattia di Parkinson, nonché ai loro familiari e ai caregiver, con l’obiettivo di informare e migliorare la loro qualità di vita, accrescendone le competenze legate alla gestione degli aspetti clinici, psicologici e sociali della malattia.
Giovedì 6 ottobre, quindi (ore 17), il tema affrontato, di àmbito strettamente medico-scientifico, sarà Novità sulla Ultrasuoni Focali (FUS) nella malattia di Parkinson, con la moderazione del geriatra e fisiatra Daniele Volpi e l’intervento del neurologo Roberto Eleopra. (S.B.)

Per iscriversi al webinar del 6 febbraio e per ulteriori informazioni: segreteria@parkinson-italia.it; info@frescoparkinsoninstitute.it.

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Istituzionalizzazione e progetti di vita delle persone con disabilità: serve un dibattito serrato

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Grandi istituti, assistenza integrata a domicilio, piccole case famiglie, progetti di vita personalizzati: sono i temi di riflessione proposti da Salvatore Nocera, prendendo spunto da alcuni interventi apparsi in Superando. E sulle risorse finanziarie necessarie, per riuscire ad applicare concretamente il progetto di vita delle persone con disabilità, previsto dal Decreto 62/24, Nocera chiede «un ampio dibattito, prima che quello stesso Decreto diventi operativo e generalizzato dal 2026»

Ho letto in Superando l’interessante articolo di Marta Migliosi su violenze e soprusi nelle RSA (Violenze e soprusi nelle RSA: non un fatto eccezionale, ma sistemico), un contributo interessante perché non difende né il “dogma” della piena tutela dei diritti delle persone fragili da assistere a domicilio, né quello opposto della necessità di sussistenza delle RSA e RSD (Residenze Sanitarie Assistite e Residenze Sanitarie Disabili). Migliosi giustamente osserva che si può anche avere segregazione in forme di assistenza domiciliare che non siano rispettose dei bisogni, dei desideri e delle aspirazioni delle persone da assistere, come invece prevede il progetto di vita “personalizzato e partecipato” previsto dal Decreto Legislativo 62/24, sul quale ho scritto a suo tempo un lungo commento pubblicato anche su queste pagine [“Progetto di Vita: anatomia di un Decreto”, N.d.R.].
Contemporaneamente, Migliosi stigmatizza i danni e le violazioni dei diritti che avvengono troppo frequentemente in talune RSA ed RSD. Mi ha comunque colpito una sua frase, che riporto: «D’altra parte, se sostenessimo le persone con disabilità assumendo una prospettiva emancipatoria, tale che possano vivere nei contesti dai quali ora vengono – veniamo – esclusi, questi servizi si svuoterebbero, venendo meno il loro mandato principale e quindi la ragione stessa della loro esistenza». Ma è proprio vero che la “tesi emancipatoria” non sia totalmente realizzabile con la vita a domicilio o in piccole case famiglia? È proprio vero che non sia possibile la deistituzionalizzazione totale con la chiusura degli istituti? Ovviamente, realizzata tramite assistenza integrata domiciliare ove possibile, e assistenza in piccole case famiglia sostenute l’una e l’altra dalla rete territoriale dei servizi di cui abbiamo letto recentemente in un interessante approfondimento di Fausto Giancaterina pubblicato su queste stesse pagine [“Ragionando su quel progetto di vita personalizzato”, N.d.R.].

La permanenza dei grandi istituti, purtroppo, genera patologicamente casi di violenza agli “ospiti” da parte di taluni operatori. Né le nuove funzioni del Garante Nazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, istituito con il Decreto Legislativo 20/24, potranno garantire la cessazione di tali terribili episodi. Infatti, il Garante, tra i vari poteri, ha anche quello di poter visitare senza preavviso e a qualunque ora le istituzioni “segreganti”, ma di quanti “vigilanti” avrebbe bisogno per poter intervenire su tutti questi grandi istituti purtroppo ancora esistenti in Italia? Potrebbe il solo fatto di sapere che l’Ufficio del Garante ha tali poteri costituire una remora al ripetersi degli episodi disumani frequentemente oggetto di cronaca? Certo che no, data la notoria esiguità di personale che l’Ufficio stesso avrà a disposizione. Inoltre, data la scarsità di risorse finanziarie destinate attualmente ai servizi sociali e i crescenti tagli alla spesa sanitaria e a quelli ulteriormente previsti a causa del possibile aumento delle spese militari, nutro dei dubbi circa la piena e immediata attuazione generalizzata dei bellissimi progetti di vita previsti dal citato Decreto Legislativo 62/24, che diverrà pienamente operativo nel 2026.
A tal fine, da taluni viene prospettata l’ipotesi di destinare ad incremento del “budget di progetto” di ciascun interessato la riconversione della costosa retta attualmente pagata dagli Enti Locali per la degenza nelle RSD e nelle RSA. Solo così, si pensa, si potrebbe avere per ciascuno un budget di progetto sufficiente.
Certamente, tutto questo è oggetto di riflessione da parte di molti. Ma potrebbe anche diventare oggetto di dibattito su queste stesse pagine, specie da parte delle organizzazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), prima che il Decreto 62/24 divenga operativo nel 2026?

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Essenziale riconoscere l’assistente all’autonomia e alla comunicazione, ma anche il tiflologo è necessario!

