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Un’intollerabile distanza tra domanda e offerta di servizi alle persone non autosufficienti

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«Si può stimare che nelle Marche – scrivono dal Gruppo Solidarietà – circa il 75% delle persone che necessitano di assistenza continuativa non riceva alcuna forma di sostegno. Tra pochi mesi la Regione Marche andrà al voto e chi ha governato in questi ultimi cinque anni dovrà dire cosa ha fatto a fronte di questa situazione, domanda che è la stessa da rivolgere a chi ha governato negli anni precedenti, chiedendo se e come si intenda nei fatti cambiare questa inaccettabile situazione»

Abbiamo provato a mettere in relazione domanda e offerta di servizi rivolti alle persone non autosufficienti nella nostra Regione [le Marche], prendendo a riferimento il dato di coloro che necessitano di assistenza continuativa. Abbiamo poi scomposto il dato stesso tra persone con meno di 65 anni e con disabilità e persone ultrasessantacinquenni (anziani non autosufficienti), verificando quanti di questi vivano a casa e quanti in residenza.
Ebbene, risulta che l’87% (14.500) delle persone con disabilità che necessitano di assistenza continuativa (beneficiari di indennità di accompagnamento) vive a casa e il 13% (2.300) in residenze (rivolte sia a persone con disabilità che con disturbi mentali). Il 38% (5.500) di chi vive a casa riceve qualche forma di sostegno, dei quali circa 2.600 ricevono un sostegno economico per acquistare servizi o per sostenere il lavoro di cura del caregiver (da 300/350 a 1.200 euro al mese), mentre 2.500 ricevono una qualche forma di servizio (assistenziale o educativo) domiciliare di cui per altro non si conosce “l’intensità”, che può andare da qualche ora giornaliera a qualche ora settimanale.
La conclusione, dunque, è che il 62% delle persone con disabilità che vivono a casa non ricevono alcun tipo di sostegno.

Per quanto poi concerne le persone anziane non autosufficienti che necessitano di assistenza continuativa (beneficiari di indennità di accompagnamento). L’82% (37.500) vive a casa, il 18% (7.500) in residenze. Qui a ricevere una qualche forma di sostegno è il 17% (6.300), con circa 4.300 persone che ricevono un sostegno economico (da 200 a 300/350 euro al mese), per sostenere il lavoro di cura del caregiver o per remunerare assistenti, mentre 1.600 persone ricevono un servizio di assistenza domiciliare di cui nemmeno in questo caso si conosce “l’intensità”.
L’83%, dunque, delle persone anziane non autosufficienti che vivono a casa non ricevono alcun tipo di sostegno.

Tirando le somme, si può stimare pertanto che nelle Marche circa il 16% di tutte le persone che necessitano di assistenza continuativa viva in residenze e l’84% a casa. E che circa il 75% non riceva alcuna forma di sostegno.
Tra pochi mesi la Regione Marche andrà al voto e chi ha governato in questi ultimi cinque anni dovrà dire cosa ha fatto a fronte di questa situazione, domanda che è la stessa da rivolgere a chi ha governato negli anni precedenti. E chiedendo a tutti se e come intendono nei fatti cambiare questa inaccettabile situazione, non tanto con generiche indicazioni, ma con impegni precisi e documentabili. Consapevoli, per parte nostra, che non tutte le risposte hanno pari dignità e valore.

*Il Gruppo Solidarietà ha sede a Moie di Maiolati Spontini (Ancona).

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Violenza ai danni di donne e ragazze con disabilità: le “Linee di Indirizzo” del progetto “Artemisia”

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Durante la presentazione a Milano dei risultati ottenuti dal progetto “Artemisia”, voluto per fare emergere la violenza di genere nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità, favorendone la presa in carico, sono state rese disponibili specifiche “Linee di Indirizzo”, rivolte a tutte le realtà impegnate in questo àmbito, a partire dai Centri Antiviolenza. Per l’occasione, inoltre, si è informato della resa accessibile di una Casa Rifugio gestita dalla Fondazione Somaschi, capofila del progetto

In questi anni abbiamo seguito costantemente sulle nostre pagine il progetto avviato in Lombardia il 3 dicembre 2022, con il nome di Artemisia – abbreviazione per “Attraverso Reti TErritoriali eMersione di SItuAzioni di violenza”, ma chiamato così anche in onore di Artemisia Gentileschi (nata nel 1593 e deceduta tra il 1652 e il 1656), la nota pittrice che subì una violenza sessuale a cui reagì facendo processare e condannare il colpevole) –, iniziativa promossa dalle Fondazioni Somaschi (capofila), ASPHI e Centro per la Famiglia Card. Carlo Maria Martini, insieme alla LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e al CEAS (Centro Ambrosiano di Solidarietà).
Come segnalato dunque nei giorni scorsi, i risultati di quel progetto, voluto per fare emergere la violenza di genere ai danni delle donne e delle ragazze con disabilità e favorirne la presa in carico, sono stati presentati a Milano, nel corso del convegno denominato Nessuna esclusa.

«Per una donna con disabilità vittima di violenza – dicono dalla LEDHA – chiedere aiuto è un percorso complesso e spesso ostacolato da pregiudizi, barriere fisiche e comunicative. Ancora più difficile è trovare un luogo sicuro e privo di ostacoli in cui poter ricostruire la propria vita. Con il progetto Artemisia, un importante passo in avanti è stato compiuto in questa direzione: una Casa Rifugio gestita dalla Fondazione Somaschi, infatti, è stata adattata per accogliere anche donne con disabilità fisica, sensoriale o cognitiva».
«Intervenire su un tema complesso come l’emersione della violenza ai danni delle donne con disabilità – sottolinea dal canto suo Chiara Sainaghi della Fondazione Somaschi – ha richiesto un lavoro complesso e su diversi fronti: dalla formazione delle operatrici al superamento delle barriere ambientali ancora presenti all’interno delle reti antiviolenza. L’esperienza di Artemisia ha dimostrato che è possibile rendere le nostre strutture accessibili, non solo da un punto di vista fisico, ma anche per quanto riguarda l’informazione e la comunicazione. Il nostro auspicio è che altre realtà, in Lombardia ma non solo, intraprendano lo stesso percorso per un’interconnessione sempre più stretta tra diverse le competenze e i servizi a supporto di tutte le donne. Nessuna esclusa».

