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Lavoro e disabilità: un protocollo tra Montecatone e la Regione Emilia Romagna

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Verrà presentato il 17 un protocollo d’intesa tra l’Istituto Riabilitativo Montecatone, la nota struttura di Imola (Bologna) impegnata nella riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita, e l’Agenzia Regionale per il Lavoro dell’Emilia Romagna, iniziativa tramite la quale promuovere attività di informazione e orientamento al lavoro per persone con disabilità e in particolare per quelle con necessità di sostegno elevato o molto elevato

Nel corso di una conferenza stampa in programma nella mattinata del 17 marzo (ore 11.30), presso l’Istituto Riabilitativo Montecatone, la nota struttura di Imola (Bologna) impegnata nella riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita, verrà sottoscritto un protocollo d’intesa tra lo stesso Montecatone e l’Assessorato al Lavoro e alle Politiche per la Salute della Regione Emilia Romagna (ARL-Agenzia Regionale per il Lavoro), iniziativa con cui ci si propone di promuovere attività di informazione e orientamento al lavoro per persone con disabilità e in particolare per quelle con necessità di sostegno elevato o molto elevato, durante il loro percorso nella struttura di Imola e fino al reinserimento nella vita quotidiana.

Saranno presenti per l’occasione Giovanni Paglia, assessore al Lavoro della Regione Emilia-Romagna; Paolo Iannini, direttore dell’ARL Emilia Romagna; Marco Silvagni, dirigente del Servizio Centro 1 della stessa ARL Emilia Romagna; Claudia Romano, responsabile del Collocamento Mirato di Bologna; Mario Tubertini, commissario straordinario di Montecatone: Simona Bianchi, direttrice sanitaria di Montecatone. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa dell’Istituto Riabilitativo Montecatone (Massimo Boni), massimo.boni@montecatone.com.

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Opportunità di inclusione dalla Carta Europea della Disabilità: se ne parlerà al CNEL

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Promosso dall’Osservatorio Inclusione e Accessibilità del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), si terrà il 28 marzo, presso la sede romana dello stesso CNEL, l’incontro denominato “Disability Card, strumento di inclusione per le persone con disabilità”, dedicato appunto allo strumento della Carte Europea della Disabilità, definitivamente approvata lo scorso anno dalle Istituzioni continentali e che nel nostro Paese ha visto quale “guida pioniera” la Federazione FISH

Lo scorso anno abbiamo seguito passo dopo passo le ultime tappe del percorso volto ad istituire un modello di Carta Europea della Disabilità (European Disability Card) valido in tutti i 27 Stati Membri dell’Unione Europea. Il passaggio conclusivo era arrivato nel mese di ottobre, con l’approvazione, da parte del Consiglio dell’Unione, della versione finale del testo di Direttiva sulla Carta Europea di Invalidità e sul Contrassegno Europeo di Parcheggio, dopo il superamento degli ultimi ostacoli burocratici e del ritardo dovuto alla necessità di tradurre legalmente il testo stesso in ventisette lingue. A quel punto è iniziato il conto alla rovescia affinché i Paesi dell’Unione incominciassero ad emettere le Carte, che dovranno diventare realtà al più tardi entro il 2028.
L’iniziativa, che nel nostro Paese ha visto già molti anni fa quale “guida pioniera” la FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), riguarda, lo ricordiamo, una Carta, come si può leggere nel portale della Commissione Europea, che dovrà servire come prova dello stato di disabilità in tutti i Paesi dell’Unione Europea, garantendo ai titolari parità di accesso a condizioni speciali e trattamenti preferenziali ovunque nell’Unione stessa. In particolare, tali condizioni si applicheranno utilizzando i trasporti pubblici, partecipando ad eventi culturali, visitando musei, centri ricreativi e sportivi, parchi di divertimento e altro ancora, il tutto potendo assumere la forma, tra gli altri, di ingresso gratuito, tariffe ridotte, accesso prioritario, assistenza personale, ausili per la mobilità. La Carta integrerà pertanto le Carte Nazionali di Disabilità, che continueranno a essere rilasciate dalle autorità nazionali, in base ai propri criteri.

Di tutto questo si parlerà nella mattinata del 28 marzo (ore 10-13) presso la sede romana del CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, nel corso dell’incontro denominato Disability Card, strumento di inclusione per le persone con disabilità, promosso dall’Osservatorio Inclusione e Accessibilità, di cui è coordinatore il consigliere dello stesso CNEL Vincenzo Falabella, che è anche presidente nazionale della FISH.
Dopo i saluti istituzionali di Renato Brunetta, presidente del CNEL, di Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità e dello stesso Vincenzo Falabella, interverranno, con la moderazione di Anita Fiaschetti, giornalista e sociologa, Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie e Persone con Disabilità Intellettiva e Disturbi del Neurosviluppo) e vicepresidente vicario della FISH; Pier Raffaele Spena, presidente della FAIS (Federazione delle Associazioni Incontinenti e Stomizzati); Giovanna Del Mondo, dirigente dell’INPS (Direzione Centrale Salute e Prestazioni di Disabilità. Area Manageriale – Innovazione, Evoluzione dei Servizi e Piattaforme di Interoperabilità); Diego Borella, esperto dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità (Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità, Presidenza del Consiglio).
Chiuderà i lavori Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali. (S.B.)

Per partecipare all’incontro fare riferimento a questo link.

