Aggregatore di feed
Nota 139411 del 19 giugno 2025 - Avviso procedura concorsuale per titoli ed esami accesso ruolo insegnanti religione cattolica infanzia e primaria
L’arancione, colore che vuole essere luce, energia e speranza per le persone con la distrofia facio-scapolo-omerale
Domani, 20 giugno, che sarà la Giornata Mondiale della Distrofia Facio-Scapolo-Omerale (World FSH Day), anche l’Italia parteciperà all’iniziativa internazionale M’illumino di arancione, che porterà appunto all’illuminazione simbolica di una serie di edifici pubblici e luoghi rappresentativi, per richiamare l’attenzione su quella che è una delle più comuni malattie muscolari rare.
La distrofia muscolare facio-scapolo-omerale si caratterizza per una progressiva atrofia muscolare, generalmente a partire dai muscoli del volto, delle spalle e delle braccia, con eventuale coinvolgimento di altri distretti, compresi addome, gambe e muscoli respiratori. Ha una prevalenza di circa 6-7 persone su 100.000 e oltre il 20% di chi ne è affetto perde la capacità deambulatoria.
Vi è oggi accordo nel ritenere che la malattia sia causata non dalla carenza di una proteina (come nella maggior parte delle altre forme di distrofia muscolare), ma dall’attivazione inappropriata di un gene, DUX4, che determinerebbe il progressivo coinvolgimento di singoli muscoli, con la comparsa di aspetti infiammatori seguiti da degenerazione grassa.
Ad oggi non esistono terapie approvate in grado di arrestare o rallentare la progressione della malattia e il decadimento funzionale, né di ricostruire i muscoli danneggiati. Tuttavia, i recenti importanti investimenti dell’industria farmaceutica nella ricerca e l’avvio di numerosi trial clinici innovativi in Europa e negli Stati Uniti stanno alimentando nuove e concrete speranze.
Al centro degli eventi in programma per domani, 20 giugno, nel nostro Paese, vi sarà dunque il l’XI Convegno Nazionale FSHD 2025, organizzato a Roma (Zest Hub), ma fruibile anche online, a cura dell’Associazione FSHD Italia, in collaborazione con la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e il Gruppo FSHD dell’AIM (Associazione Italiana di Miologia), incontro che si avvarrà del patrocinio dell’OMaR (Osservatorio Malattie Rare), della Consulta Malattie Neuromuscolari, dell’Alleanza Malattie Rare e della SIN (Società Italiana di Neurologia).
«Sarà un momento di dialogo, formazione, aggiornamento scientifico e condivisione – spiegano i promotori – aperto a pazienti, familiari, medici, ricercatori, istituzioni e aziende farmaceutiche, in un contesto di crescente attenzione internazionale verso la distrofia facio-scapolo-omerale. L’arancione, colore scelto a livello globale per rappresentare la comunità FSHD, vuole essere luce, energia e speranza. La scelta del 20 giugno ha un significato speciale anche per il nostro Paese: è infatti stata proclamata Giornata Nazionale della FSHD nel 2018, per volontà dell’allora ministra della Salute Lorenzin, che si ispirò alla vicenda dei fratelli Biviano, due giovani di Lipari (Messina), affetti da distrofia facio-scapolo-opmerale che, insieme alla loro famiglia, portarono alla ribalta nazionale le difficoltà vissute quotidianamente da chi convive con una patologia neuromuscolare rara. Sandro e Marco Biviano, infatti, a partire dal 2013 e per oltre due anni, campeggiarono in tenda davanti a Montecitorio, per rivendicare il diritto dei malati cronici e delle persone con disabilità alle cure e all’assistenza dello Stato».
«La Giornata del 20 giugno – sottolinea dal canto suo Enzo Ricci, direttore scientifico di FSHD Italia e responsabile del Centro FSHD del Policlinico Gemelli di Roma – è nata da una storia di coraggio e ha acceso i riflettori su una comunità viva, resiliente e determinata. Oggi, come allora, vogliamo che nessuno resti al buio, né nei diritti, né nella ricerca, né nell’attenzione pubblica. La celebrazione di quest’anno, per altro, ricorre in una fase particolarmente promettente della ricerca di una cura per la distrofia facio-scapolo-omerale: in tempi recenti, infatti, lo studio su questa malattia ha registrato un crescente interesse da parte dell’industria farmaceutica e del mondo scientifico, con l’avvio di numerose sperimentazioni terapeutiche, alcune delle quali già in fase clinica e con esiti preliminari incoraggianti. Gli approcci variano da famaci che, con differenti meccanismi, mirano a impedire la produzione del gene DUX4 al blocco di interleuchine pro-infiammatorie come IL-6 (che medierebbero gli effetti tossici di DUX4 sul muscolo), fino all’inibizione della miostatina, con l’obiettivo di aumentare la forza e il trofismo dei muscoli del tutto o in parte risparmiati dalla malattia». (S.B.)
A questo link è disponibile il programma completo del convegno. Per ogni altra informazione e approfondimento: Simonetta de Chiara Ruffo (simonettadechiara@gmail.com).L'articolo L’arancione, colore che vuole essere luce, energia e speranza per le persone con la distrofia facio-scapolo-omerale proviene da Superando.
Personale docente – Decreto esecuzione sentenza n. 9034/2025 emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Bis– CERRA Giuseppe c/MIM
Carrozzine a motore elettrico e spese a carico degli utenti: bene il Veneto, ma la FISH scrive al Governo
È con grande piacere che registriamo un importante passo avanti sulla questione da noi segnalata in queste settimane, quando avevamo ripreso alcuni articoli pubblicati dal «Fatto Quotidiano» a firma di Renato La Cara, secondo cui dal 1° gennaio di quest’anno spetterebbero agli utenti le spese legate alla manutenzione e alle riparazioni delle carrozzine a motore elettrico (batterie, motori, joystick, ruote), dopo l’entrata in vigore del Nomenclatore Allegato 5 al DPCM 12/2017, avvenuta il 30 dicembre 2024, con l’approvazione delle relative Tariffe dell’Elenco 1.
Proprio ieri avevamo segnalato che la questione era stata sollevata anche tramite un’Interrogazione Parlamentare in cui si chiedeva ai Ministeri della Salute e dell’Economia e Finanze, se intendessero «adottare con la necessaria urgenza iniziative per garantire che i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice ISO 12.23 (carrozzine a motore elettrico) fossero a carico del Servizio sanitario nazionale e quindi garantiti gratuitamente alle persone che ne hanno bisogno».
Prima ancora che a livello nazionale, però, la visibilità iniziale aveva riguardato la Regione Veneto, grazie alle segnalazioni provenienti direttamente da persone con disabilità, tra cui il blogger Luca Faccio. In tal senso l’assessora alla Sanità del Veneto Manuela Lanzarin aveva pubblicamente dichiarato che la propria Regione si stava «attivando per affrontare questa problematica e definire un percorso regionale che includa anche queste prestazioni essenziali».
Ebbene, è oggi ancora Luca Faccio che nel ringraziare le testate giornalistiche e le trasmissioni che hanno dato voce alla vicenda, segnala come, almeno per quanto riguarda il Veneto, la situazione si sia evoluta positivamente, se è vero che l’assessora Lanzarin si è espressa in una nota ufficiale come di seguito: «Le Aziende Sanitarie dovranno assicurare agli assistiti aventi diritto, su prescrizione dello specialista, non solo l’erogazione del dispositivo medico, ma anche tutte le prestazioni di adattamento e personalizzazione (a cura di professionisti sanitari abilitati) e quelle di manutenzione, riparazione e sostituzione di batteria o altri componenti necessari. Si dispone altresì che tali prestazioni (manutenzione, riparazione e sostituzione di batteria o altri componenti necessari) devono essere garantite anche agli assistiti già in possesso di una carrozzina elettrica prescritta ed erogata ai sensi del DM 332/99 [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
Bene dunque per il Veneto, ma come scrivevamo ieri, il problema riguardava sostanzialmente tutte le Regioni d’Italia e ad esempio per la Lombardia avevamo segnalato l’Interrogazione presentata dalla consigliera regionale Lisa Noja. Che succede dunque nel resto del Paese?
