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I motociclisti paralimpici ripartono dal Mugello

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I motociclisti paralimpici dell'”European Handy Bridgestone Cup” stanno per tornare in pista per il secondo round del “Campionato Europeo 2025”, in programma il 31 maggio e il 1° giugno sul tracciato toscano del Mugello, in concomitanza con il “Campionato Italiano Velocità”, proseguendo un percorso avviato ormai da molti anni da parte dell’Associazione Di.Di. – Diversamente Disabili. Un appuntamento, dunque, che segnerà il via ufficiale per la stagione della “OCTO CUP”, il “Campionato Nazionale Paralimpico” Immagine di repertorio di una delle gare tra motociclisti paralimpici organizzata al Mugello dall’Associazione Di.Di.

Dopo avere dimostrato il proprio valore nella prima gara della stagione sul classico circuito francese di Le Mans, i motociclisti paralimpici dell’European Handy Bridgestone Cup stanno per tornare in pista per il secondo round del Campionato Europeo 2025, in programma il 31 maggio e il 1° giugno sul tracciato toscano del Mugello, in concomitanza con il Campionato Italiano Velocità, proseguendo un percorso avviato ormai da molti anni da parte dell’Associazione Di.Di. – Diversamente Disabili, seguito costantemente anche da Superando.
Tale appuntamento, dunque, con le gare che potranno anche essere seguite in diretta streaming sul sito Federmoto.Tv (a questo link), segnerà il via ufficiale per la stagione della OCTO CUP, il Campionato Nazionale Paralimpico.

Ma non solo, come ormai da consolidata abitudine dell’Associazione Di.Di., le gare saranno anche l’occasione per sensibilizzare il pubblico su temi particolarmente importanti, come, in questo caso, la sicurezza stradale, attraverso l’evento denominato Campioni anche sulla strada, dedicato a studenti e studentesse in procinto di prendere la patente e organizzato in collaborazione con l’FMI (Federazione Motociclistica Italiana), Confarca (Confederazione Autoscuole Riunite e Consulenti Automobilistici) e la Motorizzazione Civile di Firenze. E come sempre, al fianco dell’Associazione Di.Di., vi sarà OCTO Telematics, da anni impegnata a promuovere l’educazione stradale nelle scuole con il progetto Non buttate via la vita in un secondo. (S.B.)

Per ogni informazione e approfondimento: info@diversamentedisabili.it.

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Grazie all’intelligenza artificiale potremo “anticipare le mosse” della sclerosi multipla

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L’intelligenza artificiale è in grado di offrire strumenti sempre più sofisticati per analizzare grandi quantità di dati, migliorando non solo la gestione della sclerosi multipla, ma anche la capacità di diagnosticarla precocemente, addirittura prima della comparsa dei sintomi: è il senso dell’intervento di Sergio Baranzini, docente di Neurologia all’Università della California di San Francisco e promotore di un progetto che procede su questa strada, durante il congresso della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’Associazione AISM Sergio Baranzini durante il suo intervento al congresso della FISM

«Non basta più raccogliere dati: perché le informazioni cliniche e biologiche relative al paziente e alla malattia siano davvero utili, è necessario infatti che vengano interpretate in modo sistematico e integrato. Solo così la raccolta di dati può trasformarsi in un beneficio concreto per le persone con sclerosi multipla. Ed è qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale, oggi in grado di offrire strumenti sempre più sofisticati per analizzare grandi quantità di dati, migliorando non solo la gestione della malattia, ma anche la capacità di diagnosticarla precocemente, addirittura prima della comparsa dei sintomi»: così dall’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) vengono sintetizzati i temi al centro dell’intervento di Sergio Baranzini, professore di Neurologia all’Università della California di San Francisco, durante la prima giornata del congresso annuale di Roma della FISM, la Fondazione che opera a fianco dell’AISM in àmbito di ricerca.
«Oggi – ha spiegato Baranzini – medici e ricercatori hanno diversi livelli di conoscenza nei confronti di una malattia. Un medico, ad esempio, può esaminare le caratteristiche cliniche di un paziente e prescrivere delle analisi biochimiche e alcuni esami di diagnostica per immagini. Altri ricercatori, invece, conducono delle analisi molecolari su campioni che arrivano da quel paziente, come indagini genetiche. Di fatto stiamo guardando la stessa persona da diverse angolazioni, e forse la risposta alla domanda di cosa sta succedendo a quel paziente si trova mettendo insieme tutte queste diverse modalità che abbiamo oggi per conoscerlo. In altre parole, le informazioni che possiamo estrapolare da questi dati, prese singolarmente, sono meno significative di quanto potremmo ottenere combinandole insieme».

Proprio da tali concetti è nato il progetto SPOKE, con Sergio Baranzini che ha sviluppato una piattaforma digitale mirata appunto all’integrazione di diverse tipologie di dati su larga scala, per estrapolare informazioni significative in ambito di ricerca e clinica.
Acronimo di Scalable Precision Medicine Open Knowledge Engine (letteralmente “Motore di conoscenza aperto per la medicina di precisione scalabile”), SPOKE è un sistema che nella sua versione completa mette insieme oltre 70 database di biomedicina e 9.000 malattie, con dati metabolici, genetici, anatomici, clinici, farmacologici, tutti collegati tra loro da relazioni semantiche.
«Ad esempio – ha spiegato ancora Baranzini -, è possibile, a partire dai geni, risalire alle malattie a cui sono collegati, o capire in quale modo l’azione di una proteina sia collegata ad un’altra, quali farmaci siano attivi contro quale malattia e quali bersagli colpiscano. In questo modo riusciamo a mettere insieme l’intero campo della biomedicina, se è vero che all’interno di SPOKE ci sono centinaia di milioni di concetti collegati tra loro, che vanno dai geni ai sintomi».

