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Si presentano i “Play the Games 2025” di Special Olympics Italia

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Il 7 maggio a Roma, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio, vi sarà la conferenza stampa di presentazione dei “Play the Games 2025, promossi da Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, manifestazione che prevede, sino alla fine di giugno, 6 eventi in 17 diverse discipline sportive, per un totale di 20 giorni di gara

Nella mattinata del 7 maggio a Roma, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio (ore 11), è in programma, alla presenza tra gli altri della ministra per le Disabilità Locatelli, la conferenza stampa di presentazione dei Play the Games 2025, promossi da Special Olympics Italia, la componente nazionale del movimento di sport praticato da persone con disabilità intellettive, che prevedono sino alla fine di giugno 6 eventi in 17 diverse discipline sportive, per un totale di 20 giorni di gara.
La manifestazione, nella sua interezza, sostituirà i Giochi Nazionali Estivi di Special Olympics, conservando tuttavia lo stesso valore in termini di partecipazione: sarà infatti un momento per dare forma alla delegazione italiana che rappresenterà il nostro Paese ai prossimi Giochi Mondiali Estivi di Special Olympics a Santiago del Cile, nel 2027. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: stampa@specialolympics.it (Giampiero Casale).

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Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia

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Dopo avere raccontato il progetto lucano “PeperonAut”, proseguiamo il nostro percorso di approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo, approdando questa volta a Mirandola (Modena), dove “La Frolleria” sta dimostrando come il lavoro possa essere un’opportunità concreta di crescita e autonomia per giovani con disabilità Alcuni dei giovani con disabilità coinvolti nel progetto della Frolleria

Dopo avere raccontato il progetto lucano PeperonAut, in occasione del Primo Maggio, proseguiamo il nostro percorso di approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo.
Questa seconda puntata ci porta a Mirandola, in provincia di Modena, dove La Frolleria, una pasticceria sociale che coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e vendita, sta dimostrando come il lavoro possa essere un’opportunità concreta di crescita e autonomia.
Con Marzia Manderioli, presidente dell’ANFFAS di Mirandola(Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), esploriamo dunque le prospettive del progetto, tra “franchising”, “co-housing” e la volontà di costruire percorsi di inserimento lavorativo solidi e sostenibili.

L’inclusione è al centro della Frolleria, ma il progetto sta crescendo e si evolve con nuove prospettive, come il franchising e il co-housing: a che punto siete?
«Direi a buon punto. Abbiamo trovato un posto nel centro storico di Mirandola, molto bello, dove il proprietario ci dà la massima disponibilità: c’è la possibilità di avere due appartamenti, perché la nostra intenzione è creare il co-housing per le persone che lavorano a La Frolleria; tanti di loro sarebbero proprio pronti per iniziare questo percorso. Il problema, però, per sostenere le spese di un co-housing non è solo ciò che serve inizialmente, ma ciò che serve per mantenerlo nel tempo. Ma abbiamo un’idea. Siccome Mirandola è il terzo polo biomedicale più grande al mondo e necessita sempre di posti letto, abbiamo pensato di utilizzare un appartamento per il “co-housing” e nell’altro appartamento realizzare un bed & breakfast sempre gestito dalle persone della nostra Associazione. Quindi i clienti del beed & breakfast avranno la possibilità di fare colazione a La Frolleria, che si troverà al piano inferiore. In questo momento stiamo mettendo giù i progetti su carta, siamo in attesa di un aiuto da parte della Regione Emilia Romagna, perché un supporto iniziale serve; poi, come abbiamo dimostrato in questi due anni della Frolleria, riusciamo anche ad autosostenerci.
Per quanto riguarda invece il “franchising” con l’ANFFAS nazionale, ci mettiamo a disposizione per chiunque voglia aprire una Frolleria con le nostre ricette; andremo sul posto: una è quasi pronta per partire, sarà a Cento, in provincia di Ferrara. Andremo con i nostri giovani ad insegnare a fare biscotti».

La Frolleria coinvolge giovani con disabilità in tutte le fasi della produzione e della vendita dei biscotti. Sono retribuiti? E da quando hanno iniziato questa esperienza, quali cambiamenti avete osservato nella loro autonomia e fiducia in se stessi?
«Le persone coinvolte sono sedici, tra i 20 e i 30 anni, uno ne ha 40. Sono retribuite da circa due mesi, da quando cioè siamo diventati impresa sociale. A Natale abbiamo fatto un contratto di prestazione occasionale e siamo riusciti a dare un piccolo compenso. In Frolleria sono sempre presenti coordinatrici, educatrici, la pasticciera, ci sono tante spese da sostenere. Stiamo avviando anche dei percorsi con l’ASL per dei tirocini formativi.
Un altro passo che vogliamo fare è chiedere alle aziende di assumerli e di farli lavorare, perché qui nel nostro territorio [e non solo, aggiungiamo purtroppo, N.d.R.] le aziende preferiscono pagare le multe piuttosto che assumere persone con disabilità. Poi c’è da portare avanti la sensibilizzazione del territorio, perché La Frolleria è un luogo aperto a tutti. Abbiamo parlato con le scuole del nostro territorio: ci hanno mandato in Frolleria i ragazzi che vengono sospesi. Avevamo un po’ di timore, in realtà si sono rivelati ragazzi gentili, educati, ci hanno aiutato anche a fare dei video, facendoci risparmiare le spese per un videomaker.
Per ritornare sul discorso dei cambiamenti riscontrati nei ragazzi, dopo un mese che è iniziato il progetto della Frolleria, avevo le famiglie che venivano e mi dicevano: “Compriamo i muri, facciamo qui, facciamo là”, perché hanno visto anche a casa un cambiamento: sono infatti passati dall’essere noiosi, agitati ad essere sereni e tranquilli. Alcuni hanno diminuito l’assunzione di farmaci e questo ci è stato riportato proprio dalle famiglie; per noi è stato un grandissimo successo. Si sentono realizzati, utili, pensano che anche loro possono fare qualcosa».

La prima tappa di questo nostro percorso, dedicata al progetto lucano PeperonAut, è riportata nel testo Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link).

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Giornata Europea della Vita Indipendente: in favore di chi non vede e non sente

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Per oltre 360.000 persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale in Italia, la Vita Indipendente è purtroppo un traguardo ancora lontano. Anche per questo la Fondazione Lega del Filo d’Oro ha lanciato la campagna “#unaiutoprezioso”, per migliorare la vita di chi non vede e non sente, proprio in corrispondenza della Giornata Europea della Vita Indipendente di oggi, 5 maggio Una famiglia che afferisce alla Fondazione Lega del Filo d’Oro

Prende il via oggi, 5 maggio, in corrispondenza con la Giornata Europea della Vita Indipendente (The European Independent Living Day), la campagna della Fondazione Lega del Filo d’Oro denominata #unaiutoprezioso, per raccogliere fondi tramite il 5 per mille, migliorando in tal modo la vita di chi non vede e non sente.
«Chi non vede e non sente – dicono dalla Fondazione – vive immerso in un mondo fatto di buio e silenzio: una condizione che, senza adeguati supporti, può trasformarsi in isolamento assoluto, anche nelle attività quotidiane e più importanti. Una persona con sordocecità, ad esempio, non può andare in ospedale senza essere accompagnata da un interprete, i bambini o i ragazzi non possono frequentare la scuola senza programmi adeguati, gli adulti non possono accedere al mondo del lavoro, senza politiche realmente inclusive».