In tal senso la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), per la quale nei giorni scorsi aveva preso posizione il presidente Vincenzo Falabella, ha inviato una lettera al ministro della Salute Schillaci e alla ministra per le Disabilità Locatelli, denunciando a propria volta «questa grave criticità che sta colpendo migliaia di persone con disabilità in tutta Italia, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo Nomenclatore, approvato con il Decreto Tariffe del 30 dicembre 2024, ciò che ha provocato un vuoto inaccettabile, coincidente appunto con la revoca del Decreto Ministeriale 332/99, facendo sì che il Servizio Sanitario Nazionale non copra più gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle carrozzine a motore elettrico, dispositivi essenziali per la mobilità e l’autonomia. Il tutto lasciando alle famiglie oneri economici insostenibili».
Ritenendo quindi «inaccettabile che si proceda a un alleggerimento del Servizio Sanitario Nazionale a discapito dei “più fragili”» e sottolineando come «questa lacuna violi i principi della Convenzione ONU, la FISH chiede «un immediato intervento del ministro Schillaci per ripristinare la copertura economica per riparazioni e sostituzioni delle carrozzine elettriche; una urgente integrazione del Nomenclatore, evitando che questioni burocratiche limitino l’autonomia delle persone con disabilità; la definizione di soluzioni strutturali per prevenire future esclusioni».
Chiedendo dunque un confronto urgente con i due Ministeri e restando a disposizione per collaborare, nel confidare in una risposta tempestiva da parte del Governo, la Federazione conclude ricordando che «ogni giorno di attesa si traduce in maggiori difficoltà per migliaia di cittadini già in condizioni di vulnerabilità. In altre parole: ogni giorno di ritardo è un diritto negato!». (S.B.)
L'articolo Carrozzine a motore elettrico e spese a carico degli utenti: bene il Veneto, ma la FISH scrive al Governo proviene da Superando.
Il supporto tra pari nell’area della salute mentale
Le disabilità psico-sociali sono invisibili. Non c’è nessun segno evidente, una sedia a rotelle, un bastone bianco, una protesi che a colpo d’occhio faccia comprendere che una persona vive una condizione di difficoltà interiore. La salute mentale, che pure è parte essenziale del benessere di ognuno di noi, è ancora circondata da pesanti pregiudizi che inducono le persone a nascondersi, a fingere che vada tutto bene, quando invece avrebbero bisogno di ascolto e sostegno.
Se in questo àmbito il modello medico che predilige le tradizionali terapie farmacologiche è ancora prevalente, si sta lentamente (e aggiungerei fortunatamente) facendo strada un pensiero nuovo che tende la mano ai bisogni senza giudicarli. La mano tesa arriva da chi ha attraversato periodi bui, è riuscito a portare a termine con successo un percorso di ritorno alla vita e desidera mettere la propria esperienza a disposizione di chi affronta lo stesso disagio.
Si identificano con un acronimo, ESP, che sta per Esperti/e Per Esperienza o Esperti/e in Supporto tra Pari, lavorano all’interno dei servizi di salute mentale e si distinguono per avere vissuto e superato una crisi emotiva, traendo da questa una conoscenza di determinate situazioni che va al di là di quanto si può apprendere dalla letteratura. Non è un impegno scontato, sarebbe più comodo lasciarsi tutto alle spalle, per questo va ancora più apprezzata la volontà di rivestire questo ruolo così delicato.
Susanna Brunelli è una ESP e ha accettato di condividere con noi il cammino esistenziale che l’ha portata a dedicarsi a chi sta cercando di superare una battaglia che lei ha vinto.
Susanna, ci racconti brevemente chi è: «Sono di Verona, nata nel 1963, ma “rinata” il 18 marzo 2019. Fin da piccola ho sempre avuto una propensione verso la relazione d’aiuto, mi veniva naturale essere disponibile all’ascolto, probabilmente perché spesso non mi sentivo ascoltata. Ero timida, ma anche molto empatica, e trovavo facilmente un modo per entrare in connessione con le persone».
Susanna si racconta in modo aperto e sincero anche quando le domando come è venuta in contatto con l’ambiente psichiatrico: «Posso dire di avere avuto familiarità con l’ambiente psichiatrico fin dalla nascita. Alcuni aspetti della mia genealogia hanno lasciato tracce più evidenti su alcuni membri rispetto ad altri, la dualità tra fragilità e forza si è trasmessa e alternata nel corso delle generazioni. Anch’io ho vissuto un’esperienza psichiatrica, prima come familiare e poi come persona direttamente coinvolta, all’età di 54 anni. Vorrei precisare che attribuisco poco peso all’aspetto genetico, sono convinta che siano le influenze dell’ambiente, delle energie e delle interazioni a giocare un ruolo più determinante».
La prospettiva di Susanna, frutto della sua esperienza, dà quindi importanza al contesto e alle relazioni nel nostro benessere psicologico: «Il mio pensiero critico mi porta a considerare alternative all’approccio organicista in psichiatria, che si basa principalmente sulla teoria secondo cui il disagio psichico abbia una causa biologica». Ma come valuta il sistema di supporto alla salute mentale in Italia? «Dopo molti anni di esperienza, considero il sistema fallimentare poiché spesso produce esiti devastanti che impattano profondamente sulla vita delle persone coinvolte. Sono stata seguita per 18 mesi dai servizi di salute mentale della mia città, di cui 11 mesi di ricovero, alcuni dei quali nello stesso reparto in cui, molti anni prima, era stata ricoverata mia sorella. È stata un’esperienza terribile, direi infernale, che ha rappresentato per me un doppio trauma, aggravando ulteriormente la disperazione che stavo vivendo in quel periodo. Sono portatrice di una patologia autoimmune, l’artrite reumatoide, che mi inviava costantemente segnali di allerta. Cercavo di farmi forza e di sopravvivere, dando priorità alla situazione e alle circostanze di cui mi ero fatta carico. Troppo carico! Spesso mi sentivo come se non avessi avuto il diritto di esistere».
Ma come è venuta a conoscenza degli Esperti/e in Supporto tra Pari – le chiedo – e quali ragioni l’hanno spinta a intraprendere questa strada? «Una volta riacquisita la mia autonomia, nel 2019 mi è sorto spontaneo il desiderio di dare un senso a quanto di terribile avevo vissuto. Ho cercato nella mia rete di conoscenze, partecipato a incontri, e nel mio percorso ho scoperto MAD in ITALY. Grazie ad alcuni contenuti che pubblicavo sui social per promuovere una maggiore comprensione pubblica, sono stata contattata dagli amministratori di questo portale di informazione scientifica, con i quali collaboro, cercando di coinvolgere anche altre persone che vogliono raccontare la propria storia di trasformazione dopo un periodo di sofferenza. Per quanto riguarda il campo dei diritti, faccio parte dell’Associazione Diritti alla Follia che mi ha fatto conoscere la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e molti altri aspetti relativi al mondo delle disabilità psico-sociali».
Chi è e cosa fa un ESP? «L’ESP è una persona che ha vissuto un’esperienza nel campo della salute mentale e può diventare un Esperto in Supporto tra Pari dopo avere intrapreso un percorso di recovery, ovvero un percorso di consapevolezza e autoconoscenza, e avere attuato un processo di cambiamento nella propria vita. Avendo acquisito un “sapere esperienziale”, si mette a disposizione di chi sta attraversando situazioni simili a quelle vissute personalmente».