Ideato tuttavia come strumento di ricerca, SPOKE si appresta a diventare anche uno strumento utile per i clinici, specialmente nel caso di malattie particolarmente complesse come la sclerosi multipla. Da un lato, infatti, tale sistema, combinato con strumenti di intelligenza artificiale, può essere utile per identificare nuovi target farmacologici, ma a partire dai dati clinici di un paziente potrebbe aiutare ad anticipare il peggioramento di una malattia o addirittura a porre la diagnosi prima che si manifestino i sintomi. E in questo senso, sono molto preziosi i dati contenuti nei database di malattia, come il Registro Italiano Sclerosi Multipla e Patologie Correlate, progetto che coinvolge 190 Centri Clinici italiani impegnati sulla sclerosi multipla e che raccoglie i dati di oltre 94.000 persone con questa malattia.
«La FISM – ha concluso a tal proposito Baranzini – è stata una pioniera nella raccolta di dati per la ricerca, e ha avuto una visione lungimirante con l’istituzione dei registri di malattia. È esattamente questo, infatti, il tipo di dati su cui si sono concentrate le attività del mio laboratorio negli ultimi anni, ed è questo che ha favorito la nascita di diverse collaborazioni tra il mio gruppo di ricerca e i ricercatori della FISM». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa e Comunicazione AISM (Barbara Erba), barbaraerba@gmail.com.

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Il museo come spazio vivo, la musica che porta a superare ogni barriera

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Curato dalla Federazione FISH Campania, in collaborazione con l’Associazione Culturale The Jack, l’evento denominato “Musica per tutti”, in programma per il 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, presso il Museo Archeologico Nazionale di Calatia a Maddaloni (Caserta), vedrà la musica diventare protagonista di un linguaggio universale di condivisione, partecipazione e inclusione

«L’obiettivo di questa iniziativa è di realizzare un percorso musicale itinerante, negli spazi del museo stesso, che valorizzi e sublimi il patrimonio culturale e la storia dell’antica Calatia, unitamente al valore delle persone. In ogni tappa, i giovani suoneranno strumenti musicali accompagnati da brevi interventi descrittivi sul museo e sul patrimonio archeologico in esso esposto. Sarà dunque un’occasione per vivere il museo non solo come custode della storia, ma come spazio vivo, accessibile e accogliente, che dà valore all’inclusione e importanza all’ascolto di ogni forma di espressione, valorizzando le differenze»: così la FISH Campania (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) presenta l’evento denominato Musica per tutti, curato dalla stessa Federazione, in collaborazione con l’Associazione Culturale The Jack, in programma nella mattinata del 2 giugno (ore 10-13), in occasione della Festa della Repubblica, presso il Museo Archeologico Nazionale di Calatia a Maddaloni (Caserta), un evento in cui la musica diverrà linguaggio universale di condivisione, partecipazione e inclusione.

Organizzata nell’àmbito delle attività della rete Campania tra le mani e avvalendosi del patrocinio morale del Comune di Maddaloni, l’iniziativa si inserirà tra quelle promosse dal Ministero della Cultura, che prevedono l’ingresso gratuito in tutti i luoghi statali della cultura statali in occasione della Festa del 2 Giugno.
«Sarà un appuntamento aperto a tutte le voci, ad ogni storia e a ogni talento – aggiungono dalla FISH Campania -, a prescindere dalle condizioni personali, perché la musica unisce le persone, superando ogni distanza e barriera». (S.B.)

Per ulteriori informazioni: fishcampania@gmail.com.

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L’inclusione scolastica: problemi e prospettive

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Il seminario denominato “L’inclusione scolastica: problemi e prospettive” ha costituito un’utile occasione di confronto sul tema dell’inclusione scolastica, in particolare alla luce delle più recenti novità normative

Come riferisce il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati, il seminario denominato L’inclusione scolastica: problemi e prospettive, organizzato da Proteo Fare Sapere e dall’organizzazione sindacale FLC CGIL, ha costituito un’utile occasione di confronto sul tema dell’inclusione scolastica, in particolare alla luce delle più recenti novità normative.
Vi sono intervenuti tra gli altri Fabio Bocci, professore ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale all’Università Roma Tre, Simona D’Alessio, dirigente di un Istituto Comprensivo di Roma, esperta di politiche educative e di didattica inclusiva e Marianna Piccioli, ricercatrice di Pedagogia e Didattica Speciale all’Università di Roma Foro Italico.