«La violenza ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità – spiegano quindi dalla LEDHA – è un fenomeno sommerso e difficile da far emergere: in alcuni casi perché le vittime stesse non sono consapevoli di essere tali, oppure perché dipendono – fisicamente e per l’assistenza – proprio dalla persona che abusa di loro. Oppure, ancora, perché non vengono credute quando chiedono aiuto. Per questo, la prima cosa da fare è formare le operatrici dei Centri Antiviolenza e quanti lavorano con le persone con disabilità su come riconoscere i campanelli d’allarme. Ebbene, l’attività di formazione messa in campo dal progetto Artemisia ha permesso di raggiungere un primo importante risultato: tra il 2023 e il 2024 c’è stato infatti un aumento significativo (+43%) delle donne con disabilità che si sono rivolte ai Centri Antiviolenza di Milano e dell’hinterland, gestiti dalle Associazioni coinvolte nel progetto. Il numero delle donne con disabilità prese in carico è passato dalle 41 del 2023 (su un totale di 691, pari al 5,9% del totale) alle 59 del 2024 (su un totale di 782, pari al 7,5% del totale). A queste ne vanno aggiunte altre 17, seguite dal consultorio familiare della Fondazione Centro per la Famiglia Card. Carlo Maria Martini».

Come dunque accennato in precedenza, nelle scorse settimane si sono conclusi gli interventi per rendere accessibile alle donne con disabilità una Casa Rifugio gestita dalla Fondazione Somaschi, rimuovendo innanzitutto le barriere architettoniche che rendevano complicato accedervi e muoversi al suo interno: in cucina, ad esempio, sono stati installati un set di fornelli e un lavandino sospesi, utilizzabili anche da chi si trova in carrozzina, mentre il piano di lavoro si alza e si abbassa grazie a un sistema di domotica a comando vocale, che ne permette un uso agevole da parte di tutte le abitanti della casa. L’installazione, inoltre, di montascale, bagni e docce accessibili è un altro accorgimento dedicato a chi ha una disabilità motoria. E a terra sono stati posizionati dei loges per guidare le donne cieche che si orientano con il bastone, mentre per le donne con disabilità uditiva che comunicano attraverso la LIS (Lingua dei Segni Italiana), è previsto l’intervento di un’interprete formata. E ancora, le operatrici sono state formate all’uso della CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), per poter interagire in maniera semplice e chiara con chi ha una disabilità di tipo cognitivo.

Il lavoro svolto nei tre anni di Artemisia è confluito alla fine all’interno di specifiche Linee di Indirizzo, messe a disposizione di tutte le realtà impegnate in questo àmbito, un documento contenente informazioni utili per rendere accessibili e fruibili alle donne e alle ragazze con disabilità vittime di violenze gli spazi fisici e per garantire l’accesso alle informazioni, realizzando, ad esempio, testi in formato Easy to Read (“facili da leggere e da comprendere”) o costruendo siti internet fruibili a chi ha una disabilità sensoriale. Nel corso del progetto, ad esempio, sono state sviluppate tabelle di comunicazione semplificata analogica (attraverso disegni e immagini), inserite poi in tabelle di comunicazione digitali presenti su tablet che le operatrici hanno iniziato a utilizzare.
Infine, sempre all’interno delle Linee di Indirizzo è stato inserito un questionario di autovalutazione che può essere utilizzato dalle operatrici del singolo Centro Antiviolenza, per verificare l’accessibilità della struttura registrando la presenza o meno di barriere architettoniche, di segnaletica interna e di bagni accessibili.

Da ricordare, in conclusione, che durante il convegno di Milano, Alessia Belgiovine, referente dei Centri Antiviolenza, delle Case Rifugio e delle Case di Accoglienza della Regione Lombardia, ha ribadito l’impegno della Regione stessa in questo settore, menzionando in particolare la misura Vicini a ogni donna che prevede la destinazione di 3,68 milioni di euro per finanziare interventi di potenziamento dei servizi o di ristrutturazione per individuare Centri Antiviolenza e Case Rifugio specializzati nella presa in carico di donne con disabilità in situazioni di violenza. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@ledha.it.

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Una “Giornata della Disabilità” tra le Province di Padova, Venezia e Treviso

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Sarà una “Giornata della Disabilità”, il 22 maggio, ad aprire “AperiCuore”, manifestazione di quattro giorni all’insegna della musica, del cibo e della solidarietà, in programma a Scorzè (Venezia), organizzata da AperiGiovani, Associazione di Trebaséleghe (Padova). L’evento prevede l’arrivo di oltre 600 persone con disabilità, provenienti da 24 Associazioni e Cooperative delle Province di Padova, Venezia e Treviso, per partecipare a 20 diversi laboratori di creatività e ad altre attività Un’immagine di “AperiCuore 2024”

Sarà la Giornata della Disabilità, il 22 maggio, ad aprire AperiCuore, manifestazione di quattro giorni all’insegna della musica, del cibo e della solidarietà, in programma in Piazza Donatori di Sangue di Scorzè (Venezia), organizzata da AperiGiovani, Associazione di Trebaséleghe (Padova), evento che negli anni, grazie al lavoro di moltissimi volontari e alla partecipazione di quasi 40.000 persone, ha permesso di donare ben 150.000 euro in progetti concreti nel sociale.

Il 22 maggio, dunque, arriveranno a Scorzè oltre 600 persone con disabilità insieme ai loro operatori, provenienti da 24 Associazioni e Cooperative delle Province di Padova, Venezia e Treviso, per partecipare, dalle 9 alle 15, a ben 20 diversi laboratori di creatività: pittura figurativa e astratta, creta, feltro, plastica, carta, legno, piante aromatiche, pet therapy, anche con i cavalli, musica, balli, teatro e altro ancora.
Si potrà inoltre provare l’esperienza di salire su moto guidate da piloti esperti e su biciclette adatte al trasporto di carrozzine, grazie alla collaborazione con l’Associazione CROSSabili di Mattia Cattapan, Alvaro Dal Farra e Aspassobike.
Vi sarà quindi anche un seguito nella mattinata di venerdì 23 (ore 9-12), con IO nasco, io divento, io vivo… la disabilità, attività formativa e di sensibilizzazione per gli studenti delle scuole medie del territorio, cui parteciperanno circa 500 ragazze e ragazzi, a partire da un dibattito sulle tematiche dei progetti sostenuti dall’evento, insieme alla presentazione di testimonianze.

«Quella del 22 maggio – sottolinea Lucrezia Mazzonetto, presidente di AperiGiovani – sarà una giornata ricca di emozioni, attività e divertimento, da condividere all’insegna dell’inclusione anche con un centinaio di studenti e studentesse delle classi quinte delle scuole elementari di Scorzè. Per la sua rilevanza sociale, l’evento, che si svolge in collaborazione con la Fondazione Cuore Livio Mazzonetto, gode del patrocinio della Camera dei Deputati. Vogliamo pertanto ringraziare i molti volontari che renderanno possibile questa giornata, tra cui alcune persone con fragilità del Centro Diurno Filo di Trebaseleghe e giovani alla loro prima esperienza di volontariato». (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione: info3@presscomunicazione.com (Giuliana Valerio).