L’idea di implementare persone con esperienza vissuta all’interno dei servizi specialistici è nata negli Anni Novanta e si è sviluppata in vari modi in diversi Paesi europei. In Irlanda, ad esempio, gli ESP fanno parte della strategia nazionale per la salute mentale, mentre in altri Stati l’iniziativa viene lasciata ai singoli servizi locali, sebbene siano ormai assodati i benefici del supporto tra pari nell’approccio alle disabilità psico-sociali. E in Italia? «Negli ultimi anni si è assistito a una crescita dell’interesse e della presenza di queste figure – spiega Susanna -. Secondo le stime disponibili, in Italia circa 16 milioni di persone convivono con un disturbo mentale, molte ricevono assistenza attraverso i servizi di salute mentale pubblici e privati. Per quanto riguarda gli ESP (noti anche come peer specialist o peer worker), i dati aggiornati sul numero esatto sono ancora scarsi. La presenza di queste figure è più evidente in alcune zone d’Italia, mentre in altre sono praticamente inesistenti. Fino ad ora gli ESP sono stati principalmente riconosciuti come orientatori o facilitatori, o inseriti formalmente come volontari, attraverso tirocini o borse lavoro. Le Regioni più coinvolte sono il Trentino Alto Adige, l’Emilia Romagna, la Lombardia, la Toscana, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte».
Susanna BrunelliLo scorso dicembre Mental Health Europe, la principale organizzazione non governativa europea indipendente impegnata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità psico-sociali, ha pubblicato una guida, Short Guide. Peer Support in Mental Health Care, che fornisce una migliore comprensione del ruolo di sostenitori e sostenitrici tra pari nel percorso di recupero delle persone con disagio mentale. L’ennesimo segno che sta crescendo l’interesse, ed è così anche nel nostro Paese: «Diverse Associazioni a livello locale, regionale e anche reti nazionali – racconta ancora Susanna Brunelli – si impegnano nella sensibilizzazione, nella promozione e nel coordinamento dell’inclusione di questi esperti. A tal proposito, desidero segnalare una notizia molto recente: il 6 giugno 2025, l’Associazione professionale AIPESP (Associazione Italiana Persone Esperte in Supporto tra Pari) è stata ufficialmente riconosciuta a livello istituzionale. Per entrare dunque a far parte di questa realtà, è necessario avere completato un percorso formativo adeguato, che integri il sapere esperienziale. Si prevede che l’Associazione possa offrire corsi per ESP, rappresentando un risultato significativo per chi desidera inserirsi in questo settore».
Ma quali domande le pongono le persone che hanno bisogno di supporto? «Le persone che mi contattano desiderano condividere la loro esperienza; appena percepiscono che sono disposta ad ascoltarle, sentono la necessità di raccontare la loro storia di sofferenza. Un gesto semplice come ascoltare può fare la differenza, offrendo sollievo a chi si sente spesso incompreso e trascurato. Queste persone possono essere direttamente interessate o membri della famiglia che cercano disperatamente qualcuno in grado di fornire soluzioni o informazioni».
Riguardo alle difficoltà che più spesso le vengono sottoposte, il racconto di Susanna si fa duro: «Nella maggior parte dei casi, il problema non risiede tanto nel disagio stesso, quanto nelle conseguenze di una cattiva gestione di esso. Le principali criticità riguardano gli effetti collaterali dei farmaci, che spesso vengono somministrati in modo sconsiderato e a lungo termine. Ho incontrato molti ragazzi e adulti che lamentano disfunzioni fisiche di vario genere dopo un uso prolungato di farmaci. Persone che hanno subito Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO), contenzioni e talvolta anche elettroshock, eventi che devastano l’anima e l’identità».
Non sempre positivo, poi, è il rapporto con i professionisti del settore, una certa chiusura è ancora dovuta alla propensione a sostituirsi alla persona con disabilità psico-sociale, non ritenendola “competente” in merito alla propria condizione: «I miei interventi spesso coinvolgono anche gli operatori dei servizi e, sebbene le mie critiche abbiano, a mio avviso, un intento costruttivo, percepisco una certa resistenza, salvo rare eccezioni di persone più aperte al confronto. Sembra che ci sia un’inversione di marcia e che si tenda più a regredire piuttosto che a rispettare i diritti sanciti dalla Convenzione ONU, molti dei quali sono ancora poco conosciuti sia dagli operatori dei servizi sia dai fruitori degli stessi».
Susanna sa di non dover «essere utilizzata come raccolta di frustrazioni, lamentele e piagnistei che non portano a nulla», la soddisfazione più grande è «creare relazioni basate su un dialogo reciproco e autentico, vedere che le mie indicazioni contribuiscono ad ampliare la conoscenza degli altri e verificare che ne traggono beneficio». Quando le chiedo cosa si senta di consigliare a chi intende intraprendere “la via dell’ESP”, non ha dubbi: «La formazione è essenziale per sviluppare capacità comunicative, lavorare sulla propria stabilità emotiva e valorizzare i talenti personali, mettendo a disposizione elementi e strumenti utili per entrare in contatto con il cuore delle persone. È importante cercare e coltivare rapporti con gruppi di pari, ampliare il proprio punto di vista e mantenersi aggiornati. Inoltre, consiglio di sviluppare un pensiero critico per mantenere la propria autonomia, rimanendo fedeli alla propria storia di sofferenza e ai propri valori, affinché il cammino personale sia sempre autentico e libero».
Piedi per terra, sempre, dunque, «essere consapevoli che non si può salvare nessuno e che le persone possiedono già dentro di sé le risorse per evolversi. Il compito dell’ESP è accompagnarle in questo processo, senza mai sostituirsi a loro».
In conclusione, se dovesse riassumere la sua esperienza fino a qui cosa direbbe? «Credo che tutto nella vita abbia un suo senso: non esistono bene o male, giusto o sbagliato. Le chiamo esperienze, anche quella vissuta in 18 mesi di “psichiatria dura”. Questo è il mio punto di forza. Questa esperienza mi ha aiutato a liberarmi dalle barriere e dalle credenze limitanti che avevo permesso di instaurare nella mia mente. Ma so anche che, se nei momenti più bui si riesce a cambiare la propria percezione dei fatti, si può trovare una via d’uscita e una nuova prospettiva di vita».
*Direttrice responsabile di Superando. Il presente servizio è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “Quel ponte tra la crisi e la rinascita: la storia di Susanna e il supporto tra pari nell’area della salute mentale”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore e differente titolo, per gentile concessione.
Per ulteriori approfondimenti, si può consultare la Carta Nazionale degli Esperti in Supporto tra Pari in Salute Mentale a questo link. Per informazioni: susi.brunelli@gmail.com.L'articolo Il supporto tra pari nell’area della salute mentale proviene da Superando.
Ricorso al TAR Lazio proposto da Ariosto Alessandro + altri c/ MIM -RG 6682/2025 – decreto n. 3114 del 2025 TAR Lazio sezione Terza bis
You must be logged into the site to view this content.
Nomina tutor presso Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria
You must be logged into the site to view this content.
Il tema delle valutazioni nella “riforma della disabilità” e il mancato riferimento ai diritti umani
Si è recentemente tenuto a Torino il convegno Su base di uguaglianza: per un progetto di vita che garantisca le libertà e i diritti delle persone con disabilità, organizzato dall’Università di Torino e dalla Fondazione Time2 [se ne legga anche la nostra presentazione, N.d.R.], incontro che ha permesso di approfondire varie tematiche relative all’applicazione della riforma del welfare legata alle persone con disabilità, anche analizzando i Decreti Attuativi della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità.
Le presenti riflessioni nascono proprio dalle suggestioni scaturite dagli interventi dei vari relatori di quel convegno. Per ragioni di sintesi, sarò costretto ad un’analisi dei principali elementi emersi, anche se altre questioni meriterebbero pure adeguati approfondimenti. Prossimamente, quindi, dedicherò ulteriori contributi ad altrettanti temi, mentre in questa sede intendo parlare delle valutazioni.
Il Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge 227/21, prevede due tipi di valutazioni (articolo 5), ossia la valutazione di base che è «il procedimento unitario volto al riconoscimento della condizione di disabilità definita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), che comprende ogni accertamento dell’invalidità civile previsto dalla normativa vigente» (dell’invalidità civile, cecità civile, sordità civile, condizione di disabilità in età evolutiva, condizione di disabilità ai fini dell’inclusione lavorativa) e «l’individuazione dei presupposti per la concessione di assistenza protesica, sanitaria e riabilitativa […], l’individuazione degli elementi utili alla definizione della condizione di non autosufficienza, nonché di disabilità gravissima […], l’individuazione dei requisiti necessari per l’accesso ad agevolazioni fiscali, tributarie e relative alla mobilità».
