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Laura Capaccioli: se sorridi, è tutto più bello!

Superando - 9 Gennaio 2025 - 5:16pm

«Già da qualche tempo – scrive Anna Maria Gioria – desidero comparare il differente approccio della vita tra le persone con disabilità fin dalla nascita, come la sottoscritta, e quelle che hanno acquisito la disabilità nel corso della propria esistenza, in seguito a un incidente o a una malattia. In prospettiva di questa importante, e allo stesso tempo poco trattata, comparazione, ho voluto iniziare intervistando Laura Capaccioli, donna con disabilità acquisita in seguito a un incidente stradale che ha avuto a 31 anni» Laura Capaccioli

La segnalazione della storia di Laura Capaccioli, da parte del caro amico Luigi Caricato, giornalista e editore di «Olio Officina Magazine», è stata inconsapevolmente un bellissimo regalo; e in particolare l’ennesimo esempio che nulla accade per caso.
Laura è una donna con disabilità acquisita in seguito a un incidente stradale che ha avuto a 31 anni; di recente ha pubblicato la sua autobiografia Gli occhi addosso.
Già da qualche tempo desidero comparare il differente approccio della vita tra le persone con disabilità fin dalla nascita, come la sottoscritta, e quelle che hanno acquisito la disabilità nel corso della propria esistenza, in seguito a un incidente o a una malattia; perché sono fermamente convinta che per le prime sia più facile accettare la propria condizione, in quanto non sottoposte al costante e gravoso confronto tra il “prima” e il “dopo”.
Per questo l’anno scorso ho voluto iniziare a “misurarmi” con i due differenti punti di vista, realizzando con un’équipe multidisciplinare il cortometraggio Oltre il Buio [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.], finalizzato a contribuire al cambio di paradigma della disabilità riportando la persona al centro. La pellicola parla delle vicissitudini di una ragazza rimasta in sedia a rotelle in seguito a un incidente automobilistico.
Le principali problematiche sottese alla narrazione di quel corto, come l’autoaccettazione e il superamento delle barriere psicologiche, verranno riprese quest’anno dal medesimo team di lavoro, con lo scopo di approfondirle; uno dei cavalli di battaglia sarà proprio il confronto di visione tra chi è nato con una disabilità e chi l’ha acquisita diventato nel corso della vita.
In prospettiva di questa importante, e allo stesso tempo poco trattata, comparazione, ho voluto iniziare intervistando proprio Laura Capaccioli.

Laura, all’età di 31 anni la tua vita è stata stravolta da un incidente stradale, puoi raccontarci come vivi, quotidianamente, il confronto tra il prima e il dopo?
«Sì, a 31 anni ho avuto un incidente automobilistico che ha fermato la mia vita. Punto. Il confronto fra il prima e il dopo c’è necessariamente: sono passata da un’esistenza briosa, brillante, piena di progetti, sogni, idee, aspettative, a sperare di riuscire a ritornare a vivere. I primi mesi li ho passati distesa su un letto, incapace di fare nulla da sola, né mangiare né camminare e nemmeno chiedere aiuto. Mi ci è voluto parecchio tempo per capire cos’era successo, per accettare e metabolizzare tutte le parti del fisico che erano fuori uso.
Quel mercoledì mattina stavo andando al lavoro, guidando a 50 chilometri all’ora, con la cintura di sicurezza ed ero partita da poco da casa. Ad un certo punto la mia macchina è finita sotto un camion. La parte sinistra del corpo è rimasta incastrata sotto la pedana con cui il camionista sale in cabina. Per fortuna non ho nessun ricordo dell’incidente: la mia memoria si ferma alla domenica precedente, ma i danni fisici ci sono, e sono tanti. Ho pochissima sensibilità su tutta la parte sinistra del corpo, la caviglia è bloccata, per cui zoppico, il gomito si era rotto e me l’hanno riattaccato con 2 placche e 11 viti, quindi sì, riesco ad usare il braccio, ma non si piega completamente, perciò ho difficoltà a lavarmi, vestirmi, truccarmi, né si estende del tutto, quindi devo trovare il modo di alzare il piede per riuscire ad allacciarmi le scarpe. Impossibile, poi, raccogliere qualcosa da terra perché la caviglia bloccata non mi permette la genuflessione e il braccio non si estende e non arriva fino a terra. Sono costretta a portare la borsa sempre e solo a tracolla perché la mano sinistra è malmessa, non ce la fa a sostenere il peso di una borsa, e la mano destra dev’essere libera per avere un eventuale sostegno mentre cammino, perché non posso permettermi di inciampare o perdere l’equilibrio. Per lo stesso motivo, quando cammino devo guardare dove metto i piedi.
La cosa fisica che forse è stata la più difficile da accettare è stata la perdita di un occhio, del mio occhietto sinistro, quello che vedeva 11 decimi. Ho dovuto imparare a fare tutto con un occhio solo: ormai mi ci sono abituata, ma all’inizio mezzo mondo mi mancava. La principale difficoltà è stata proprio quella di capire che la mia visuale si ferma al naso: non c’è più l’altra parte. Così come è stato difficile rimparare a leggere, cioè andare a capo e riprendere il rigo giusto. Poi, piano piano, mi ci sono abituata e adesso riesco a leggere tutte le pagine che voglio, mentre all’inizio ero stanchissima dopo pochissimo e dovevo fermarmi. A volte mi capita ancora di versare l’acqua e non centrare il bicchiere: con un occhio solo si perde la profondità.
Un’altra cosa che mi fa venire tanta rabbia, quando penso al prima e al dopo, è questa: fino al 30 agosto 2006 i camion potevano transitare nella strada in cui ho fatto l’incidente, mentre dal giorno dopo i camion possono transitarci solo se segnalati, perché la strada è larga 4,20 metri e il camion sotto il quale la mia Peugeot 206 è finita era largo 2 metri e mezzo.
Ho tuttora l’agenda piena di visite, controlli, dottori, ospedali e la mia giornata è scandita dalle medicine che devo prendere. Ho imparato a rincorrere nuovi sogni, a mettermi dei nuovi obiettivi, ma dal 2006 convivo con un livello di difficoltà e di dolore che non riesco ad ignorare. Certo, non sono arrabbiata, anche perché non ho niente e nessuno contro cui arrabbiarmi, ma non ce la faccio a sposare la filosofia del “sono felice perché sarebbe potuta andare peggio…”».

Spesso affermi che «la vita ha cercato di fermarmi, ma non ce l’ha fatta»: che cosa intendi con questa dichiarazione?
«Beh, ho capito che l’autoironia mi aiuta, mi aiuta tanto. Quando vedo qualcosa di difficile da fare, da superare, mi dico: non mi ha fermato un camion, chi o cosa può fermarmi? E poi prendo tutti i modi di dire, i proverbi, che solitamente si usano ingenuamente e li ripeto facendoci una battuta. Ad esempio, quando sono in giro con la mia amica Meri, questo scambio di battute è ormai diventato un nostro rituale: “Meri: ‘Mi fai dare un occhio a quella vetrina?’”. “Io: ‘Daglielo te: io il mio me lo tengo!’”».

Questo è sicuramente un approccio positivo alla vita che presuppone l’accettazione della realtà, per me è il punto di partenza indispensabile per poter migliorare la propria condizione. Mi piacerebbe sapere se sei d’accordo e qual è la tua esperienza di accettazione, un percorso sicuramente non facile…
«Beh, non posso dirti che è stato facile accettare il tutto. Posso dirti che l’accettazione è un percorso iniziato 18 anni fa dal risveglio dal coma che non è ancora finito. Tuttora dico che sto imparando a conoscere e ad usare la nuova Laura. Usare non è, né vuole essere, un verbo negativo, né tantomeno dispregiativo. Usare lo intendo proprio nel suo significato base, perché devo imparare ad usare quello che il fisico di adesso mi permette di fare. Come dicevo prima, ho imparato che devo portare le borse a tracolla per avere tutte e due le mani libere, ho iniziato a portare la riga dei capelli dalla parte opposta a prima, perché il campo visivo dell’unico occhio che vede non deve essere limitato nemmeno da un filo di capelli, ho imparato a farmi piacere le scarpette da ginnastica, indipendentemente da come sono vestita, perché la mia caviglia bloccata non mi permette di camminare con scarpe diverse. Devo regolarmente fare fisioterapia, che non significa soltanto esercizi in palestra: significa imparare ad usare con sempre più scioltezza, semplicità e familiarità le parti del corpo che hanno menomazioni. Adesso, se non faccio notare le mie limitazioni al braccio sinistro, nessuno se ne accorge, perché ho imparato come tenerlo, e non ne sono né contenta né fiera, ma mi permette di muovermi con una certa “normalità” nel mondo, fra gli occhi del mondo».