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Percorsi possibili per una sessualità delle persone con disabilità: un convegno a Torino

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Un momento di condivisione su quanto sperimentato dal Servizio Affetti, Relazioni, Intimità, realizzato in coprogettazione dal Comune di Torino (Servizio Passepartout) e dall’Associazione Verba, oltreché di dibattito con esperti ed esperte del panorama nazionale: sarà questo, il 22 maggio nel capoluogo piemontese, il convegno “Umano, troppo umano. Percorsi possibili per una sessualità possibile”

Un momento di condivisione su quanto sperimentato dal Servizio Affetti, Relazioni, Intimità, realizzato in coprogettazione dal Comune di Torino (Servizio Passepartout) e dall’Associazione Verba e di dibattito con esperti ed esperte del panorama nazionale. Il tutto con l’obiettivo di condividere una visione teorica e pratica su una sessualità sostenibile per le persone con disabilità in ottica salutogenica e di promozione del benessere; buone prassi nel supporto e nella consulenza sul tema della sessualità delle persone con disabilità; strategie e strumenti per la gestione di situazioni complesse legate all’area della sessualità; spunti teorici e pratici replicabili in contesti psico-socio-educativi rivolti a persone con disabilità.
Sarà questo, il 22 maggio a Torino (presso Sermig, piazza Borgo Dora, 61), il convegno denominato Umano, troppo umano. Percorsi possibili per una sessualità possibile, rivolto a persone con disabilità e familiari delle stesse, a professionisti e professioniste della Città di Torino, ad operatori e operatrici sanitari dell’ASL Città di Torino, a professionisti e professioniste degli enti gestori, a insegnanti di scuole di ogni ordine grado, nonché a volontari e volontarie del Terzo Settore. (S.B.)

Ringraziamo per la segnalazione l’Associazione Volonwrite.

A questo link è disponibile il programma completo del convegno. Per ulteriori informazioni: sfep@comune.torino.it.

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Serve un Piano Nazionale per l’occupazione delle persone con disabilità

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«Torniamo a chiedere un Piano Nazionale per l’occupazione delle persone con disabilità, fatto di incentivi mirati, di fondi per l’accessibilità, di una profonda riforma dei servizi per l’impiego, di orientamento e formazione di qualità»: lo dicono dalla Federazione FISH in questo 20 maggio che coincide con il 55° anniversario dall’emanazione dello Statuto dei Lavoratori

«Non è solo una questione di quantità, ma è una questione di qualità del lavoro: serve cioè un cambio di paradigma che metta fine all’assistenzialismo e riconosca finalmente il valore delle persone con disabilità come lavoratrici e lavoratori, portatrici di competenze, talenti, esperienze»: lo dichiara Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), oltreché consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), in una nota diffusa dalla stessa FISH in occasione del 55° anniversario dello Statuto dei Lavoratori, fissato dalla Legge 20 maggio 1970, n. 300, ovvero, appunto, esattamente 55 anni fa. «In un Paese che invecchia – aggiunge Falabella – non possiamo più permetterci di lasciare indietro nessuno. L’inclusione lavorativa non è una gentile concessione, ma una necessità economica, e soprattutto una sfida di civiltà. Finché non si vedranno risultati concreti, ogni statistica continuerà pertanto a raccontare una sconfitta collettiva».

Che a 55 anni dallo Statuto dei Lavoratori il diritto al lavoro per le persone con disabilità sia ancora largamente disatteso, lo dimostrano chiaramente i dati ricordati ancora una volta dalla FISH: «Solo il 18,3% delle persone con disabilità – affermano dalla Federazione – è occupato, contro il 63% della popolazione generale. Un divario del 44,7% che racconta una realtà di esclusione strutturale, ben lontana dalla narrazione di un’Italia inclusiva. E il quadro è ancora più allarmante se si guarda ai giovani con disabilità: il 66,7%, infatti, è fuori sia dal mondo del lavoro che della formazione. Per le donne, inoltre, il tasso di occupazione è fermo al 17,8% e al Mezzogiorno la percentuale precipita al 14%.».
«Anche poi chi lavora – proseguono dalla Federazione -, spesso lo fa in condizioni penalizzanti, se è vero che il 40,5% è impiegato in mansioni non qualificate, che il 34% è costretto a un part-time involontario, e che solo il 12% accede a ruoli specializzati. Un sistema, dunque, che quando non esclude, ghettizza».

«Le cause sono profonde – concludono dalla FISH -: dai pregiudizi culturali a percorsi formativi non accessibili, dai servizi per l’impiego inadeguati alla Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.] che mostra a propria volta i segni del tempo. Non mancano tuttavia le buone pratiche, dimostrando che le imprese inclusive sono più produttive, più innovative, più capaci di attrarre e trattenere talenti. In altre parole, l’inclusione funziona, quando è sostenuta ed è per questo che torniamo a chiedere un Piano Nazionale per l’occupazione delle persone con disabilità, fatto di incentivi mirati, di fondi per l’accessibilità, di una profonda riforma dei servizi per l’impiego, di orientamento e formazione di qualità. Il costo dell’esclusione, oltre 15 miliardi di euro all’anno, è insostenibile, ma ancor più, è incalcolabile il prezzo umano, fatto di vite negate». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: uufficiostampa@fishonlus.it.

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Giulia: la mia esperienza è la prova che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto, ma una ricchezza per tutti

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Continuiamo a proporre il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, proponendo oggi un servizio dedicato a Giulia, che è nata nel 2001, ha la sindrome di Down, fa parte dell’ANFFAS di Salerno e lavora come cameriera di sala presso il Sunrise Accessible Resort, nei pressi della propria città. «Il mio lavoro – dice – mi ha aiutato moltissimo a crescere e a diventare più indipendente»
Giulia al lavoro presso il Sunrise Accessible Resort di Spineta (Salerno)

Continuiamo a proporre il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS(Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), pubblicando un ulteriore servizio dedicato alle esperienze di inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo, presentate nel marzo scorso all’evento Lavoro Ergo Sum, organizzato dall’ANFFAS Nazionale in occasione del 67° anniversario dalla propria fondazione e in corrispondenza con la XVIII Giornata Nazionale sulle Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo (se ne legga anche sulle nostre pagine).