Al terzo comma si legge poi che «il procedimento di valutazione di base è informato ai seguenti criteri: a) orientamento dell’intero processo valutativo medico-legale sulla base dell’ICD e degli strumenti descrittivi ICF, con particolare riferimento all’attività e alla partecipazione della persona, in termini di capacità dell’ICF; b) utilizzo, quale strumento integrativo e di partecipazione della persona, ad eccezione dei minori di età, del WHODAS e dei suoi successivi aggiornamenti, nonché di ulteriori strumenti di valutazione scientificamente validati ed individuati dall’OMS ai fini della descrizione e dell’analisi del funzionamento, della disabilità e della salute; c) considerazione dell’attività della persona, al fine di accertare le necessità di sostegno o di sostegno intensivo; d) per i soli effetti della valutazione dell’invalidità civile di cui al comma 1, lettera a), impiego di tabelle medico-legali relative alla condizione conseguente alla compromissione duratura, elaborate sulla base delle più aggiornate conoscenze e acquisizioni scientifiche; e) tempestività, prossimità, efficienza e trasparenza».
Già la sola lettura dell’articolo 5 del Decreto Legislativo 62/24 fa emergere l’ambiguità del mantenimento del regime dell’invalidità civile che si concentra sulla condizione di limitazione funzionale della persona. In attesa delle regolamentazioni successive, solo questo regime è ora esigibile e anche in prospettiva, essendo la definizione del progetto personalizzato e partecipato effettuata solo a richiesta dell’interessato/a, si rischia di mantenere due regimi di welfare.
Altro elemento critico sono gli strumenti tecnici previsti per il riconoscimento della condizione di disabilità.
Durante la discussione nel Comitato ad Hoc (Ad Hoc Committee), incaricato di definire il testo della della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) presentò la proposta di utilizzare la definizione dell’ICF (la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) quale definizione del concetto di disabilità, ossia «la disabilità è il risultato dell’interazione fra fattori individuali e contestuali, fra cui rientrano menomazione, personalità, atteggiamenti individuali, ambiente, politica e cultura».
La risposta del Comitato ad Hoc fu il rifiuto di quella definizione perché non includeva il rispetto dei diritti umani, essenziale elemento alla base del testo della Convenzione. Venne quindi adottata un’altra definizione, vale a dire: «La disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con minorazioni e barriere attitudinali ed ambientali, che impedisce la loro piena ed efficace partecipazione nella società su una base di parità con gli altri».
D’altra parte l’ICF non è proprio adeguato ad intervenire sulla personalizzazione per vari motivi: nei suoi passaggi (items) individua i fattori personali che infatti non sono codificati; l’ICF è nato per evidenziare la presenza di limitazioni funzionali in una determinata popolazione ed area geografica e non per definire progetti per le persone con disabilità; inoltre, è un sistema rigido, basato solo su performance del corpo, che non prende in considerazione interventi di empowerment (crescita dell’autoconsapevolezza) prodotti dalla formazione e dall’utilizzo di ausili tecnologici, rivelandosi pertanto come incapace di valutare i trend positivi o negativi che vivono le persone.
ICF e ICD sono strumenti basati su valutazioni sanitarie, espressi in maniera teorica sulle capacità prestazionali del corpo, senza attivare le potenzialità abilitative della persona.
Va qui anche ricordato che sempre il Comitato ad Hoc ebbe a New York una fitta discussione proprio sul tipo di Convenzione da approvare e alla fine, anche sulla base della ricerca di Gerard Quinn e Theresia Degener Human Rights and Disability, decise di definire un testo basato proprio sui diritti umani. Infatti la Convenzione, all’articolo 1, riconosce per la prima volta in un testo giuridico la piena ed effettiva titolarità dei diritti umani per le persone con disabilità e all’articolo 5 – articolo chiave per l’interpretazione della maniera di applicare i diritti delle persone con disabilità – ribadisce che la valutazione della condizione di disabilità si effettua sui due concetti base dei diritti umani: la non discriminazione e l’uguaglianza di opportunità, quest’ultima già definita dalle Regole Standard delle Nazioni Unite del 1993.
Quindi la definizione di persone con disabilità cui fa riferimento la Legge 227/21 all’articolo 2, comma 2, punto 1, che definisce la delega come «adozione di una definizione di “disabilità” coerente con l’articolo uno secondo paragrafo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità», è basata appunto sui diritti umani. Questa chiara delega, però, non trova purtroppo una definizione adeguata nel Decreto Legislativo 62/24. Infatti, l’articolo 1, comma 1 di quest’ultimo definisce gli obiettivi del Decreto nel senso di «assicurare alla persona il riconoscimento della propria condizione di disabilità, per rimuovere gli ostacoli e per attivare i sostegni utili al pieno esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti». Per quanto il concetto sia evidenziato, quindi, non vi è riferimento ai diritti umani. Al comma 2, però viene sottolineato solo «l’effettivo e pieno accesso al sistema dei servizi, delle prestazioni, dei supporti, dei benefici e delle agevolazioni, anche attraverso il ricorso all’accomodamento ragionevole e al progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato secondo i principi di autodeterminazione e non discriminazione».
Ebbene, questa mancanza di un riferimento chiaro ai diritti umani rischia di non fare effettuare la comparazione tra la condizione delle persone con disabilità con quella degli altri cittadini e cittadine, essenziale nel campo della valutazione del rispetto dei diritti umani di queste persone. Tanto più che vari tribunali hanno basato le proprie Sentenze proprio su questa comparazione, condannando enti pubblici e privati a rimuovere le condizioni di violazione di diritti umani (si vedano ad esemmpio le Sentenze raccolte nel portale Jusabili.it).
L’affidamento all’INPS dei riconoscimenti lascia poi perplessi: la composizione delle Commissioni valutanti, infatti, è prevalentemente medica: come riusciranno, dunque, a comprendere e a cogliere l’interazione con barriere di diversa natura che vanno rilevate nei concreti contesti di vita e relazione? Non sarà necessaria una ricognizione negli àmbiti di vita delle persone con disabilità per conoscere quali siano le condizioni disabilitanti? Purtroppo il sistema dei barèmes, le tabelle basate sulle percentuali di invalidità, incapace di valutare gli altri aspetti che caratterizzano le persone con limitazioni funzionali, ha assegnato un potere decisionale enorme ai medici legali.
Sempre il Decreto 62/24 sottolinea quindi la necessità di definire un profilo di funzionamento della persona, che però non può essere misurato solo attraverso forme di prestazioni abiliste (il funzionamento ordinario di un corpo, come fa l’ICF): infatti, la condizione di limitazione funzionale non è statica, ma dinamica e necessita di essere potenziata attivando le risorse di resilienza e adattamento della persona, tramite strumenti di varia natura. A tal proposito l’articolo 26 della Convenzione ONU distingue la riabilitazione, ovvero l’intervento svolto per recuperare le funzioni perdute, dall’abilitazione, cioè i fattori che permettono alla persona, nonostante le limitazioni funzionali, di acquisire capacità e competenze, grazie ad appropriati sostegni umani, tecnici e tecnologici. E la dimensione dell’abilitazione di una persona si realizza attraverso competenze di varia natura che non si esauriscono in competenze sanitarie, ma riguardano l’educazione, il lavoro, la vita di relazione, lo sport. Non è un caso che l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, stia domandando all’Unione Europea di promuovere proprio gli interventi e i servizi di abilitazione.
Come si vede, dunque, i temi su cui migliorare il Decreto Legislativo 62/24 nel campo delle valutazioni sono tanti e il tempo della sperimentazione dovrebbe essere sufficiente, fino al giugno del 2026, per introdurre gli appropriati correttivi.