Un mio rammarico è di non essere una persona dolce: non ho quella dolcezza tipicamente femminile, a causa del fatto che fin dalla nascita mi porto dietro la rabbia di fondo della mia condizione di disabilità come un fardello. Tu come la vivi? In questo particolare tratto caratteriale, c’è una differenza tra la “Laura del prima” e la “Laura del dopo”?
«No, non c’è una grossa differenza e, se c’è, è in negativo. Sono sempre stata una persona molto sicura di me, determinata, espansiva, solare, sorridente, ma poco tollerante. Una cosa o mi piace o non mi piace. Una persona è o sì o no. Le mezze misure non sono mai riuscita a farmele andare giù. Non lo facevo prima, ora poi per me non è possibile accettare compromessi, oltre a quelli imposti dalla vita, proprio perché sono la prova vivente che ogni minuto di vita vissuta non torna e va vissuto al meglio».

Di recente, è stata pubblicata la tua autobiografia Gli occhi addosso; perché e con quale finalità l’hai scritta?
«Erano ormai anni che mia mamma mi chiedeva di scrivere la mia storia. Secondo lei avrebbe potuto aiutare tanto chi si trovava in situazioni simili. Ecco, fare un percorso che immaginavo che mi avrebbe fatto tanto male per aiutare chi non conoscevo non mi aiutava a convincermi. Egoisticamente sapevo che avrei sofferto per aiutare un qualcuno che chissà se ci fosse stato… Io sono sempre stata, e sono tornata ad essere, una persona molto attiva, con mille cose in mezzo e, anche se con tutte le mie difficoltà, sono riuscita a ricrearmi una vita piena di mille iniziative. Io la sera a cena a casa? Anche mai. Una sera con un’amica, una sera con un’altra, una sera al corso di teatro, una sera un’altra cosa ancora. I miei genitori un po’ mi brontolano e io rispondo che devo recuperare il tempo chiusa negli ospedali. Poi però, ad inizio 2020, io, così come tutti voi, mi sono ritrovata chiusa in casa per il lockdown del Covid. Io ci sto bene con me stessa, ma non ci sono abituata a stare troppo sola perché adoro parlare, confrontarmi, relazionarmi. Oltre ad aver fatto tutte le cose più assurde che ci siamo ritrovati a fare tutti, la settimana prima dell’inizio del lockdown avevo comprato un megapuzzle che avrei poi regalato a mio cugino: un puzzle da 13.200 pezzi, che ho iniziato a fare subito. Ma fare un puzzle è un lavoro manuale, non di testa, e quindi il mio cervelletto si è trovato a fluttuare intorno all’idea di scrivere il libro. Il tutto veniva dalla voglia di conoscere una parte della mia vita che tutti conoscevano meno che me. Tante sono infatti le parti che ho scritto raccogliendo i ricordi di chi mi è stato vicino. Così ho raccolto le testimonianze e messo nero su bianco quei tre-quattro anni di vita che io non ricordo».

Il titolo Gli occhi addosso è molto esplicativo: tutti noi persone con disabilità ci sentiamo gli occhi degli altri puntati. Anch’io me li sono sentiti da sempre “addosso” e sono arrivata al punto di ignorarli, ma in un caso come il tuo, come li vivi? Immagino che prima li avevi in quanto bella ragazza e adesso come donna con disabilità, è così?
«Ecco, prima di rispondere alla domanda esterno una rabbia che ho, o meglio… una delle rabbie che ho. Tu hai parlato di persone con disabilità. Stamattina ho letto in Internet che ci deve essere inclusione delle persone come noi e che alcuni termini non vanno più usati. Ecco, siamo un popolo di persone ipocrite. Provo disagio nel sentirmi definire diversamente abile. Sono disabile. Usare un aggettivo positivo mi fa solo rabbia, mi fa sentire chiusa in un cofanetto da bacheca, da guardare. Sono disabile, ma sono una persona “normale”, se per “normale” intendiamo lo stereotipo di una persona che riesce a vivere ed a ragionare. Usare l’espressione diversamente abile è un voler forzare la realtà, perché prima dell’incidente nessuno mi chiamava parimenti abile, quindi perché voler usare un aggettivo positivo quando la situazione è difficile? Mi si deve accettare con tutti i miei problemi, con tutte le mie difficoltà, con tutte le mie limitazioni. Scusami, ma questa cosa la dico ogni volta che posso.
Da persona con difficoltà gli occhi addosso ne ho avuti tanti, tantissimi e ce ne ho tanti ancora. Questi occhi fanno male semplicemente perché sono gli occhi di persone ipocrite, di chi vorrebbe sapere ma non sa, di chi vorrebbe domandare ma non ha il coraggio o la confidenza per farlo, di chi è curioso di sapere cosa è successo ma non osa.
Fino al momento dell’incidente, dicevo “Sono Laura, ho 31 anni ed abito a Subbiano”. Adesso dico “Sono Laura, ho 49 anni, abito a Subbiano e per hobby faccio gli incidenti”. Così ci scappa una risata e cerco di far capire che non ho né remore né vergogna a parlarne: preferisco parlarne che vedere occhi incuriositi a guardarmi come uno spettacolo della natura venuto male.
E dunque sì, è come hai detto te: la gente che mi guarda è passata dal vedere una bella ragazza a vedere una donna con disabilità.
Un’altra cosa che mi permetto di puntualizzare è questa: dire che si è disabili è una cosa di cui non andiamo fieri e non ci guadagnamo niente. Gli occhi di chi ti guarda come quello “fortunato” che ha il diritto di passare avanti nelle file sono occhi di persone che capiscono proprio poco: vorrei tanto essere io al loro posto. Vorrei essere io a lasciar passare altri: significherebbe che i problemi non ce li avrei.
Un’altra questione scottante sono i parcheggi dove, normalmente, i posti disabili sono occupati da macchine senza tesserino. Purtroppo non succede una tantum, ma questa è la regola. Io divento un mastino inferocito e mi metto lì ed aspetto. Quando il proprietario della macchina arriva, ha sempre la pretesa di avere ragione, perché tanto aveva da fare una cosa veloce. Io, fino a 31 anni, non avevo mai parcheggiato in un posto disabile, ma non perché ero brava: semplicemente perché non era un posto per me. Se, invece che una classica multa, si portassero via la macchina e si dovesse pagare un bel po’ di soldi per riaverla, forse i casi diminuirebbero: lo so, sarebbe scendere ad un livello basso, ma, visto che altrimenti non si capisce, sarebbe semplicemente usare lo stesso livello di ragionamento di chi fa queste bassezze.
Oltre a tutto questo, ho poi dovuto accettare che la persona con cui convivevo da sette anni e mezzo se n’è andata e la colpa era la mia: ero io a non essere più uguale a prima. Lo so, è stato sicuramente meglio averlo perso che tenuto, e infatti ho parlato di persona e non di uomo, ma se metti tutto insieme è stato veramente troppo».