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Crema: una nuova sede più funzionale per il Servizio Diurno Alternativo della Fondazione Alba

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Nuova  sede per il Servizio Diurno Alternativo della Fondazione Alba – ANFFAS Crema. Risistemato con impegno, il luogo è un vero e proprio spazio socio-occupazionale per le persone con disabilità. «Si spera che sia una sede definitiva”, sottolineano dalla Fondazione Foto di Gruppo per il Servizio Diurno Alternativo della Fondazione Alba – ANFFAS Crema

Nuova sede per il “Servizio Diurno Alternativo” della Fondazione Alba ANFFAS Crema (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) in  (Cremona). Dal 20 gennaio scorso, infatti, la struttura si trova in Vicolo Colbert, 1, una traversina di Via Carlo Urbino (si svolta dove c’è la Culla per la Vita) a Crema.
Risistemato attraverso importanti lavori di ristrutturazione, il luogo ospita diverse attività ed è un vero e proprio spazio socio-occupazionale per le persone con disabilità.
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«Il servizio è frequentato da una quarantina di persone con disabilità. Al lavoro dieci operatori su due moduli, i laboratori occupazionali e Mio tempo, attività per chi ha bisogno, appunto, di tempi personalizzati. Nella stessa sede, al pomeriggio prosegue il progetto Zoom dedicato agli adolescenti. Infine, si trova qui anche lo Sportello SAI con l’assistente sociale Laura Bonomi», spiega la coordinatrice del Servizio Serena Pedrinazzi.

Tra le attività del Servizio Diurno Alternativo, c’è anche il laboratorio creativo, frequentato dagli utenti del servizio diurno e da alcune persone dei Centri SocioEducativi (CSE) di ANFFAS, il CSE Santo Stefano e il CSE Villette. In tutto una trentina di persone con disabilità, impegnate a rotazione in attività manuali con l’aiuto degli educatori. Partito con le bomboniere, il laboratorio si è nel tempo evoluto e oggi sforna prodotti unici di vario genere: dalle confetture ai gioielli personalizzati fino ai sali aromatici e, sotto Natale, le note Christmas Box. (C.C.)

A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per maggiori informazioni: comunicazione@fondazionealba.it.

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I stringenti quesiti degli Autorappresentanti dell’ANFFAS Emilia Romagna

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«Cosa state facendo per promuovere l’accessibilità? Cosa fate per contrastare la discriminazione? Cosa state facendo per l’inserimento lavorativo? Conoscete la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e cosa fate per farla rispettare?»: queste e altre sono state le domande del gruppo degli Autorappresentanti di alcune ANFFAS emiliane e romagnole, in apertura degli “Stati Generali ANFFAS sulle Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo dell’Emilia Romagna” L’intervento di alcuni Autorappresentanti agli “Stati Generali ANFFAS sulle Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo dell’Emilia Romagna”

«Cosa state facendo per promuovere l’accessibilità? Cosa fate per contrastare la discriminazione? Cosa state facendo per l’inserimento lavorativo? Conoscete la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità? E cosa fate per farla rispettare?»: queste e altre sono state le domande del gruppo degli Autorappresentanti dell’ANFFAS Cesena e dell’ANFFAS Cento (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo), che hanno accompagnato le affermazioni altrettanto forti degli Autorappresentanti dell’ANFFAS Parma e dell’ANFFAS Lugo, aprendo con incisività gli Stati Generali ANFFAS sulle Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo dell’Emilia Romagna (se ne legga a questo link la nostra presentazione), evento organizzato dall’ANFFAS Emilia Romagna, in collaborazione con l’ANFFAS Nazionale, riconosciuto dagli stessi Autorappresentanti come «un’occasione importante per confrontarci insieme su cosa possiamo fare in futuro e per fare in modo che anche le Istituzioni ci ascoltino, perché la nostra voce conta e perché siamo cittadini al pari degli altri».

«Si è trattato di un momento importante di confronto – conferma Barbara Bentivogli, presidente dell’ANFFAS Emilia Romagna -, non in modalità di contrapposizione, ma in senso collaborativo con tutti gli attori del territorio, un’importante contaminazione di buone prassi e anche di ricerca di soluzioni a criticità esistenti che non è più possibile accettare».
«Il compito della nostra Associazione – sottolinea dal canto suo Roberto Speziale, presidente nazionale dell’ANFFAS – è di non essere mai soddisfatti, ma di continuare ad operare per raggiungere la migliore qualità di vita delle persone con disabilità e delle loro famiglie perché nulla va mai dato per scontato, anche tutto quello che abbiamo già conquistato nei nostri oltre sessant’anni di vita. Ed è necessario stare molto attenti, perché il tempo che stiamo vivendo è un tempo di incertezza ma il rispetto dei diritti delle persone con disabilità è invalicabile e l’ANFFAS sarà sempre pronta a generare il cambiamento necessario per la piena esigibilità di tali diritti».

Dopo i saluti istituzionali della ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli – che in  videomessaggio ha anche voluto rispondere alle preoccupazioni e ai dubbi emersi dopo la recente decisione di ampliare la platea dei Comuni interessati dalla sperimentazione in atto della riforma sul Progetto di vita e di rinviarne di un anno l’applicazione su tutto il territorio nazionale -, e quelli di Massimo Fabi, assessore della Regione Emilia Romagna alle Politiche per la Salute, Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), Giuliana Gaspari, presidente della FISH Emilia-Romagna, Isabella Conti, assessora della Regione Emilia Romagna al Welfare, al Terzo Settore, alle Politiche per l’infanzia e alla Scuola e Filippo Diaco, presidente della Commissione Consiliare Regionale (Volontariato, Sport e Disabilità), si sono susseguiti numerosi momenti di confronto, partendo dal quadro normativo della Regione coinvolta regionale (il relativo documento è disponibile a questo link) in materia di integrazione socio-sanitaria, LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), Progetto di Vita, “Durante e Dopo di Noi”, inclusione lavorativa e scolastica. Qui sono intervenute Alessia Maria Gatto e Corinne Ceraolo Spurio, legali componenti del Centro Studi Giuridici e Sociali dell’ANFFAS Nazionale e l’altra avvocata Francesca Montalti, presidente dell’ANFFAS Cesena.