Durante l’incontro è stato innanzitutto evidenziato come i nuovi corsi INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa) per il sostegno si configurino come una sorta di “percorsi sanatoria”, privi però di un reale valore formativo, mettendo a rischio la qualità della preparazione degli insegnanti.
A destare forte preoccupazione, inoltre, è ancora e sempre il tema della continuità didattica, con il docente di sostegno spesso percepito ancora come “docente dell’alunno con disabilità” e non come contitolare dell’intera classe.
Dal canto suo Fabio Bocci ha sottolineato come le università, oggi fortemente sottofinanziate, siano costrette a ricorrere all’autofinanziamento. Ha inoltre criticato l’equivoco secondo cui l’inclusione si garantirebbe semplicemente aumentando il numero di docenti di sostegno, trascurando la dimensione culturale e organizzativa che tale processo richiede.
Simona D’Alessio ha portato invece la voce dei dirigenti scolastici, sempre più in difficoltà nell’applicazione delle indicazioni ministeriali, spesso calate dall’alto senza preavviso e senza una visione coerente. Ha sottolineato inoltre la necessità di un’azione dall’interno, capace di sensibilizzare l’intera comunità scolastica: «La scuola siamo noi – ha affermato – e solo noi possiamo cambiarla».
Marianna Piccioli, infine, ha ricordato che il diritto all’istruzione di qualità riguarda tutti gli alunni, e in particolare quelli con disabilità. «L’inclusione, se autentica, non si limita a integrare – ha sottolineato – ma a trasformare profondamente i contesti. Oggi, però, questo cambiamento sembra sempre più lontano. È quindi urgente pensare a una mobilitazione collettiva, a una grande manifestazione che faccia convergere tutte le forze per difendere i diritti, la dignità e il futuro della scuola pubblica».

Durante il seminario, va ricordato in conclusione, il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati è intervenuto leggendo un comunicato firmato da alcuni rappresentanti dell’inclusione, in cui si ribadiscono le preoccupazioni condivise e le richieste di azioni concrete per tutelare la qualità della scuola e dei percorsi inclusivi. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: collettivodocentispecializzati@gmail.com.

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Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti

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Si chiamerà “Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti” l’incontro del 31 maggio a Civitavecchia (Roma), nell’àmbito delle iniziative promosse dalla ministra per le Disabilità Locatelli, per il Tour Mediterraneo del Veliero Amerigo Vespucci. Vi parteciperanno numerosi esponenti di organizzazioni impegnate sul fronte dello sport praticato da persone con disabilità, mentre varie Associazioni avranno visibilità negli stand predisposti dal Ministero per le Disabilità

Sport: la valorizzazione dei talenti e delle competenze di tutti: è il titolo dell’incontro che si terrà nella mattinata del 31 maggio (ore 11), presso il Molo Del Bicchiere (Banchina Guglielmotti), nel porto di Civitavecchia (Roma), nell’àmbito delle iniziative promosse dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, per il Tour Mediterraneo del Veliero Amerigo Vespucci.

Saranno due i momenti previsti, con la moderazione della giornalista RAI Simona Rolandi, al primo dei quali porterà il proprio saluto la stessa ministra Locatelli, seguita dagli interventi di Luca Pancalli, presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico) (in video); Paolo Tavian, presidente della FISIP (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici); Alessandra Palazzotti, direttrice nazionale di Special Olympics Italia; gli atleti paralimpici Gianmatteo Ramini e Maurizio Lo Bartolo; Andrea Stella, presidente dell’Ente di Terzo Settore Lo Spirito di Stella; Giovanni Sacripante, responsabile Nazionale della DCPS (Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale) FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio); Francesco Ambrosio, presidente della FISDIR (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali).

Al secondo momento, invece, i saluti istituzionali saranno quelli di Isabella Rauti, sottosegretaria alla Difesa, e vi interverranno Simona Placiduccio, esperta della Ministra per le Disabilità in materia di sport; gli atleti paralimpici Andrea Quarta e Giorgio Porpiglia; Cristina Vicinanza, responsabile della Commissione Disabilità Federale nella FISR (Federazione Italiana Sport Rotellistici); Giovanni Massaro della Bebe Vio Academy; Daria Braga, direttore della Fondazione Laureus; Salvatore Iannì, governatore del Rotary Distretto 108L.
In chiusura è previsto l’intervento di Michele Salata, direttore del Centro Regionale di Cure Palliative Pediatriche dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Da ricordare, infine, che saranno undici le Associazioni ad alternarsi negli stand della Ministra per le Disabilità, ossia Solidarietà Cooperativa Sociale; Alicenova; Associazione Francesco Ricciardi; Ass.Pro.Ha; Liberautismo; Fondazione Maruzza; Associazione Risveglio; Arci San Gordiano; ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie); AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica); Cooperativa Sociale Mansier. (S.B.)

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Luca Barisonzi: “Storia di una rinascita”

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Si chiama “Storia di una rinascita” il nuovo libro di Luca Barisonzi, caporal maggiore del Corpo degli Alpini, che nel 2011 fu vittima di un attentato a Bala Murghab, in Afghanistan, che lo rese una persona con tetraplegia. Il volume verrà presentato oggi, 29 maggio, a Milano, dallo stesso Barisonzi, insieme all’Associazione Nazionale Alpini del capoluogo lombardo

Ne avevamo presentato sulle nostre pagine una bella intervista di Dorotea Maria Guida, appena un anno dopo l’attentato che a Bala Murghab, in Afghanistan, lo aveva reso una persona con tetraplegia. In quello stesso anno, Luca Barisonzi, caporal maggiore del Corpo degli Alpini, aveva dato alle stampe per Mursia il libro La Patria chiamò.
Qualche tempo dopo ne avevamo anche segnalato l’impresa che l’aveva visto, insieme all’alpinista Luca Colli, raggiungere, prima persona con tetraplegia a farlo, la Capanna Margherita, a 4.554 metri, il rifugio più alto d’Europa sul Monte Rosa.
Oggi diamo ben volentieri notizia della sua nuova fatica letteraria, intitolata Storia di una rinascita, uscita anch’essa per Mursia, in cui Barisonzi torna a condividere la propria esperienza, offrendo una testimonianza potente sul dolore, la trasformazione e la forza dell’animo umano.
Il libro verrà tra l’altro presentato nel pomeriggio di oggi, 29 maggio (ore 18), alla Libreria Hoepli di Milano, insieme all’ANA del capoluogo lombardo (Associazione Nazionale Alpini), con la partecipazione dello stesso Barisonzi. (S.B.)