Molte persone con disabilità scrivono libri, poesie, racconti; tu lo facevi già prima dell’incidente. Come è, cambiata, se lo è, la tua scrittura?
«Questo è il quarto libro che ho scritto e sono libri completamente diversi l’uno dall’altro, sia nella forma che nel contenuto che nella motivazione. Il primo libro l’ho scritto e pubblicato nel lontano 2004, quando ancora esistevano solo i cellulari con i tasti e non avevamo nemmeno idea di cosa fosse una app. A seguito di tantissime ore di ripetizioni per preparare le persone prima di un viaggio, ho scritto Ingiroparlando, un frasario e dizionario in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo con tutte le frasi tipiche nelle varie fasi di un viaggio e le parole che solitamente servono. Io sono una traduttrice e il libro l’ho scritto in tutte e quattro le lingue che conosco e con cui lavoro.
Nel 2010 ho preso la mia seconda laurea. La prima in Lingue Commerciali, la seconda in Scienze dell’Amministrazione. La tesi sullo stesso argomento, analizzato da due materie diverse (Sociologia delle Comunicazioni di Massa e Storia delle Comunicazioni), tutte e due con lode. Quindi, mi sono detta, deve essere scritta bene e la pubblico. Il titolo della tesi è Corporeità, motricità, simbolico e linguaggio mimo-gestuale nelle comunicazioni cinesica e prossemica. Sembra una cosa difficile, ma è semplicemente lo studio di come le persone con cui ti relazioni si comportano, di come tengono le braccia, di come ti guardano, di quanto si avvicinano a te e di quanto tu permetti loro di avvicinarsi. Se già analizzi tutto questo, senza dire nemmeno una parola, hai già un quadro abbastanza chiaro della relazione che c’è.
Nel 2017 ho pubblicato un libro di racconti, Il viaggio della maturità ed altri racconti. È semplicemente un libro dove ci sono tre racconti che parlano della nostra società. Sono uno spaccato della nostra era: parlano di storie che ognuno di noi potrebbe ritrovarsi a vivere e intendono essere uno stimolo a riflettere per migliorare e per crescere. Il primo racconto (Il viaggio della maturità) parla dell’amore e dell’abbandono: come un sentimento bellissimo possa portare a tristi accettazioni. Il secondo si intitola Rincorrendo i sogni, perché anche se non siamo quasi mai contenti della vita, non dobbiamo mai smettere di sognare, avere desideri e prefiggersi aspettative. Il terzo, infine, si chiama Giochiamo insieme? È strano come possa aver inventato una storia così pochi anni prima della comparsa del Covid. Nel mio racconto non parlo di virus, ma giudico in modo negativo come la tecnologia ci porta a vivere in un mondo sempre più distaccato dalla realtà. Parlare accanto ad un amico o giocare a nascondino sarebbero diventati difficili, così come è stato difficile imparare a giocare da soli chiusi in casa… e meno male che c’era la wi-fi.
In un mio momento no, con le lacrime agli occhi per la stanchezza di dover comunque vivere una vita che non mi piace poi così tanto, dove il dolore e antipatici rituali quotidiani scandiscono il mio vivere, la mia mamma ha avuto una parolaccia come risposta, quando mi ha guardata, mi ha battuto la spalla con la mano e mi ha detto: “Su su, che devi scrivere un altro libro”.
Ovviamente io voglio e devo ringraziare la mia mamma, che per anni ha lasciato tutto e tutti per seguirmi nei vari ospedali per ricoveri che sono durati mesi, mesi e mesi, lasciando comunque a casa una situazione molto precaria, data la salute molto birichina anche del mio papà, che adesso mi segue dal cielo. Grazie alla mamma Anna, così come grazie a mia sorella, grazie alla quale ho momenti di sorriso durante ogni ricovero, grazie a mio fratello, a mio cognato, ai miei nipoti, che mi hanno sempre aiutato, seguito, supportato e sopportato. Grazie a tutte le mie amiche, ai miei amici, a tutte le persone che mi sono vicine e, ancor più, a chi c’è ancora dall’ormai lontano 30 agosto 2006.
Se volessi riassumere quello che tutta questa storia mi ha insegnato, lo farei con queste parole: se sorridi, è tutto più bello!».

*Il presente servizio è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it», con il titolo “A colloquio con Laura, che un camion non è riuscito a fermare”, e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Ordinanza ministeriale 3 del 9 gennaio 2025 - Valutazione periodica e finale apprendimenti nella primaria e valutazione comportamento nella secondaria primo grado

Ultime dal MIUR - 9 Gennaio 2025 - 5:04pm

Ordinanza ministeriale 3 del 9 gennaio 2025 - Valutazione periodica e finale apprendimenti nella primaria e valutazione comportamento nella secondaria primo grado

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POSTI DI SOSTEGNO IN DEROGA A.S. 2024/2025

Ultime da USR Calabria - 9 Gennaio 2025 - 4:19pm

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ADHD dall’età evolutiva all’età adulta: diagnosi, presa in carico e terapia

Superando - 9 Gennaio 2025 - 4:14pm

Fare il punto sui percorsi di valutazione/diagnosi e di presa in carico terapeutica per l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) a Modena e Provincia: è l’obiettivo dell’incontro ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Dall’età evolutiva all’età adulta: diagnosi, presa in carico e terapia, promosso per l’11 gennaio a Carpi (Modena) dall’Associazione AIFA, in collaborazione con il Comune di Carpi, l’AUSL di Modena e l’Università di Modena e Reggio Emilia

ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività. Dall’età evolutiva all’età adulta: diagnosi, presa in carico e terapia: è questo il titolo dell’incontro che si terrà nel pomeriggio di sabato 11 gennaio a Carpi, in provincia di Modena (Biblioteca Loria, Via Rodolfo Pio, 4, ore 15-18), organizzato dall’AIFA (Associazione Italiana Famiglie ADHD), in collaborazione con il Comune di Carpi, l’AUSL di Modena e l’Università di Modena e Reggio Emilia.
Obiettivo dell’iniziativa (ad ingresso gratuito, previa prenotazione tramite questo link), sarà quello «di fare il punto sui percorsi di valutazione/diagnosi e di presa in carico terapeutica per l’ADHD a Modena e Provincia – come spiegano i promotori -, rivolgendosi a familiari e adulti con ADHD, studenti, insegnanti di ogni ordine e grado, psicologi/psicoterapeuti, pediatri, psichiatri/neuropsichiatri, figure educative e del mondo dell’assistenza sociale e a chiunque altro sia interessato all’argomento».

Dopo i saluti istituzionali di Anna Maria Cava, referente per l’Emilia Romagna dell’AIFA, Tamara Calzolari, assessora al Comune di Carpi, Giacomo Cabri, delegato del rettore alla Didattica nell’Università di Modena e Reggio Emilia e Graziella Pirani, che dirige la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza nell’AUSL di Modena, interverranno Annalisa Barbieri, direttrice dell’Unità Operativa Semplice di Neuropsichiatria dell’Infanzia dell’Adolescenza a Vignola-Pavullo (Modena); Nellia Arciuolo e Azzurra Signore di Salutepsy, Centro di Psicologia e Psicoterapia Cognitivo Comportamentale; Patrizia Rebuzzi, docente e referente per l’inclusione nella Direzione Didattica di Mirandola (Modena); Antonio Persico, professore di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza all’Università di Modena e Reggio Emilia, direttore della Neuropsichiatria Infantile nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena; Luca Cimino, psichiatra e psicoterapeuta; Chiara Tonasso, psicologa del Gruppo Clinico e di Ricerca sull’ADHD; Giacomo Guaraldi, delegato del Rettore alla Disabilità e ai DSA nell’Università di Modena e Reggio Emilia; Rappresentanti di Associazioni.

L’ADHD, ossia Attention Deficit Hyperactivity Disorder, acronimo inglese del disturbo da deficit di attenzione e iperattività, è inserito tra i disturbi del neurosviluppo nel DSM5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione del 2013), ove se ne indica una prevalenza di circa il 5% nei bambini e di circa il 2,5% negli adulti.
Nello specifico del territorio di riferimento per l’incontro dell’11 gennaio, si stima, su elaborazioni dell’AIFA, che i casi attesi in Emilia Romagna siano di circa 95.400 persone ADHD (circa 24.000 minori tra i 6 ed i 17 anni e circa 71.400 adulti tra i 18 ed i 67 anni, maggiorenni in età lavorativa). Nell’AUSL di Modena, invece, i casi attesi sono circa 15.300 e nel Distretto di Carpi (Comuni di Campogalliano, Carpi, Novi di Modena e Soliera) circa 2.300. (S.B.)