Oggi, dunque, parliamo di Giulia e oltre a rivolgerle alcune domande, riprendiamo anche, in calce, il testo da lei stessa presentato durante il citato evento ANFFAS di marzo.
Nata nel 2001, Giulia ha la sindrome di Down e si definisce «persona solare, determinata e piena di passioni», che adora ballare, recitare e ascoltare musica, «che mi accompagna in ogni momento della giornata». Fa parte dell’ANFFAS di Salerno, «un ambiente – dice – che mi sostiene e mi aiuta a crescere ogni giorno» e lavora come cameriera di sala presso il Sunrise Accessible Resort di Spineta, presso Salerno, «un lavoro che mi piace e che mi permette di stare a contatto con le persone».
Ringraziando la facilitarice Marida Giannattasio per la fondamentale collaborazione, diamo spazio di seguito alle domande che abbiamo rivolto a Giulia e alle sue risposte.

Quali cose ti hanno aiutato di più, Giulia, a diventare indipendente nel tuo lavoro?
«Il mio lavoro mi ha aiutato moltissimo a crescere e a diventare più indipendente. Sono stati fondamentali gli insegnamenti ricevuti dai miei tutor, ma anche la fiducia che i miei colleghi e il datore di lavoro hanno riposto in me. Questo supporto mi ha permesso di affrontare le sfide con maggiore sicurezza e di sviluppare competenze professionali e relazionali importanti».

Parli del lavoro come mezzo per superare i pregiudizi. Ma quali sono gli stereotipi che hai dovuto affrontare nella tua esperienza lavorativa e come li hai superati?
«Purtroppo ancora oggi molte persone pensano che le persone con disabilità o con qualche difficoltà non siano in grado di apprendere un lavoro o di assumersi delle responsabilità. Personalmente, ho voluto dimostrare il contrario: ho superato i pregiudizi con l’impegno, la serietà, l’educazione e il rispetto per le regole. Mi piace molto il mio lavoro e trovo grande soddisfazione nel condividerlo con i miei colleghi, collaborando ogni giorno per raggiungere insieme degli obiettivi comuni».

Come pensi che le aziende possano fare in modo che i lavoratori con disabilità si sentano più inclusi e parte del gruppo?
«Secondo me, nei posti di lavoro dovrebbero esserci più opportunità per le persone con disabilità. È importante che venga data loro maggiore fiducia, oltre a un po’ di pazienza in più. Spesso bastano piccoli gesti di comprensione e apertura per permettere a tutti di esprimere il proprio potenziale. In un ambiente lavorativo inclusivo, tutti possono crescere, imparare e contribuire con le proprie capacità».

Le prime quattro tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link), Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link), Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot” (disponibile a questo link) e Inclusione lavorativa tra norme e realtà: Legge 68 e prospettive di cambiamento (disponibile a questo link).

Il testo presentato da Giulia all’evento ANFFAS Lavoro Ergo Sum del 28 marzo 2025
«Ciao a tutti, sono Giulia e lavoro con orgoglio come cameriera di sala presso il Sunrise Accessible Resort. All’inizio, l’idea di affrontare il mondo del lavoro mi spaventava molto. La paura di non essere all’altezza, di commettere errori e di deludere le aspettative era molta. Ma grazie al sostegno incredibile che ho ricevuto dai miei colleghi, dai responsabili e dai tutor che mi hanno affiancato, ho imparato a credere nelle mie capacità e a superare le mie insicurezze.
Ho scoperto così di essere una risorsa preziosa, capace di portare un contributo unico e significativo all’ambiente di lavoro. La mia presenza, infatti, non solo mi permette di crescere professionalmente, ma arricchisce anche l’esperienza dei clienti e dei miei colleghi.
Per noi persone con disabilità, il lavoro rappresenta molto più di una semplice fonte di reddito. È un mezzo fondamentale per:
Affermare la nostra indipendenza: il lavoro ci permette di essere autonomi e di prendere decisioni sulla nostra vita, senza dover dipendere costantemente dall’aiuto degli altri. Guadagnare il nostro stipendio ci dà la libertà di scegliere dove vivere, come spendere i nostri soldi e di realizzare i nostri progetti personali.
Sviluppare competenze e autostima: ogni giorno imparo qualcosa di nuovo, miglioro le mie abilità comunicative e organizzative. Ogni piccolo successo mi fa sentire più sicura di me stessa e mi spinge a mettermi alla prova con nuove sfide.
Combattere l’isolamento: il lavoro mi ha permesso di creare legami significativi con i miei colleghi, che sono diventati amici e confidenti. Mi sento parte di una comunità, di un team che lavora insieme per raggiungere un obiettivo comune. Le risate, le chiacchiere e il supporto reciproco rendono le mie giornate più piacevoli e mi fanno sentire meno sola.
Contribuire alla società: ognuno di noi ha un talento da offrire e il lavoro ci dà l’opportunità di metterlo a servizio degli altri. Che si tratti di servire un caffè con un sorriso, di aiutare un cliente a scegliere il piatto giusto o di collaborare a un progetto di squadra, il nostro lavoro ha un valore e contribuisce al benessere della collettività.
Superare i pregiudizi: dimostriamo ogni giorno che le persone con disabilità possono essere lavoratori competenti, affidabili e produttivi. Sfatiamo i miti e le false credenze che ci vedono come incapaci o bisognosi di assistenza costante.
Realizzare i nostri sogni: il lavoro ci permette di costruire il futuro che desideriamo. Ci dà la possibilità di risparmiare, di investire nei nostri progetti e di raggiungere i nostri obiettivi personali e professionali.
Avere pari opportunità: per questo è necessario che ci siano reali possibilità di lavoro per tutti. Le aziende devono creare ambienti inclusivi, accessibili e accoglienti, che valorizzino le diversità e offrano a tutti le stesse opportunità di crescita e successo.
La mia esperienza al Sunrise Accessible Resort è la prova concreta che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto, ma una ricchezza per tutti. Lavorare in un ambiente inclusivo mi ha permesso di esprimere il mio potenziale, di sentirmi valorizzata e di crescere sia come persona che come professionista. Ho imparato a gestire le mie emozioni, a comunicare con gli altri e a lavorare in squadra.
Ogni persona merita l’opportunità di dimostrare il proprio valore e di costruire il proprio futuro. Auguro a tutte le persone con disabilità di essere aiutate e supportate affinché il nostro diritto al lavoro venga rispettato. Insieme, possiamo creare un mondo del lavoro più inclusivo, giusto e accogliente per tutti, dove le diversità siano viste come una risorsa e non come un ostacolo.