Quindi, vi è stata una prima tavola rotonda, sul tema Oltre le parole: la concreta esigibilità dei diritti delle persone con disabilità nei territori dell’Emilia-Romagna, coordinata da Barbara Bentivogli, cui hanno partecipato le diverse realtà ANFFAS del territorio, portando il proprio vissuto e operato, oltre ad evidenziare la necessità di avere co-programmazione e co-progettazione, in un quadro complesso di bisogni e di carenza di fondi, ma evidenziando anche tante buone prassi volte a garantire diritti e inclusione.
La successiva tavola rotonda, invece, su Attuazione della Riforma della Disabilità: strategie e sfide degli ambiti territoriali è stata coordinata da Alessia Maria Gatto e Corinne Ceraolo Spurio, portando alla luce proposte e idee utili a sfruttare le opportunità offerte dalla Riforma, per riorganizzare il sistema dei servizi, mettendo la persona al centro attraverso il dialogo aperto con i numerosi esponenti istituzionali del territorio partecipanti.
E ancora la persona al centro e la priorità nel Definire insieme, co-progettare, per un ulteriore salto di qualità nel fornire risposte ai bisogni delle persone è stato anche l’elemento che ha caratterizzato l’intervento di Maurizio Fabbri, presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e di Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna.

«Questi Stati Generali – viene sottolineato in conclusione dall’ANFFAS Nazionale – hanno rappresentato in maniera particolare un momento di profonda riflessione su tutti gli ambiti afferenti alle persone con disabilità e alle loro famiglie, come scuola, lavoro, servizi alla persona, vita indipendente, applicazione della Legge 112/16, diritti dei caregiver, amministrazione condivisa e altro ancora, ciò che ha portato alla luce numerose difficoltà ancora presenti in Regione, nonostante le avanzate normative territoriali – in primo luogo l’applicazione di tali normative “a macchia di leopardo” – ed evidenziato la necessità di mettere in atto un attento monitoraggio e uno stretto lavoro in sinergia tra tutti gli attori coinvolti, per fare in modo che tutto quanto è ad oggi sulla carta non lo resti, ma si vada a declinare in una reale applicazione nel pieno rispetto dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie, un processo che la nostra Associazione continuerà a monitorare costantemente». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: comunicazione@anffas.net.

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La partita del cuore di Dino, oltre ogni ostacolo

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Grazie all’impegno dell’AISLA Lazio e alla collaborazione della Società Sportiva Lazio, Dino Mancini – persona da sette anni con la SLA che gli ha cambiato la vita, ma non certo la fede calcistica – è entrato allo Stadio Olimpico e ha potuto assistere alla partita Lazio-Udinese Dino Mancini allo Stadio Olimpico

“In diretta dall’Olimpico”, durante la partita Lazio-Udinese dello scorso 10 marzo, una storia che scalda il cuore. Grazie all’impegno dell’AISLA Lazio e alla collaborazione della Società Sportiva Lazio, Dino Mancini – persona da sette anni con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), che gli ha cambiato la vita, ma non certo la fede calcistica – è entrato allo stadio e ha potuto assistere alla partita della sua squadra del cuore. La squadra non ha voluto lasciarlo solo e gli ha dedicato un omaggio speciale con gli autografi dei suoi campioni, un simbolo di affetto e vicinanza.

La serata è stata per lui un nuovo traguardo, un’altra battaglia vinta con la stessa forza e determinazione che lo hanno portato, pochi mesi fa, a un altro fondamentale momento della sua vita: il matrimonio della figlia. Anche quel giorno l’AISLA era al suo fianco, permettendogli di accompagnarla all’altare, proprio come aveva sempre sognato.

«Quando si uniscono passione, impegno e amore, nessun sogno è irraggiungibile. La nostra Associazione – dicono dall’AISLA – continuerà a essere al fianco di chi combatte ogni giorno la SLA, perché la vera vittoria è quella dell’inclusione. In questo stadio, tra i cori e l’energia dei tifosi, il messaggio è chiaro: nessuno resta solo. Dino è lì, con la sua Lazio, con la sua gente. E questo, oggi, è il gol più bello». (C.C.)

Per maggiori informazioni: ufficiostampa@aisla.it (Elisa Longo).

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Esperti a confronto per un’ospitalità senza barriere in Valle Camonica

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Verso un turismo più inclusivo e sostenibile in Valle Camonica: obiettivo dell’incontro “#TurismoInclusivo Vallecamonica” è stato infatti quello di sensibilizzare gli operatori turistici sull’importanza di creare ambienti accoglienti e sicuri per tutti e in particolare per le persone con disabilità Un’immagine del convegno di Cemmo di Capo di Ponte (Brescia)

Verso un turismo più inclusivo e sostenibile in Valle Camonica, vallata della Lombardia orientale, compresa tra le Province di Bergamo e Brescia. Obiettivo dell’incontro dell’11 marzo a Cemmo di Capo di Ponte (Brescia), denominato #TurismoInclusivo Vallecamonica, primo di tre appuntamenti organizzati da Fenimprese Brescia e Hotel in Salute, è stato infatti proprio quello di sensibilizzare gli operatori turistici sull’importanza di creare ambienti accoglienti e sicuri per tutti, con particolare attenzione alle persone con disabilità.
Per l’occaisone gli esperti presenti hanno fornito informazioni utili, strumenti e consigli pratici per rendere le strutture ricettive più accessibili. «I prossimi appuntamenti di #TurismoINCLUSIVO sono previsti per il 20 marzo a Desenzano, occasione per mettere a confronto esperienze
di operatori coinvolti nel turismo internazionale del Lago di Garda. Ed infine il 10 aprile a Brescia, dove incontreremo altri
rappresentanti delle Associazioni di persone con disabilità del territorio e conosceremo aspetti legati al turismo legato al mondo del lavoro », fanno sapere gli organizzatori.