Per ulteriori informazioni: ufficio.stampa@associazioneaifa.it (Francesca Mezzelani).

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Concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola secondaria di primo e di secondo grado su posto comune e di sostegno DM 205/2023 – DDG n. 2575/2023 – CONVOCAZIONE PROVA ORALE classe di concorso AC24 – LINGUA E...

Ultime da USR Calabria - 9 Gennaio 2025 - 4:03pm

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Decreto Dipartimentale 33 del 9 gennaio 2025 - Classe di concorso A013 Rettifica DDG 3059-24

Ultime dal MIUR - 9 Gennaio 2025 - 4:03pm

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Categorie - News Normativa

AVVISO DD.D.G. N.1327 e 1328 del 29.05.2024 Procedura concorsuale straordinaria riservata agli insegnanti di religione cattolica nella scuola dell’infanzia e primaria e nella scuola secondaria di I e II GRADO

Ultime da USR Calabria - 9 Gennaio 2025 - 2:44pm

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Una rete europea di “fratelli e sorelle maggiori” per giovani con malattie rare

Superando - 9 Gennaio 2025 - 1:36pm

Ci sono barriere che accomunano i giovani con malattie rare in tutta Europa e per affrontarle è stata creata una rete di “fratelli maggiori” grazie al progetto europeo Quality Youth Mentoring for Inclusion. Ma ha funzionato? È cresciuto realmente l’empowerment di giovani con malattie rare? Condividere gli esiti e capire se è possibile estendere il progetto è stato l’obiettivo dell’evento finale, promosso dall’Associazione Parent Project

Ci sono barriere che accomunano i giovani con malattie rare in tutta Europa e per affrontarle è stata creata una rete di “fratelli maggiori”, grazie al progetto europeo denominato Quality Youth Mentoring for Inclusion; ma questa rete ha funzionato? È cresciuto realmente l’empowerment di giovani con malattie rare?
Condividere gli esiti, le esperienze e capire se sia possibile estendere ad altre persone il progetto Erasmus Plus denominato Quality Youth Mentoring for Inclusion, cofinanziato dall’Unione Europea, è stato l’obiettivo dell’evento finale, promosso nel dicembre scorso da Parent Project, l’Associazione di pazienti e genitori con figli con distrofia muscolare di Duchenne e Becker.

L’evento si è svolto presso la sede della Sezione UILDM di Legnano (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), in provincia di Milano, e ha avuto come partner per la realizzazione la stessa UILDM di Legnano e quella di Lecco.
Il progetto è stato realizzato da una rete europea, composta da organizzazioni di diversi Paesi membri dell’Unione, attive nell’ambito delle malattie rare. Ha coinvolto, oltre a Parent Project, anche Associazioni che si occupano di queste tematiche in Spagna, in Croazia e a Cipro. All’orizzonte, il fine di promuovere l’empowerment di giovani con malattie rare, che devono fronteggiare ostacoli simili, nella loro vita quotidiana, in tutta Europa.
Il programma di mentoring punta a costruire un incontro tra “mentore” e allievo attraverso un percorso di conoscenza reciproca, che attraversa diverse fasi. In questo modo, il mentore svolgerà un ruolo da “fratello/sorella maggiore”, condividendo abilità e tecniche per aiutare il ragazzo/a più giovane ad acquisire consapevolezza dei suoi punti di forza, migliorando la propria resilienza e la gestione delle proprie emozioni. L’ascolto attivo, l’intelligenza emotiva e l’empatia sono i tre pilastri dell’attività.

Vittorio Montixi, educatore e operatore del progetto per Parent Project, ha condotto l’incontro. Inizialmente è stata presentata una panoramica dell’iniziativa, seguita da un’attività di gioco di ruolo, durante la quale i partecipanti hanno potuto sperimentare direttamente e personalmente le dinamiche progettuali. In questa fase, i presenti si sono messi in gioco approfondendo le linee guida e gli obiettivi della progettazione.
L’evento si poi è concluso con un momento di confronto aperto, durante il quale sono state raccolte domande, curiosità e riflessioni, alle quali sono state date anche risposte interrogative. Luciano Lo Bianco, presidente della UILDM di Legnano, ha dichiarato: «Questo progetto, innovativo, rispecchia per noi una prassi consolidata da anni. Per noi, lavorare con l’altro e non per l’altro significa prendere coscienza insieme delle nostre conoscenze, creando un percorso di crescita condivisa». (Carmela Cioffi)

Maggiori informazioni a questo link.

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Una trasformazione interiore che va ben oltre la tecnologia

Superando - 9 Gennaio 2025 - 1:06pm

Nata con l’obiettivo di abbattere le barriere digitali per le persone con disabilità motorie gravi, attraverso l’uso delle tecnologie, l’Associazione TecnologicaMente inSuperAbili ha quali soci fondatori Gabriele D’Imporzano e Nicolò Sparesato che dicono: «L’entusiasmo e il senso di realizzazione che vediamo nei nostri soci ci ispirano profondamente. Siamo testimoni di una trasformazione interiore che va ben oltre la tecnologia: è il risveglio della fiducia in se stessi e nelle proprie capacità» Gabriele D’Imporzano

L’Associazione TecnologicaMente inSuperAbili è nata con l’obiettivo di abbattere le barriere digitali per le persone con disabilità motorie gravi, promuovendo l’indipendenza e l’autonomia attraverso l’uso delle tecnologie. In questa intervista, Gabriele D’Imporzano e Nicolò Sparesato, soci fondatori, raccontano la genesi, le sfide e i progetti di questa realtà innovativa.

Qual è la missione principale di TecnologicaMente inSuperAbili e quali sono gli obiettivi a breve e lungo termine?
«La nostra missione è sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni sui temi delle disabilità motorie gravi, nonché organizzare spazi fisici e virtuali per valorizzare le persone con queste disabilità. Vogliamo migliorare l’autonomia, l’indipendenza e la qualità della vita attraverso soluzioni tecnologiche personalizzate. Ogni volta che vediamo una persona riuscire a compiere azioni quotidiane in autonomia, che prima sembravano irraggiungibili, ci sentiamo travolti da una gioia immensa e da una profonda commozione.

L’indipendenza, per chi vive una condizione di fragilità, è una conquista straordinaria, che riaccende speranza e dignità. A volte bastano piccoli passi – come accendere una luce con un comando vocale o inviare un messaggio senza aiuto – per fare emergere un sorriso e la consapevolezza di avere il controllo della propria vita. Questa trasformazione ci emoziona e ci spinge a fare sempre di più.
Nel breve termine, puntiamo a consolidare e ad ampliare le nostre attività, coinvolgendo nuovi membri e portando sempre più persone a scoprire il potenziale delle tecnologie. Nel lungo termine, il nostro obiettivo è trasformare l’Associazione in una realtà lavorativa, creando opportunità concrete che restituiscano a tutti il diritto di essere protagonisti della propria vita e del proprio futuro».

Nicolò Sparesato

Quali sono le principali iniziative in corso e come scegliete i progetti su cui lavorare?
«Attualmente assistiamo i soci nell’uso delle tecnologie per massimizzare le loro capacità residue. Creare un mondo più accessibile ci dà una profonda gratificazione e ci fa sentire parte di un cambiamento positivo. Ogni volta che aiutiamo qualcuno a scoprire che può essere indipendente, sentiamo il calore di un legame umano che supera le barriere fisiche e sociali.
Ad esempio, la nostra iniziativa legata alla domotica permette alle persone di scegliere e utilizzare sistemi personalizzati per le proprie esigenze, agevolando una vita più autonoma e libera. L’entusiasmo e il senso di realizzazione che vediamo nei nostri soci ci ispirano profondamente. Siamo testimoni di una trasformazione interiore che va ben oltre la tecnologia: è il risveglio della fiducia in se stessi e nelle proprie capacità».