A questo link è disponibile un testo di approfondimento sul nuovo libro di Luca Barisonzi.

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La ricerca sulle lesioni midollari tra speranze concrete e comunicazione responsabile

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La speranza delle persone con lesione midollare e in generale con disabilità non può stare nell’annuncio “miracoloso” di turno, da parte degli organi d’informazione, ma nella capacità di costruire un percorso condiviso in cui la comunità scientifica, i media, le istituzioni e le associazioni lavorino insieme con obiettivi chiari: avanzare nella ricerca, comunicare con responsabilità, migliorare concretamente la vita delle persone: solo così, infatti, potranno diventare realtà accessibili a tutti quelle che oggi sono ancora speranze Auguste Rodin, “Il pensatore”, 1880-1902, Museo Rodin, Parigi (particolare)

L’ennesima notizia di un possibile avanzamento nella cura delle lesioni midollari ha fortemente riacceso in questi giorni i riflettori mediatici su una delle sfide più complesse della medicina contemporanea. Mentre i titoli dei giornali annunciano con enfasi “svolte epocali” e “miracoli scientifici”, chi vive quotidianamente con una paralisi spinale si trova ancora una volta a fare i conti con il divario tra l’entusiasmo mediatico e la realtà della ricerca scientifica.
La tecnica al centro del recente dibattito – una combinazione di stimolazione elettrica e riabilitazione intensiva – rappresenta senza dubbio un passo avanti nella comprensione dei meccanismi di recupero neurologico e i risultati pubblicati, frutto del lavoro di team di ricerca seri e competenti [se ne legga in calce, N.d.R.], meritano attenzione e approfondimento. Eppure, la distanza tra un protocollo sperimentale e una terapia accessibile a tutti rimane enorme, un dettaglio troppo spesso sacrificato sull’altare della notizia sensazionale.
Se da una parte, quindi, guardiamo ovviamente con grande interesse a ogni progresso scientifico, dall’altra, però, chiediamo che se ne parli con il necessario rigore. Quando infatti trasformiamo ipotesi di ricerca in certezze mediatiche, facciamo un torto sia alla scienza che alle persone che attendono risposte concrete. E la storia recente, purtroppo, offre numerosi esempi di questo fenomeno: dagli esoscheletri, presentati anni fa come soluzione imminente, e oggi ancora confinati in centri specializzati, alle terapie cellulari, che hanno suscitato speranze poi ridimensionate dalla complessità della ricerca clinica.

Il problema, dunque, non è nell’importanza delle scoperte scientifiche, ma nel modo in cui vengono comunicate. Titoli trionfalistici come Addio alla sedia a rotelle o La paralisi è sconfitta rischiano di creare aspettative irrealistiche in chi convive con una lesione midollare, per poi lasciare spazio a comprensibili delusioni, quando si scopre che i tempi della medicina sono ben diversi da quelli della cronaca. Ogni annuncio prematuro finisce per alimentare la cosiddetta “sindrome della speranza tradita” che tante persone con disabilità hanno già sperimentato sulla propria pelle.

Ma c’è poi un aspetto ancora più profondo che merita certamente attenzione ed è che la qualità della vita delle persone con lesioni midollari non dipende esclusivamente dai progressi della ricerca biomedica: accessibilità, inclusione lavorativa, assistenza adeguata, sostegno psicologico sono tutti elementi altrettanto cruciali che rischiano di passare in secondo piano, quando il dibattito si concentra esclusivamente sulla “cura miracolosa”.
In altre parole, non accettiamo che si parli delle persone con disabilità solo in termini di attesa di una soluzione medica: la nostra battaglia, infatti, è per una società che sappia includere tutti e tutte, qui e ora, indipendentemente dai progressi della ricerca.

La strada maestra, allora, sembra essere quella di un approccio equilibrato che sappia coniugare diversi elementi: l’entusiasmo per i progressi scientifici, che devono essere sostenuti e incoraggiati; la responsabilità nella comunicazione, che deve evitare facili trionfalismi; l’attenzione alle esigenze concrete delle persone con disabilità, che vanno ben oltre la sola dimensione medica. Perché se è vero che la scienza procede per piccoli passi, è altrettanto vero che ogni passo – purché comunicato con onestà e rigore – rappresenta un tassello importante nel lungo cammino verso soluzioni sempre più efficaci.
In questo senso, il ruolo dei media è cruciale: serve cioè un giornalismo scientifico capace di spiegare la complessità senza banalizzarla, di raccontare le speranze senza trasformarle in illusioni, di mantenere viva l’attenzione su una tematica che merita un dibattito serio e continuativo, non solo qualche titolo a caratteri cubitali in occasione dell’ultima pubblicazione.
Allo stesso tempo, le Istituzioni hanno il dovere di garantire risorse costanti alla ricerca e di lavorare parallelamente all’abbattimento di tutte quelle barriere fisiche, culturali e sociali che ancora limitano la piena partecipazione delle persone con disabilità.