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«Oltre al riconoscimento del profilo dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione – scrive Gianluca Rapisarda – è necessario anche che venga riconosciuto il profilo del pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche, operatore strategico ed essenziale per una proficua inclusione degli alunni e studenti con disabilità visiva»

 

“Ritratto di Omero”, Roma, Musei Capitolini

Chi scrive saluta con entusiasmo la recente Memoria presentata dalla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), su richiesta della 7ª e della 10ª Commissione del Senato, nell’àmbito dell’esame del Testo Unificato AS 236, AS 793, AS 1141 (Modifiche al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, in materia di promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità) [se ne legga sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.].
Tra le più rilevanti proposte avanzate dalla FISH nella predetta Memoria, ritengo realmente “strategiche”, ai fini di un’efficace processo d’inclusione degli alunni-studenti con disabilità, oltreché l’ormai indifferibile riconoscimento della figura professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione, con una definizione chiara del ruolo, delle competenze e della formazione necessaria, anche e soprattutto l’introduzione di specifiche aree di specializzazione per gli assistenti stessi, «includendo competenze per il supporto a studenti con disabilità visiva, sordi oralisti e con disabilità intellettive o del neurosviluppo».
Se tali sacrosante richieste della FISH fossero recepite dal Senato, infatti, si creerebbero finalmente quelle condizioni favorevoli per assicurare concretamente il passaggio dall’attuale distorta logica della “delega” al solo docente per il sostegno della presa in carico degli allievi con disabilità a quella del “sostegno diffuso”, che è il reale pilastro portante della nostra vigente normativa inclusiva. E a mio modesto avviso, ciò sarà possibile soltanto garantendo contesti veramente “flessibili”, dotati di ambienti, strumenti e materiali resi accessibili anche grazie alla presenza costante di figure educative di riferimento.

Proprio per tale motivo, avendo ricoperto il ruolo di direttore scientifico dell’IRIFOR dell’UICI (Istituto per la Ricerca la Formazione e la Riabilitazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), come ho scritto nel mio ultimo libro Breve storia della Tiflologia (Erickson), ho recentemente rielaborato una proposta formativa cui ho contribuito insieme agli esperti del NIS (Network per l’Inclusione Scolastica) dell’UICI, basata su Master Universitari di Primo e Secondo Livello, per fornire un’efficace e appropriata preparazione rispettivamente agli assistenti alla comunicazione e ai pedagogisti esperti in Scienze Tiflologiche, nell’auspicio di poterla esportare nei principali Atenei italiani e attivare un’apposita laurea triennale in Scienze Tiflologiche.
Tale proposta formativa è scaturita dall’amara considerazione che attualmente gli assistenti alla comunicazione (previsti dall’articolo 13, comma 3 della Legge 104/92) e i tiflologi operano in condizioni di precarietà di ruolo, funzionale e di formazione, a causa del loro mancato riconoscimento giuridico all’interno del nostro Sistema Nazionale di Istruzione. Ma mentre per il riconoscimento dell’assistente alla comunicazione, dopo ben trentatré anni di estenuante e spasmodica attesa, con il succitato Disegno di Legge pare che il Ministero stia cercando ultimamente di dare risposta, definendo una bozza di nuovo profilo (come tra l’altro previsto dall’articolo 3 del Decreto Legislativo 66/17), per l’inquadramento del tiflologo la strada sembra invece ancora lunga, a causa dell’assenza di una norma specifica che ne disciplini il ruolo e il percorso formativo.
Come se non bastasse, in seguito alla perdurante crisi dell’Istituto Augusto Romagnoli di Roma – unica scuola di metodo tiflologico del nostro Paese – paghiamo oggi pure lo scotto della mancanza di una vera e propria “generazione” di esperti in Tiflologia, cui occorre porre necessariamente rimedio.
La soluzione può e deve consistere solo nell’“istituzionalizzazione” della nuova figura professionale dell’esperto in Scienze Tiflologiche il quale – integrandosi con quella altrettanto preziosa dell’assistente alla comunicazione, e salvaguardando e sanando le conoscenze e competenze acquisite in questi anni dagli operatori degli Istituti dei Ciechi e dei Centri di Consulenza Tiflodidattica della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e della Biblioteca per i Ciechi Regina Margherita di Monza – possa essere maggiormente al passo con i tempi e possedere una formazione più adeguata e idonea a promuovere il processo di inclusione degli alunni/studenti con disabilità visiva.

A questo punto l’appello accorato che rivolgo al presidente della FISH Falabella e all’amico Nocera è che – in sede di discussione al Senato del citato Testo Unificato AS 236, AS 793, AS 1141 -, si possano effettuare interventi correttivi al predetto provvedimento, affinché venga riconosciuto pure il profilo del pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche, operatore strategico ed essenziale per una proficua inclusione degli alunni e studenti con disabilità visiva.
Anche in vista dell’imminente Giornata del Braille del 21 febbraio, sottolineare l’esigenza di riconoscere il pedagogista esperto in Scienze Tiflologiche non significa certo voler eliminare i docenti per il sostegno o ridimensionare l’insostituibile ruolo “inclusivo” dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, quanto piuttosto riproporre e riaffermare definitivamente la necessità della specificità tiflologica nel processo di educazione e di istruzione delle persone con disabilità visiva. Ed è certamente questa la nuova e più esaltante sfida che si presenta innanzi alla scuola italiana, per garantire un’inclusione davvero di qualità ai ciechi e agli ipovedenti del Terzo Millennio.

*Dirigente scolastico con disabilità visiva.

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Factory Compagnia Transadriatica, punto di riferimento per il teatro inclusivo

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Dalle riscritture pop dei classici di Molière e Shakespeare alle produzioni originali portate in scena in àmbito internazionale, la Factory Compagnia Transadriatica, che ha sede a Lecce, rappresenta da oltre dieci anni un punto di riferimento per il teatro inclusivo. In questo mese di febbraio ne andranno in scena a Milano “(H)amleto” e “Diario di un brutto anatroccolo”, in cui i protagonisti sono Fabrizio Tana e Francesca De Pasquale, persone con sindrome di Down Una scena dell'”(H)amleto” rappresentato dalla Factory Compagnia Transadriatica. A sinistra Fabrizio Tana, nella parte di Amleto (©Giovanni William Palmisano)

Dalle riscritture pop dei classici di Molière e Shakespeare alle produzioni originali portate in scena in àmbito internazionale, la Factory Compagnia Transadriatica, che ha sede a Lecce, ha costruito un percorso entusiasmante che unisce tradizione e innovazione e che rappresenta da oltre dieci anni un punto di riferimento per il teatro inclusivo. Con spettacoli che parlano al cuore di tutti, la compagnia di Tonio De Nitto si conferma una delle realtà teatrali più significative del panorama contemporaneo.
Fondata da artisti provenienti da diverse esperienze professionali, questa compagnia ha scelto di creare un percorso comune, costruendo una vera e propria factory di progetti che ne rappresenta l’identità e la visione artistica. Il lavoro della Transadriatica si muove tra la reinterpretazione dei classici e un impegno costante nell’inclusione sociale, rivolgendosi a pubblici di tutte le età e provenienze.