Hanno patrocinato l’iniziativa numerose Istituzioni, tra le quali la Provincia di Brescia, l’Unione dei Comuni della Media Valle Camonica, la Comunità Montana di Valle Camonica, il Comune di Capo di Ponte e l’ANFFAS Vallecamonica (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). (C.C.)

La locandina dell’evento. Per maggiori informazioni: altravia.commerciale@gmail.com.

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Le donne con disabilità “lasciate sul ciglio della strada” nella Roadmap dell’Unione Europea sui diritti delle donne

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«Le donne con disabilità sono state inspiegabilmente lasciate indietro nella Roadmap dell’Unione Europea sui diritti delle donne»: lo denunciano dal Comitato Donne del Forum Europeo sulla Disabilità. «Ora sarà fondamentale che le donne e le ragazze con disabilità siano significativamente incluse nella prossima Strategia per l’Uguaglianza di Genere», è la nuova richiesta avanzata dallo stesso Comitato Donne del Forum «Sembra che siamo state lasciate sul ciglio della strada», è il commento del Comitato Donne del Forum Europeo sulla Disabilità alla notizia che la nuova Roadmap dell’Unione Europea sui diritti delle donne non ha preso in considerazione le istanze delle donne e delle ragazze con disabilità

In una nota diffusa in previsione delle celebrazioni per la Giornata Internazionale della Donna dell’8 marzo, l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, aveva lanciato un appello affinché nella Roadmap dell’Unione Europea sui diritti delle donne venissero incluse esplicitamente le donne con disabilità. Il riferimento era alla nuova Roadmap (“tabella di marcia”) per i diritti delle donne, annunciata dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen nelle Linee Guida politiche per la Commissione Europea 2024-2029, che sarebbero state presentate, appunto, in occasione della Giornata dedicata alle donne (se ne legga su queste stesse pagine).
Ebbene, passata la ricorrenza, è arrivata la doccia fredda. «Le donne con disabilità sono state inspiegabilmente lasciate indietro nella Roadmap dell’Unione Europea sui diritti delle donne», denunciano dall’EDF, e ciò significa che più di 1 donna su 4 sarà ancora lasciata indietro nei processi decisionali dell’Unione Europea.

«Riconosciamo – dichiarano dal Comitato Donne dell’EDF – che la Roadmap dell’Unione Europea per i diritti delle donne è un’importante dichiarazione politica di fronte alla crescente resistenza contro i diritti delle donne. E tuttavia, nonostante avessimo chiesto alla Commissaria per l’Uguaglianza Hadja Lahbib, e ai servizi competenti della Commissione Europea di garantire che la Roadmap includesse esplicitamente le donne con disabilità, sembra che siamo state lasciate sul ciglio della strada».

La Roadmap è stata un’occasione di lavorare per realizzare un futuro inclusivo, evidenziando l’intersezionalità e ponendo le donne, con tutte le loro diversità, al centro delle politiche chiave che ne rafforzano i diritti. Tuttavia, in essa mancano le azioni fondamentali per proteggere i gruppi emarginati, compresi i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità: non vi è infatti nessun riferimento alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, né alcun accenno a un’inclusione significativa e alla leadership nel processo decisionale delle donne e delle ragazze con disabilità, né al miglioramento delle misure di accessibilità per la partecipazione delle stesse a tutte le questioni che le riguardano, investendo appunto nella loro leadership; non vi è inoltre nessuna azione volta a vietare e porre fine alla sterilizzazione forzata delle donne con disabilità e a garantire un recepimento e un’attuazione ambiziosi della Direttiva Europea sulla lotta alla violenza contro le donne del 2024 e della Convenzione di Istanbul (la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica); non vi è infine nemmeno alcuna azione concreta mirata a ridurre il livello di povertà in cui versano le donne con disabilità, anche attraverso misure di parità di occupazione e retribuzione, e garantendo che l’importo delle indennità di invalidità ricevute dalle stesse donne e dalle ragazze con disabilità venga mantenuto indipendentemente dalla situazione occupazionale o dalle risorse finanziarie dei loro partner e delle loro famiglie.
«Il mancato inserimento delle donne e delle ragazze con disabilità nella Roadmap sui diritti delle donne è ingiustificabile e incomprensibile», si legge ancora nella nota diramata dall’EDF.