*Membro del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peopoles’ International) e condirettore del CeRC (Centre for Governmentality and Disability Studies Robert Castel) dell’Università suor Orsola Benincasa di Napoli. Ha fatto parte della delegazione italiana coinvolta alle Nazioni Unite nell’elaborazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
L'articolo Il tema delle valutazioni nella “riforma della disabilità” e il mancato riferimento ai diritti umani proviene da Superando.
Amministrazione di sostegno: tutelare non deve significare opprimere
Organizzato dall’Osservatorio Inclusione e Accessibilità del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), di cui è coordinatore Vincenzo Falabella e dalla Fondazione Terzjus, è in programma per il pomeriggio del 25 giugno a Roma, presso la stessa sede del CNEL (Villa Lubin, Sala Marco Biagi, ore 15-18), ma fruibile anche online, sul canale YouTube di Terzjus, un incontro riguardante un tema al quale Superando sta recentemente dedicando molto spazio (se ne legga ad esempio a questo e a questo link). Amministrazione di Sostegno e Terzo Settore. Sinergie per un Sistema Integrato di Protezione Giuridica e Sociale, questo il titolo dell’incontro, che segnatamente prenderà spunto dal rapporto Terzo Settore e Amministrazione di Sostegno. Questioni, scenari e prospettive, un “Quaderno di Terzjus” prodotto su incarico della Fondazione Ravasi Garzanti e curato da Antonio Fici, noto giurista esperto in Diritto del Terzo Settore e tematiche sociali e da Mario Renna, studioso con una consolidata esperienza nel campo delle politiche di welfare e inclusione (il rapporto integrale sarà disponibile online sul sito di Terzjus a partire proprio dal 25 giugno).
«Al centro vi è il ruolo chiave del Terzo Settore – spiega Falabella –, con il rapporto curato da Antonio Fici e Mario Renna che intende proporre un cambio di paradigma sul tema dell’amministrazione di sostegno, a partire da alcuni punti fermi, ovvero più ascolto e meno sostituzione, con garanzie procedurali per rispettare l’autodeterminazione delle persone; gli Enti di Terzo Settore come alleati che grazie alle loro competenze multidisciplinari e a uno status di neutralità, possono affiancare le famiglie, garantendo continuità e inclusione; e da ultima, ma non certo ultima, una riforma urgente, basata sulla formazione per gli operatori, verifiche periodiche e reti territoriali solide».
«Questo evento – conclude Falabella – dovrà dunque essere il primo passo per ripensare l’amministrazione di sostegno come leva di inclusione e non più di controllo, una vera e propria sfida di civiltà giuridica, quella cioè di proteggere i cosiddetti “fragili” rispettandone la voce. Perché tutelare non deve più significare opprimere».
Dopo i saluti istituzionali di Renato Brunetta, presidente del CNEL, Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità e Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la moderazione di Sara Vinciguerra, responsabile per la comunicazione della Fondazione Terzjus, introdurranno l’incontro Gabriele Sepio, segretario generale della Fondazione Terzjus e Mario Cera, Presidente della Fondazione Ravasi Garzanti.
A presentare quindi il “Quaderno di Terzjus” Terzo Settore e Amministrazione di Sostegno. Questioni, scenari e prospettive saranno gli stessi già citati curatori dello stesso Antonio Fici e Mario Renna.
Interverranno poi Roberto Speziale, vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) e presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo) e Felice Scalvini, direttore della Fondazione Ravasi Garzanti.
Le conclusioni saranno affidate a Luigi Bobba, presidente della Fondazione Terzius e a Vincenzo Falabella. (S.B.)
L'articolo Amministrazione di sostegno: tutelare non deve significare opprimere proviene da Superando.
“Abbazie in Festival”: l’arte che è di tutti e per tutti
Otto serate gratuite, otto luoghi simbolici e completamente accessibili della Marca Trevigiana e un’unica, potente dichiarazione d’intenti: l’arte è di tutti e per tutti. È questo lo spirito che anima l’edizione 2025 di Abbazie in Festival, rassegna diretta da Matteo Gobbo Trioli e organizzata dalla Fondazione Efesto, che quest’anno raddoppierà gli appuntamenti e soprattutto rinnoverà con forza la propria vocazione inclusiva, con la partecipazione di artisti e artiste con e senza disabilità che si esibiranno insieme.
Presentata alla stampa il 13 giugno scorso presso la Provincia di Treviso, con la partecipazione dei rappresentanti delle Amministrazioni coinvolte e di alcuni artisti, la rassegna vuole essere occasione per costruire nuovi spazi di espressione e ascolto, dove le differenze non siano solo accolte, ma valorizzate. «Abbazie, chiostri, corti – afferma Gobbo Trioli – non sono semplici scenografie: sono custodi di silenzio e memoria, pronti a risvegliarsi grazie alla danza, al teatro e alla musica, trasformandosi in spazi di incontro, di riflessione e di bellezza».
Il festival si aprirà il 26 giugno all’Abbazia di Santa Maria del Pero a Monastier di Treviso, con un grande omaggio a Luciano Pavarotti: un centinaio di giovani danzatori del Triveneto ne interpreteranno con passione le arie più celebri, trasformando la musica in movimento ed emozione.
Si proseguirà il 3 luglio all’Abbazia di Santa Bona a Vidor, con la messinscena di Gianni Schicchi di Puccini, opera che unisce ironia, ingegno e partecipazione, con un cast che intreccia esperienza e nuove generazioni.
Il 10 luglio, quindi, al Parco della Cultura di Mogliano Veneto, prenderà vita Tutto in un arco, uno degli appuntamenti più significativi, evento musicale che celebra talento e inclusione, dove l’orchestra, diretta da Elisabetta Maschio, si fa spazio di dialogo, ascolto e meraviglia.
Protagonisti saranno due violoncelli, il BrailleCello (per alcuni accorgimenti sulla tastiera ispirati dalla scrittura dei ciechi), di Giulia Mazza, musicista sorda dalla nascita e quello del giovane talento Riccardo Baldizzi che, con percorsi diversi eppure profondamente intrecciati, raccontano con il loro strumento la capacità della musica di essere un linguaggio in grado di superare ogni limite.
Il 17 luglio, poi, la Chiesa dei Templari di Ormelle ospiterà il concerto-reading Via Lucis, viaggio sonoro dal Medioevo al Novecento, tra spiritualità, leggenda e musica, mentre la settimana successiva, il 24 luglio, all’Abbazia di Sant’Eustachio di Nervesa della Battaglia, risuonerà Oro Puro, un concerto potente e immersivo con venticinque sassofoni e percussioni in dialogo tra loro, a cielo aperto.
E ancora, il 7 agosto, l’ex Convento di San Francesco a Conegliano ospiterà Quando i tacchi cantano, serata dedicata al flamenco, dove musica, canto e danza si fondono in un linguaggio universale capace di attraversare confini geografici e culturali, mentre il 21 agosto, al Parco Villa Cavarzerani di Gaiarine, prenderà vita Brillìi di luna, spettacolo poetico e musicale che omaggia la luna, da sempre musa silenziosa e ispiratrice, attraverso versi, improvvisazioni e pittura dal vivo.
E infine, l’ultimo appuntamento. Stavolta il palco sarà di chi scrive [Filippo Visentin]. Il 28 agosto, infatti, alla Chiesa del Redentore di Nerbon (San Biagio di Callalta), sarò protagonista di Nel chiaroscuro delle note, un recital pianistico che intreccia musica e danza. Eseguirò per l’occasione brani di Skrjabin, Rachmaninov, Debussy, Chopin e Brahms, accompagnato dai danzatori di Terraglio Danza, con le coreografie di Carlo Zaja.
Per me, cieco dalla nascita, la musica non è solo arte, ma visione interiore. In questa sorta di passeggiata emotiva, il gesto dei danzatori darà forma alle note, trasformandole in un dialogo tra suono e movimento. Sarà anche un’occasione per ricordare il valore del Braille, strumento essenziale per l’accesso alla letteratura musicale e più in generale alla conoscenza.