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Indovina indovinello

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Tanti indovinelli, un’unica soluzione: è il contenuto della nuova incursione di Gianni Minasso nella sua rubrica “A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia)”, spazio che ormai da tanti anni siamo ben lieti di ospitare, fatto di pungente ironia, di grottesco e talora della comicità più o meno involontaria che, come ogni altra faccenda umana, può riguardare anche il mondo della disabilità

Prima o poi lo si incontra, il fanatico di indovinelli che con fare suadente ce ne ammannisce uno di cui mai e poi mai riusciremo a trovare la soluzione. Poco male, del resto il primo rompicapo della storia è stato il famoso enigma della Sfinge, comparso nella mitologia greca: «Qual è quell’animale che al mattino cammina con quattro zampe, al pomeriggio con due e alla sera con tre?». Era l’uomo, perché da piccolo (al mattino) gattona, da adulto (al pomeriggio) si sposta su due gambe e da anziano (alla sera) si appoggia a un bastone. E proprio questa traccia di disabilità durante la senescenza mi ha dato l’impulso per elaborare una modesta serie di indovinelli, la cui soluzione è sempre la stessa ed è qui riportata alla fine dei seguenti quesiti. Comunque state tranquilli, se per caso non sarete in grado di trovare la (facilissima) risposta non vi divorerò come faceva la Sfinge con i tebani che cannavano il suo enigma!

Realizzazione grafica di Gianni Minasso

Dopo attente quanto inutili suppliche e promesse di voto a qualche divinità, ha scandito la formuletta magica (Ambarabà ciccì coccò…) ed è nato, estraendo la sua pagliuzza della vita che, rispetto a quella di tanti altri, è risultata sfortunatamente, sorprendentemente e definitivamente corta! Chi è?

Quando ancora va a scuola fa il pelandrone, si comporta da bulletto, accampa continuamente diritti, sovente sta a casa con malattie fasulle e sfrutta a più non posso gli insegnanti, i quali però non lo rimproverano, non lo (orrore!) sgridano e mai e poi mai lo bocciano. Chi è?

Se (per sua disgrazia!) lavora in un ufficio si comporta da pelandrone, accampa continuamente privilegi, sovente sta a casa con malattie fasulle e sfrutta a più non posso la Legge 104, però non lo rimproverano, non lo (orrore!) sgridano e mai e poi mai lo licenziano. Chi è?

Nei contesti pubblici in cui ci si fa lo scrupolo di utilizzare il politically correct , è l’unico a infischiarsene, a fare le smorfie, a sbuffare, a ridere sguaiatamente e a parlare apposta in modo irriguardoso, con termini come “negro”, “frocio”, “befana”, “ciccione”, “handicappato” et similia. Chi è?

Con la narrazione delle sue (presunte) mirabolanti imprese annoia a morte gli uditori (del resto come fa il 99% delle altre persone), e tuttavia nessuno ha il coraggio di interromperlo o di andarsene o al limite di sbadigliargli in faccia, fingendo invece attenzione, sorpresa e, nel caso, stupore. Chi è?

Non importa la densità del traffico circolante, non importa il luogo dove si trova, non importa l’ora del giorno (o della notte) e nemmeno importa la quantità di fortuna di cui gode: tanto reperirà ogni volta un buon parcheggio, (quasi) subito e senza spendere un centesimo. Chi è?

Con la sua (sovente) ingombrante presenza, nonché litigiosità, piagnucolio e perenne insoddisfazione, è riuscito a modificare in modo pesante i vocabolari d’italiano (e non solo), cancellando con disprezzo fior di parole altrimenti rispettabili e introducendone di (inutili) nuove. Chi è?

Tutte le volte che avete provato a fare la “supercazzora brematurata” (tanto per intenderci quella di Amici miei) vi hanno sempre sbugiardato e preso a male parole, invece se la fa lui lo ascoltano e anche se hanno capito benissimo l’antifona fanno finta di niente. Chi è?

In certe circostanze è meglio di Indiana Jones, poiché diventa protagonista di storie emozionanti gettandosi in mirabolanti imprese basate su un susseguirsi travolgente di pericoli, insidie e gesti audaci. Come, ad esempio, recarsi in luoghi privi di bagni accessibili. Chi è?

Dopo la lettura di Pinocchio, l’acquisto dell’intera collezione di Tex e il diploma di geometra (ottenuto con 60/100), riesce quasi sempre a pubblicare la sua sciatta autobiografia, giungendo a riscuotere l’approvazione dei pochi lettori e addirittura a venderne qualche copia. Chi è?

Pur avendo delle buone scuse per starsene a casa, magari sdraiato sul divano a divorare popcorn davanti alla tivù, talvolta si mette a praticare faticosi sport, cadendo vittima della retorica di “sacrifici coraggiosi”, “sfide universali”, “epiche dell’inclusione” e “traguardi da conquistare”. Chi è?

È senza dubbio un fatto strano e per nulla giusto, ma capita quasi sempre così: se (di rado) sforzandosi lui fa 100, gli altri lo applaudono e lo valutano 10.000. Al contrario se clamorosamente (spesso e volentieri) lui sbaglia 10.000, gli altri lo scusano e lo considerano soltanto 100. Chi è?

Quasi come gli “unti dal Signore”, gode di privilegi preclusi alle persone normali: saltare code, arraffare medicinali a scrocco, entrare ai concerti senza pagare il biglietto, portare il proprio cane ovunque, andare gratis ai pellegrinaggi, beccarsi omaggi, gadget, regalie eccetera. Chi è?

Dài e dài succede pure a lui ciò che avviene agli altri comuni mortali: va in giro tutto il giorno col suo arnese e alla sera… pile scariche! Allora impreca, s’arrabbia e, con un grande caricabatterie in mano, elemosina una presa di corrente. Ma non sta cercando nuova linfa elettrica per il telefonino. Chi è?

Come ostetriche, vegetariani, imprenditori, stagisti, obesi, tangueros, gatti, orsi polari, pizze, hamburger, neve, risparmi energetici, jazz, zone umide, veli islamici e pace interiore [tutto vero! N.d.A.], anch’esso gode dei fasti di una giornata internazionale a lui dedicata. Chi è?

Soluzione: La persona disabile grave.