Alla luce quindi del fatto che la Commissione Europea avvierà presto una consultazione per una prossima Strategia per l’Uguaglianza di Genere, sarà fondamentale in tale sede garantire, proteggere e promuovere i diritti delle donne con disabilità in tutta la loro diversità.
Pirkko Mahlmäki, presidente del Comitato Donne dell’EDF, parlando a nome del Comitato stesso, ha affermato: «Le donne e le ragazze con disabilità non possono più essere lasciate indietro. È fondamentale che le donne e le ragazze con disabilità siano significativamente incluse nella prossima Strategia per l’Uguaglianza di Genere». (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Comunicazione EDF (André Felix), andre.felix@edf-feph.org (cui scrivere in inglese).
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti dovuti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Un nuovo appuntamento nell’àmbito di “Inclusion Job Day”, per chi sta cercando lavoro

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Nuovo appuntamento online, il 14 marzo, nell’àmbito di “Inclusion Job Day”, il luogo virtuale che offre la possibilità di realizzarsi professionalmente alle persone con disabilità e agli appartenenti alle cosiddette “categorie protette”, evento durante il quale i candidati potranno consegnare digitalmente il proprio curriculum vitae, candidarsi alle offerte di lavoro, assistere alle presentazioni aziendali, sostenere colloqui di lavoro direttamente con i recruiter aziendali

Nuovo appuntamento online, venerdì 14 marzo, nell’àmbito di Inclusion Job Day, iniziativa già da noi ampiamente presentata, luogo virtuale ideato e progettato a suo tempo dall’Agenzia Interaction Farm (oggi Hidoly), insieme alla Società Cesop HR Consulting Company, nato per offrire la concreta possibilità di realizzarsi professionalmente alle persone con disabilità e agli appartenenti alle cosiddette “categorie protette” (previste dalla Legge 68/99), il tutto attraverso una piattaforma, tramite la quale è necessario iscriversi, che si propone appunto, in modo completamente gratuito, come spazio di incontro fra candidati e aziende italiane, per trovare opportunità di lavoro.
Durante l’evento virtuale, dunque (ore 11-18), i candidati potranno consegnare digitalmente il proprio curriculum vitae, candidarsi alle offerte di lavoro, assistere alle presentazioni aziendali, sostenere colloqui di lavoro direttamente con i recruiter aziendali.

E come sempre, ad aprire l’evento (ore 10), ci sarà l’Inclusion Job Talk, tavola rotonda in cui si tratterà questa volta il tema Progetti e iniziative a favore della DE&I (Diversità, Equità & Inclusione). Esperienze a confronto, incontro rivolto a persone che si occupano di inclusione e operano nelle Istituzioni, nelle Università, nelle Associazioni e nel Terzo Settore, durante il quale esponenti del mondo imprenditoriale, accademico e consulenziale racconteranno come affrontano i temi legati alla diversità e all’inclusione sociale e lavorativa (a questo link il programma completo). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: segreteria@inclusionjobday.com.

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Le paure del vivere: un incontro con la facilitatrice Paola Cossu

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«Un trauma, una disabilità o un lutto: sono circostanze nelle quali una persona sperimenta momenti che appaiono insormontabili. Il mio lavoro è fornire un aiuto, concreto e quotidiano, a chi si rivolge a me»: si presenta così Paola Cossu, operatrice della relazione d’aiuto di Cagliari. Andiamo a conoscerla Paola Cossu

Una stanza che attende di venire riordinata, questioni familiari pesanti da affrontare, un accumulo compulsivo di oggetti inutili. Nelle prossime righe, attraverso l’incontro con Paola Cossu, conosceremo la figura del facilitatore, professione ancora poco nota in Sardegna. Esploreremo un metodo pratico, l’organizzazione degli spazi, attraverso cui possono essere affrontati molti disagi del vivere.

Essere una facilitatrice
«Un trauma, una disabilità o un lutto: sono circostanze nelle quali una persona sperimenta momenti che appaiono insormontabili. Il mio lavoro è fornire un aiuto, concreto e quotidiano, a chi si rivolge a me». Così Paola Cossu, operatrice della relazione d’aiuto di Cagliari, che prosegue: «Credo che il termine “facilitatrice” spieghi meglio ciò che faccio. Coloro che si rivolgono a me – mi relaziono con utenti di Cagliari e dell’intera Città Metropolitana – sono persone coraggiose. Il fatto stesso di riconoscersi in difficoltà è chiedere supporto, è un atto di coraggio che va rispettato, ammirato».
Ma perché la riorganizzazione degli spazi abitativi è tanto importante nel suo lavoro, Paola? Essere disordinati mi permetta, spesso è un tratto tipico di artisti e creativi in genere… «È vero. Infatti svolgo corsi di gruppo indirizzati a chi desidera acquisire semplicemente competenze sull’organizzazione dei luoghi, come casa e ufficio».

I servizi alla persona
Così dunque Paola Cossu, che precisa: «Detto ciò, c’è molto altro. Anzitutto, chi si occupa di disordine cronico, accumulo compulsivo di oggetti, sa che dietro tutto ciò talora vi sono disagi, traumi. Ogni intervento è personalizzato. Una vita disorganizzata può celare ulteriori istanze d’aiuto, che il facilitatore deve saper leggere. Non si tratta solo di guardare casa propria con sguardo nuovo, ma di saper conciliare le esigenze quotidiane con una gestione funzionale delle cose. Più ancora, si tratta di riuscire a conservare quell’ordine, una volta ottenuto».
Quali sono, le chiedo, gli interventi maggiormente richiesti a chi fa questa professione? «L’aiuto per liberare una stanza appartenuta a un congiunto morto. Il supporto a chi vuole sbrigare delle pratiche burocratiche delicate, magari senza coinvolgere i familiari. La riorganizzazione di un computer contenente dati sensibili. Sono casistiche diverse, ma tutte frequenti».