Abbazie in Festival dimostra che la cultura può e deve essere un ponte, capace di collegare mondi apparentemente lontani, di far dialogare storie, corpi e voci differenti. In un momento storico in cui l’inclusione rischia di restare una parola vuota, questa rassegna rappresenta un esempio concreto di come si possa costruire una società più giusta, cominciando proprio dalla bellezza. Perché l’arte, quando è autentica, non esclude mai. Al contrario, accoglie.
L'articolo “Abbazie in Festival”: l’arte che è di tutti e per tutti proviene da Superando.
I risultati del nostro sondaggio, con i Lettori e le Lettrici al centro
La Persona al centro quando parliamo di disabilità, i Lettori e le Lettrici al centro quando ragioniamo intorno a Superando in un’ottica di miglioramento della testata, per renderla sempre più aderente alle richieste e alle esigenze di coloro che la consultano.
Dopo il restyling grafico del dicembre scorso, in occasione del ventennale dalla nascita di Superando, che ha reso il nostro sito più moderno, semplice da consultare e in linea con le pagine web dei giornali online, la redazione, di concerto con l’editore FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), nello scorso mese di maggio ha lanciato un sondaggio aperto a tutti i contatti della mailing-list del giornale, per chiedere a chi ci segue un’opinione sui contenuti che proponiamo.
Tre i quesiti con diverse opzioni di risposta e una premessa che rimarca il legame tra noi della redazione, i Lettori e le Lettrici: “La tua opinione conta”.
Quando, a sondaggio chiuso, ci siamo ritrovati intorno a un tavolo per tirare le somme, un numero ci ha stupiti e, lasciatemelo dire, inorgogliti non poco: 639. Tanti e tante sono stati coloro che hanno espresso la loro opinione, compilando il modulo e inviandocelo. Tra noi avevamo ipotizzato diversi numeri, anche perché è stata la prima volta che la testata si è avvalsa di uno strumento come questo per “sondare il terreno” e c’erano molte aspettative, alcune ottimiste, altre un po’ meno, ma nessuna, neppure la più entusiasta, aveva immaginato un numero così alto di adesioni.
Il nostro primo motivo di soddisfazione, dunque, nasce dal fatto che quel 639 dimostra l’attaccamento ad un giornale che negli anni si è costruito una reputazione fatta di serietà, chiarezza, attenzione al linguaggio e alle novità che dall’Italia e dal mondo arrivano nel campo della disabilità. Tutto questo fa di Superando una delle voci più importanti nell’àmbito della comunicazione sociale e ci impegnamo affinché questa voce raggiunga sia le persone con disabilità e le loro famiglie che le istituzioni, le associazioni, ma anche cittadini e cittadine che semplicemente vogliono conoscerci perché credono nel valore dell’inclusione.
Tornando al sondaggio, il 72% di quanti hanno risposto dichiara di apprezzare l’invio quotidiano delle notizie pubblicate, scegliendo dalla lettura delle prime righe quali articoli approfondire.
Questa domanda è stata la ragione principale per cui abbiamo promosso questa “votazione”: la mail che ogni mattina trovate nella vostra casella di posta elettronica, infatti, non è una vera e propria “newsletter”, così come la si intende, ovvero una selezione di notizie inviate a cadenza settimanale o quindicinale. Volevamo capire se la consueta modalità che da sempre contraddistingue Superando fosse ancora consona alle necessità di chi ci segue oppure fosse necessario un deciso cambio di rotta.
Direi che da questo punto di vista non ci sono dubbi, il 72% si può definire quasi un plebiscito, e d’altra parte soltanto con un invio quotidiano è possibile avere una panoramica dei numerosi testi che pubblichiamo, una quarantina alla settimana, tra notizie, contributi di opinione e approfondimenti, tra cui molte segnalazioni di eventi in giro per l’Italia che “si perderebbero” con una diversa cadenza temporale della newsletter.
Tra coloro, poi, che preferirebbero invece un invio meno frequente, il 92% predilige una e-mail settimanale con le notizie principali pubblicate nei sette giorni precedenti. Questo dato può tornarci utile nel caso la redazione riuscisse a trovare sufficienti forze in campo per realizzare due distinte newsletter, una giornaliera e una settimanale, tra le quali Lettori e Lettrici potrebbero scegliere quella più adatta a loro.
Infine, abbiamo chiesto quali argomenti vengano consultati più volentieri. Diritti e pari opportunità sono al primo posto con il 28% di preferenze, distanziati di 11 punti rispetto ad autonomia e mobilità. Seguono, nell’ordine, salute e ricerca, lavoro, istruzione, scuola e formazione, società, sport e turismo, esteri. Questo ci dice che Superando è anche uno strumento concreto che le persone utilizzano per sapere quali siano i loro diritti e come farli valere, perché c’è ancora un estremo bisogno di informazione in questo campo, per districarsi nella selva di leggi che riguardano la disabilità e che sul territorio non sempre vengono applicate in maniera omogenea.
L’ultimo posto dell’argomento “esteri” un po’ ci amareggia, ma al contempo ci sprona a batterlo con maggiore costanza, convinti che ciò che accade al di fuori dei nostri confini nazionali non sia lontano nel mondo interconnesso di cui facciamo parte e possa avere ripercussioni anche a casa nostra, una sorta di specchio del nostro futuro, uno specchio che non sempre ci restituisce un’immagine serena.
Cosa faremo ora con i dati raccolti? Pensiamo di migliorare l’aspetto della newsletter, magari inserendo delle immagini per renderla più accattivante, e siamo anche in questo caso aperti ai suggerimenti di tutti e tutte.
Ringrazio di cuore il segretario di redazione Stefano Borgato e la collaboratrice di redazione Carmela Cioffi, per avere saputo porre le giuste domande, oltre a Sergio Falabella che ha seguito con perizia tutta la parte tecnica del sondaggio. E a nome di tutta la redazione ringrazio voi, Lettori e Lettrici, per avere aderito con tanto interesse a questa iniziativa e vi rinnovo l’appuntamento su queste pagine ogni giorno con le nostre notizie.
*Direttrice responsabile di Superando.
L'articolo I risultati del nostro sondaggio, con i Lettori e le Lettrici al centro proviene da Superando.
Concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno DM 205/2023 – DDG n. 2575/2023 – DECRETO DI APPROVAZIONE E PUBBLICAZIONE DELLA GRADUATORIA AC24 ...
You must be logged into the site to view this content.
Una ricognizione sulle riforme in tema di disabilità
È decisamente degno di attenzione il contributo intitolato L’incerto avvio delle riforme in tema di disabilità previste dalla legge n. 227 del 2021, pubblicato dalla rivista «Federalismi.it» (e liberamente scaricabile a questo link), a firma di Giuseppe Arconzo, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Milano, ma ben noto anche a chi legge Superando quale organizzatore del corso di perfezionamento su Diritti e inclusione delle persone con disabilità in una prospettiva multidisciplinare, iniziativa tradizionalmente seguita anche sulle nostre pagine.
Vi si legge tra l’altro nelle conclusioni: «A distanza di oltre tre anni dall’approvazione della legge n. 227 del 2021, è possibile ribadire ancora una volta […] quanto sia spesso complessa l’attuazione tempestiva e puntuale delle fonti primarie nel nostro ordinamento, anche nel campo della disabilità. Di conseguenza, è ancora molto difficile poter stilare un bilancio sugli effetti che le misure ivi previste potranno avere sui diritti delle persone con disabilità. Dapprima i laboriosi tempi di elaborazione dei tre decreti legislativi; poi le continue e molteplici correzioni al d.lgs. n. 62 del 2024; ancora, i significativi ritardi nella redazione dei provvedimenti attuativi dello stesso d.lgs. n. 62 del 2024, che stanno determinando lo svolgimento di una sperimentazione del tutto parziale e solo su alcuni aspetti della riforma; infine, il rinvio dell’entrata in vigore della riforma stessa su tutto il territorio nazionale al 1° gennaio 2027. Tutto ciò – anche in attesa di eventuali ulteriori correzioni ai decreti legislativi, che secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 4, della legge delega n. 227 del 2021, potranno essere adottati entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo […] – non può che portare a sospendere il giudizio sugli effettivi miglioramenti che questa riforma, da tempo attesa, potrà avere sui diritti delle persone con disabilità. L’auspicio, evidentemente, è che tutto questo tempo non stia trascorrendo invano [grassetti nostri nella citazione]». (S.B.)