Fonte: Fondazione ASPHI.

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Incontri di formazione sulla Legge Delega in materia di disabilità

Superando - 9 Gennaio 2025 - 12:21pm

La Legge Delega 227/21 in materia di disabilità rappresenta uno snodo cruciale per il futuro delle persone con disabilità. La Federazione FISH propone un ciclo di incontri da remoto per approfondire il Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge Delega, e l’applicazione dello stesso in riferimento alla sperimentazione prevista nelle nove Province individuate per questo 2025

La Legge Delega in materia di disabilità (Legge 227/21) rappresenta uno snodo cruciale per il futuro delle persone con disabilità. Quest’anno parte anche la sperimentazione, prevista nelle nove Province a suo tempo individuate (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste), della valutazione di base e del nuovo modello di valutazione multidimensionale, nonché dell’elaborazione del progetto individuale di vita, con connesso budget di progetto.

La FISH (Federazione italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie) propone un ciclo di incontri per approfondire le specificità del Decreto Legislativo 62/24, attuativo della Legge 227/21, e l’applicazione di esso in riferimento alla sperimentazione prevista nelle citate nove Province, grazie ad esperti del settore che metteranno a disposizione competenze e strumenti utili per affrontare le sfide della riforma.

La formazione è aperta anche a terzi e mira a fornire un quadro chiaro e operativo per Associazioni, Enti del Terzo Settore e altre figure coinvolte. Per parteciparvi è necessario iscriversi tramite l’apposito modulo (a questo link).
Il primo incontro si svolgerà nel pomeriggio del 17 gennaio (ore 16-17) e tutti si terranno da remoto su piattaforma Zoom.

Calendario degli incontri
17 gennaio, ore 16-17 – Analisi normativa pre e post riforma – Alessia Maria Gatto
20 gennaio, ore 16-17 – Progetto di vita e budget di progetto: enti del terzo settore e coordinamento degli interventi – Paolo Bandiera
24 gennaio, ore 17-18 – Progetto di vita – Francesca Palmas
27 gennaio, ore 17-18 – Valutazione di base – Angelo Cerracchio
31 gennaio, ore 16-17 – Valutazione multidimensionale – Corinne Ceraolo
10 febbraio, ore 16-17 – Sintesi della riforma – Giuliana Anatrella
(C.C.)

Maggiori informazioni su temi e docenti sono presenti nel sito della FISH a questo link.

L'articolo Incontri di formazione sulla Legge Delega in materia di disabilità proviene da Superando.

Sergio Prelato: un uomo dall’anima “accessibile”

Superando - 9 Gennaio 2025 - 11:56am

«L’inclusione è come un cerchio, da allargare sempre più»: così Sergio Prelato, persona con disabilità visiva, consigliere nazionale dell’UICI, esperto di barriere architettoniche e mobilità, conclude la sua chiacchierata con Laura Bonanni, che presentiamo oggi sulle nostre pagine Sergio Prelato

Siamo qui al telefono un sabato mattina, io e Sergio Prelato, consigliere nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), esperto di barriere architettoniche e mobilità. Una telefonata come tante delle nostre. Con Sergio ci conosciamo da circa quattro anni, grazie a un’amica comune, e abbiamo condiviso tante opinioni, affrontato molti argomenti da seri a faceti, passando da un discorso all’altro con libertà e fluidità, con ironia e serietà, ed è proprio questo il bello del nostro rapporto, direi veramente il bello di parlare con una persona come lui, in grado di sdrammatizzare anche cose molto impegnative, di prenderle con sereno e ironico distacco, senza venire meno al proprio senso di responsabilità, consapevole delle difficoltà, mai banalizzando o svalutando.
Accetta di buon grado di farsi intervistare, consapevole che la condivisione rappresenta il tassello fondamentale per costruire relazioni e quindi accessibilità nel senso più ampio del termine.
Caro Sergio, dunque, eccoci qui per questa intervista e grazie per il prezioso tempo che mi stai dedicando, è per una buona causa (sorridiamo entrambi). «Cara Laura, hai carta bianca».

Chi è Sergio Prelato?
«Bisognerebbe chiederlo a chi vive con me, ma visto che lo stai chiedendo a me, cercherò di essere il più oggettivo possibile. Ho appena compiuto 59 anni e fin da piccolo, avendo problemi di vista, ho fatto vita istituzionale. Fino al 1970 c’erano gli istituti per non vedenti e io ho vissuto e studiato in questo tipo di strutture (fra scuole medie e istituti professionali). Ho lavorato per trentadue anni in banca e contemporaneamente mi sono occupato di associazionismo e negli ultimi venti anni ho focalizzato la mia attenzione sull’accessibilità dell’ambiente fisico, diciamo stazioni, metropolitane, semafori sonori e quant’altro, perché ho scoperto che è la mia passione».

Raccontaci qualcosa della tua vita privata.
«Sono sposato, ho una figlia di 16 anni. Sono in pensione dalla banca. ma continuo a prestare la mia opera per l’UICI e la mia vita privata è all’insegna delle cose che mi sono piaciute da sempre e che ho un po’ scoperto per caso. La prima cosa fondamentale e molto importante è legata al palato: mi piace il gelato al limone (risatine di entrambi)!
Da piccolo ero appassionato di fantascienza quindi leggevo fantascienza mattina, pomeriggio e sera. Poi ho scoperto di essere appassionato di scacchi e quindi ho avuto la mia parentesi scacchistica nei circoli e anche lì ho affrontato i problemi legati all’ipovisione (scacchiera regolamentare, chiedere modifiche su alcune regole posizionali ecc.). Diciamo che in tutto quello che ho fatto ho abbracciato i problemi della diversità. Ho anche scoperto per caso di essere appassionato di canottaggio e ho fatto diverse gare sia in Italia che in Europa. Poi in questa fase della mia vita mi piace molto approfondire la storia, la politica, la geopolitica, sono un curioso, un po’ poliedrico, diciamo così.
Sono anche coautore di alcuni libri sul tema della cecità affrontato in modo ironico e scanzonato, scritti a sei mani: Pianeta Ciecagna (che riunisce due libri, Cronache dalla Ciecagna e Colpo di stato a Ciecagna) e Pregiudizio universale a Ciecagna, tutti della And Edizioni.
All’età di dieci anni mi venne diagnosticata la retinite pigmentosa e ora sono nell’ultima fase, cioè vedo luce, ma non riesco più a leggere, uso il bastone bianco da almeno cinque anni e la sintesi vocale: io il computer più che vederlo, lo ascolto! Nella sfortuna della malattia sono stato comunque fortunato, poiché son planato lentamente nella cecità, nell’ipovisione grave, stadio in cui mi trovo adesso e quindi ho avuto la possibilità di adattarmi ad ogni discesa nel mio planare…
Pur nella tristezza di perdere i colori, la capacità di leggere ecc., ho però sempre avuto la possibilità interiore di venire a patti con questi peggioramenti, per cui non ho mai sofferto di depressione. Certamente ho sperimentato malinconia e tristezza per la perdita, la retinite è stata severa, mantenendo la parola («tu hai il problema genetico, fijo mio, per cui paghi pegno»), ma è stata gentile, portandomi gradualmente verso questo stato attuale che vivo».

Questa tua condizione visiva ha rappresentato un problema nelle relazioni interpersonali?
«Quando ero giovane, sì. Quando andavo alle feste e c’era scarsità di luce o penombra, io soffrivo di emeralopia, cioè non riuscivo a vedere bene l’ambiente, parlavo male con le persone perché non mi accorgevo di ciò che avevo intorno, ero quello “un po’ strano”. Comunque questo non mi ha impedito di costruire relazioni, avere amicizie, simpatie, perché poi alla fine quel che succede è che l’ambiente visivo è soggettivo, cioè io ad un certo punto mi son fatto furbo, stavo alla larga dalle situazioni in cui potevo sperimentare grande difficoltà, come ad esempio discoteche, bar e quindi ho cominciato a sperimentare che ero più normale di quello che potevo pensare».