Il metodo Feng Shui
La riorganizzazione degli spazi affonda le sue radici in un metodo giapponese. Qual è esattamente, Paola? «Il Feng Shui. Ho avuto modo di formarmi sul tema a Modena. È un approccio alle energie, che ora sarebbe complesso spiegare. Dirò che l’impiego di esso sta crescendo in Occidente ed è oggetto di studi psicologici, legati al disordine e all’accumulo compulsivo, di cui parlavamo. Trasmetto i princìpi di questa pratica a chi è interessato, fermo restando che l’intervento di noi facilitatori è di tipo pratico, volto a riportare le persone al proprio centro, per far capire che, passo dopo passo, possono riprendersi la loro vita. Sa, alle mie conferenze porto sempre un elefante colorato in ceramica che simboleggia un motto: “L’elefante si mangia a pezzetti”».

L’elefantino di ceramica che accompagna Paola Cossu nelle sue conferenze

Diventare operatori per la disabilità
Lei lavora con tante persone, fra cui persone con disabilità. Come ha acquisito competenze tanto trasversali? «Ho svolto il ruolo di amministratore di sostegno per conto del Tribunale di Cagliari, una delle esperienze per me più formanti».
Ricordiamo, Paola, che tale strumento giuridico è previsto a favore di chi, per i motivi più disparati, non può provvedere a se stesso e abbisogna di un aiuto. «È così. Ed è un ruolo che responsabilizza, richiedendo una cura particolare nel rapporto con chi si assiste, nella consapevolezza che si tutela qualcuno per impedire che altri o lui stesso creino situazioni spiacevoli».
Ma lei di cosa si è occupata in passato e quali altre esperienze professionali le hanno consentito di fare relazione d’aiuto o, come dice lei stessa, di essere una facilitatrice? «Mi sono laureata in Economia. Ho trascorso alcuni anni fuori Sardegna, svolgendo lavori diversi, compreso un impiego in banca. Più tardi ho conosciuto il mondo dei servizi alla persona e mi ci sono appassionata. Sono altre due le esperienze formanti quanto quella di amministratrice di sostegno la prima delle quali l’attività di ascolto presso il carcere cagliaritano di Uta. È proprio lì che ho imparato cosa significa ascoltare, essere empatici, ma attenendosi al giusto distacco. Quello che là veniva richiesto non era farsi carico dei problemi dei detenuti come fossero i miei, ma capire le istanze da loro espresse, senza giudizio. Lo reputo importante, perché nei contatti con i miei attuali clienti riesco a trasmettere loro l’idea che comprendo ciò che provano, sono là per tentare di essere d’aiuto e non ho alcun intento giudicante».
Lei, poi, ha lavorato anche con l’Istituto Europeo per la Formazione e l’Orientamento Professionale, lo IERFOP di Cagliari. «Sì, sono stata aiuto cuoca in un corso di cucina concepito per persone con disabilità visiva, esperienza fondamentale quanto le altre. Sono entrata in contatto con persone ricche di risorse nonostante la loro disabilità. Da loro ho appreso che un operatore deve essere concreto nel porsi ed efficace nel supporto».

Una logica di rete
Lei, Paola, ha contatti trasversali con il sociale in generale e in particolare con il mondo della disabilità. La sua storia personale ha influito nella sua scelta professionale di facilitatrice? «Sì. Ho avuto le mie prove, i miei traumi e anche quelle hanno giocato un ruolo nella scelta di dedicarmi ai servizi alla persona».
Ma in conclusione, qual è il suo auspicio, se ne ha uno, per migliorare il mondo dell’aiuto in generale e della disabilità in particolare? «Vorrei ci fosse più interesse per il lavoro in rete. Operare in sinergia è ancora complicato per troppe persone, perlomeno qui in Sardegna. Si inizia dal “piccolo”, indicando a chi si rivolge a te un determinato professionista che conosci, un centro che ritieni valido per quel tuo utente. Si tenga conto che è una responsabilità, perché segnali qualcuno e ti assumi il carico di definirlo adatto alla situazione. Per questo vorrei che nel prossimo futuro si moltiplicassero le occasioni di confronto fra professionisti, di modo che ci si conoscesse per davvero».

*RP Sardegna (Associazione dei ciechi, degli ipovedenti e dei retinopatici sardi), aderente alla FISH Sardegna (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie).

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Sono un’anziana mamma caregiver, “orfana di figlia” e non ho mai potuto fare la casalinga

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«Sono un’anziana mamma caregiver – scrive Marina Cometto -, “orfana di figlia”, non sto troppo bene e alla domanda dell’ennesimo medico se fossi una casalinga, ho risposto: “No, dottoressa, ho assistito per 50 anni mia figlia con gravissima disabilità e quindi scriva caregiver”. Non ci si crederà, ma lo ha scritto! Certo, a noi genitori anziani non spetterà nulla, ma forse, a piccoli passi, per i genitori giovani si potrebbe aprire una possibilità maggiore per fare cambiare visione a chi ci governa» Kevin A. Williams, “A Woman’s Work” (©HFA-Heritage Fine Art)