La speranza, in fondo, non sta nell’annuncio “miracoloso” di turno, ma nella capacità di costruire un percorso condiviso in cui la comunità scientifica, i media, le istituzioni e le associazioni lavorino insieme con obiettivi chiari: avanzare nella ricerca, comunicare con responsabilità, migliorare concretamente la vita delle persone. Solo così potremo rendere realtà accessibili a tutti quelle che oggi sono ancora speranze.

*Presidente della FAIP (Federazione delle Associazioni Italiane di Persone con Lesione al Midollo Spinale), consigliere del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), nel quale coordina l’Osservatorio Inclusione e Accessibilità.

Il caso clinico cui si fa riferimentro nel presente contributo è stato pubblicato dalla rivista scientifica «Med – Cell Press», frutto di un lavoro condotto dal team multidisciplinare di MINELab, che vede coinvolti i medici, fisioterapisti e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Università Vita-Salute San Raffaele, insieme ai bioingegneri della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

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Un ponte concreto tra il percorso socio-riabilitativo individualizzato e il mondo del lavoro

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Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS”, dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili Giovane donna al lavoro, afferente ai servizi dell’ANFFAS

Concludiamo, almeno per il momento, il nostro approfondimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo appartenenti al “mondo ANFFAS(Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo). Lo facciamo dando spazio alla Fondazione ANFFAS Sardegna di Cagliari, che per dare risposta ai bisogni di autodeterminazione, autonomia e adultità da parte delle persone con disabilità intellettive e del neurosviluppo, già da tempo ha dato centralità al tema dell’inclusione lavorativa e delle politiche attive del lavoro, operando attraverso il SISL (Servizio Inclusione Socio Lavorativa) e l’Agenzia di Mediazione al Lavoro. Ne parliamo con Carla Cappai, una delle responsabili.

Come funziona il vostro progetto SISL (Servizio Inclusione Socio-lavorativa)?
«Il nostro progetto SISL rappresenta un servizio riabilitativo socio-sanitario, che grazie a un’équipe multidisciplinare (direttore medico, psicologa, assistente sociale ed educatore), grazie alla metodologia della mediazione e alle sue caratteristiche distintive, si pone l’ambizioso obiettivo di accompagnare le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in un percorso di crescita personale e professionale, finalizzato al raggiungimento di una piena inclusione sociale e lavorativa. In particolare, mira a favorire l’acquisizione di competenze utili per un futuro inserimento nel mondo del lavoro, attraverso esperienze concrete e significative di vita reale in àmbito di lavoro. Uno degli aspetti centrali del progetto è lo sviluppo di un’identità adulta, che si costruisce anche e soprattutto attraverso l’assunzione di un ruolo attivo all’interno di un contesto lavorativo.

Ma in quale modo viene costruito un percorso su misura per ogni persona?
«Per rendere concreti gli obiettivi definiti in precedenza, il SISL prevede una prima fase di conoscenza della persona nella quale viene elaborata la valutazione multidimensionale, secondo l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), che rappresenta il punto di partenza per la definizione del progetto riabilitativo individualizzato e quindi per stabilire gli obiettivi a breve, medio e lungo termine. Ciò che ci guida nel lavoro è l’assunto che l’esperienza della disabilità è legata alla presenza di barriere ambientali e sociali che a seconda siano presenti o meno, possono ostacolare o facilitare la capacità di un individuo di svolgere le proprie attività e di esprimere le proprie risorse. Successivamente il progetto viene sottoscritto dai tre attori in gioco – la persona con disabilità, la famiglia e i componenti dell’équipe multidisciplinare – che con differenti ruoli partecipano e contribuiscono al successo del percorso.
L’intervento personalizzato, che si concretizza attraverso la sperimentazione della persona in diversi ruoli e in differenti contesti, diventa quindi un’occasione per mettere in gioco le proprie risorse e “scoprirne” delle altre. Le persone afferenti al servizio hanno quindi l’opportunità di acquisire da una parte maggiore consapevolezza di sé, delle proprie attitudini, dei propri limiti, bisogni e desideri, per pensare e progettare il proprio futuro “su misura”; dall’altra, una maggiore conoscenza del mondo del lavoro, delle professioni, del funzionamento aziendale, dalle regole che governano gli ambienti lavorativi alle relazioni presenti (gruppo di lavoro, superiori, eventuali clienti, ruoli, responsabilità).
Si tratta dunque di un servizio che si prefigge di costruire un ponte concreto tra il percorso socio-riabilitativo individualizzato e il mondo del lavoro, promuovendo il protagonismo della persona all’interno di un progetto di vita più ampio caratterizzato da autonomia, autodeterminazione e qualità della vita.