In questo mese di febbraio andranno in scena al Teatro Franco Parenti di Milano due spettacoli, vale a dire (H)amleto (10-11 febbraio) e Diario di un brutto anatroccolo (15-16 febbraio). Quest’ultimo si ispira alla celebre fiaba di Andersen ed esplora i temi dell’inadeguatezza e della crescita personale.
La rappresentazione, che ha calcato i palcoscenici di tutto il mondo, è stata ideato per coinvolgere spettatori di ogni età, mostrando con delicatezza le fragilità che ci accomunano.
La protagonista è una ballerina con sindrome di Down, che incarna la trasformazione del brutto anatroccolo in un essere capace di trovare il proprio spazio nel mondo. Attraverso il lavoro, l’amore e la vita in città, lo spettacolo racconta il percorso di riscatto e accettazione di sé, in cui ognuno può riconoscersi.

Partendo invece dal classico di Shakespeare, l’(H)amleto della Factory Compagnia Transadriatica è una riscrittura audace e poetica che esplora la mente del protagonista.
Lo spettacolo nasce da un laboratorio creativo, durante il quale gli attori hanno elaborato il testo partendo da una domanda centrale: cosa significa essere Amleto? Il progetto ha preso forma grazie al sostegno del Ministero della Cultura e della Fondazione Sipario Toscana, trasformandosi in una produzione corale con 13 attori, di cui 8 con disabilità.
Il ruolo di Amleto è affidato a Fabrizio Tana, attore con sindrome di Down, che ha portato sul palco una reinterpretazione unica del principe di Danimarca.
Già collaboratore della compagnia, Fabrizio si è autocandidato per il ruolo, inviando messaggi agli ideatori, in cui mescolava la sua vita personale con il dramma shakespeariano. Questo processo ha dato vita a un testo originale, caratterizzato da una scrittura profondamente poetica e personale.
Con la voce narrante di Lorenzo Paladini e un cast inclusivo, (H)amleto diventa uno spettacolo universale, capace di parlare a tutti e tutte, affrontando temi di fragilità, forza interiore e identità.

*Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Da Shakespeare a Andersen, la Trasadriatica [in realtà Transadriatica] mette in scena l’inclusione”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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A Torino nasce “Open Book Club”, un club del libro accessibile

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Nasce a Torino, nello spazio della Fondazione Time2, “Open Book Club”, gruppo di lettura accessibile: un’occasione per una lettura condivisa, ma anche «un gruppo di advocacy e mutuo aiuto, per persone con e senza disabilità, che vogliano iniziare o ricominciare a leggere con costanza, proponendosi così come luogo di incontro, partecipazione e ascolto»

Nasce a Torino, nello spazio Open della Fondazione Time2, Open Book Club, gruppo di lettura accessibile, pensato per accogliere ogni diversità e garantire risorse e modalità di partecipazione che possano rendere praticabile per chiunque l’esperienza della lettura condivisa.
Tramite la scelta di titoli e autori presenti sul mercato sia nella forma cartacea, sia nella versione ebook e audiolibro, l’iniziativa si propone non solo come occasione per una lettura condivisa, ma anche «come gruppo di advocacy (tutela) e mutuo aiuto, per persone con e senza disabilità, che vogliano iniziare o ricominciare a leggere con costanza, proponendosi così come luogo di incontro, partecipazione e ascolto», come si legge in una nota.
Un appuntamento, per altro, pensato per tutte le persone a prescindere dalla confidenza che si ha con la lettura: il Book Club della Fondazione Time2 è ideato infatti per essere fruibile e garantire gli strumenti di accessibilità che permettano la piena partecipazione di tutti e tutte, anche a chi si imbatte in barriere nella lettura.

L’iscrizione a Open Book Club è gratuita: in fase iniziale ogni partecipante riceverà un “kit di lettura”, pensato appositamente dalla Fondazione Time2, contenente una tessera di partecipazione e un righello per facilitare la lettura. Il tutto è organizzato in collaborazione con la Libreria Binaria del Gruppo Abele, che offre alle persone iscritte all’Open Book Club uno sconto del 5% sull’acquisto dei libri.

Durante il primo incontro verrà consegnata a ogni persona iscritta una scheda del libro facilitata, inoltre sarà possibile far parte di un gruppo Whatsapp dedicato alla discussione del volume in fase di lettura e volto a organizzare incontri informali presso la sede di Open (Corso Stati Uniti, 62/b, Torino), per leggere e/o ascoltare insieme il libro in vista dell’incontro finale. Quest’ultimo appuntamento avverrà a cadenza bimestrale, così da poter permettere a tutte le persone iscritte il tempo necessario per leggere o ascoltare il libro.
Il tema che guiderà questa prima esperienza dell’Open Book Club sarà Passaggi di Vita: ovvero il passaggio all’età adulta, affrontato e discusso in modo intersezionale.
In tale ottica, il primo libro selezionato per la lettura è Intermezzo, l’ultimo romanzo della scrittrice irlandese Sally Rooney. Alla discussione finale (12 marzo, ore 18.30), sempre nello spazio Open di Corso Stati Uniti 62/b a Torino, parteciperà il traduttore del volume Norman Gobetti. (C.C.)