Ann Dovinelli

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Il Disability Manager: competenze, alleanze e strumenti per un futuro inclusivo

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Si intitolerà “Il Disability Manager: competenze, alleanze e strumenti per un futuro inclusivo” il convegno promosso per il 22 maggio a Roma, presso la Regione Lazio, dalla SIDIMA (Società Italiana Disability Manager) e dall’AIDIMA (Associazione Italiana Disability Manager), patrocinato dalla stessa Regione Lazio e da RAI per la Sostenibilità, iniziativa che punta a rafforzare la figura del disability manager tramite un confronto tra istituzioni, esperti e professionisti del settore

Il Disability Manager: competenze, alleanze e strumenti per un futuro inclusivo: è questo il titolo del convegno promosso per la mattinata del 22 maggio a Roma, presso la Sala Tirreno della Regione Lazio (Piazza Oderico da Pordenone, 15, ore 10-13), dalla SIDIMA (Società Italiana Disability Manager) e dall’AIDIMA (Associazione Italiana Disability Manager), avvalendosi del patrocinio della Regione Lazio e di RAI per la Sostenibilità, iniziativa fortemente sostenuta dalla consigliera regionale del Lazio Maria Chiara Iannarelli, che punta a promuovere e a rafforzare la figura del disability manager attraverso un confronto tra istituzioni, esperti e professionisti del settore.
Nel corso dell’incontro, dunque, i disability manager di SIDIMA e AIDIMA, attivi in diversi àmbiti professionali, forniranno innanzitutto un approfondimento sul quadro normativo che regola la figura, condividendo esperienze e prospettive insieme ad altri esperti del mondo della disabilità, e animando altresì una tavola rotonda dedicata alle applicazioni concrete del ruolo: dal lavoro alla scuola, dalla sanità all’accessibilità ambientale e digitale.

Ma non solo: il convegno sarà infatti anche l’occasione per presentare i percorsi formativi progettati e promossi dalla SIDIMA, in collaborazione con il partner Make4Work, realtà accreditata nel campo della formazione e dei servizi per il lavoro, rivolti a chi intenda intraprendere o consolidare la professione di disability manager (a questo link tutte le informazioni).
E da ultimo, ma non ultimo, durante l’evento verrà anche conferito il Premio Internazionale SIDIMA 2025, iniziativa giunta alla sua quinta edizione, che andrà a tre figure di rilievo per l’impegno a favore dell’inclusione delle persone con disabilità nei vari settori sociali.

Ad aprire i lavori del 22 maggio saranno Rodolfo Dalla Mora, presidente di SIDIMA e AIDIMA, Palma Marino Aimone, vicepresidente dell’AIDIMA e Nicola Marzano, vicepresidente della SIDIMA. Tra gli interventi istituzionali, sono attesi quelli di Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità; Massimiliano Maselli, assessore all’Inclusione Sociale e ai Servizi alla Persona della Regione Lazio; Maria Chiara Iannarelli, consigliera regionale del Lazio, vicepresidente della IX Commissione Regionale (Lavoro, Formazione, Politiche Giovanili, Pari Opportunità, Istruzione, Diritto allo Studio); Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente dell’ANCI Veneto (Associazione Nazopnale Comuni Italiani); Massimo Pulin, presidente nazionale di Confimi Industria Sanità; Giancarlo Ruscitti, direttore dei Servizi Sociosanitari – Azienda Regionale Coordinamento Sanitario della Regione Friuli Venezia Giulia. (S.B.)

Per partecipare al convegno del 22 maggio, è richiesta l’iscrizione (gratuita) tramite questo link. Ricordiamo ancora anche il link ove sono presenti tutte le informazioni sui percorsi formativi promossi dalla SIDIMA, in collaborazione con Make4Worl. Per altre informazioni: segreteria.aidima@gmail.com.

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Una rampa per trasformare l’inclusione da tema astratto a realtà concreta

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Ha una valenza sociale di forte impatto il progetto “#IoRampo”,che partendo dal tessuto commerciale delle nostre città, sensibilizza la comunità sull’importanza dell’accessibilità e trasforma l’inclusione da tema astratto a realtà concreta. Ne parliamo con l’ideatore, Andrea Venuto, persona con disabilità e già disability manager della città di Roma Un locale di Olbia in Sardegna che ha aderito a “#IoRampo”

“Rampare”, ovvero arrampicarsi, inerpicarsi, secondo il dizionario italiano De Mauro. Un verbo che rappresenta anche la quotidiana lotta contro le barriere architettoniche sulle quali, appunto, bisogna arrampicarsi e inerpicarsi, con notevole sforzo, qualche rischio e spesso con esiti pessimi.
Il progetto che stiamo per raccontare coniuga questa forma verbale al modo indicativo, tempo presente, prima persona singolare, #IoRampo, e prende spunto dalle rampe mobili che gli esercizi commerciali aderenti all’iniziativa ricevono per superare i gradini all’ingresso, senza interventi architettonici e senza bisogno di chiedere permessi.
Ne abbiamo parlato con l’ideatore, Andrea Venuto, un uomo con disabilità che dalla sua voglia di vivere il più liberamente possibile i luoghi pubblici e dall’esperienza come disability manager di Roma, ruolo ricoperto per quattro anni, ha pensato di raccogliere intorno a sé un team per generare azioni concrete quanto semplici e migliorare la fruibilità di negozi, bar, ristoranti e altri servizi.

Andrea, quando e come è nato #IoRampo? «#IoRampo è prima di tutto un gruppo di persone con e senza disabilità che hanno deciso di cambiare le cose. Il progetto nasce nello scorso mese di gennaio, dietro casa mia e perché ero stanco di prendere il caffè sul marciapiede a causa dell’inaccessibilità per le persone con disabilità del mio bar preferito… e questa cosa succedeva spesso dal fruttivendolo, nel negozio di cravatte, in quello dei vestiti, in cartolibreria ecc. Il barbiere, invece, non aveva gradini di soglia, ma data la mia “acconciatura” alla Ronaldo… comunque, non mi era utile».

Andrea è molto ironico, ve ne renderete conto leggendo le sue risposte. C’è per altro da dire che a volte l’ironia è l’àncora di salvezza di fronte a difficoltà che solo in apparenza possono sembrare secondarie. Ribaltiamo il luogo comune secondo cui le persone con disabilità sono solo soggetti bisognosi di assistenza: sono infatti cittadini e cittadine che hanno diritto di potersi muovere, decidere dove fare un aperitivo, comprare un paio di scarpe o un abito, andare al ristorante, per parlare in termini di business, spendere i propri soldi dove meglio credono. Invece è necessario fare sopralluoghi, telefonate preventive per accertarsi che non ci siano ostacoli, misure non sempre sufficienti, perché chi risponde non è preparato e fa di tutta l’erba un fascio, magari dice che «ha già avuto altri clienti disabili che non hanno avuto nessun problema», scoprendo poi, ad esempio, che gli altri clienti avevano una leggera carrozzina manuale, mentre una carrozzina elettronica non riesce a scavalcare quei gradini che comunque non dovrebbero esserci, neppure per chi si sposta su una sedia a rotelle manuale. E così si resta fuori, oppure si trovano soluzioni di ripiego faticose e poco dignitose.