Per quanto poi riguarda l’Agenzia di Mediazione Lavoro, quali sono le principali richieste che ricevete da candidati e aziende?
«La persona con disabilità che accede al nostro servizio esprime spesso il desiderio di normalità, di un percorso lavorativo stabile e gratificante, di una vita adulta caratterizzata da indipendenza e autonomia, di riconoscimento di un ruolo all’interno della società. In tal senso, la motivazione lavorativa rappresenta una costante per le persone che afferiscono all’Agenzia di Mediazione al Lavoro, ma… da sola non basta! Per realizzare infatti il proprio “sogno nel cassetto”, è necessario trasformare desideri in obiettivi concreti e realizzabili che tengano conto delle caratteristiche reali della persona e del contesto, in termini di vincoli e opportunità.
Nel dettaglio, le principali richieste che riceviamo dalle persone riguardano:
° un supporto concreto per individuare un percorso lavorativo compatibile con le proprie attitudini, capacità e limiti;
° l’accesso ad offerte di lavoro compatibili con le proprie caratteristiche e i propri bisogni in contesti accoglienti e accessibili, in linea con i propri ritmi, disponibilità, esigenze ecc.;
° un supporto nella ricerca attiva del lavoro, nella stesura del curriculum, della lettera di presentazione, nella preparazione ai colloqui;
° un punto di riferimento, un sostegno e un accompagnamento durante l’inserimento, qualcuno che funga da interprete, facilitando la comunicazione con il gruppo di lavoro, il datore di lavoro, chiarendo le proprie necessità, favorendo un’integrazione positiva ed eventuali accomodamenti ragionevoli.
Quest’ultimo punto lo ritroviamo anche sul versante delle aziende, le quali ci richiedono di fungere da interfaccia con la persona con disabilità: aprire alla diversità nelle organizzazioni significa infatti promuovere un cambiamento culturale che arricchisce l’ambiente lavorativo e promuove l’innovazione, creando talvolta paure e difese che necessitano di essere ascoltate e gestite. Come lo facciamo? Attraverso una progettazione condivisa dell’inserimento lavorativo e un accompagnamento nelle diverse fasi, dall’attivazione alla gestione e monitoraggio.
La finalità di questo dialogo con le organizzazioni diventa quella di mettere a disposizione delle aziende strumenti che facilitino l’incontro e l’alleanza con i candidati, e strategie per gestire eventuali situazioni critiche. Tra i servizi rivolti alle aziende ricordiamo:
° la selezione di profili idonei alle esigenze dell’organizzazione e l’attivazione di progetti di inserimento personalizzati;
° il supporto per tutta la durata dell’inserimento con azioni di accompagnamento e mediazione da parte di personale esperto e qualificato;
° la formazione del personale aziendale e la promozione di azioni per la gestione della diversità in azienda».

E se doveste indicare le strategie a parer vostro più efficaci, per favorire un’inclusione lavorativa stabile e soddisfacente da parte delle persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo?
«Sicuramente la Metodologia della Mediazione al lavoro rappresenta l’elemento fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo, metodologia che prevede:
– Azioni di tutoraggio: affiancamento della persona da parte del tutor della mediazione (interno ANFFAS), il cui ruolo è inizialmente incentrato sul supporto nella conoscenza del contesto, del funzionamento aziendale e del gruppo di lavoro (regole, ruoli, gerarchia, relazioni, cultura, clima, ecc.) ed è dedicato all’apprendimento delle mansioni lavorative. La frequenza del tutoraggio, nel primo periodo, è intensiva, per poi riproporzionarsi in base alle necessità della persona e diminuire gradualmente.
– Azioni di monitoraggio: visite in azienda generalmente a cadenza settimanale (comunque modulate in base alle necessità), finalizzate a rilevare l’andamento del progetto e a fornire strategie alla persona e all’azienda stessa.
– Azioni di sostegno psicologico/counseling: colloqui individuali finalizzati a rileggere le esperienze lavorative, a supportare la persona nella conoscenza di sé in relazione all’ambiente circostante e a fare chiarezza circa i propri punti di forza, i limiti, le difficoltà.
– Azioni di Supporto alle aziende: colloqui e incontri con il tutor aziendale, con il datore di lavoro, con il gruppo di lavoro; incontri di formazione e informazione.
Un altro ingrediente fondamentale per il successo dell’inserimento lavorativo è dato dalla presenza di figure specializzate nel settore, del tutor aziendale e del tutor ANFFAS.
Il tutor aziendale è un dipendente interno all’azienda, che affianca la persona con disabilità sul luogo di lavoro ed è la figura di riferimento che ne supervisiona il lavoro, supportandone l’apprendimento e l’inserimento nel gruppo di lavoro.
Il tutor ANFFAS è un educatore/educatrice formato nel settore, che ricopre un ruolo di mediazione, monitorando l’inserimento per tutta la sua durata e garantendo il rispetto di quanto previsto dal progetto personalizzato e dal ruolo della persona. Inoltre, è la figura che affianca la persona con disabilità nell’apprendimento delle mansioni e nella conoscenza dell’ambiente di lavoro, che sostiene il/la lavoratore/lavoratrice e lo staff aziendale, fornendo strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo, che prevede, infine, incontri periodici in azienda con colleghi, datore di lavoro e tutor aziendale, fornendo loro strumenti e strategie funzionali alla gestione del percorso lavorativo della persona con disabilità».