Per ulteriori informazioni: Silvia Bellucci (silviabellucci@live.it).

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Convocare l’Osservatorio, per un confronto stabile e operativo sull’inclusione scolastica

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«Bene – secondo la Federazione FISH – lo stanziamento di risorse per le scuole paritarie e tuttavia, stanziamenti di somme senza un’analisi approfondita sui problemi strutturali dell’inclusione scolastica rischiano di diventare mere operazioni simboliche. È indispensabile dunque che l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica, recentemente ricostituito, sia convocato al più presto, perché serve un confronto stabile e operativo per affrontare le tante criticità ancora presenti»

«La scuola inclusiva non può rimanere solo un obiettivo teorico. Bene questo stanziamento di risorse per le scuole paritarie, ma è indispensabile che l’Osservatorio Permanente per l’Inclusione Scolastica, recentemente ricostituito, sia convocato al più presto. Serve infatti un confronto stabile e operativo per affrontare le tante criticità ancora presenti: dal sostegno didattico alla formazione dei docenti, fino all’accessibilità degli spazi e alla continuità educativa»: così Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), commenta la notizia dello stanziamento di 163 milioni e 400.000 euro da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito, destinati alle scuole paritarie, «somma – si legge in una nota diffusa dalla Federazione – che rappresenta un passo importante verso il rafforzamento del diritto all’inclusione e alla qualità educativa degli studenti e delle studentesse con disabilità, riconoscendo l’importanza di garantire pari opportunità di apprendimento e partecipazione per tutti e tutte».
«E tuttavia – aggiungono dalla FISH -, è necessario portare l’attenzione su una realtà complessa e contraddittoria. Pur essendo infatti la normativa sull’inclusione italiana tra le migliori in Europa e al mondo, il problema non risiede nei principi legislativi, ma nella loro applicazione concreta. A livello ministeriale, sembra mancare una chiara comprensione di quanto questa situazione possa risultare dispersiva, sia in termini di risorse umane che economiche. Ogni giorno affrontiamo situazioni di estrema discriminazione, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, dove i ragazzi e le ragazze con disabilità non sempre vengono accolti nelle aule e rischiano di essere esclusi dalle attività scolastiche. Inoltre, quando supportiamo le scuole nella creazione di progetti formativi per insegnanti, è frustrante constatare che spesso gli educatori più preparati non possono garantire la necessaria continuità, a causa di un sistema di assegnazione obsoleto che ignora la continua necessità di stabilità per gli studenti».

«Anche i materiali e le strumentazioni acquistati tramite il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – proseguono dalla FISH -, pensati per facilitare l’inclusione, spesso rimangono inutilizzati, chiusi negli armadi, perché il personale docente non è adeguatamente formato per utilizzarli. Gli istituti scolastici necessitano di un monitoraggio costante per garantire il rispetto delle regole e delle tempistiche previste dalla legge, assicurando così un percorso educativo dignitoso per gli studenti e le studentesse con disabilità».

«Stanziamenti di somme senza un’analisi approfondita sui problemi strutturali dell’inclusione scolastica – è la conclusione – rischiano di diventare mere operazioni simboliche, invece di produrre cambiamenti tangibili. È fondamentale, pertanto, che le Istituzioni ascoltino le esigenze reali delle famiglie e degli studenti/studentesse con disabilità». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@fishonlus.it.

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Violenze e soprusi nelle RSA: non un fatto eccezionale, ma sistemico

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«La segregazione non è riconducibile ad un luogo specifico ma ad una logica», osserva, tra le altre cose, Marta Migliosi, prendendo spunto da una recente vicenda di maltrattamenti ai danni di diverse persone anziane avvenuta in una Residenza Sanitaria Assistita del Viterbese, ma allargando la riflessione al tema dell’istituzionalizzazione delle persone con disabilità

Titolo: C’è un grosso caso di maltrattamenti in una RSA vicino a Viterbo. Occhiello: Tre dipendenti sono stati arrestati con l’accusa di aver commesso gravi abusi su 21 persone anziane residenti a Villa Daniela, a Latera. Così, il 22 gennaio scorso, la testata «Il Post» rilanciava una notizia di cronaca (fruibile a questo link), divulgata anche da altri media e agenzie di informazione.
La vicenda è quella che riguarda la RSA (Residenza Sanitaria Assistita) Villa Daniela di Latera, un Comune in provincia di Viterbo, al cui interno sono stati commessi abusi fisici e sessuali, nonché violenze di vario tipo ai danni delle persone anziane ospitate. Le violenze sono state attuate da alcuni operatori che avrebbero dovuto prestar loro assistenza. Uso l’acronimo RSA, sebbene sia impreciso, perché esso è comunemente utilizzato per indicare una struttura socio-sanitaria chiusa, al cui interno le persone ospitate ricevono assistenza.
Le dinamiche di questa vicenda sono ben descritte in un testo pubblicato anche su queste pagine, a firma di Simona Lancioni (A proposito di istituzionalizzazione e di “violenza addizionale”).

Ciò che suscita stupore è la tendenza della maggioranza dei media a riportare la notizia come se si trattasse di un fatto particolare, isolato, senza nemmeno provare a far emergere il carattere sistemico di queste vicende, senza mai mettere in discussione la struttura organizzativa che produce questi esiti e, in ultima istanza, il servizio stesso.
Se da una parte la narrazione deve essere equilibrata, e dunque non deve dare per scontato che la singola struttura sia necessariamente violenta, e deve evitare di creare una certa assuefazione alla violenza, dall’altra è quanto meno lontano dalla realtà parlare di emergenza o caso isolato, quando i casi noti, in realtà, sono molti.

È inoltre importante notare che per portare allo scoperto i maltrattamenti perpetrati nella struttura di Latera c’è voluto quasi un anno di indagini, e che tali indagini sono state intraprese dietro segnalazione di alcuni ex operatori della struttura, dunque da soggetti esterni, che però erano a conoscenza delle dinamiche interne della struttura stessa. Tutto ciò ci fa comprendere quanto questi luoghi siano chiusi e quanto le violenze attuate al loro interno siano normalizzate, e rientrino nel funzionamento stesso del sistema.