«È questa la realtà quotidiana di oltre 360.000 persone sordocieche e con pluridisabilità psicosensoriale in Italia – proseguono dall’organizzazione nata a Osimo (Ancona) -, per le quali la Vita Indipendente è purtroppo un traguardo ancora lontano. Il nostro impegno quotidiano per garantirla è stato tracciato nel Manifesto delle persone sordocieche, documento, presentato nel marzo dello scorso anno alla Camera, che parte dalla richiesta di aggiornamento della Legge 107/10 (Misure per il riconoscimento dei diritti alle persone sordocieche), per riconoscere tutte le persone che sono contemporaneamente cieche e sorde, a prescindere dall’età in cui sviluppano tali disabilità, oltre a porre l’attenzione su alcuni temi centrali che promuovano un reale cambiamento, chiedendo alle Istituzioni un maggior impegno affinché ogni persona sordocieca venga riconosciuta e sostenuta, ovunque e sempre, con accesso a cure, interpreti e strumenti che possano davvero fare la differenza nella vita di tutti i giorni». (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Federica Aruanno (f.aruanno@inc-comunicazione.it); Chiara Ambrogini (ambrogini.c@legadelfilodoro.it).

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“Fammi vedere”: in mostra 22 sculture tattili realizzate dai giovani di un liceo di Prato

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Dal 6 all’11 maggio l’Associazione Arcantarte presenterà a Prato la mostra tattile “Fammi vedere”, evento di arte inclusiva che ha lo scopo di esporre le opere eseguite dai giovani del locale Liceo Artistico Brunelleschi, dopo un percorso di conoscenza della disabilità visiva effettuato durante lo scorso anno scolastico, in collaborazione con l’UICI di Prato

«Nella nostra società la vista è il senso più usato: siamo assediati dalle immagini e le moltiplichiamo attraverso foto, film, tv e social. Ma il mondo può essere conosciuto anche toccando, ascoltando, gustando e odorando»: è questo uno dei princìpi fondamentali in base ai quali agisce l’Associazione Arcantarte di Prato, che da tempo, come abbiamo spesso raccontato anche sulle nostre pagine, realizza mostre tattili e laboratori di espressività artistica per rendere l’arte inclusiva. Da anni, ad esempio, propone nel mese di settembre la mostra tattile Accarezza l’Arte, giunta già alla nona edizione, oltre ad avere prodotto la prima guida tattile della città, denominata Prato in vista e la pubblicazione audio-tattile Un castello da toccare, con disegni a rilievo e descrizioni in Braille e nero grosso.

Dal 6 all’11 maggio Arcantarte presenterà ora la mostra tattile Fammi vedere (Palazzo Vaj a Prato – Chiesa di San Giorgio e attigua corte, Via Pugliesi, 34), realizzata con la collaborazione del locale Liceo Artistico Brunelleschi e  dell’Associazione Industriale e Commerciale Arte della Lana, avvalendosi del patrocinio del Comune di Prato, del PIN (Polo Universitario di Prato), della Monash University, del Palazzo delle Professioni, dell’Ordine degli Architetti e dell’UICI di Prato (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
«L’evento di arte inclusiva che proponiamo – viene spiegato – ha lo scopo di esporre le opere eseguite dai giovani del Liceo Artistico Brunelleschi, dopo un percorso di conoscenza della disabilità visiva effettuato durante lo scorso anno scolastico, in collaborazione con l’UICI di Prato. Fammi vedere proporrà dunque ventidue sculture tattili realizzate per il concorso Accarezza l’Arte 2024, dagli studenti del citato Liceo Brunelleschi (indirizzo Arti Gigurative), guidati dal professor Franco Menicagli e dal professor Leonardo Bossio. Il nostro intento è avere una collaborazione continua con il mondo della scuola, per creare consapevolezza e quindi cittadinanza più attenta alle esigenze specifiche di tutti e tutte. Inoltre, rivolgendosi a giovani delle scuole superiori, andiamo a creare/implementare sensibilità e formazione in futuri professionisti che svolgeranno un ruolo da protagonisti nella progettazione e trasformazione delle città». (S.B.)

Dopo l’inaugurazione, nel pomeriggio del 6 maggio (ore 17), la mostra Fammi vedere sarà aperta (a ingresso libero), il 7, 8 e 9 maggio dalle 16 alle 19, il 10 e l’11 maggio dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19. Per ogni ulteriore informazione: arcantarteaps@gmail.com.

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“L’arte si può toccare”, parola di Deborah Tramentozzi

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È ancora piuttosto diffusa, anche tra chi lavora nel mondo della cultura, l’idea che le arti figurative siano appannaggio esclusivo della vista, che l’arte si possa “comprendere” solo attraverso gli occhi. A smentire questo sottile e radicato pregiudizio vi è la preziosa attività di Deborah Tramentozzi, guida museale, cieca dalla nascita, che costruisce esperienza di fruizione dell’arte fruibili da chiunque, in modi diversi Deborah Tramentozzi

È ancora piuttosto diffusa, anche tra chi lavora nel mondo della cultura, l’idea che le arti figurative siano appannaggio esclusivo della vista, che l’arte si possa “comprendere” solo attraverso gli occhi. È un pregiudizio sottile, radicato, che rischia tuttavia di escludere, senza volerlo, un’intera categoria di persone, i ciechi, dall’esperienza estetica.
Nelle scorse settimane ho avuto modo di incontrare Deborah Tramentozzi, guida museale, cieca dalla nascita. Trentasette anni, laureata in Lettere Classiche, Deborah vive a Pontinia (Latina), dove lavora come tiflologa e come consulente per l’accessibilità in àmbito culturale; è una raffinata musicista, ma, soprattutto, è una studiosa appassionata di arte. È sufficiente ascoltare la sua riflessione sulla Deposizione di Caravaggio, uno tra i maggiori capolavori dell’arte pittorica italiana (il TEDx è disponibile su YouTube a questo link), per rendersi conto della sua solida preparazione, che non si limita a facilitare l’accesso alle opere, ma prova a riformularne il linguaggio.
Ha lavorato per i Musei Vaticani, il MuNDA (Museo Nazionale d’Abruzzo) dell’Aquila, la Basilica di Aquileia (Udine). È intervenuta alle Nazioni Unite, all’Università di Bristol nel Regno Unito, al Congresso ESCRS di Vienna, al TFOS di Venezia. Ha preso parte a documentari, progetti europei, eventi di formazione, collaborando anche con realtà innovative come la startup Tooteko.

Quando le chiedo da dove nasca tutto questo, Deborah risponde con semplicità e con il suo immancabile sorriso: «Da bambina alle elementari chiedevo ai miei compagni di disegnare con i pennarelli Uniposca perché potessi vederli utilizzando il mio piccolissimo residuo visivo. Alle scuole medie poi, grazie ad alcuni insegnanti che non si sono fermati davanti alla mia disabilità, ho iniziato ad avvicinarmi all’arte. Lì ho capito che non si guarda solo con gli occhi».
Da allora, Deborah ha sperimentato il tatto attraverso materiali come il pongo e il decoupage, ha provato a disegnare sfruttando un piccolo residuo visivo, ha sviluppato un rapporto personale e profondo con l’esperienza estetica. «Il mio rapporto con l’arte – mi dice – è sinestesico. Per me l’arte si ascolta, si tocca, si annusa. È un dialogo tra i sensi».