Quanto ha influito la tua condizione di vista in merito alla sensibilità che hai sviluppato e che poi hai messo a servizio, concretamente, nell’àmbito dell’UICI?
«Inizialmente è stata molto controproducente perché partivo dal presupposto che se tu vedi poco o vedi male, devi trovare una soluzione, devi combattere i limiti e, diciamo così. “non ce n’è per nessuno”. Quindi ero molto aggressivo, da questo punto di vista. Invece poi, a mano a mano che peggioravo con la vista e che qualcuno con più esperienza mi faceva riflettere, ho capito che il mio atteggiamento doveva essere molto più sfumato, cioè io posso rendere accessibile una stazione con un bastone bianco, con un residuo visivo o avere un’agevolazione per poter usufruire di questa stazione in maniera autonoma, ma se tu non te la senti, magari in quel momento sei depresso, hai paura di andare in giro da solo, hai diritto ad avere l’assistenza della Sala Blu. Per cui ho iniziato a stare più zitto, ad ascoltare di più le persone che mi chiedevano una mano sull’accessibilità, a dir loro che non dovevano spaventarsi per l’accessibilità e che io ero lì per fornire strumenti quando si sarebbero sentite pronte per volerne usufruire, facendo un corso di orientamento e mobilità e se tutto ciò non fa per te, perché tu hai sempre bisogno di qualcuno che ti accompagni, stai tranquillo: non sei sbagliato! Ecco, io tutto ciò ho impiegato molti anni a capirlo e ho dovuto mettermi molto in discussione, l’ho capito col tempo».

Ma cos’è esattamente una Sala Blu, Sergio?
«In ogni stazione, media o grande, la Rete Ferrovie Italiane mette a disposizione una Sala Blu in cui tu prenoti un’assistenza. Arrivando in bus o con il taxi in stazione, concordi il tuo prelievo con un addetto personale che ti porta sul treno, al tuo posto e avverte il capotreno che a bordo c’è una persona  con disabilità.
Poi per gli aeroporti c’è la Sala Amica, prevista dall’ENAC, da una Carta Europea. Fra l’altro, noi in Italia siamo i migliori perché abbiamo creato una struttura professionale, l’accompagnamento, non solo per i ciechi, è una professione vera e propria».

Arriviamo ad oggi e al progetto del libro La città del presente. Come è nato?
«Siccome tutti noi abbiamo avuto dei maestri, io ho molti amici architetti, ingegneri che mi hanno insegnato molte cose sull’ambiente costruito e io ho imparato molto da loro. Poi, però, cosa ho fatto? Ho preso tutte queste informazioni e per anni inconsapevolmente le ho elaborate in me. Così ad un certo punto ho sentito l’esigenza di scrivere un libro sull’accessibilità, le soluzioni che si possono applicare per l’accessibilità per persone con disabilità visiva, ma anche per altre disabilità, come quella uditiva. L’ho fatto assieme al Gruppo di Lavoro sull’Accessibilità dell’UICI di cui faccio parte, (sono rappresentante con Delega per l’Accessibilità), partendo dal basso, cioè noi che abbiamo la disabilità abbiamo preso dai tecnici, dal loro sapere e poi abbiamo elaborato attraverso il filtro dell’esperienza. Ne è nato il libro La città del presente, appunto, che è in distribuzione in tutti i Comuni italiani. Prima della fine del 2025 vorremmo completare il giro di tutte le Regioni italiane».

Cosa ti è rimasto di questa esperienza del libro?
«È un libro aperto che non potrà mai avere fine, nel senso che adesso stiamo già lavorando a un aggiornamento e sarà dedicato totalmente ai trasporti, ai bus, all’autista che conduce il mezzo e all’autobus come tram/bus su gomma. E poi andremo avanti, io o chi per me, prenderà per mano questo libro e farà dei futuri capitoli di aggiornamento».

Dalla tua esperienza pensi che viviamo in una società dove c’è sensibilità per le persone con disabilità visiva?
«Sì, a mio parere esiste. Questo perché l’associazionismo, per gli ipovedenti e non vedenti in particolare (almeno come l’UICI, che ha 100 anni di storia, ma anche altre Associazioni “sorelle” che in questo àmbito operano da tempo), ha dato una grossa mano in questo. Poi vedere persone che hanno dei limiti ma si muovono e non rinunciano ai propri interessi, alle proprie aspirazioni, alla propria autonomia, sensibilizza l’opinione pubblica. E non dimentichiamo la televisione. Alcuni programmi, alcuni personaggi noti che parlano e/o vivono la disabilità, alcuni progetti, come anche questo del libro, potremmo dire che rendono attivo un circolo virtuoso».

Avere saputo all’età di 10 anni che avevi un serio problema visivo, ti ha fatto sentire inferiore agli altri e ha mosso un po’ in te un bisogno di rivincita?
«Senso di inferiorità sì. Spesso e volentieri in adolescenza, soprattutto, mi sono sentito molto inferiore, però mai una voglia di rivalsa. Nel senso che se vedevo che in certi ambienti marcava male, mi ritiravo. Amavo i libri e mi rifugiavo in un mondo che mi ritagliavo su misura. Però la lettura, lo studio, non bastano, bisogna uscire fuori e il lavoro mi ha aiutato tantissimo, sono stato costretto ad interagire. Ad un certo punto ho visto che al mio capo non interessava niente che fossi ipovedente. Lui da me voleva puntualità, professionalità, efficienza, presenza. Quindi non mi sono più sentito inferiore, ma una persona all’interno di un meccanismo lavorativo e che si pretendeva da me una certa performance. Tutto ciò mi ha tolto da un certo senso di inferiorità.
È bello vincere e stare su un palco, io però ho imparato che comunque ho lavorato, ho giocato tornei, ero in barca, e quindi da questo punto di vista sono stato un vincente, perché non mi sono tirato indietro, mi sono messo in gioco e quindi ho vinto una battaglia e cioè stare nella società. Una lacrimuccia, una parolaccia e poi ci si rialza e si riparte».

Come vorresti concludere questa nostra chiacchierata?
«Esponendo brevemente il mio concetto di inclusione che ho già espresso in una bella intervista che mi ha fatto Marco Farina poco tempo fa. L’inclusione come un cerchio. Il mio desiderio è quello di vedere questo simbolico cerchio allargarsi sempre di più, cioè che io sia già incluso automaticamente nel mondo alla nascita, a prescindere da qualunque tipo di disabilità io abbia. Quindi non debbo aspettarmi di essere incluso, perché ciò significherebbe che io son fuori e devo bussare per entrare nel cerchio. Il cerchio deve essere realisticamente, nei limiti del possibile, largo. Questo è il mio sogno: allargare il cerchio».
Molto chiaro il concetto e condivido. Grazie di cuore Sergio, alla prossima chiacchierata magari in cerchio anche con Marco (Farina) e Angela (Trevisan), amici comuni.

*Psicologa, psicoterapeuta, specialista in analisi transazionale.

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Proroga tutor percorsi abilitanti . Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria – prof. Foriglio Angelo

Ultime da USR Calabria - 9 Gennaio 2025 - 9:05am

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Un ciclo di webinar formativi sulla vita indipendente

Superando - 8 Gennaio 2025 - 6:23pm

Sei incontri online, dal 16 gennaio al 19 giugno, rivolti in particolare agli operatori sociali impegnati nei servizi del welfare sociale per la disabilità, ma anche ai leader delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari: è il ciclo di webinar formativi sulla vita indipendente e l’inclusione sociale delle persone con disabilità, promosso dall’Ambito Territoriale di Saronno (Varese), in collaborazione con la Federazione LEDHA, nel quadro del progetto Anche tu puoi!