È fondamentale provare prestare attenzione ad alcuni elementi utili a mettere in discussione l’intero sistema:
° attualmente le RSA sono la risposta più semplice a chi ha necessità di sostegni nello svolgimento delle attività della vita quotidiana. Questa risposta rientra nel complesso dei diritti civili riconosciuti ad una persona non autosufficiente che ha questo tipo di bisogno, e si inquadra nei LEA-LEPS (Livelli Essenziali di Assistenza- Livelli Essenziali delle Prestazioni in ambito Sociale) (il concetto di non autosufficienza in realtà è superato, è corretto parlare di “persone con bisogni di sostegni intensivi”, considerando che non esiste una scala per misurare l’autosufficienza e riconoscendo che i bisogni umani non sono solo riconducibili alla mera sopravvivenza materiale);
° le RSA destinate alle persone con disabilità (tra le quali rientrano anche le persone anziane, non essendoci un limite di età), e in generale i servizi residenziali, sono gestite/i da enti profit e non profit con delle prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale, e con la possibile compartecipazione alle spese delle persone stesse, o del Comune di residenza, con costi che vanno dai 110 agli 800 euro al giorno a posto letto. Un giro di interessi economici non indifferente.

Questi luoghi non sono sempre espressione di violenza diretta, ma sicuramente sono luoghi di privazione di libertà personale e lontani dal diritto di fruire di sostegni emancipatori. Ossia della possibilità, e non della capacità, di prendere decisioni per se stessi/e con la stessa libertà di scelta riconosciuta alle persone senza disabilità, in un’ottica di piena cittadinanza. Tale privazione rappresenta una violazione dei diritti umani.

Oggi dobbiamo rimettere al centro del dibattito la questione dei servizi residenziali e prenderci la responsabilità e il dovere di avere delle posizioni chiare. Il punto non è migliorare l’organizzazione interna di queste strutture, ma fare in modo che il ricorso a questa soluzione rappresenti la più remota possibilità di ricevere sostegni per una persona con disabilità, soprattutto per una persona con disabilità intellettiva.
D’altra parte, se sostenessimo le persone con disabilità assumendo una prospettiva emancipatoria, tale che possano vivere nei contesti dai quali ora vengono – veniamo – esclusi, questi servizi si svuoterebbero, venendo meno il loro mandato principale e quindi la ragione stessa della loro esistenza.

Chiaramente, e qui potremmo dilungarci molto, la segregazione non è riconducibile ad un luogo specifico ma ad una logica. Quindi, secondo me, è poco utile ridurre il dibattito all’affermazione che l’alternativa ai servizi residenziali siano i servizi domiciliari, perché ciò ripropone una logica di assistenzialismo che è ben lontana dalle logiche di cittadinanza. Diciamo piuttosto che i servizi domiciliari presentano un minor rischio di essere segreganti, ma che anche essi non escludono del tutto la possibilità che possano diventare tali.

Oggi abbiamo diversi strumenti per superare le logiche segreganti e per predisporre dei sostegni emancipatori. Tra questi rientrano certamente la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e il progetto di vita (come disciplinato dal Decreto Legislativo 62/24). Ora è compito dell’associazionismo delle persone con disabilità spingere le Istituzioni a vari livelli in questa direzione, o il rischio è che le logiche di segregazione rimangano invariate e che gli strumenti a disposizione non vengano utilizzati al massimo delle loro possibilità.

*Attivista per i diritti delle persone con disabilità.

Sui temi qui trattati, suggeriamo anche la lettura della nostra intervista a Ciro Tarantino, intitolata Che cosa giustifica ancora il “soggiorno obbligato” delle persone con disabilità? (a questo link).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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La disabilità visiva si cimenta in cucina a Riva del Garda

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La Cooperativa trentina AbilNova, che fornisce servizi in àmbito di disabilità sensoriale, parteciperà il 5 febbraio a “Hospitality 2025”, il Salone dell’Accoglienza di Riva del Garda, con l’iniziativa “Pranzo a 4 mani e 2 occhi”, nata dalla collaborazione con gli chef Joachim Vittorio de Marzani e Paolo Tomasini, che vedrà cimentarsi nella preparazione del pranzo Ferdinando Ceccato e Giovanni Fedel, componenti dello staff degli eventi al buio della stessa AbilNova, coadiuvati dalla vicepresidente della Cooperativa Andry Nardin

Abbiamo già riferito in altra parte del giornale delle iniziative che promuoverà la rete Village for all (V4A®) all’interno di Hospitality 2025, quarantanovesima edizione del Salone dell’Accoglienza che in programma da oggi, 3 febbraio, fino a giovedì 6, al Quartiere Fieristico di Riva del Garda (Trento).
Al ricco programma della manifestazione contribuirà anche AbilNova, la Cooperativa Sociale di Trento che è un punto di riferimento nel proprio territorio per i servizi riguardanti la disabilità sensoriale, sia visiva che uditiva. Lo farà il 5 febbraio, promuovendo l’iniziativa denominata Pranzo a 4 mani e 2 occhi, nata dalla collaborazione con gli chef Joachim Vittorio de Marzani e Paolo Tomasini dell’URCTAA (Unione Regionale Cuochi Trentino Alto Adige) e della FIC (Federazione Italiana Cuochi), quando presso la Food Arena del Padiglione B1 del Quartiere Fieristico (ore 123.30) si cimenteranno nella preparazione del pranzo Ferdinando Ceccato e Giovanni Fedel, due storici componenti dello staff degli eventi al buio di AbilNova, coadiuvati dalla vicepresidente della Cooperativa Andry Nardin, in qualità di cameriera e intrattenitrice dei e delle commensali.