Uno degli episodi più significativi del suo percorso è legato ai Musei Vaticani. «Con la dottoressa Isabella Salandri – racconta -, responsabile dei percorsi multisensoriali, ho potuto vivere un’esperienza pienamente multisensoriale: toccare calchi, annusare fragranze, assaggiare bevande legate al contesto storico delle opere, ascoltare musiche evocative. È stato un modo per immergersi completamente nell’opera, senza barriere».
Da quel tipo di approccio nascono anche i progetti che oggi porta avanti, come Basilica per tutti ad Aquileia o la mostra La luce del nero alla Fondazione Burri. Nella splendida Ravenna, poi, sotto la guida del dottor Marco Santi e della dottoressa Anna Caterino, si è formata nel riconoscimento, attraverso il tatto, del colore dei marmi e degli altri materiali che compongono un mosaico.

Deborah Tramentozzi non propone percorsi separati, ma soluzioni inclusive, pensate fin dall’inizio per tutti e tutte. «Il mio obiettivo non è creare un percorso “accessibile” in aggiunta a quello principale. Il punto è costruire un’esperienza che sia fruibile da chiunque, in modi diversi. Non si tratta solo di abbattere barriere, ma di moltiplicare i canali del senso». Un approccio che ha un impatto anche sui visitatori vedenti. «Spesso, dopo una visita guidata, mi sento dire: “Grazie, ho notato cose che non avevo mai visto prima”. Questo dimostra che un’esperienza sensoriale può arricchire chiunque, non solo chi ha una disabilità».

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Vita Indipendente: un diritto da rendere reale

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«Il 5 maggio – scrive Vincenzo Falabella -, Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità, non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte»

Oggi, 5 maggio, si celebra in tutto il Vecchio Continente la Giornata Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità (The European Independent Living Day), una ricorrenza che nasce dal movimento delle persone con disabilità stesse, a partire dagli Anni Settanta, come rivendicazione di un principio fondamentale: la possibilità di scegliere autonomamente come vivere la propria vita, al pari di ogni altro cittadino e cittadina.

La Vita Indipendente non significa “fare tutto da soli”. Significa, invece, avere il controllo delle proprie scelte quotidiane: dove vivere, con chi convivere, che tipo di assistenza ricevere, quale percorso lavorativo o formativo intraprendere, come partecipare alla vita sociale e culturale della propria comunità. È la possibilità di vivere con dignità, autodeterminazione e libertà, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità.
La FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), attraverso la propria rete di Associazioni, da anni pone al centro del dibattito pubblico questo principio come fondamento di ogni politica inclusiva. Vivere liberi e partecipi, senza essere costretti in istituzioni, in strutture segreganti o dipendenti da sistemi rigidi e impersonali, è ciò che definisce una società realmente civile.
Un passo importante è stato compiuto con l’approvazione della Legge Delega in materia di disabilità (Legge 227/21) e con l’adozione del Decreto Legislativo 62/24, attuativo di essa, che introduce il Progetto di Vita come strumento centrale per costruire percorsi personalizzati e autodeterminati.
Questi provvedimenti rappresentano una base normativa significativa verso l’attuazione concreta del principio di Vita Indipendente e tuttavia, occorre che su questi strumenti vi sia maggiore consapevolezza, non solo da parte della politica e delle amministrazioni pubbliche, ma anche da parte dei cittadini/cittadine con disabilità e delle loro famiglie. La piena attuazione dei diritti richiede infatti partecipazione, informazione, presa in carico personalizzata e un cambiamento culturale profondo che metta la persona al centro.
E altresì, oggi, in Italia, la Vita Indipendente ancora troppo spesso non è un diritto garantito. La scarsità di risorse, l’assenza di una regìa nazionale, le disparità territoriali e la logica emergenziale con cui vengono affrontate le disabilità, impediscono a migliaia di persone di accedere a percorsi personalizzati di assistenza e supporto. Il rischio è quello di relegare le persone con disabilità ai margini della cittadinanza attiva, negando di fatto l’articolo 3 della nostra Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009 con la Legge 18/09, stabilisce chiaramente all’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) il diritto a vivere nella comunità, con la libertà di scegliere dove e con chi vivere, e con il sostegno necessario a garantire una vita autonoma. Questo diritto non è negoziabile, né subordinato a criteri di economicità: è un impegno internazionale e costituzionale.
La FISH invita dunque oggi con forza la politica nazionale ad agire: è necessario un piano strutturato, con finanziamenti stabili e mirati, che renda la Vita Indipendente una possibilità reale in ogni territorio. Serve riconoscere e finanziare l’assistenza personale autogestita, rafforzare i servizi di prossimità, costruire una cultura dell’inclusione che superi la logica assistenziale e promuova la piena partecipazione alla vita della comunità.
Investire nella Vita Indipendente non è solo una questione di diritti, ma anche di sviluppo sociale: significa infatti costruire contesti più giusti, in cui ogni persona – con o senza disabilità – possa contribuire, scegliere, partecipare, amare, lavorare, sognare.

Il 5 maggio non può essere solo una giornata di ricordo o celebrazione, ma un momento di responsabilità collettiva, perché la libertà di vivere secondo le proprie scelte è il cuore stesso della democrazia e la Vita Indipendente ne è una delle sue espressioni più alte.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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Graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del personale ATA – triennio scolastico 2024/2027 (D.M. 21 maggio 2024, n. 89) – Scioglimento della riserva per il possesso della certificazione internazionale di alfabetizzazione digitale

Ultime da A. T. P. Cosenza -

Ministero dell’Istruzione Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria – Direzione Generale Ufficio V – Ambito Territoriale di Cosenza Via Romualdo Montagna, 13 – 87100 Cosenza e-mail: usp.cs@istruzione.it – Posta ...

Altre riflessioni su quel Decreto Ministeriale riguardante il sostegno

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A manifestare la propria contrarietà sul recente Decreto prodotto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, contenente “Misure finalizzate a garantire la continuità dei docenti a tempo determinato su posto di sostegno per l’anno scolastico 2025/2026”, è un insieme di collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno. Alla loro presa di posizione segue il commento in replica di Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica

Siamo un insieme di collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno alle alunne e agli alunni con disabilità di ogni ordine e grado di scuola, attivisti del mondo della Scuola [a questo link i firmatari del presente contributo, N.d.R.] che, alla luce della presa di posizione del Garante per le disabilità e della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), in merito ai ricorsi al TAR di alcuni sindacati contro il Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025, intendono dare vita ad una contro-narrazione, a difesa della vera inclusione scolastica.
Vogliamo esprimere la nostra contrarietà rispetto a quel Decreto che affida unicamente alle famiglie la conferma del docente di sostegno. Riteniamo importante poter esprimere il nostro punto di vista in quanto professionisti della scuola, altamente formati e costantemente impegnati in percorsi di aggiornamento anche a nostre spese. Ogni giorno contribuiamo a rendere concreta l’alleanza educativa tra scuola e famiglia, dedicandoci con impegno a un mestiere complesso, volto al benessere e al successo formativo degli studenti.
Le competenze che abbiamo maturato attraverso una formazione continua – frutto di investimenti personali in termini di tempo ed energie – ci permettono di offrire un contributo qualificato nelle scelte che riguardano la Scuola. Chiediamo di essere ascoltati, perché viviamo quotidianamente la realtà scolastica accanto agli studenti, affrontando con responsabilità le sfide educative. È proprio questa esperienza diretta che ci rende interlocutori preziosi per costruire insieme il futuro dell’istruzione.
Perché siamo contrari al Decreto Ministeriale n. 32 del 26 febbraio 2025? Perché esso prevede la conferma del docente di sostegno da parte delle famiglie, svilendo la qualità dell’inclusione scolastica, ledendo il diritto allo studio delle alunne e degli alunni con disabilità, impattando sugli alunni tutti, bypassando le graduatorie, ciò che favorisce un sistema clientelare, lasciando margini di complessità attuativa e ledendo le libertà costituzionali. Ecco le nostre argomentazioni:
° Il Decreto svilisce la qualità dell’inclusione perché un docente non specializzato potrebbe essere preferito ad un docente specializzato: questo influisce negativamente sulla qualità dell’insegnamento erogato alla classe, rinnegando il primato della formazione universitaria italiana, un’eccellenza riconosciuta unanimemente nel panorama europeo.
° Pur presentandosi come garanzia di continuità per i docenti a tempo determinato, il Decreto ignora le reali esigenze degli alunni con disabilità, in quanto non prevede stabilizzazioni strutturali: il solo mezzo per assicurare la continuità didattica. Il diritto allo studio degli alunni viene in tal modo leso. Limitandosi inoltre a proroghe temporanee, il Decreto perpetua il precariato e di conseguenza il disagio dei lavoratori che sono impegnati a creare facilitatori davanti alle barriere che la disabilità impone. La nostra condizione lavorativa necessariamente impatta sulla condizione della classe. Ricordiamo che ad oggi sul sostegno un docente su due è precario, che ci sono oltre 120.000 cattedre in deroga attivate con contratti al 30 giugno. Solo con la stabilizzazione degli organici si può garantire un sistema scolastico stabile e non fondato sulla precarietà.
° Questo provvedimento darebbe vita ad una procedura che sarebbe terreno fertile per il clientelismo nelle zone del nostro Paese con maggiori criticità socio-economiche, compromettendo definitivamente la libertà e la qualità d’insegnamento di ogni docente, ponendolo in una posizione di sudditanza rispetto alle possibili ingerenze dei genitori, rendendolo, quindi, possibilmente ricattabile e di conseguenza non più soggetto alla pari nell’alleanza educativa scuola-famiglia, nel rispetto dei ruoli di ciascuno.
° La scelta familiare su cui si basa il Decreto potrebbe creare una relazione esclusiva e personalizzata che si connoterebbe per il suo carattere escludente verso il contesto classe: ricordiamo che l’insegnante di sostegno è il docente della classe e non del singolo alunno. Ricordiamo inoltre che il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha espresso perplessità sul fatto che la scelta da parte delle famiglie possa non basarsi su criteri pedagogici e professionali, piuttosto su preferenze soggettive, rischiando di compromettere la qualità dell’insegnamento e la trasparenza nelle procedure di assegnazione.
° Il Decreto non tiene conto della complessità del sistema di attribuzione delle cattedre su sostegno: presenta problemi organizzativi nel caso di uno studente con più docenti assegnati; nel caso del docente assegnato a più classi; nelle classi terminali del ciclo scolastico e rischia in alcuni casi di portare alla dispersione della continuità anziché alla sua conferma.
° La recente presa di posizione del Garante per la disabilità e della FISH sembra non considerare pienamente che l’alleanza educativa è già una realtà concreta, che ogni giorno coltiviamo con impegno e dedizione e che l’unico modo per assicurare la continuità didattica alle alunne e agli alunni con disabilità sia la stabilizzazione dei docenti di sostegno, tanto necessari quanto bistrattati, costretti a rinunciare alla loro libertà pedagogica, accettando una condanna ingiusta al precariato.
Quindi sì alla continuità – tanto per gli alunni quanto per i docenti – come elemento fondante un’inclusione autentica, costruita con uno sguardo attento e proiettato al futuro, al di là di semplificazioni o visioni parziali.
Collettivi di docenti specializzati e specializzandi per le attività di sostegno

Diamo spazio qui di seguito a un commento in replica a tale contributo, a firma di Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica.

Leggo il presente contributo di critica dei docenti specializzati e specializzandi sul sostegno didattico, che dissente dalla presa di posizione del Garante per la disabilità e della Federazione FISH a favore del Decreto Ministeriale 32/25 sulla possibile “proroga” (“rinomina”) di supplenti di sostegno. Infatti, la cosiddetta proroga è formalmente una rinomina, avendo le supplenze validità annuale.
A mio sommesso avviso personale, non è corretto affermare che tale “rinomina” dipenda esclusivamente dalla famiglia. La famiglia, infatti, presenta una richiesta ai sensi dell’articolo 2, comma 1 della Legge 241/90, ma tale richiesta deve passare per parecchie condizioni, prima di poter essere accolta, ossia:
1. Il posto oggetto della richiesta non deve rientrare tra quelli sui quali sia stata già manifestata una richiesta di trasferimento di un docente a tempo indeterminato.
2. Se si tratta di “conferma-rinomina” di un supplente non specializzato, non deve esservi nelle GPS (Graduatorie Provinciali di Supplenza) e nelle Graduatorie di Istituto un docente specializzato. Infatti, l’articolo 14, comma 6 della Legge 104/92 stabilisce che «L’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati». Pertanto un Decreto Ministeriale, come il 32/25, non può derogare ad una norma di legge e se esso venisse interpretato in senso contrario, l’eventuale nomina sarebbe illegittima e travolgerebbe pure, con un ricorso al TAR, tale interpretazione data allo stesso Decreto Ministeriale.
3. Il docente di cui si chiede la “conferma-rinomina” deve rientrare nel contingente che sarebbe nominato per le supplenze in quel determinato àmbito territoriale.
4. Deve essere sentito il GLO dell’alunno/alunno (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione), che potrebbe eventualmente anche avere un parere contrario.
5. Il docente interessato deve acconsentire, perché, essendo sicuro di dover essere nominato l’anno successivo, potrebbe aspirare ad una sede per lui più comoda.
6. Il Dirigente Scolastico, sentito il parere del GLO, potrebbe anche non accogliere la richiesta, ovviamente motivando il rifiuto.
Per questi motivi, dunque, ritengo valido il Decreto 32/25, mentre concordo con la richiesta dei docenti di “stabilizzazione”, dal momento che la precarietà di circa 100.000 docenti di sostegno non è assolutamente accettabile, sia per il loro diritto al lavoro che per il diritto alla continuità degli alunni/alunne con disabilità. A tal proposito, il Ministero dell’Istruzione e del Merito non ha ancora provveduto al diritto alla continuità dei docenti a tempo indeterminato di sostegno, che hanno l’obbligo di permanenza quinquennale su posti di sostegno, ma non sullo stesso posto dell’alunno seguito l’anno precedente, potendo quindi presentare domanda di trasferimento su altra cattedra di sostegno. Per evitare questa discontinuità, la Federazione FISH sta cercando di presentare una Proposta di Legge sull’istituzione di un’apposita cattedra di sostegno, che garantirebbe anche per loro la continuità, ciò che però trova ancora molti ostacoli.
La continuità non è un privilegio degli alunni e alunne con disabilità, ma è prevista da una precisa norma di legge, cioè l’articolo 1, comma 181, lettera c, n. 2 della Legge 107/15 (cosiddetta Buona Scuola).
Salvatore Nocera, esperto di inclusione scolastica