Sono un’anziana mamma caregiver, “orfana di figlia”, non sto troppo bene e sono stata riconosciuta disabile a mia volta, anche se la Commissione non ha ritenuto di riconoscermi alcun beneficio, smentendo un altro medico legale che invece mi aveva già riconosciuto il beneficio del tagliando di circolazione per persone con disabilità.
Sottoposta quindi a mia volta a frequenti visite, càpita ogni volta che richiedano la professione svolta e ogni volta, regolarmente, tra ironia e malcelato risentimento, ho uno spontaneo sorriso che farebbe comprendere, se il medico fosse attento, una sottile e chiara denuncia repressa per troppo tempo.
Non sono pensionata, non potendo lavorare non ho sufficienti contributi da far valere, quindi l’opzione più burocratica presente è “casalinga”, e questa è stata la successiva domanda dell’ennesimo medico. «La sua professione, signora, casalinga?». «No, non sono mai stata casalinga, no, dottoressa non ho mai potuto fare la casalinga; vede dottoressa, mi viene da ridere quando mi si chiede la professione, perché io ho impegnato la mia vita trascurando la mia salute, perché ho assistito per 50 anni mia figlia con gravissima disabilità, quindi scriva “caregiver”, perché lo Stato ci sfrutta e noi ci trascuriamo per arrivare a tenere in vita i nostri figli; mia figlia, infatti, non sarebbe arrivata a 50 anni se non mi fossi dedicata interamente al suo benessere». Beh, non ci crederete, ma lo ha scritto: «Ha svolto attività di caregiver di una figlia disabile grave».
Certo, non cambia granché, a noi genitori anziani non spetterà nulla, ma forse per i genitori giovani si potrebbe aprire una possibilità maggiore per fare cambiare visione a chi ci governa.
Chiarite questo punto, quando anche a voi mamme o papà che dovrete lasciare il lavoro, vi chiederanno quale sia la vostra professione. Le più grandi battaglie sono iniziate con primi piccoli passi, e lasciare passare passivamente il pensiero comune e distorto va a favore di chi ci ignora.

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Autismi: vite ad ampio spettro

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2 sessioni plenarie, 16 simposi e 12 workshop animeranno il 14 e il 15 marzo a Rimini il 9° Convegno Internazionale Erickson su “Autismi – Vite ad ampio spettro. Multidisciplinarietà e neurodivergenze”, all’insegna di un programma particolarmente ricco e sfaccettato, con la partecipazione di numerosi autorevoli relatori e relatrici

«Il disturbo dello spettro autistico rappresenta una delle sfide più complesse nel panorama dei disturbi del neurosviluppo, con un’incidenza in continuo aumento. Attualmente, infatti, si stima che circa un bambino su 77 tra i 7 e i 9 anni presenti un disturbo dello spettro autistico ed è fondamentale sottolineare che questo incremento non riguarda solo l’infanzia, ma anche l’età adulta, evidenziando la necessità di porre l’attenzione su alcuni aspetti, tra cui l’importanza di identificare precocemente questa condizione ai fini di un intervento tempestivo, per evitare l’insorgenza di eventuali condizioni patologiche; una presa in carico a trecentosessanta gradi, capace di accompagnare la persona e la sua famiglia durante tutta la vita; la diffusione di una maggiore consapevolezza sulle caratteristiche dell’autismo e su come esse evolvono e si modificano nel corso del tempo. Decenni di ricerca hanno permesso di accrescere il corpus di conoscenze relative all’autismo, ma nuovi dati, nuove ipotesi ed evidenze scientifiche richiedono un aggiornamento continuo»: partirà da tutto ciò, come viene sottolineato dal Centro Studi Erickson, il 9° Convegno Internazionale Erickson su Autismi – Vite ad ampio spettro. Multidisciplinarietà e neurodivergenze, in programma alla Fiera di Rimini il 14 e il 15 marzo prossimi.

Da una panoramica delle attività istituzionali in atto sino a un’analisi critica dei dati, la due giorni di Rimini vedrà dunque numerose relatrici e relatori dialogare su temi quali la socialità nella condizione autistica, la transizione all’età adulta, la costruzione dell’identità di genere nello spettro autistico, alcune strategie e metodi innovativi per valorizzare talenti e neurodivergenze, la dimensione affettivo-sessuale nello spettro autistico. Il tutto articolandosi su 2 sessioni plenarie, 16 simposi e 12 workshop. E verrà anche dato ampio spazio a un’indagine svolta dal gruppo della Ricerca&Sviluppo Erickson, che viene presentata così e della quale proponiamo in calce una sintesi dei dati emersi: «La complessità dei disturbi dello spettro autistico rende indispensabile un lavoro sinergico tra figure professionali diverse: un coordinamento essenziale per garantire interventi in grado di rispondere alle esigenze specifiche di ogni persona con autismo e della sua famiglia. Tuttavia, l’integrazione tra competenze e approcci differenti può risultare complessa: a offrire uno spunto importante per riflettere sulle difficoltà e le necessità quotidiane dei professionisti che lavorano a stretto contatto con persone con autismo, il nostro gruppo della Ricerca&Sviluppo ha realizzato un sondaggio sul tema, su un campione di oltre 330 professionisti. I risultati, che verranno presentati a Rimini, forniscono un quadro variegato delle sfide, mettendo in luce l’importanza di una collaborazione interdisciplinare e della continua formazione, per supportare il benessere dei professionisti e migliorare la qualità della vita delle persone con autismo e delle loro famiglie».

Ospite speciale del convegno sarà Simon Baron Cohen, docente al Dipartimento di Psicologia e Psichiatria dell’Università inglese di Cambridge, tra i maggiori esperti internazionali nel campo dell’autismo. Tra gli altri relatori e relatrici segnaliamo poi: Giacomo Vivanti, Antonio Persico, Maria Luisa Scattoni, Serafino Corti, Paola Venuti, Paolo Moderato, Costanza Colombi, Marco Bertelli, Roberto Keller, Carlo Ricci, Maurizio Arduino, Alberto Vanolo, Carla Sogos e molti altri ancora. (S.B.)

Il programma completo del convegno di Rimini e tutti i nomi di relatrici e relatori sono disponibili a questo link. Per ulteriori informazioni: Lisa Oldani (lisa.oldani@erickson.it). L’indagine sui disturbi dello spettro autistico del gruppo Ricerca&Sviluppo di Erickson
Bisogni e difficoltà riscontrate dai professionisti
° Scolastico e formativo: il 52% dei professionisti ritiene urgente una maggiore formazione di educatori e insegnanti di sostegno.