Chiediamo ad Andrea qual è la percezione che i titolari delle attività commerciali hanno delle persone con disabilità e cosa fa #IoRampo per modificare i paradigmi: «Bisogna innanzitutto far comprendere – dice – che una persona con disabilità vive una condizione, non una malattia. Questo significa divulgare la percezione di un’opportunità per le attività commerciali e non semplicemente essere a norma con la legge… qualcuno ogni tanto ci dice: “ma io non ho clienti disabili”, noi gli rispondiamo: “per forza, non sei accessibile!”».
Ma quali sono (se ci sono) i maggiori pregiudizi che incontrate? «A parte qualche caso isolato, che forse un giorno racconteremo, più che pregiudizio c’è non conoscenza, mancanza di presa di coscienza di un tema che invece è molto importante».

Fare parte della rete #IoRampo è facile e veloce. I titolari delle attività interessati contattano i referenti del progetto attraverso la pagina web dedicata e un esperto li guida nella scelta della rampa in alluminio più adatta alle esigenze del suo locale. Ne sono disponibili diversi modelli, tutti omologati, portatili e configurabili, studiati per superare in sicurezza dislivelli fino a 50 centimetri, cosicché, in maniera molto pratica, un luogo commerciale aperto al pubblico diventa visitabile secondo la normativa vigente in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, consentendo l’ingresso in assoluta autonomia. Non è necessario alcun intervento strutturale permanente, se è vero che una volta consegnata la rampa, il negozio viene certificato e il suo impegno per l’inclusività promosso sul sito e sui canali social del progetto.
Ogni installazione diventa una storia che viene raccontata, offrendo visibilità e un potenziale aumento del numero dei clienti fino al 20%. Ma quali feedback ricevete dagli esercenti? «Prima di tutto stupore, non pensavano che ci fosse così tanta opportunità di vendita semplicemente rendendosi inclusivi».
La segnalazione di un’attività commerciale da rendere accessibile, chiediamo anche, può partire pure da un comune cittadino? «Sulla piattaforma web del progetto abbiamo una pagina dedicata a questo che si chiama Qui vorrei entrare. A seguito della segnalazione, contattiamo il negozio e offriamo la possibilità di entrare nella nostra rete di esercizi commerciali accessibili a tutti».
Come si individua un luogo certificato #IoRampo? «La piattaforma web del progetto, se consultata dallo smartphone, geolocalizzandosi in tempo reale ti dice quali negozi vicino a te hanno aderito e sono quindi accessibili; comunque, ogni esercizio commerciale insieme alla rampa mobile per superare il gradino di soglia (ahimè, quest’ultimo è quasi sempre presente in ogni negozio) riceve anche una vetrofania da attaccare in bella vista per tutti quei passanti che così possono rendersi conto che quel luogo è accessibile e quindi inclusivo».

Il progetto di cui stiamo raccontando è molto giovane, ma ha già fatto parecchia strada: «Dopo una prima fase di analisi e sperimentazione – spiega Andrea -, in poco più di tre mesi hanno aderito quasi cento attività commerciali: siamo partiti dalla Regione Sardegna, che è molto sensibile e attenta a questi temi, per poi sbarcare nel Lazio, in Piemonte, in Friuli Venezia Giulia e nel Veneto. Il progetto ha ambizioni nazionali ed entro l’estate saremo presenti in tutta Italia».
Proprio nella Regione dove tutto è cominciato, nelle scorse settimane l’iniziativa è stata presentata presso la sede della Confcommercio Nord Sardegna che mira a coinvolgere gli oltre tremila esercizi commerciali di quest’area dell’isola i quali, come tutti i negozi già entrati nella famiglia #IoRampo, diventeranno più attrattivi non solo per le persone con disabilità, ma anche per gli anziani e le famiglie con bambini piccoli.
Continua Andrea parlandoci degli altri partner istituzionali e nell’associazionismo: «Il progetto è patrocinato dalla UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), con la quale collaboriamo coinvolgendo soprattutto la comunità delle persone con disabilità, con anche la possibilità di inserire nel mondo del lavoro ragazzi e ragazze a prescindere dalla propria condizione di svantaggio; in più, stiamo sottoscrivendo protocolli di intesa con le Associazioni di Categoria, nonché con Enti di prossimità, come le realtà Comunali».

#IoRampo, va detto, ha una valenza sociale di forte impatto. Partendo infatti dal tessuto commerciale delle nostre città, si sensibilizza la comunità sull’importanza dell’accessibilità e si sostengono i valori dell’inclusione, un dovere civico ma anche un’opportunità di crescita per tutti e tutte.
Quali azioni, chiedo ad Andrea, mettete in atto per promuovere la visione che sta alla base del vostro progetto? «La prima cosa che raccontiamo agli esercenti è che in Europa ci sono oltre 100 milioni di persone con esigenze di mobilità, 13 milioni solo in Italia: questo significa opportunità di mercato e non solo essere “socialmente corretti”. Il nostro obiettivo principale è migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità, costituendo un ambiente inclusivo per tutti e tutte, nessuno escluso; questo porta giovamento a tutto il contesto urbano di una città, creando posti di lavoro, generando Prodotto Interno Lordo (come dicono quelli bravi) e producendo un lascito – culturale, sociale, strutturale, economico e istituzionale – duraturo nel tempo, per generare un impatto che va oltre il ciclo operativo di un progetto come #IoRampo».

Chiediamo infine ad Andrea Venuto quali iniziative siano in cantiere: «Moltissime: da un sempre maggiore coinvolgimento delle persone con disabilità da tutti i punti di vista, ad iniziative locali mirate; nonché l’ambizione di lanciare una campagna nazionale per i grandi brand che desidereranno diventare accessibili e inclusivi su tutta la loro rete di negozi; pensiamo a famosi e diffusissimi franchising e alle grandi catene commerciali… abbiamo già lo slogan di quello che sarà un premio nazionale che lanceremo in occasione della prossima Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità: Be inclusive to be exclusive!, “Essere inclusivi vuol dire essere esclusivi!”. Con #IoRampo non soltanto l’accessibilità diventa un fatto tangibile, ma l’inclusione sociale stessa da tema astratto diventa realtà. E lo fa cominciando dalle piccole cose di ogni giorno, come prendere un caffè all’interno di un bar e non sul marciapiede!».