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Il 15° “Caregiver Day” dell’Emilia Romagna

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“Caregiver familiari: strumenti, politiche e competenze per una nuova stagione del prendersi cura”: è il titolo scelto per il 15° “Caregiver Day”, manifestazione promossa in Emilia Romagna dall’Unione delle Terre d’Argine, organizzata da Anziani e non solo, in collaborazione con l’Associazione CARER, che prevede una serie di eventi, da remoto e in presenza, tutti a partecipazione gratuita, dal 6 al 31 maggio

Caregiver familiari: strumenti, politiche e competenze per una nuova stagione del prendersi cura: è questo il titolo scelto per la quindicesima edizione del Caregiver Day, manifestazione promossa in Emilia Romagna dall’Unione delle Terre d’Argine, organizzata da Anziani e non solo, con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e dell’AUSL di Modena, oltreché con la collaborazione dell’Associazione CARER. L’evento si propone ancora una volta come un’opportunità di confronto su problemi, pratiche, politiche per sostenere il/la caregiver familiare nel difficile compito di prendersi cura di persone care. La manifestazione prevede la realizzazione di una serie di eventi, tutti a partecipazione gratuita, in programma dal 6 al 31 maggio.
«In questa edizione – spiegano dall’organizzazione – si vuole riaffermare la priorità della cura nella vita delle persone e ribadire l’assoluta necessità di inaugurare una nuova stagione di welfare in grado di dare risposte ai bisogni crescenti di assistenza, innovare il sistema dei servizi in ottica di prossimità, flessibilità continuità assistenziale, supporto ai caregiver familiari e loro integrazione nella rete territoriale dei servizi».

In particolare gli eventi di questa edizione saranno articolati in seminari da remoto (webinar) su tematiche di rilievo regionale e nazionale e in incontri/laboratori territoriali in presenza.
Questo il calendario e i temi che verranno trattati nei seminari da remoto (ore 15-17.30):
° Il 6 maggio si tratterà il trema dei sostegni ai/alle caregiver familiari: dalla Strategia Europea sull’Assistenza, alle politiche per i/le caregiver in àmbito nazionale, alla nuova fase di intervento verso i caregiver nella Regione Emilia Romagna. Interverranno tra gli altri Isabella Conti, assessora al Welfare della Regione Emilia Romagna, Giovanni Viganò del Team Nazionale per l’implementazione della Strategia Europea sulla Cura, Barbara Da Roit, sociologa dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e Loredana Ligabue dell’Associazione CARER.
° Il 13 maggio si affronterà invece il tema del ruolo e delle competenze del/la caregiver. Dopo l’apertura di Lalla Golfarelli dell’Associazione CARER, gli interventi spazieranno dal lavoro di cura in Europa (Giorgia Casanova dell’IRCCS-INRCA) al valore delle competenze di cura nel contesto nazionale e regionale (Alessandro Geria, consigliere del CNEL-Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, Federico Boccaletti di Anziani e non solo, Francesca Bergamini della Regione Emilia Romagna).
° Il 27 maggio, infine, si parlerà dei giovani caregiver in Europa e in Italia, con Giulia Lanfredi di Eurocarers e la già citata Licia Boccaletti, illustrando esperienze in essere (Maria Chiara Annetta e Cecilia Silvestri dell’AUSL di Modena, Veronica Cattini, psicologa di Anziani e non solo, Stefania Fucci, responsabile del Progetto ORIONE dell’Università di Parma) e di politiche di sostegno in Emilia Romagna (Simonetta Puglioli, della Regione Emilia Romagna).

Questo invece il calendario e i temi che verranno affrontati negli incontri in presenza, che avranno carattere di laboratorio partecipato (ore 9.30-12):
° 10 Maggio, alla Casa del Volontariato di Carpi (Modena): accompagnamento al fine vita di una persona cara, con l’educatrice Licia Boccaletti e l’avvocato Salvatore Milianta.
° 17 Maggio al PAC di Novi di Modena (Via Di Vittorio, 30): come combattere lo stress del prendersi cura con la mindfulness, con la psicologa Caterina Rompianesi.
° 24 Maggio alla Biblioteca Campori di Soliera (Modena) (Piazza Fratelli Sassi, 2): come spiegare la demenza ai bambini attraverso le fiabe, con Licia Boccaletti e Veronica Cattini.
° 31 Maggio nella Sala Polifunzionale del Museo della bilancia Campogalliano (Modena): come usare i dispositivi indossabili e gli assistenti vocali per sostenere la cura e favorire il benessere dei nostri cari, con Loredana Ligabue, Rita Seneca e Federico Boccaletti. (Simona Lancioni)

A questo link è disponibile il programma completo della manifestazione. Per ogni altra informazione: info@anzianienonsolo.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con alcune modifiche dovute al diverso contenitore – per gentile concessione.

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Vita Indipendente e Lavoro, Diritti per Tutti

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Nell’àmbito di una serie di iniziative dal titolo complessivodi “It’s Our Time!”, promosse da oggi, 5 maggio, al 7 maggio, in occasione della Giornata Europea per la Vita Indipendente, l’Associazione sammarinese Attiva-Mente ha organizzato tra l’altro, per il 6 maggio, la conferenza internazionale denominata “Vita Indipendente e Lavoro – Diritti per Tutti”

Nell’àmbito di una serie di iniziative dal titolo complessivo di It’s Our Time! promosse da oggi, 5 maggio, a mercoledì 7 maggio, in occasione della Giornata Europea per la Vita Indipendente, l’Associazione sammarinese Attiva-Mente ha organizzato tra l’altro, per il pomeriggio del 6 maggio (Sala Montelupo della Repubblica di San Marino, ore 16-19), la conferenza internazionale a ingresso libero, denominata Vita Indipendente e Lavoro – Diritti per Tutti, che viene presentata così.
«Dopo la ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità da parte di San Marino nel 2008, è tempo di interrogarsi su quanto sia stato realizzato e su quali passi restino ancora da compiere. Per questo, It’s OUR Time sarà un’occasione di confronto aperto e costruttivo, coinvolgendo esperti, attivisti, istituzioni e cittadini. Un momento di condivisione di conoscenze, esperienze e strumenti per promuovere la Vita Indipendente, in coerenza con l’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della stessa Convenzione ONU. Nello specifico, il focus della conferenza del 6 maggio sarà declinato su uno degli elementi chiave per garantirne la piena realizzazione, vale a dire l’inclusione lavorativa, precondizione essenziale per l’autonomia e la dignità della persona. Senza indipendenza economica e una reale partecipazione alla società, infatti, il diritto di scegliere e gestire la propria vita rischia di rimanere solo un principio astratto».