L'articolo Una ricognizione sulle riforme in tema di disabilità proviene da Superando.
“Speranza in scena” con 50 persone provenienti dai Centri di Salute Mentale di Roma
Speranza in scena: questo il titolo dello spettacolo che andrà in scena il 19 giugno al Teatro De’ Servi di Roma (Via del Mortaro, 22, ore 18) e che vedrà come protagonisti oltre 50 partecipanti ai Laboratori di teatro, musica e narrazione creativa, organizzati dalla Fondazione Internazionale Don Luigi Di Liegro. Condotto infatti dall’attrice e testimonial della Fondazione Daniela Virgilio, Speranza in scena sarà l’evento conclusivo dei tre Laboratori stessi, cui hanno partecipato quest’anno 150 persone provenienti dai Centri di Salute Mentale, da ogni quartiere della Capitale, tutti tra i 18 e i 60 anni, con un’età media di 40 anni.
«Sono giovani e adulti – spiegano dalla Fondazione Di Liegro -, impegnati in questi importanti Laboratori di teatroterapia e musicoterapia e di narrazione creativa, utilissimi per la cura delle patologie di tipo mentale. Per altro, la nostra Fondazione si occupa parallelamente anche della formazione degli operatori specializzati».
«Il tema e il titolo dello spettacolo del 18 giugno – aggiungono – richiameranno il tema del Giubileo 2025, che lo scomparso Papa Francesco ha desiderato indire, com’è noto, con il motto Pellegrini di speranza».
Organizzato dunque dalla Fondazione Di Liegro, lo spettacolo rientra nel quadro del progetto Vol.A in Rete (Volontari per il Giubileo), attuato dal CSV Lazio (Centro di Servizio per il Volontariato) e dal Forum Terzo Settore del Lazio, promosso dal Dipartimento Protezione Civile di Roma Capitale e dal Dipartimento Politiche Sociali e Salute, presso l’Assessorato alle Politiche Sociali e Salute di Roma Capitale.
Ingresso libero allo spettacolo del 18 giugno, ma con donazione minima di 10 euro per sostenere i Laboratori di arteterapia della Fondazione Di Liegro. Per ulteriori informazioni: segreteria@fondazionediliegro.it.L'articolo “Speranza in scena” con 50 persone provenienti dai Centri di Salute Mentale di Roma proviene da Superando.
Giornata Mondiale sulla SLA: il riflesso di una comunità che non arretra
Il 21 giugno sarà la Giornata Mondiale sulla SLA (SLA Global Day), evento che darà visibilità alle persone con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), ai loro caregiver, agli operatori sanitari e a chi lavora quotidianamente per difendere i diritti, promuovere la ricerca e costruire una società capace di prendersi cura in modo equo e competente dei bisogni complessi della “comunità SLA”.
«Anche quest’anno – ricordano dall’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) – siamo in prima linea per la mobilitazione nazionale, con una settimana ricca di eventi diffusi su tutto il territorio: appuntamenti culturali, sportivi e artistici, partite benefiche, performance musicali, veleggiate, incontri istituzionali, visite mozzafiato sull’Etna, incontri pubblici e persino un Open Day di yoga dedicato a operatori e familiari, per ritrovare equilibrio e respiro. Un’occasione corale per coinvolgere il Paese intero, unendo comunità di ogni Regione per far conoscere la malattia, sostenere chi vive la SLA ogni giorno e riaffermare insieme il valore della cura condivisa».
Simbolo del Global Day è il fiordaliso, fiore raro e resistente, mentre l’hashtag ufficiale #ALSMNDWithoutBorders intende richiamare l’impegno globale a superare ogni barriera e diffondere conoscenza e consapevolezza.
La settimana culminerà segnatamente il 21 giugno, data scelta non a caso dall’International Alliance of ALS/MND Associations, di cui l’AISLA è membro attivo dal 1986, perché coincide con il solstizio d’estate, simbolo universale di luce e rinascita. In quella giornata, dunque, andrà in onda su Rai Premium (ore 14.30), il docufilm Con un battito di ciglia, patrocinato dall’AISLA e impreziosito dalla partecipazione di Drusilla Foer. Vi sarà poi la veleggiata solidale di Marina di Salivoli, nei pressi di Piombino (Livorno), che vedrà decine di persone con la SLA, familiari e volontari salpare insieme, portando in mare un messaggio potente di libertà e resilienza.
A sottolineare quindi l’impegno costante verso la ricerca e l’informazione, l’AISLA ha annunciato in questi giorni il lancio della nuova redazione scientifica, curata da due autorevoli figure nel panorama neurologico italiano, quali Nicola Ticozzi, direttore dell’Unità di Neurologia all’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e Coordinatore del Gruppo di Studio Malattia del Motoneurone della SIN (Società Italiana di Neurologia) e Massimiliano Filosto, direttore clinico-scientifico del Centro NeMO di Brescia (NeuroMuscular Omnicentre) e coordinatore del Gruppo di Coordinamento Malattie Rare della SIN.
«Un’informazione scientifica rigorosa non è un di più – dichiara Ticozzi -, ma uno strumento essenziale per orientare scelte terapeutiche, supportare le famiglie e valorizzare l’innovazione clinica. Con la redazione scientifica dell’AISLA vogliamo mettere il sapere al servizio delle persone». «Solo integrando ricerca, pratica clinica e comunicazione – aggiunge Filosto – possiamo ridurre il divario tra ricerca e paziente. La nuova redazione scientifica è il ponte che mancava per far giungere ogni scoperta direttamente nella vita quotidiana di chi convive con la SLA».
«L’imminente Giornata Mondiale – commenta in conclusione Fulvia Massimelli, presidente nazionale dell’AISLA – è il riflesso di una comunità che non arretra. Ogni iniziativa, ogni testimonianza, ogni passo condiviso rappresentano la nostra volontà di esserci, sempre, con competenza e determinazione. La SLA ci ha insegnato che solo insieme possiamo trasformare la fatica in forza e il limite in opportunità». (S.B.)
Il calendario completo delle iniziative promosse in occasione della Giornata Mondiale sulla SLA, in costante aggiornamento, è disponibile a questo link. Per ogni ulteriore informazione: ufficiostampa@aisla.it (Elisa Longo).L'articolo Giornata Mondiale sulla SLA: il riflesso di una comunità che non arretra proviene da Superando.
Ricorso al TAR Lazio proposto da Cozzolino Annalisa c/ MIM RG 1882 del 2025- ordinanza T.A.R. Lazio, Sez. Terza bis n. 11360/2025
You must be logged into the site to view this content.
Cari Ministri, Care Regioni: e quindi, se mi si rompe la batteria, devo restare chiuso in casa?
«Si colpisce proprio chi ha meno voce per farsi sentire: le persone con disabilità grave, che da gennaio si trovano improvvisamente sole a fronteggiare costi insostenibili per continuare a muoversi, lavorare, vivere. Le carrozzine elettriche non sono optional, sono strumenti di cittadinanza. Il Ministero della Salute ha il dovere di correggere immediatamente questa ingiustizia, prima che si trasformi in una condanna alla reclusione per migliaia di cittadini»: lo ha dichiarato al «Fatto Quotidiano» Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), a proposito di una situazione cui avevamo dato visibilità la scorsa settimana, rispetto alla quale avevamo assicurato a Lettori e Lettrici che ne avremmo seguito gli sviluppi.