«Sarà per noi un evento davvero speciale – commenta Nardin – sia per la preziosa collaborazione con la FIC, sia per l’opportunità di raccontare e raccontarci in un modo diverso, presentando la disabilità visiva non come una prigione, ma come una condizione che con le giuste strategie consente vite piene e soddisfacenti, tra lavoro, famiglia, interessi e passioni, come questa per la cucina, che accomuna il nostro gruppo presente a Riva del Garda e i cuochi della FIC».
«Questa collaborazione con AbilNova – aggiungono gli chef de Marzani e Tomasini – è per noi un primo passo che siamo certi sarà seguito da altri, perché come ente rappresentativo dei cuochi e dei professionisti del settore culinario in Italia, da sempre la FIC si occupa anche di formazione, promozione e sviluppo, organizzando eventi, concorsi e iniziative di sensibilizzazione come questa».

Come spiegano da AbilNova, «l’iniziativa sarà l’occasione per far provare al pubblico presente la condizione dell’ipovisione, grazie all’utilizzo di speciali occhiali che simulano le principali patologie visive e per confrontarsi con chi vive una condizione di disabilità tra limiti e risorse, difficoltà e potenzialità, scardinando la visione pietistica e promuovendo consapevolezza e sensibilizzazione per costruire una società realmente accogliente». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Irene Matassoni (irene.matassoni@abilnova.it).

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Il contributo in Lombardia per ausili e strumenti tecnologicamente avanzati

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La Regione Lombardia ha rifinanziato la misura per l’acquisizione di ausili e strumenti tecnologicamente avanzati dedicati alle persone con disabilità e/o con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), contributo che ha come obiettivo quello appunto di sostenere tali persone ai fini dell’acquisto, del noleggio o del leasing di ausili o strumenti tecnologicamente avanzati che potenzino le abilità e migliorino la qualità di vita

Come segnala il sito “Persone con disabilità.it”, la Regione Lombardia ha rifinanziato la misura per l’acquisizione di ausili e strumenti tecnologicamente avanzati dedicati alle persone con disabilità e/o con DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), contributo che ha come obiettivo quello appunto di sostenere tali persone ai fini dell’acquisto, del noleggio o del leasing di ausili o strumenti tecnologicamente avanzati che potenzino le abilità e migliorino la qualità di vita.

Possono presentare la domanda le persone con disabilità e persone con DSA entro i 67 anni con un ISEE in corso di validità inferiore o uguale a 30.000 euro.
Il contributo può essere chiesto per l’acquisto, il leasing o il noleggio di strumenti che rientrino all’interno delle seguenti quattro aree, ossia la domotica (tecnologie finalizzate a rendere maggiormente fruibile e sicuro l’ambiente di vita della persona); la mobilità (adattamento dell’autoveicolo o modifica degli strumenti di guida); l’informatica (acquisizione di personal computer o tablet, solo se collegati ad applicativi necessari a compensare la disabilità o le difficoltà specifiche di apprendimento di cui alla Legge Regionale della Lombardia 17/19; altri ausili (acquisizione di strumenti/ausili ad alto contenuto tecnologico che non rientrino nel Nomenclatore Tariffario, ad esempio protesi acustiche, protesi fisiche/arti, attrezzature per la mobilità per attività sportive, ausili per il tempo libero, quali carrozzina da mare o sollevatore pieghevole portatile).

Le domande possono essere presentate tramite la piattaforma bandi online di Regione Lombardia. Il procedimento di valutazione ed ammissione è effettuato da parte delle ATS (Agenzie di Tutela della Salute). (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti accedere a questo link.

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Bakhita la fortunata

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Il 6 febbraio, nell’imminenza della Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta di Persone, verrà presentato a Milano il libro “Bakhita la fortunata. Una straordinaria storia raccontata in LIS”, pubblicazione realizzata dal Pio Istituto dei Sordi di Milano, per far conoscere l’importante figura di Santa Giuseppina Bakhita, suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta e che molto fece per le persone sorde

Dal 2015, ogni 8 febbraio, memoria di Santa Giuseppina Bakhita, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta di Persone e nel pomeriggio del 6 febbraio, nell’imminenza di tale evento, verrà presentato a Milano il libro Bakhita la fortunata. Una straordinaria storia raccontata in LIS (Sala Convegni della Curia Arcivescovile, Piazza Fontana, 2, ore 17), pubblicazione realizzata dal Pio Istituto dei Sordi di Milano, per far conoscere l’importante figura di Giuseppina Bakhita, suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, che molto fece per le persone sorde e che fu presente anche presso il Pio Istituto di Milano nella sezione femminile gestita dalle Madri Canossiane, ordine di cui faceva parte.
All’incontro del 6 febbraio (a ingresso libero e gratuito), organizzato dal Pio Istituto dei Sordi in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano, l’Associazione Mons. G. Marcoli, la Congrega della Carità Apostolica, l’Istituto Canossiano e la Fondazione Bresciana per l’Educazione-Monsignor Giuseppe Cavalleri, parteciperanno Marco Petrillo, presidente del Pio Istituto dei Sordi, Marisa Bonomi e Gabriella Oneta, curatrici del libro e Ileana Montagnini, responsabile dell’Area Tratta della Caritas Ambrosiana. (S.B.)

L’incontro si avvarrà del servizio di sottotitolazione in diretta e dell’interpretariato in LIS. Per ulteriori informazioni: attivita@pioistitutodeisordi.org.