Quali sono i principali fattori che incidono sul successo o sull’insuccesso dell’integrazione professionale?
«Le esperienze di inclusione e di inserimento lavorativo di persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo in azienda rappresentano sempre una sfida, ma anche una grande opportunità per tutti gli attori in gioco, lavoratori e lavoratrici, gruppi di lavoro, azienda, famiglia ecc. Riflettere sulle esperienze di successo e di insuccesso ci consente di analizzare le dinamiche che si creano nella relazione tra mondo del lavoro e persona con disabilità, di approfondire la complessità che caratterizza questo incontro e di mettere in luce i fattori che possono ostacolare o facilitare l’inclusione lavorativa.
Nonostante la nostra lunga esperienza come Fondazione ANFFAS Sardegna, possiamo evidenziare che non esiste un’unica soluzione e che la metodologia e la personalizzazione dell’inserimento rappresentano la chiave per l’efficacia dell’inserimento. Le persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo portano con sé punti di forza significativi, spesso possiedono abilità manuali e operative e sono maggiormente attratte da ruoli e settori che richiedono metodo e procedure chiare, organizzate in attività prevedibili e sequenziali in ambienti strutturati. Tuttavia, è importante non cedere alla tentazione dell’etichetta e della catalogazione, processo che sicuramente ha i suoi aspetti rassicuranti, consentendoci di capire meglio la realtà e di focalizzare alcuni elementi chiave, ma che spesso diventa riduttivo e limitante, creando la base per la formazione di stereotipi e pregiudizi.
Alla base dell’inclusione lavorativa c’è dunque un processo creativo caratterizzato da flessibilità e adattamento: è proprio vedere la persona nella sua interezza, con risorse e limiti reali, che permette di personalizzare l’inserimento e di trovare strategie ad hoc che ne consentano l’integrazione e il successo. Il mondo del lavoro e il contesto lavorativo sono per definizione dei contesti imprevedibili spesso poco strutturati o troppo flessibili, caratterizzati da imprevisti o adattamenti improvvisi nel lavoro stesso.
Per affrontare queste criticità, è possibile sicuramente adottare strategie mirate, che permettano di valorizzare la presenza di persone con disabilità in azienda, favorendo la diversità di pensiero all’interno dei team, stimolando l’inclusione, il cambiamento e contribuendo al miglioramento di una cultura aziendale più inclusiva. In realtà, sono tanti gli ingredienti che rendono le esperienze di collocamento positive e durature. Ne elenchiamo alcuni:
° la fase di preparazione al lavoro rivolta sia al tirocinante/lavoratore che all’azienda attraverso una formazione propedeutica all’inserimento lavorativo;
° gli incontri di informazione e formazione in azienda rivolti al datore di lavoro/al gruppo di lavoro e al tutor aziendale;
° la disponibilità al cambiamento e a mettersi in gioco sia da parte della persona che dell’azienda;
° i valori aziendali, il clima e la cultura organizzativa;
° le capacità, competenze ed esperienze del lavoratore/lavoratrice;
° la presenza di un tutor interno all’azienda che garantisca una supervisione continua;
° la presenza di un tutor di intermediazione che funga da interprete tra persona e azienda.
La chiave del successo risiede quindi nella definizione di un percorso strutturato progettato con attenzione, finalizzato a creare alleanza, linguaggio comune e significati condivisi e che favorisca il dialogo tra le persone coinvolte (con le loro risorse, difficoltà, aspettative, capacità e interessi), l’azienda (con le sue caratteristiche, necessità, tempi, valori e organizzazione) e i professionisti coinvolti».

Può condividere una storia concreta di inserimento lavorativo positivo?
«Tra le esperienze di successo raccontiamo il percorso di E., una donna di 29 anni, con una maturità conseguita al liceo artistico, che è arrivata ai nostri servizi sette anni fa, dopo essere uscita da poco dal percorso scolastico e con il desiderio di inserirsi nel mondo del lavoro e di diventare adulta attraverso un lavoro preferibilmente nel settore bar/ristorazione. A tal proposito, E. frequentava allora un corso per acquisire competenze nella preparazione dei cocktail e aprirsi maggiori opportunità nel settore desiderato.
La prima esperienza è stata difficile e complicata e si è conclusa con l’interruzione del tirocinio. Cosa era andato storto? Sicuramente la situazione è stata complessa e determinata da diversi elementi, personali, contestuali e relazionali. Da una parte E. era alla sua prima esperienza nel mondo del lavoro e stava capendo per la prima volta il funzionamento di un’azienda del settore, con ritmi serrati, richieste elevate, clienti pretenziosi; dall’altra, la sede aziendale era nuova e il gruppo di lavoro si stava costituendo; l’apertura all’inclusione e al cambiamento risultava pertanto difficile.
Inizialmente E. non voleva più saperne di lavorare nel settore della ristorazione, ma dopo diverse esperienze personali e professionali nelle quali si è sperimentata, rinforzata, acquisendo strategie, autoefficacia, competenze, consapevolezza e progettualità, ora ha un contratto a tempo indeterminato presso una grande azienda italiana nel settore della ristorazione in un centro commerciale.
Un’esperienza di successo, dunque, che mette in luce quanto siano numerosi gli ingredienti che contribuiscono a creare matching ottimali e circoli virtuosi».