Moderato dal giornalista Davide Giardi, l’incontro, dopo una serie di saluti istituzionali, prevede i seguenti interventi.
Antonella Candiago, avvocata, responsabile dello sviluppo, del coordinamento e dell’implementazione delle politiche dell’ENIL, la Rete Europea sulla Vita Indipendente (Vita Indipendente – Missione e Visione di ENIL).
Silvia Cutrera, coordinatrice del Gruppo Donne della FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap , oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Personer con Disabiliytà e Famiglie), di cui è stata vicepresidente, oltre a far parte del Consiglio Direttivo dell’AVI di Roma (Agenzia per la Vita Indipendente) (Caregiver e autodeterminazione: un equilibrio possibile? “Dopo di Noi” e Vita indipendente in Italia).
Andrea Ficarelli, linguista specializzato in culture straniere e innovatore sociale, impegnato nella creazione di nuove opportunità all’interno dell’ENIL e in collaborazione con Istituzioni pubbliche (La Vita Indipendente è un investimento, non un costo).
Soe Moe Oo (in collegamento dal Myanmar), attivista per i diritti delle persone con disabilità, che ha partecipato a un programma di certificazione alla leadership per persone con disabilità in Giappone, approfondendo il proprio impegno anche a livello internazionale attraverso movimenti regionali in Corea del Sud, Svizzera, Thailandia, Vietnam e Indonesia. Dal 2017 collabora con ABILIS ed è attualmente coordinatrice nazionale presso l’ufficio di ABILIS in Myanmar. È inoltre membro del Consiglio Direttivo della MILI (Myanmar Independent Living Initiative), organizzazione guidata da persone con disabilità, nella quale è attiva dal 2012 (Resistere, scegliere, vivere: vita indipendente tra guerra, disabilità e ricostruzione in Myanmar).
Andrea Zavoli, professore, fondatore della ONLUS Vento in faccia e Bryan Toccaceli, ex pilota sammarinese di motocross (Storie di quotidianità).
Elena Pečarič, fondatrice e presidente in Slovenia dell’YHD (Associazione per la Teoria e la Cultura dell’Handicap), con la quale ha avviato il Programma di Vita Indipendente. Giornalista, scrittrice e produttrice di video, ha fondato in passato il Partito delle Pari Opportunità nel suo Paese. Insieme ad altre persone con cui ha condiviso nell’ex Jugoslavia un’infanzia trascorsa presso un istituto per disabili ha sviluppato la prima bozza della Legge sull’assistenza personale, entrata in vigore in Slovenia nel 2019 (L’importanza di conoscere i propri diritti per esigerli: l’assistenza personale come leva per il diritto al lavoro).
Ines Bulić Cojocariu, direttrice dell’ENIL, che ha tra l’altro contribuito alla redazione di rapporti congiunti tra l’ENIL stessa e l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, riguardanti la deistituzionalizzazione (Ripensare l’inclusione: oltre l’assistenzialismo, verso piena cittadinanza sociale e lavorativa. Esperienze virtuose in Europa. Vita indipendente: un diritto per persone con qualsiasi disabilità). (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione: attivamentersm@gmail.com.

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Occupazione e paghe eque per le persone con disabilità, in un mercato del lavoro aperto

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Non è la prima volta che l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, sottolinea la necessità di un programma di Garanzia dell’Unione Europea per l’occupazione e le competenze con disabilità, sulla falsariga della “Garanzia per i Giovani”. Lo ha fatto anche in occasione del Primo Maggio di quest’anno, ricordando ancora una volta i numerosi ostacoli che le persone con disabilità devono affrontare per ottenere un lavoro, o per usufruire di un equo trattamento quando quel lavoro ce l’hanno

Per innumerevoli persone con disabilità in Europa, la Giornata Internazionale dei Lavoratori del Primo Maggio serve a ricordare ancora una volta i numerosi ostacoli che esse devono affrontare per ottenere un lavoro. Solo il 51,3% delle persone con disabilità nell’Unione Europea ha infatti un lavoro, rispetto al 75,6% delle persone senza disabilità, cifra ancora più bassa per le donne con disabilità (tasso di occupazione del 49%) e per i giovani con disabilità (47,4%).
Inoltre, l’Europa presenta anche un evidente divario retributivo tra le persone che lavorano con e senza disabilità e anche qui “a passarsela peggio” sono le donne con disabilità.
Ecco perché, come Forum Europeo sulla Disabilità, riteniamo che l’Unione Europea debba lanciare la Garanzia UE per l’occupazione e le competenze con disabilità.

Non si tratta per altro di un’idea del tutto nuova: l’Unione Europea, infatti, ha uno schema simile per i giovani, ossia la Garanzia per i Giovani, che dalla sua creazione, nel 2013, ha sostenuto oltre 50 milioni di persone, facendo sì che i tassi di occupazione tra i giovani siano in costante crescita.
La Garanzia per l’occupazione e le competenze con disabilità dovrebbe pertanto basarsi proprio sul successo della Garanzia per i Giovani, rendendo disponibili opportunità nel mercato del lavoro aperto (non, quindi, in “laboratori protetti”), aprendosi per altro a persone con disabilità di qualsiasi età, il tutto senza pregiudicare l’idoneità delle persone a continuare a ricevere assegni di invalidità e altri aiuti da parte del proprio Stato, fornendo altresì supporto per mettere in atto i necessari adeguamenti sul posto di lavoro.

In occasione dunque della Giornata Internazionale dei Lavoratori del Primo Maggio, abbiamo voluto invitare con forza l’Unione Europea e gli Stati Membri di essa a rispettare i propri impegni nei confronti delle persone con disabilità e del loro diritto al lavoro. Con un messaggio sintetico potremmo dire: «Vogliamo salari equi in un mercato del lavoro aperto!» e proviamo a immaginare un esempio concreto.
Poniamo che una giovane con disabilità di 32 anni, rimasta fuori dal mercato del lavoro per un lungo periodo di tempo, potesse registrarsi alla citata e auspicata Garanzia UE per l’occupazione e le competenze con disabilità (Disability Employment and Skills Guarantee) presso il proprio ufficio locale per l’impiego. Se quest’ultima iniziativa venisse attuata, i fondi dell’Unione Europea (attinti dal Fondo Sociale Europeo) sarebbero utilizzati insieme ai fondi nazionali per aiutare a pagare la formazione che consentirebbe a quella giovane di trovare lavoro in un settore a lei adatto, o per trovare effettivamente e direttamente una collocazione lavorativa, sovvenzionando il suo stipendio per i primi mesi di lavoro. Questo dovrebbe essere attuato per non più di quattro mesi dopo la suua iscrizione al programma e non dovrebbe avere alcun impatto sulla sua indennità di invalidità o sull’accesso ai servizi. Se poi la giovane avesse bisogno anche di un ausilio o di una tecnologia per poter lavorare, non coperti da sussidi statali, il finanziamento della Garanzia potrebbe supportare il suo datore di lavoro o l’istituto scolastico ad acquisirlo.

*L’EDF è il Forum Europeo sulla Disabilità.