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Come evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati

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«Sarebbe bene – scrive Salvatore Nocera – provvedere immediatamente ad eliminare l’errata impostazione di un’Ordinanza Ministeriale dello scorso anno, riguardante le supplenze per il sostegno didattico, al fine di evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati»

Nei giorni scorsi, in Superando, il presidente della Federazione FISH Vincenzo Falabella ha replicato a una dichiarazione di Giuseppe D’Aprile, segretario generale della UIL Scuola, relativa a un’emananda norma del Ministero dell’Istruzione e del Merito sul sostegno didattico.
In sostanza, il Segretario della UIL Scuola ritiene che consentire la proroga di un anno alla supplenza di un docente non specializzato danneggerebbe un docente specializzato, mentre il Presidente della FISH ha replicato sostenendo che la normativa non consente ciò. Vorrei intervenire su questo aspetto, cercando di approfondire un tema che ritengo molto importante.

Ovviamente, se un supplente aspira al posto sul quale l’emananda norma prevede la conferma del precedente supplente per un altro anno, l’aspirante supplente (specializzato o meno che sia) non perde assolutamente il diritto che gli spetta, in base alla posizione in graduatoria; egli, infatti, non potrebbe ottenere quella sede occupata per legge dal docente “prorogato”, ma avrebbe il diritto di ottenere un’altra sede a lui gradita. È certamente questo un suo diritto, che però “cede” di fronte al diritto prioritario dello studente con disabilità alla continuità didattica, situazione giuridica frequente in caso di conflitti tra diritti entrambi ugualmente importanti, tra i quali il Legislatore deve effettuare una scelta sulla base dei principi generali dell’ordinamento. In questo caso, il diritto alla continuità didattica viene considerato dal Legislatore stesso un aspetto fondamentale dell’inclusione scolastica, altro principio costituzionalmente garantito al quale ormai è informato il nostro ordinamento. Tale diritto, quindi, non prevale su quello al posto di lavoro del docente aspirante a supplenza, che ha forza giuridica superiore a quello della continuità didattica, ma prevale solo su una componente di tale diritto, costituita appunto dalla scelta della sede.

Va poi rilevato che le dichiarazioni del Segretario della UIL Scuola si basano, implicitamente, sull’Ordinanza Ministeriale n. 88 del 16 maggio 2024 sulle supplenze, nella quale è previsto un meccanismo molto rigido e non vi è alcuna differenza, ai fini dei posti di sostegno, tra aspiranti specializzati e non specializzati; essa, infatti, si basa esclusivamente sui punteggi di ciascuno.
Questa equiparazione tra i due tipi di docenti è tuttavia illegittima, perché la citata Ordinanza n. 88 va contro l’articolo 14, comma 6 della Legge 104/92, secondo il quale «l’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati».
Essendo dunque proprio la Legge 104/92 espressamente richiamata come terza tra le norme indicate nel preambolo dell’Ordinanza, è realmente incredibile, pertanto, che non se ne sia tenuto conto, dal momento che l’espressione del citato articolo 14, comma 6 della Legge 104/92 è particolarmente rafforzativa, perché non si limita a dire che le nomine di supplenti non specializzati avvengano quando manchino docenti specializzati, ma riguardo all’utilizzazione di docenti non specializzati usa l’espressione «è consentita unicamente» quando manchino docenti specializzati. Il Legislatore, quindi, ha usato qui un doppio rafforzamento: sia col termine «è consentita» (quindi non sarebbe un diritto), sia col termine «unicamente» (che indica trattarsi di norma eccezionale).

Al fine dunque di evitare un imponente contenzioso da parte dei docenti specializzati che si vedessero scavalcati, a causa del punteggio, da docenti non specializzati, in palese violazione, come detto, dell’importante articolo 14, comma 6 della Legge 104/92, penso che il Ministero potrebbe ovviare in modo molto semplice, introducendo in ciascuna delle due fasce in cui si articolano le graduatorie per supplenze (prima fascia per i docenti abilitati, seconda fascia per i docenti non abilitati) due sottofasce, vale a dire: a) docenti specializzati per il sostegno; b) docenti non specializzati. Solo in tal modo gli specializzati vedrebbero rispettata la loro assoluta priorità, senza la necessità di dover ricorrere al TAR per far annullare l’impostazione dell’Ordinanza, a causa della violazione di quel comma della Legge 104/92.

In conclusione, pertanto, mi chiedo come mai il Ministero, da prima ancora del presente Governo, abbia introdotto una normativa opposta a quella fissata per legge e perché nessuno si sia mai mosso per farla dichiarare illegittima. Sarebbe infatti opportuno che governo e forze sindacali provvedessero immediatamente ad eliminare l’errata impostazione dell’Ordinanza n. 88, al fine di evitare battaglie giudiziarie tra docenti specializzati e non specializzati, assicurando così un pacifico svolgimento delle operazioni di supplenza.

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Quale “sottobosco accessibile” creare tramite la danza?

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È in programma il 6 e 7 febbraio allo Spazio Rosselini di Roma, nell’àmbito di “In Levare”, la stagione di danza 2025 del Centro Orbita Spellbound, il laboratorio di danza condotto dalla coreografa Chiara Bersani, intitolato “Sotto il Sotto del Bosco” e rivolto a persone con disabilità motoria, durante il quale l’artista spingerà a indagare lo spazio e il movimento, nonché il rapporto tra le persone con disabilità e la natura

Il 6 e 7 febbraio si terrà a Roma, presso lo Spazio Rossellini (Via della Vasca Navale, 58), nell’àmbito di In Levare, la stagione di danza 2025 del Centro Orbita Spellbound, il workshop di danza condotto dalla coreografa Chiara Bersani, intitolato Sotto il Sotto del Bosco.
Durante il laboratorio, rivolto a persone con disabilità motoria, l’artista, insieme alla danzatrice e coreografa Elena Sgarbossa, al musicista Lemmo e all’assistente Simone Chiacchiararelli, spingerà a indagare lo spazio e il movimento, nonché il rapporto tra le persone con disabilità e la natura.
Ai partecipanti, infatti, verrà chiesto di lasciarsi andare all’immaginazione e alle sensazioni del proprio corpo, per creare tutti insieme un linguaggio comune che, oltre a rispondere alla domanda sul rapporto delle persone con disabilità con la natura, servirà a cercare di capire quale tipo di “sottobosco accessibile” si può creare con i nuovi movimenti, a cui i partecipanti daranno vita nel corso delle due lezioni.