«Gli operatori che lavorano nei servizi del welfare sociale sono chiamati a orientare in modo differente rispetto al recente passato i propri sguardi sulla disabilità e quindi le proprie azioni in favore dei diritti delle persone con disabilità. Un cambiamento in atto da diverso tempo che, ora, anche per via delle novità legislative, chiede di essere compiuto, lasciando alle spalle vecchie abitudini e anche nuove resistenze»: viene presentato così il ciclo di incontri online formativi dedicati alla vita indipendente e all’inclusione sociale delle persone con disabilità, iniziativa promossa in Lombardia dall’Ambito Territoriale di Saronno (Varese), in collaborazione con la LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie), nell’àmbito del progetto Anche tu puoi!.

Sei gli incontri previsti, a cadenza mensile, dal 16 gennaio al 19 giugno e sempre in mattinata, dalle 9 alle 11, rivolgendosi in particolare agli operatori sociali (assistenti sociali e educatori professionali) impegnati nei servizi del welfare sociale per la disabilità, ma anche ai leader delle Associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari.
Nel dettaglio del programma:
° Giovedì 16 gennaio: Desideri e preferenze (docente Monica Pozzi, responsabile dell’Agenzia per la Vita Indipendente Nord Milano).
° Giovedì 13 febbraio: La valutazione multidimensionale (docente Marco Zanisi, presidente della Cooperativa Serena).
° Giovedì 13 marzo: Il consulente alla pari (docente Marco Rasconi, responsabile dell’Agenzia per la Vita Indipendente di LEDHA Milano).
° Giovedì 8 maggio: Protezione giuridica e progettazione individualizzata (docente Laura Abet, responsabile del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della LEDHA).
° Giovedì 5 giugno: Persone con disabilità, l’abitare e il lavoro (docente Enrico Mantegazza, presidente della LEDHA Milano Città Metropolitana).
° Giovedì 19 giugno: Budget di progetto: aspetti economici e patrimoniali, per la vita indipendente (docente Marco Bollani, direttore della Cooperativa Sociale Come NOI). (S.B.)

Per partecipare agli incontri è necessario registrarsi compilando il form presente nel sito della LEDHA a questo link oppure scrivendo a info@ledha.it. Per ulteriori informazioni: Giovanni Merlo (giovanni.merlo@ledha.it).

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Primi sintomi di disturbo dello spettro autistico: un appello ai genitori per il progetto “FIRRST”

Superando - 8 Gennaio 2025 - 5:47pm

Il progetto “FIRRST” rappresenta un intervento innovativo per lattanti che mostrino i primi sintomi di disturbo dello spettro autistico: a portarlo avanti l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa), che in questi giorni ha rivolto un appello ai genitori affinché possano aderire. Lo studio è aperto si bambini dai 9 ai 15 mesi che mostrino appunto i primi sintomi di disturbo dello spettro autistico

Un appello rivolto a tutti i genitori con bambini e bambine di età compresa tra 9 e 15 mesi, che mostrano i primi sintomi di disturbo dello spettro autistico: a lanciarlo è l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone, in provincia di Pisa, che ha avviato lo studio europeo FIRRST (Fostering Infant Responsivity and Reciprocity – Support to Thrive, ossia, letteralmente, “Promuovere la reattività e la reciprocità del bambino – Sostegno alla crescita“), dedicato appunto ai bambini di età compresa tra 9 e 15 mesi con segnali iniziali di disturbo dello spettro autistico.
Grazie ai finanziamenti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), del Ministero della Salute e al supporto dell’Unione Europea, questo progetto rappresenta una svolta nella ricerca sull’intervento precoce per l’autismo, come viene sottolineato in una nota diffusa dall’Istituto Scientifico per la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

Lo studio, condotto dalla Stella Maris con la partecipazione di esperti quali Andrea Guzzetta, Sara Calderoni e Costanza Colombi, parte dalla premessa che intervenire tempestivamente, durante il primo anno di vita, possa influire positivamente sullo sviluppo del bambino. L’approccio proposto da FIRRST si basa su strategie semplici ma efficaci, studiate per integrarsi nella routine quotidiana delle famiglie, con l’obiettivo di migliorare le capacità sociali e comunicative del bambino.
I genitori partecipanti verranno coinvolti in sessioni settimanali per un periodo di sei mesi, durante le quali riceveranno supporto da un team di esperti. Parallelamente, verranno utilizzate tecnologie avanzate per una misurazione neurofisiologica innovativa, in grado di monitorare i progressi del bambino e offrire una valutazione oggettiva dei risultati.

«Il progetto – viene spiegato dai promotori – punta ad offrire ai genitori strumenti pratici per sostenere lo sviluppo del proprio figlio, senza trasformarli in terapisti. FIRRST si propone pertanto di rendere le famiglie parte attiva del percorso, in un contesto di accompagnamento e supporto continuo. Se i dati preliminari saranno confermati, questo studio potrebbe rappresentare un cambiamento radicale nell’approccio clinico all’autismo, introducendo interventi preventivi già a partire dai primi segnali di rischio». (C.C.)

I genitori interessati possono contattare il team di ricerca per maggiori informazioni o per valutare la possibilità di partecipare, tramite Roberta Rezoalli (r.rezoalli@gmail.com).

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2025: un anno denso di sfide e di opportunità

Superando - 8 Gennaio 2025 - 5:27pm

«Il 2025 – scrive il presidente della Federazione FISH Falabella – sarà un anno cruciale in cui saremmo chiamati ad affrontare questioni fondamentali sulle quali cui tutti noi dovremo essere protagonisti, unendo le forze per costruire un sistema Italia che sappia essere all’altezza delle aspirazioni e dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie che rappresentiamo. Un sistema che viviamo e che dobbiamo vivere con dignità»

Il 2024 si è concluso nel migliore dei modi, rappresentando un momento di straordinario valore per la nostra Federazione FISH e per il movimento che con orgoglio rappresentiamo. Ora, con il 2025 si apre un nuovo capitolo della nostra storia, carico di sfide e di opportunità. Un anno che ci invita a riflettere sul cammino percorso e a proseguire con determinazione nel nostro impegno collettivo.

Abbiamo celebrato il trentesimo anniversario della nostra Federazione, un traguardo che testimonia tre decenni di impegno instancabile e di lotte per i diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie. In parallelo, i vent’anni della presente testata «Superando», di cui la FISH è editrice, hanno evidenziato la capacità della nostra comunità di essere un punto di riferimento culturale e informativo di eccellenza.Gli Stati Generali, svoltisi in diverse Regioni italiane, hanno reso evidente il grande valore politico e culturale dei nostri territori, consolidando un confronto attivo e proficuo che indirizzerà la Federazione verso politiche sempre più mirate e incisive.

Il 2024 ha visto anche un importante ampliamento della nostra base associativa: nuove realtà si sono unite alla Federazione, riconoscendola come un punto di riferimento imprescindibile. Questo ci rende consapevoli della crescente responsabilità che portiamo e ci sprona a rafforzare il nostro senso di appartenenza e la nostra coesione.
È in quest’ottica che abbiamo ritenuto necessario e opportuno implementare e ampliare i servizi che la Federazione offre a tutti i cittadini e le cittadine, consolidando il nostro ruolo come interlocutore privilegiato e concreto per chiunque necessiti del nostro supporto.

Degno di nota è stato anche il cambio del nostro nome, che da Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap è diventato Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie. Questo passaggio rappresenta non solo una scelta formale, ma anche un rinnovato impegno verso una visione inclusiva e orientata ai diritti e alle pari opportunità.
Continueremo dunque a impegnarci con la forza dei fatti e con la solidità, la lealtà e la trasparenza del nostro lavoro. Ogni azione intrapresa e ogni risultato ottenuto dimostrano che il nostro impegno non si piega di fronte alle difficoltà, ma anzi si rafforza grazie al contributo di tutta la nostra rete associativa.