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La Sindone da “guardare” con le dita

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In Piazza Castello a Torino, la Tenda di “Avvolti”, evento organizzato dalla Chiesa torinese per la Festa della Sindone e il Giubileo della Speranza, ospiterà fino al 5 maggio uno speciale plastico della Sindone, con parti in rilievo a diversi livelli, per consentire alle persone con disabilità visive di esplorare tattilmente la figura dell’Uomo della Sindone e, con l’aiuto di una guida, di percepirne l’immagine Visita tattile del plastico della Sindone

In Piazza Castello a Torino, la Tenda di Avvolti evento, quest’ultimo organizzato dalla Chiesa torinese per la Festa della Sindone e il Giubileo della Speranza – ospiterà fino al 5 maggio, insieme alla riproduzione multimediale, anche uno speciale plastico della Sindone, da “guardare” sfiorandolo delicatamente con i polpastrelli. «Un plastico con parti in rilievo a diversi livelli – spiegano i promotori dell’iniziativa -, in corrispondenza dell’impronta sindonica, che consente alle persone con disabilità visive di esplorare tattilmente la figura dell’Uomo della Sindone e, con l’aiuto di una guida, di percepirne l’immagine offrendo un’esperienza sensoriale utile a comprenderne i dettagli e la posizione del corpo».

Nato su impulso di don Giuseppe Chicco, già consulente ecclesiastico del MAC di Torino (Movimento Apostolico Ciechi) e realizzato per l’ostensione giubilare del 2000, il plastico è il risultato di un lavoro di squadra, che ha coinvolto tecnici e specialisti, ma anche persone con disabilità visiva. «Per realizzarlo – spiega Nello Balossino, docente di Informatica all’Università di Torino e vicedirettore del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone – sono state sviluppate tecniche informatiche che trasformano le variazioni di colore e luminosità presenti sul telo in diversi livelli di rilievo. Questo tipo di riproduzione rappresenta tuttora un’innovazione importante nel campo dell’accessibilità culturale, perché favorisce il dialogo tra diverse modalità di fruizione».

Il plastico, va detto ancora, riproduce in scala 1 a 1 la parte del lenzuolo in cui l’uomo appare frontalmente. Grazie dunque a questo strumento, le persone con disabilità visive, aiutate da una guida, riescono a costruirsi una precisa immagine mentale della Sindone, vivendo un’esperienza diretta che, altrimenti, sarebbe loro preclusa.
«Dal 2000 a oggi – racconta Angelo Sartoris, persona con disabilità visiva e volontario del Museo della Sindone – migliaia di persone cieche e ipovedenti hanno sfiorato con le dita l’immagine in rilievo: c’è chi lo ha fatto accompagnato dalla fede, chi in un percorso di ricerca o per semplice curiosità. Tra le tante emozioni raccolte, ricordo la frase di un uomo cieco da sempre e avanti negli anni, che mi disse: “Sono venuto molte volte a pregare davanti alla Sindone, ma adesso ho capito quello che non potevo vedere”».

Un plastico, quindi, estremamente importante per le persone con disabilità visiva, ma che rappresenta certamente un’opportunità di scoperta anche per le persone senza disabilità visive. (S.B.)

Ringraziamo Lorenzo Montanaro per la collaborazione.

Per ogni ulteriore informazione: Ufficio Stampa Diocesi Torino (ufficiostampa@diocesi.to.it).

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Lo sport paralimpico nel libro “Milano Sport System”

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Parte del libro “Milano Sport System. Luoghi, ritratti e storie di una lunga passione popolare” è dedicata anche allo sport paralimpico, nonché agli atleti del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano. E il 5 maggio, a cura di quest’ultimo e dell’UICI di Milano, è in programma nel capoluogo lombardo una presentazione dell’opera alla presenza degli Autori

Il libro Milano Sport System. Luoghi, ritratti e storie di una lunga passione popolare, pubblicato per i tipi di About Cities da Gino Cervi e Sergio Giuntini, «racconta una città – come si legge nella presentazione editoriale – che non ha mai smesso di correre, saltare, nuotare e sognare. Perché a Milano lo sport non è mai stato solo sport: è stato il battito del cuore di intere generazioni». E parte del libro è dedicata anche allo sport paralimpico, nonché agli atleti del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano.
Promossa da quest’ultimo, insieme e presso l’UICI di Milano (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), è in programma per il pomeriggio del 5 maggio (Sala Trani dell’UICI di Milano, ore 17), una presentazione dell’opera, alla presenza degli Autori e con la partecipazione di Alberto Piovani, presidente dell’UICI di Milano e di Francesco Cusati, presidente del Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: info@gsdnonvedentimilano.org.

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San Francisco 1977, quando cambiò la storia dei diritti delle persone con disabilità

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«Ricordare il 29 aprile 1977 non è solo un esercizio di memoria: è un monito su ciò che è possibile, quando la determinazione collettiva incontra l’ingiustizia e decide di trasformarla», lo afferma Marta Migliosi, attivista con disabilità, ricordando la più lunga occupazione non violenta che cambiò la storia dei diritti civili delle persone con disabilità negli Stati Uniti. «Le conquiste di ieri – aggiunge – sono il terreno su cui possiamo camminare oggi, ma anche un invito a non smettere di lottare» Centinaia di manifestanti, con e senza disabilità, radunati nella Civic Center Plaza di San Francisco il 4 aprile 1977. La protesta si protrasse anche nei giorni seguenti (fonte: Fondo per l’istruzione e la difesa dei diritti delle persone con disabilità)

Nella primavera del 1977 un gruppo di attivisti e attiviste con disabilità occupò per 28 giorni un edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare a San Francisco. Fu la più lunga occupazione non violenta nella storia dei diritti civili negli Stati Uniti.
Non era una protesta improvvisata, ma il culmine di anni di proteste e della mancata firma, da parte di Joseph Califano, direttore del menzionato Dipartimento Federale, di una disposizione a tutela delle persone con disabilità.
In effetti la legge c’era già: la Sezione 504 del Rehabilitation Act, approvata nel 1973, aveva stabilito infatti che nessuna persona con disabilità potesse essere esclusa da programmi o attività finanziate dal governo federale. Ma nel 1977 quella norma esisteva solo sulla carta. L’attuazione di essa continuava ad essere rinviata dal governo, e la commissione incaricata di definirne l’applicazione era priva di rappresentanti con disabilità.
La riforma citava: «Nessun individuo altrimenti qualificato con disabilità negli Stati Uniti, come definito nella sezione 705 (20) del presente titolo, potrà, esclusivamente a causa della sua disabilità, essere escluso dalla partecipazione, vedersi negare i benefici o essere soggetto a discriminazione nell’ambito di qualsiasi programma o attività che riceve assistenza finanziaria federale o nell’ambito di qualsiasi programma o attività condotta da qualsiasi agenzia esecutiva o dal servizio postale degli Stati Uniti».
Il 5 aprile le proteste scoppiarono in tutto il Paese: Atlanta, Boston, Chicago, Denver, Los Angeles, New York, Philadelphia, Seattle. Ma fu a San Francisco che la lotta prese una forma più ampia e lunga.

A San Francisco, dunque, l’edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare fu occupato da oltre 120 attivisti. La differenza la fecero le alleanze: accanto alle persone con disabilità, infatti, c’erano i Black Panthers, la comunità LGBTQ+, attivisti contro la guerra in Vietnam, movimenti per la pace, contro la povertà e le diseguaglianze. Tra le organizzazioni coinvolte: la Glide Memorial Church, la Gay Men’s Butterfly Brigade, Delancey Street, gli United Farm Workers, le Grey Panthers, i sindacati e delle organizzazioni contro la guerra del Vietnam. Senza queste presenze alleate, non sarebbe stato possibile resistere così a lungo.
All’interno dell’edificio si organizzò una vera e propria comunità autogestita. Cinque gruppi di coordinamento – che si occupavano di cura, cibo, pulizia, sicurezza, comunicazione – erano guidati interamente da persone con disabilità. Le decisioni venivano prese collegialmente, con votazioni e assemblee. Si improvvisarono infermieri, assistenti personali, si costruirono reti di aiuto reciproco.