° Territoriale e sociale: il 51% ha segnalato difficoltà nelle relazioni con genitori e caregiver. Il 48,5% dei professionisti ha quindi indicato come priorità il sostegno alle famiglie per il “durante” e il “dopo di noi”, mentre il 42% ha sottolineato la necessità di attività di inclusione sociale per le persone con autismo.
° Sanitario: il 39% ha richiesto maggiore accessibilità ai servizi sanitari specializzati, soprattutto per l’età adulta.
Benessere professionale e ruolo dell’intelligenza artificiale
° Benessere professionale: il 50% dei professionisti ha indicato che il miglioramento delle opportunità di formazione è fondamentale per il loro benessere, seguito dalla richiesta di maggiori risorse per il lavoro quotidiano (49%).

° Intelligenza artificiale: Il 90% degli intervistati ritiene che essa possa supportare efficacemente il loro lavoro, soprattutto nella progettazione di attività (46%), nella gestione delle situazioni quotidiane (32%) e nella comunicazione con le persone con disturbo dello spettro autistico (31%).

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L’Unione Europea non sta rispettando la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità!

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Secondo un rapporto dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, l’Unione Europea non sta rispettando appieno il proprio impegno a favore dei diritti delle persone con disabilità. A Ginevra, infatti, proprio in questi giorni, gli esperti del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità stanno esaminando le azioni e le mancanze dell’Unione Europea nel promuovere i diritti sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità

L’Unione Europea non sta rispettando appieno il proprio impegno a favore dei diritti delle persone con disabilità. A metterlo nero su bianco è un rapporto dall’EDF, il Forum Europeo sulle Disabilità, consegnato anche nelle mani degli esperti delle Nazioni Unite, componenti del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che, proprio in questi giorni a Ginevra, stanno giudicando il rispetto da parte della stessa Unione Europea della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
A partire da ieri, 11 marzo, infatti, si stanno tenendo dialoghi tra i rappresentanti dell’Unione Europea e il Comitato ONU, che esamina le azioni (e le mancanze) dell’Unione nel promuovere i diritti sanciti dalla Convenzione. Le osservazioni conclusive, che saranno pubblicate ad aprile, rappresenteranno uno strumento prezioso per la tutela dei diritti delle persone con disabilità (advocacy).

La ratifica della Convenzione da parte dell’Unione Europea, avvenuta, lo ricordiamo, il 23 dicembre 2010, implica l’obbligo per le Istituzioni continentali di implementarla pienamente nell’àmbito delle loro competenze. Tuttavia, il rapporto prodotto dall’EDF denuncia gravi carenze nell’azione delle stesse Istituzioni europee per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità.
I punti critici sollevati dalle organizzazioni rappresentative dei diritti delle persone con disabilità includono nel dettaglio:

° L’assenza di una verifica dell’“adeguatezza alle disabilità” delle leggi e politiche proposte o esistenti.
° L’assenza di una legislazione antidiscriminatoria completa a livello europeo, ulteriormente compromessa dal ritiro, quest’anno, di una Proposta di Legge da parte della Commissione Europea.
° L’esclusione dei diritti e delle necessità specifiche delle donne e ragazze con disabilità dalle leggi europee in materia di uguaglianza di genere.
° Carenze legislative sull’accesso alle tecnologie assistive e alle informazioni in formati accessibili.
° La mancata inclusione delle persone con disabilità nei piani europei di riduzione del rischio e preparazione ai disastri e alle calamità naturali.
° Leggi sulla libertà di movimento che escludono le persone con disabilità, in particolare per l’impossibilità di trasferire indennità o servizi di supporto.
° L’utilizzo continuo dei fondi europei per finanziare istituzioni segreganti, dove si verificano violazioni e abusi dei diritti umani.
° Il mantenimento di leggi elettorali che permettono la negazione del diritto di voto alle persone con disabilità.
° L’esclusione delle persone con disabilità dai programmi di sviluppo e azione umanitaria dell’Unione Europea.

Il Rapporto del Forum Europeo sulla Disabilità attribuisce la responsabilità di queste lacune alla «mancanza di leadership politica» nel monitoraggio e nell’attuazione della Convenzione ONU. Insomma, un’Unione Europea che ha ancora molta strada da fare: «La seconda fase della Strategia Europea per i Diritti delle Persone con Disabilità dovrà includere proposte audaci per colmare queste lacune», fanno sapere dall’EDF.
Le Istituzioni dell’Unione, per altro, non danno un sostegno adeguato alle persone con disabilità nemmeno nel loro ruolo di amministrazione pubblica: sia come datore di lavoro sia nelle interazioni con i cittadini e le cittadine per scopi amministrativi e informativi. Ad esempio, il processo di selezione del personale dell’Unione presenta barriere insormontabili fin dall’inizio, a partire dal tentativo di ottenere un impiego.

Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF, ha dichiarato: «Nonostante alcuni progressi, l’Unione Europea non garantisce i nostri diritti, lasciando 100 milioni di persone esposte a discriminazioni e abusi. Questa revisione del Comitato ONU deve essere un campanello d’allarme per le Istituzioni europee: organizzatevi e presentate un piano forte per migliorare davvero le nostre vite!». (C.C.)

Per ulteriori informazioni: André Felix (Ufficio Comunicazione EDF), andre.felix@edf-feph.org (cui scrivere in inglese).

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