E per quanto riguarda il ruolo delle famiglie?
«Rispetto alle famiglie, la situazione è eterogenea in quanto alcune persone che accedono al nostro servizio sono autonome e indipendenti e ci chiedono in maniera chiara di non coinvolgere i loro familiari: una scelta che accogliamo, a condizione che non vi sia qualche forma di tutela attiva. Laddove invece questa risulti presente, diventa cruciale creare un’alleanza con la famiglia, al fine di accompagnare la persona verso un progetto di vita condiviso, per direzione, obiettivi, strategie e modalità.
Talvolta, questo progetto è il frutto di un percorso congiunto che si concretizza e si arricchisce delle esperienze di vita della persona; nella nostra esperienza, infatti, ci è capitato che alcune famiglie scelgano di rinunciare ad un contratto di lavoro per il proprio familiare per non perdere alcuni sussidi o indennità acquisite e non mettere in discussione un progetto di vita già precedentemente delineato. In questi casi il nostro ruolo diventa quello di condividere insieme alla famiglia e alla persona delle opportunità alternative, nuove strade che permettano di vedere la persona in un’ottica differente e di affrontare un eventuale cambiamento che può avere ripercussioni positive nella qualità di vita della persona e del contesto familiare».

Concludiamo dunque con un po’ di cifre, riguardanti segnatamente i vostri servizi.
«Presto detto: 41 partecipanti; 20 Progetti Riabilitativi Individuali (PRI); 8 tirocini; 8 ricerche attive del lavoro; 2 contratti a tempo determinato; 3 contratti a tempo indeterminato; 27 aziende coinvolte».

Le prime sei tappe di questo nostro percorso dedicato all’inclusione lavorativa nel “mondo ANFFAS” sono riportate nei testi Lavoro e disabilità intellettive: viaggio tra esperienze, opportunità e ostacoli da superare (disponibile a questo link), Dalla pasticceria al “co-housing”: quando il lavoro diventa inclusione e autonomia (disponibile a questo link), Oltre la burocrazia: il percorso di “Diversamente Bistrot” (disponibile a questo link), Inclusione lavorativa tra norme e realtà: Legge 68 e prospettive di cambiamento (disponibile a questo link), Giulia: la mia esperienza è la prova che l’inclusione lavorativa non è solo un diritto, ma una ricchezza per tutti (disponibile a questo link) e La grande sfida di ampliare le opportunità lavorative per persone con disabilità intellettive e disturbi del neurosviluppo (disponibile a questo link).

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Il Disability Pride Milano 2025

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Verrà presentato il 3 giugno, nel corso di una conferenza stampa presso il Comune di Milano, il Disability Pride Milano 2025, che si articolerà su una serie di iniziative previste per il 7, 12, 14 e 16 giugno nel capoluogo lombardo, ponendo al centro il tema dei diritti, dell’equità e dell’accessibilità per le persone con disabilità

Verrà presentato il 3 giugno, nel corso di una conferenza stampa presso il Comune di Milano (Sala Brigida di Palazzo Marino, ore 11), il Disability Pride Milano 2025, che si articolerà su una serie di iniziative previste per il 7, 12, 14 e 16 giugno nel capoluogo lombardo (a questo link il programma completo).

La conferenza stampa – che offrirà un primo sguardo sul programma e sugli obiettivi dell’edizione 2025, la quale porrà al centro il tema dei diritti, dell’equità e dell’accessibilità per le persone con disabilità – vedrà la partecipazione tra gli altri di Lamberto Bertolé, assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano, insieme ad Andrey Chaykin (Abbatti le Barriere ETS/Comitato Disability Pride Milano),  che aprirà e modererà l’incontro, Mariella Meli (Associazione Famiglie Disabili Lombarde), Marta Corradi (psicoterapeuta e attivista) e Maurizio Attanasi (Associazione Cologno Zero Barriere). (S.B.)

Per ulteriori informazioni: disabilitypridemilanoofficial@gmail.com.

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Musica, danza e teatro al Festival Solidale della Musica e delle Arti

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Tornerà il 29 e 30 maggio a Roma, promosso dalla Cooperativa Spes contra spem, con il patrocinio del Municipio Roma III Montesacro, il Festival Solidale della Musica e delle Arti, iniziativa giunta alla quarta edizione, che proporrà due giornate all’insegna della musica, della danza e del teatro, animate anche da una replica dello spettacolo “Come dentro a un film, scritto e diretto da Veronica Liberale, con Elena Tomei e Romina Bufano, di cui ci siamo già occupati più volte anche sulle nostre pagine

Tornerà nei prossimi giorni a Roma, promosso dalla Cooperativa Spes contra spem, con il patrocinio del Municipio Roma III Montesacro, il Festival Solidale della Musica e delle Arti, iniziativa giunta alla quarta edizione, che proporrà due giornate all’insegna della musica, della danza e del teatro, «per celebrare insieme – come viene detto – la bellezza dell’arte che unisce, emoziona e include, un’occasione utile a condividere talento, a promuovere la partecipazione e a trasformare i luoghi della città in spazi di cultura e comunità».
Il 29 maggio, dunque, a Piazza Sempione (ore 17-19), vi saranno le esibizioni musicali dei giovani talenti del Liceo Musicale Giordano Bruno e delle band dell’Istituto Archimede Pacinotti. Il 30 maggio, invece, nel giardino di Spes contra spem (Via Paolo Monelli, 26, ore 17-19), andranno in scena due gruppi coreutici del Lazio e lo spettacolo teatrale Come dentro a un film, scritto e diretto da Veronica Liberale, con Elena Tomei e Romina Bufano, del quale abbiamo già avuto occasione di occuparci ampiamente anche sulle nostre pagine. (S.B.).

Ringraziamo Elena Tomei per la segnalazione.

L’ingresso sarà gratuito, per informazioni: info@spescontraspem.it.

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