A occuparsene per primo era stato Renato La Cara in un articolo pubblicato sempre dal «Fatto Quotidiano», che aveva ripreso le segnalazioni di varie persone con disabilità, secondo le quali nel Veneto spettano all’utente, dal 1° gennaio scorso, le varie e ingenti spese legate alla manutenzione e alle riparazioni delle carrozzine a motore elettrico (batterie, motori, joystick, ruote).
Dopo la pubblicazione di quell’articolo, la Regione Veneto e l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin avevano diffuso una nota, dichiarando che «l’entrata in vigore del Nomenclatore Allegato 5 al DPCM 12/2017, avvenuta il 30 dicembre 2024 con l’approvazione delle Tariffe dell’Elenco 1, ha determinato la revoca dell’efficacia del DM n. 332/1999 su tutto il territorio nazionale. Il nuovo Nomenclatore (Allegato 5 – DPCM 12/2017) non prevede più i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice ISO 12.23 (carrozzine a motore elettrico). La Regione del Veneto ha recepito la normativa nazionale attraverso la DGR n. 1587 del 30 dicembre 2024. Nell’ottica di una presa in carico completa dei pazienti con disabilità, la Regione del Veneto si sta attivando per affrontare questa problematica e definire un percorso regionale che includa anche queste prestazioni essenziali».
A quel punto ci eravamo chiesti come stessero le cose nelle altre Regioni del nostro Paese.
Ebbene, proseguendo la propria inchiesta, La Cara, in un ulteriore articolo del 12 giugno, ove ha ripreso anche le citate dichiarazioni del Presidente della FISH, parla di situazioni analoghe da Nord a Sud dell’Italia, oltre a riportare i contenuti di una nota del Ministero della Salute, secondo il quale l’interpretazione della norma data dalle Regioni «è erronea, perché l’innovazione introdotta è relativa alla modalità di erogazione degli ausili, che richiede alle Regioni stesse di espletare gare a evidenza pubblica. Sono dunque le Regioni tenute a garantire la completa assistenza all’utente».
Dichiarazioni del tutto divergenti, dunque, ma la sostanza resta che dall’inizio di quest’anno tantissime persone con disabilità che usano la carrozzina a motore elettrico si vedono costrette ad affrontare spese che vanno dagli 80 euro per una ruota ai 680 euro (e oltre) per le batterie.
Non usa mezzi termini Lisa Noja, già deputata e consigliera regionale della Lombardia, secondo la quale «cancellare la voce, precedentemente prevista, per le riparazioni e non solo, e farne ricadere gli ingenti costi sui cittadini significa ignorare che chi usa una carrozzina elettrica non può farne a meno. Privare una persona con disabilità del suo utilizzo è come tagliarle le gambe!». «Il Ministero della Salute – ha aggiunto in seguito – sostiene che la problematica si risolverebbe con le procedure di gara, ma per forniture ad alta adattabilità e assistenza, come le carrozzine elettriche, le Regioni sono in grande difficoltà perché il rischio della gara è di compromettere la possibilità delle persone con disabilità di avere ausili personalizzati rispetto ai bisogni individuali. Per questo ho depositato un’Interrogazione in Regione Lombardia, per chiedere conto di come quest’ultima intenda comportarsi».
Ma l’Interrogazione alla regione Lombardia non è stata la sola, se è vero che ne è arrivata una anche a livello parlamentare (primo firmatario il deputato Andrea Quartini, il testo integrale è disponibile a questo link), rivolta al Ministro della Salute e al Ministro dell’Economia e delle Finanze, con Ministro delegato a rispondere Orazio Schillaci, per fare chiarezza, anche alla luce di quello che sembra realmente configurarsi come un vero e proprio rimpallo di responsabilità tra Governo e Regioni. Vi si scrive tra l’altro di come sia «inaccettabile fare cassa sui più fragili, sottraendo risorse per batterie e motori delle carrozzine elettriche, joystick e ruote, limitando gravemente la possibilità di muoversi di migliaia di persone non autosufficienti». Al Ministro della Salute, dunque, si chiede «se sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa» e al Ministro stesso. Insieme a quello dell’Economia e delle Finanze. «se intendano adottare con la necessaria urgenza iniziative per garantire che i codici relativi alle riparazioni e sostituzioni per gli ausili rientranti nel codice ISO 12.23 (carrozzine a motore elettrico) siano a carico del Servizio sanitario nazionale e siano quindi garantiti gratuitamente alle persone che ne hanno bisogno [grassetti nostri nelle citazioni dall’Interrogazione, N.d.R.]».
In conclusione, oltre a ringraziare Renato La Cara e «Il Fatto Quotidiano» per avere dato visibilità a questa intollerabile situazione, continueremo naturalmente a seguirne con attenzione gli sviluppi. (S.B.)
L'articolo Cari Ministri, Care Regioni: e quindi, se mi si rompe la batteria, devo restare chiuso in casa? proviene da Superando.
“Pronti per l’Indipendenza”: gli incontri di Lamezia Terme e Potenza
Con il progetto Pronti per l’Indipendenza, di cui ci siamo già a suo tempo ampiamente occupati, la FISH (Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) continua a promuovere un percorso per promuovere e rafforzare il diritto alla vita indipendente delle persone con disabilità, sostenendone l’autodeterminazione, l’inclusione e la piena partecipazione alla vita della comunità. Si tratta di un’iniziativa, lo ricordiamo, che coinvolge associazioni, territori e istituzioni in un lavoro condiviso che parte dai bisogni reali delle persone.
Due nuovi appuntamenti, nel quadro del progetto, sono ora in arrivo, il 20 giugno a Lamezia Terme (Catanzaro), a cura della FISH Calabria, e il 21 giugno a Potenza, a cura della FISH Basilicata, per ascoltare esperienze, condividere buone pratiche e rilanciare l’impegno sui territori. (S.B.)
L'articolo “Pronti per l’Indipendenza”: gli incontri di Lamezia Terme e Potenza proviene da Superando.
Invisibili 2 volte? Immigrazione e disabilità in un mondo che cambia
Si svolgerà a Torino, il 20 giugno, il seminario Invisibili 2 volte? Immigrazione e disabilità in un mondo che cambia, promosso dall’Associazione Psicologi nel Mondo, nell’àmbito del Progetto Prisma e con il contributo del Comune di Torino. L’iniziativa è proposta come un momento di riflessione e confronto sul tema della discriminazione intersezionale vissuta dalle persone migranti con disabilità.
«Un evento che vuole dare voce a chi spesso resta ai margini, attraverso testimonianze dirette e l’intervento di esperti ed esperte impegnati e impegnate sul campo per discutere insieme di diritti, ascolto e inclusione. L’obiettivo è promuovere un approccio integrato e rispettoso delle tante sfaccettature della complessità», è scritto nella nota di presentazione.
L’incontro si svolgerà nella sede operativa dell’Associazione Psicologi nel Mondo (Corso Unione Sovietica, 228/d, Torino, ore 15,30) e si aprirà con i saluti di Ester Chicco, presidente dell’Associazione organizzatrice e di Giada Morandi, coordinatrice del Progetto Prisma (frutto della collaborazione tra il Servizio Passepartout del Comune di Torino e l’Associazione Verba).
Quindi sono previsti i seguenti interventi: L’uomo e le culture della disabilità. Focus sulle disabilità visive, con Simona Guida, psicologa e psicoterapeuta dell’Associazione Psicologi nel Mondo; Riflessioni sulla disabilità in ottica transculturale, con Anna Maria Bastianini, anch’essa psicologa e psicoterapeuta dell’Associazione Psicologi nel Mondo; Proteggere e disabilitare. Riflessioni a partire da un contesto del Sud del mondo, con Nicoletta Sciarrino, sociologa e ricercatrice dell’Università di Torino; Voci delle esperienze con il Progetto Prisma, con Almedina Sutkovic, testimone diretta, e Azedine Annasr, testimone diretto.
A conclusione del seminario, è previsto un apericena magrebino. (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
L'articolo Invisibili 2 volte? Immigrazione e disabilità in un mondo che cambia proviene da Superando.
Pagine