Decine di dimostranti con e senza disabilità radunati all’interno dell’edificio del Dipartimento Federale della Salute, Istruzione e Welfare di San Francisco, nell’aprile 1977 (fonte: AP Images)

Quando l’FBI tagliò l’elettricità, lasciando senza ventilatori e frigoriferi per i farmaci chi ne aveva bisogno, furono il sindacato degli operai e i Black Panthers a intervenire per ripristinare la corrente e portare pasti caldi.
Le forze dell’ordine bloccarono l’edificio, impedendo ogni accesso. Solo dopo uno sciopero della fame collettivo fu concesso l’ingresso a interpreti LIS (Lingua dei Segni), personale medico e assistenti. Le comunicazioni con l’esterno continuarono grazie alla Lingua dei Segni, con messaggi inviati da un edificio all’altro. I media nazionali non parlarono di altro, ma ancora i rappresentanti istituzionali non si fecero sentire.
Mary Jane Owen, una delle donne con disabilità che partecipò all’occupazione, affermò: «Questo è stato il nostro forte. Non dobbiamo abbandonare questa roccaforte finché non sapremo di aver vinto».

Il 29 aprile 1977 Califano firmò finalmente i regolamenti attuativi della Sezione 504 del Rehabilitation Act. Il documento non rappresentava solo una vittoria politica, ma l’esito finale di un’azione collettiva che cambiò la storia delle persone con disabilità.
Da quella lotta emersero alcune tra le figure più importanti nella storia dei diritti delle persone con disabilità – tra cui Judith Heumann, Kitty Cone, la già menzionata Mary Jane Owen e Frank Bowe –, che, anni dopo, diverranno protagoniste nella redazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
«Ci sentivamo come se stessimo agendo per conto di centinaia di migliaia di persone che non potevano essere lì con noi – ricorda Kitty Cone –. Persone istituzionalizzate o bloccate in situazioni di dipendenza».

Ricordare questa storia oggi è fondamentale. Perché dimostra che il cambiamento è possibile, le alleanze possono fare la differenza. Dobbiamo avere chiaro cosa non è più accettabile per noi e su quello fissare una linea sul quale non si torna indietro, così è stato fatto, così si farà. Le conquiste di ieri sono il terreno su cui possiamo camminare oggi. Ma sono anche un invito a non smettere di lottare.

*Attivista con disabilità.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, insieme alle immagini utilizzate, per gentile concessione.

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A proposito del Decreto riguardante la specializzazione sul sostegno

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«Dopo che il recente Decreto Ministeriale riguardante i “Percorsi di specializzazione sul sostegno”, ha portato a una svolta significativa nel panorama della formazione degli insegnanti di sostegno, come Federazione FISH – scrive Vincenzo Falabella – chiediamo, come facciamo da tempo, l’istituzione di una cattedra specifica per il sostegno, misura strutturale che permetterebbe di superare la logica dell’emergenza»

Il recente Decreto Ministeriale recante Percorsi di specializzazione sul sostegno attivati ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2024, n. 106 (disponibile a questo link), accompagnato dai relativi allegati tecnici, rappresenta una svolta significativa nel panorama della formazione degli insegnanti di sostegno. Con misure concrete e obiettivi chiari, il provvedimento punta a sanare una delle principali criticità del sistema scolastico italiano: la presenza di un elevato numero di docenti impegnati sul sostegno privi di adeguata specializzazione.
Il Decreto, infatti, permette finalmente a molti dei circa 100.000 docenti attualmente in servizio sul sostegno senza titolo specifico di intraprendere un percorso formativo strutturato, ciò che rappresenta non solo una chance professionale per gli insegnanti coinvolti, ma soprattutto un primo passo concreto verso un sostegno didattico realmente qualificato per gli alunni e le alunne con disabilità, spesso penalizzati da un sistema che, pur prevedendo l’inclusione, non sempre è in grado di garantirla in modo efficace.

Un’ulteriore novità rilevante è l’aumento del numero dei CFU richiesti (Crediti Formativi Universitari): da una proposta iniziale di 20 CFU, si è passati a 40, e in alcune casistiche fino a 48, scelta, questa, che rafforza la qualità della formazione, rispondendo alla complessità della figura del docente di sostegno, che richiede competenze pedagogiche, didattiche, relazionali e organizzative specifiche.
Ogni CFU corrisponde a 25 ore complessive, distribuite tra lezioni teoriche, attività laboratoriali e studio individuale. Nonostante l’impegno richiesto, il costo dei corsi è stato calmierato: nessun percorso potrà superare i 1.500 euro, una misura volta a rendere più accessibile l’accesso alla specializzazione, evitando discriminazioni economiche.
Tutte le attività, va detto, si svolgeranno online, ma in modalità sincrona, ossia in tempo reale. I partecipanti dovranno quindi essere presenti virtualmente alle lezioni, assicurando un’interazione attiva e un controllo effettivo della frequenza. Tuttavia, non è stata accolta la richiesta della nostra Federazione [FISH-Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie, N.d.R.] di svolgere in presenza almeno i laboratori, un aspetto che avrebbe potuto migliorare ulteriormente l’efficacia pratica del percorso.
La direzione scientifica dei corsi sarà affidata a docenti universitari esperti del settore, anche per i percorsi coordinati dall’INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa) e questo garantisce un alto livello di serietà accademica e una coerenza metodologica fondamentale per formare docenti realmente preparati ad affrontare le sfide dell’inclusione.
Va ricordato ancora che mentre i corsi erogati dalle Università rilasciano un titolo di specializzazione valido non solo a livello nazionale, ma anche europeo, in conformità con il Sistema ECTS, diversamente, i titoli rilasciati dall’INDIRE avranno validità esclusivamente in Italia, un aspetto da tenere in considerazione per chi guarda anche a prospettive internazionali.

A questo punto, la nostra Federazione, pur accogliendo con favore l’adozione di questo Decreto, invita le Istituzioni a compiere un passo ulteriore. La nostra stessa Federazione, infatti, chiede da tempo l’istituzione di una cattedra specifica per il sostegno, una misura strutturale che permetterebbe di superare la logica dell’emergenza, garantendo tre elementi fondamentali: una formazione iniziale solida, una formazione in servizio continua e mirata, e soprattutto la continuità didattica, che rappresenta un diritto essenziale per tutti gli alunni, ancor più per quelli con disabilità.
La discontinuità del docente di sostegno, ancora oggi una delle principali fragilità del sistema, mina infatti l’efficacia dell’intervento educativo e compromette il percorso di crescita dell’alunno. Solo con un’assunzione di responsabilità piena, stabile e strutturale da parte dello Stato sarà possibile realizzare pienamente il principio di inclusione sancito dalla nostra Costituzione e dalle norme nazionali e internazionali sui diritti delle persone con disabilità.

*Presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).

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