L’esperienza è aperta a tutte le persone con disabilità, dai 17 anni in su, che vogliano prendervi parte, indipendentemente dal livello di supporto di cui necessitano o dal tipo di compromissione fisica.
Proprio perché lo scopo è immaginare uno spazio accessibile attraverso il movimento e il proprio sentire fisico, verrà lasciata molta libertà ai partecipanti riguardo alla scelta di usare o meno, sul palco e durante le ore di laboratorio, gli ausili che normalmente utilizzano per i movimenti.

Sotto il sottobosco, come detto inizialmente, sarà strutturato in due sessioni: quella del 6 febbraio, della durata di 4 ore (ore 14-18), quella del 7 febbraio, invece, dalle 17 alle 19.15.
Al termine della seconda giornata di workshop, inoltre, i partecipanti potranno esibirsi all’interno dello spettacolo che si terrà in serata alle 20.30 e del quale il laboratorio di danza è considerato parte integrante. (Elisa Marino)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti, fare riferimento a questo link.

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Un supporto pratico e concreto ai docenti di sostegno non specializzati

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Fornire ai docenti di sostegno senza specializzazione un supporto pratico e concreto, utile a comprendere quali possano essere le problematiche, i vari aspetti e le dinamiche della docenza, i funzionamenti dei vari organi, ma anche le norme che regolano l’inclusione scolastica, con l’analisi di casi pratici: è lo scopo di un’iniziativa promossa in Umbria, che a parere del Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dovrebbe essere esportata anche ad altri Uffici Scolastici Regionali Un’insegnante di sostegno insieme a un bimbo

«Ci piacerebbe che questa iniziativa venisse esportata anche ad altri Uffici Scolastici Regionali»: a che cosa si riferiscono le parole di Sergio Repetto, direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria? Al Percorso di accompagnamento formativo online per docenti nominati sul posto di sostegno senza specializzazione, avviato proprio nei giorni scorsi in Umbria e che si protrarrà fino al 10 marzo (a questo link il programma completo).

A spiegare esattamente la sostanza di questa importante iniziativa è Massimo Rolla, Garante dei Diritti delle Persone con Disabilità dell’Umbria, unico di tali Garanti che a far parte di un GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale), oltreché coordinatore del Centro Studi Giuridici della Federazione FISH, che il 28 gennaio ha condotto il primo modulo del percorso, sul tema Scenari normativi per l’inclusione scolastica. «A fine ottobre 2024 – spiega – l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Umbria ha deciso di attivare un percorso di accompagnamento formativo online per docenti nominati su posto di sostegno senza specializzazione. Tale decisione è stata subito condivisa all’interno del GLIR e anzi accolta con grande entusiasmo, se è vero che l’obiettivo è quello di fornire ai docenti che non possiedono specializzazione un supporto pratico e concreto, utile a comprendere quali possano essere le problematiche, i vari aspetti e le dinamiche della docenza, i funzionamenti dei vari organi, ma anche le norme che regolano l’inclusione scolastica, con l’analisi di casi pratici».

«Quando il percorso è stato proposto dal direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, dottor Repetto, e dai Dirigenti Tecnici dell’Ufficio all’interno del GLIR, di cui faccio parte proprio su espressa richiesta del Dirigente Titolare, ho espresso tutta la mia soddisfazione. Sappiamo ovviamente che l’obiettivo principale è avere tutti i docenti specializzati, preparati e capaci, ma parimenti, fornire supporto ai tanti docenti nominati su posto di sostegno, ma ancora senza specializzazione e in attesa di compierla, è sicuramente utile e a mio parere necessario. Ci siamo dunque confrontati tra di noi, prima di giungere ad un programma definitivo, perché non volevamo assolutamente sostituirci a percorsi formativi di livello superiore, ma solo fornire un aiuto concreto, una comprensione migliore delle dinamiche, in ogni campo. Ne è scaturito quindi un percorso snello, 7 moduli da 2 ore ciascuno, ma pratico e completo, un inizio per la futura e auspicabile specializzazione di tutti i docenti coinvolti. Da parte mia ho da subito fornito la mia disponibilità a fare “esplorare” ai docenti stessi il vasto mondo delle normative in tema di inclusione scolastica, soprattutto attraverso casi concreti ed evidenze giurisprudenziali, ciò che mi è stato concesso. Il 28 gennaio, pertanto, alla presentazione del primo modulo hanno partecipato online oltre 600 docenti! E ve ne saranno altrettanti per tutti i moduli, Questo dato dovrebbe fare certamente riflettere: non si tratta infatti di un corso nell’àmbito della formazione obbligatoria, ma di un’iniziativa che evidenzia la voglia da parte dei docenti di apprendere al meglio e questo fa ben sperare».

«Il mondo della scuola ha tanti pregi – aggiunge dal canto suo Sergio Repetto -, ma ha anche tanti problemi non risolti negli anni dal Legislatore. Uno di questi riguarda il fatto che abbiamo un numero di ragazzi e ragazze con disabilità elevato rispetto ai docenti di sostegno specializzati assegnati alle scuole. Ebbene, grazie alla buona volontà di tutta una serie di persone che si sono messe a disposizione, abbiamo provato a superare questa lacuna, promuovendo questo percorso di formazione per i docenti supplenti delle scuole che non sono specializzati in sostegno, ma che verranno appunto attribuiti al sostegno. Io ho lavorato anche per altri Uffici Scolastici Regionali, ma non mi risultano iniziative analoghe; si può dire quindi che sia il primo intervento del genere e i risultati già conseguiti sono a dir poco confortanti, sia dal punto di vista dell’apprezzamento che del numero di partecipanti, circa 600 nel primo modulo, ma contiamo che in tutto diventino circa 2.200». (S.B.)

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