*Direttrice responsabile di Superando. Il presente contributo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Una rampa per abbattere le barriere (soprattutto culturali)” e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile: Focus Lombardia

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Più di 80 relatori in oltre 20 incontri, con una sessione plenaria sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie a supporto delle fragilità e dei pazienti cronici: sarà un programma intenso quello della terza edizione del Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile (Focus Lombardia), in programma il 21 maggio a Milano, organizzato dal Gruppo Maggioli, in collaborazione con le principali Associazioni di categoria del territorio

Più di 80 relatori in oltre 20 incontri, introdotti da una sessione plenaria dedicata alle potenzialità dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie a supporto delle fragilità e dei pazienti cronici: sarà un programma particolarmente intenso quello della terza edizione del Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile (Focus Lombardia), in programma il 21 maggio al Quark Hotel di Milano (Via Lampedusa, 11 A), organizzato dal Gruppo Maggioli, in collaborazione con le principali Associazioni di categoria del territorio.
«La realizzazione della terza edizione del Forum a Milano – sottolinea Amalia Maggioli, consigliere delegato commerciale, marketing, estero del Gruppo Maggioli – conferma la nostra volontà di continuare a stimolare il confronto e il dialogo all’interno del settore socio-sanitario, con tutte le sue rilevanze e complessità. L’evento, insieme all’edizione di Bari e a quella di Bologna, è infatti una preziosa occasione che permette di creare connessioni in tutto il nostro Paese, portando in luce le specificità dei singoli territori. In una realtà che ci pone di fronte alla sfida di offrire sempre maggiore sostegno a una popolazione che vive sempre più a lungo, è fondamentale promuovere lo sviluppo di competenze e la condivisione di buone prassi per operatori del settore, caregiver e chi lavora quotidianamente a supporto di persone con fragilità. L’attenzione su tematiche attuali, come i vantaggi proposti dalle nuove tecnologie e dall’integrazione dell’intelligenza artificiale, offre l’opportunità di approfondire le nuove regolamentazioni italiane ed europee e le possibili applicazioni pratiche nell’ambito della non-autosufficienza».

L’appuntamento lombardo – insieme a quello pugliese, svoltosi a Bari nel marzo scorso (se ne legga anche sulle nostre pagine) – nasce come spin-off territoriale del Forum della Non Autosufficienza e dell’Autonomia Possibile, che dal 2009 raduna ogni anno a Bologna i principali attori del settore per sviluppare, discutere e progettare le politiche per la non autosufficienza e gli interventi nella pratica quotidiana d’aiuto.
Un’ulteriore preziosa occasione di confronto e formazione, dunque, per operatori, studiosi ed esperti in àmbito sanitario e socio-assistenziale sul tema dell’assistenza alle persone non autosufficienti, centrale nel sistema socio-sanitario nazionale. (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo del Forum di Milano del 21 maggio; a quest’altro link un testo di ulteriore approfondimento sul Forum stesso. Per altre informazioni: Luciana Apicella (luciana.apicella@mec-partners.it).

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Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità: passi importanti per una diffusione capillare

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Un nuovo importante passaggio per far sì che il modello DAMA (“Disabled Advanced Medical Assistance” ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”) diventi realmente e finalmente un concreto modello di riferimento nazionale, diffuso capillarmente, si avrà con il convegno del 24 maggio a Catania, denominato “Dal modello DAMA alle Linee Guida nazionali. Occasioni di confronto per lo sviluppo di buone pratiche”, promosso dalla ministra per le Disabilità Locatelli

Due mesi fa avevamo segnalato con soddisfazione, sulle nostre pagine, la nascita del Tavolo tecnico interministeriale (Ministero per le Disabilità e Ministero della Salute) che dovrà stendere le Linee Guida Nazionali per il progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”), con l’obiettivo di garantire appunto sul territorio nazionale un modello organizzativo uniforme che faciliti l’accesso, l’accoglienza e la presa in carico dei bambini/bambine e delle persone adulte con disabilità presso le strutture sanitarie.
Un nuovo passaggio molto importante, per far sì che DAMA diventi realmente e finalmente un concreto modello di riferimento nazionale, diffuso capillarmente, si avrà con il convegno del 24 maggio a Catania (presso l’Hotel NH Parco Degli Aragonesi), denominato Dal modello DAMA alle Linee Guida nazionali. Occasioni di confronto per lo sviluppo di buone pratiche, promosso dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli.

«L’evento di Catania – sottolinea Locatelli – precederà l’insediamento del Tavolo Interministeriale per la stesura delle Linee Guida nazionali per i protocolli DAMA, Tavolo che sarà coordinato da Filippo Ghelma, direttore della Struttura Complessa DAMA all’Ospedale San Paolo di Milano, oltreché presidente dell’ASMED (Associazione per lo Studio dell’assistenza medica alla persona con Disabilità), che da anni coordina una rete di aziende ospedaliere che hanno già aderito ai percorsi specifici». «Si tratta – aggiunge – di un incontro che intendiamo replicare anche in altre Regioni e che vorrei coinvolgesse il maggior numero possibile di medici e direttori generali, sanitari e socio sanitari, di tutta Italia».

Rimandando Lettori e Lettrici al programma completo del convegno di Catania (disponibile a questo link; a quest’altro link le modalità per l’iscrizione) e ricordando che esso potrà essere seguito anche in diretta streaming (alla pagina Facebook “Alessandra Locatelli – Ministro per le Disabilità”), segnaliamo qui che dopo l’intervento introduttivo di Locatelli, porteranno i propri saluti Vincenzo Falabella e Nazaro Pagano, presidenti rispettivamente della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e alcuni esponenti del territorio.
Seguiranno gli interventi di una serie di autorevoli relatori che prenderanno la parola per raccontare le buone pratiche organizzative di alcuni ospedali che in Italia hanno già adottato un protocollo di presa in carico e cura avanzata per le persone con disabilità nel contesto ospedaliero. (S.B.)

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Centri per la Vita indipendente in Lombardia: una mappatura in costante aggiornamento

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In collaborazione con le Associazioni UILDM e ANFFAS, la Federazione lombarda LEDHA sta accompagnando e sostenendo il percorso di crescita dei Centri per la Vita Indipendente, istituiti in Lombardia dalla Legge Regionale 25/22, luoghi in cui le persone con disabilità possono trovare un’équipe formata e capace di sostenerle nella costruzione del loro progetto di vita. Ne viene quindi proposta una prima mappatura che verrà periodicamente aggiornata

In collaborazione con la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e l’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per i Diritti delle persone con Disabilità e Famiglie) sta accompagnando e sostenendo il percorso di crescita dei Centri per la Vita Indipendente, istituiti in Lombardia dalla Legge Regionale 25/22 (Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità), luoghi in cui le persone con disabilità possono trovare un’équipe formata e capace di sostenerle nella costruzione del loro progetto di vita.

La LEDHA stessa propone ora una prima mappatura di tali Centri, disponibile a questo link, e che verrà periodicamente aggiornata, il tutto con l’obiettivo principale di censire la presenza di queste strutture nei diversi territori della Regione, fornendo alle persone con disabilità informazioni utili per un primo contatto. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficiostampa@ledha.it.

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