Guardando al 2025, si apre per noi un anno denso di sfide e di opportunità. Per affrontarle, ogni organo sociale della nostra Federazione dovrà dare il proprio contributo con partecipazione attiva: dal Consiglio alla Giunta e ai Gruppi di Lavoro, tutti dovranno diventare luoghi privilegiati per accrescere la democrazia partecipativa all’interno della Federazione stessa. Come ha saggiamente ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno, «la speranza non è attesa inoperosa, siamo noi. Il nostro impegno, la nostra libertà». Parole, queste, che risuonano come un monito e un invito a mettere in comune le nostre esperienze, le nostre competenze, il nostro sapere e il nostro entusiasmo per il bene della Federazione e, soprattutto, delle persone con disabilità e delle loro famiglie.

Il 2025 sarà un anno cruciale. Siamo chiamati ad affrontare questioni fondamentali come la sperimentazione della Legge Delega 227/21 in materia di disabilità, la norma sui caregiver familiari, il Codice Unico sulla Disabilità, l’abrogazione dell’istituto dell’interdizione. Questi saranno i campi su cui tutti noi dovremo essere protagonisti, unendo le forze per costruire un sistema Italia che sappia essere all’altezza delle aspirazioni e dei diritti di chi rappresentiamo. Un sistema che viviamo e che dobbiamo vivere con dignità.

*Presidente nazionale della FISH (già Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oggi Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie.

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Legge di Bilancio, politiche sociali e disabilità

Superando - 8 Gennaio 2025 - 4:54pm

Segnaliamo gli approfondimenti sulla Legge di Bilancio per il 2025 proposti da Cantiere Terzo Settore e dal Centro Studi Giuridici HandyLex, guardando in particolare alle politiche sociali, al Terzo Settore e alla disabilità. Riportiamo inoltre anche il giudizio sulla manovra espresso dal Forum Nazionale del Terzo Settore

Una buona analisi dei vari provvedimenti concernenti le politiche sociali e il Terzo Settore, contenuti nella Legge di Bilancio per il 2025 (Legge 207/24) si può trovare nel portale Cantiere Terzo Settore (a questo link), mentre per le parti della medesima Legge di Bilancio riguardanti soprattutto le famiglie e le persone con disabilità, rimandiamo all’approfondimento pubblicato dal Centro Studi Giuridici HandyLex (a questo link).

Tra i giudizi espressi sulla norma, registriamo qui quello proveniente dal Forum Nazionale del Terzo Settore, secondo la cui portavoce Vanessa Pallucchi, «quasi nessuna delle nostre proposte è stata accolta e a pagarne le conseguenze saranno non solo i soggetti della solidarietà, penalizzati anche dalla nuova norma che impone un tetto agli investimenti sociali, ma anche i più fragili, già colpiti dalle emergenze sociali. In un momento così difficile, con la crescita di povertà e disuguaglianze, ci saremmo aspettati maggiore attenzione al welfare e vere politiche di sostegno per quelle realtà, quali sono gli Enti di Terzo Settore, che combattono il disagio, costruiscono coesione sociale e realizzano un’economia sana».
Tra le note positive, secondo Pallucchi, «l’aumento dei fondi per il Servizio Civile Universale e la costituzione di alcuni nuovi fondi per il sociale, come quello per la disabilità, per il contrasto al reclutamento illegale della manodopera straniera e per il sostegno alle attività educative formali e non formali. Si tratta però di iniziative frammentate che mancano di una visione e di un investimento di medio-lungo periodo sull’intero sistema di welfare».
«Tiriamo infine un sospiro di sollievo – conclude la portavoce del Forum – per quanto riguarda la questione dell’IVA al Terzo Settore: infatti, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del “Decreto Milleproroghe”, è diventata effettiva la tanto attesa proroga dell’attuale regime di esclusione. Confidiamo così di poter giungere a una soluzione definitiva e soddisfacente nei prossimi mesi».

«Una buona notizia per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro» viene infine sottolineata da Emilio Deandri, presidente dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del lavoro), in riferimento all’incremento stabilito dalla Legge di Bilancio per il relativo Fondo di sostegno, istituito presso il Ministero del Lavoro, come già richiesto in diverse occasioni dall’ANMIL stessa. (S.B.)

Ricordiamo ancora i link (questo e questo) ai quali sono disponibili gli approfondimenti sulla Legge di Bilancio per il 2025 proposti rispettivamente dal Cantiere Terzo Settore e dal Centro Studi Giuridici HandyLex. A questo e a questo link, invece, sono disponibili i testi integrali dei comunicati stampa diffusi dal Forum Nazionale del Terzo Settore e dall’ANMIL.

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Proroga percorsi abilitanti – regione Puglia – prof. Zavettieri Giuseppe

Ultime da USR Calabria - 8 Gennaio 2025 - 2:24pm

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Come costruire città accessibili a tutti e a tutte?

Superando - 8 Gennaio 2025 - 1:33pm

Andare oltre la logica del singolo intervento di miglioramento dell’accessibilità ed avviare processi integrati in grado di eliminare barriere fisiche, percettive, sensoriali, intellettive, sociali, economiche e culturali che limitano l’accesso delle persone al funzionamento urbano. È il filo rosso delle ultime iniziative del progetto Città accessibili a tutti dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica)

Andare oltre la logica del singolo intervento di miglioramento dell’accessibilità per riuscire ad avviare processi integrati in grado di eliminare barriere fisiche, percettive, sensoriali, intellettive, sociali, economiche e culturali che limitano l’accesso delle persone al funzionamento urbano.
È questo il filo rosso delle ultime iniziative del progetto Città accessibili a tutti dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), a partire dalla cerimonia all’interno della manifestazione Urbanpromo del novembre scorso, per l’assegnazione di diversi premi (per tesi di laurea triennali e magistrali e per ricerche-studi) promossi da INU-URBIT, con il supporto di Mirabilia Network e la Camera di Commercio di Genova, oltreché con la collaborazione del Ministero per le Disabilità, del Ministero della Cultura, del CNR, di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) e di Urbanistica Informazioni.
«Dobbiamo impegnarci per garantire un accesso equo alla conoscenza come bene comune ma anche come motore di benessere, capace di influenzare e accrescere la qualità della vita di ognuno e contribuire alla riduzione delle disuguaglianze. I costi e i dispositivi della diffusione della conoscenza, in particolare quelli tecnologicamente evoluti, non ne consentono l’universalità, incidendo sulla presenza di ingiustizia sociale», ha sottolineato per l’occasione Carolina Giaimo, direttrice di Urbanistica Informazioni.

Nel corso dell’evento dello scorso novembre, Daniela Orlandi, esperta del Ministero per le Disabilità, ha passato in rassegna alcune iniziative del Ministero stesso, volte a promuovere e garantire l’applicazione dei principi dell’Universal Design (“Progettazione Universale”), come i  tavoli tecnici per l’accessibilità ai Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali di Milano Cortina 2026, per l’analisi di Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA), per migliorare l’accessibilità e la fruibilità degli eventi e spettacoli dal vivo da parte delle persone con disabilità, e infine sulla mobilità e accessibilità del sistema dei trasporti.

I luoghi della cultura, in particolare archivi, biblioteche, musei, monumenti aree e parchi archeologici, come agenti del cambiamento sociale ed economico sono stati al centro dell’intervento di Gabriella Cetorelli del Segretariato generale – Servizio II Ufficio UNESCO Ministero della Cultura. La cura dell’abitante e dell’abitare «ha cognizione della differenza dei corpi, della loro vulnerabilità e dell’interdipendenza sociale e ambientale, presuppone progetti che si originano dalla partecipazione e si orientano verso l’interdipendenza, valorizzando la relazione e la condivisione e superando la divisione fra privato e pubblico», ha ricordato poi Piera Nobili, presidente di CERPA Italia.

E ancora, Alessandro Bruni, co-cordinatore Community INU Città accessibili a tutti e presidente dell’INU Umbria, ha raccontato il lavoro della Community negli ultimi cinque anni. Dopo la proposta di Linee Guida per politiche integrate multiscalari per il governo delle frammentazioni urbane e territoriali, ci sono state molte adesioni tra Enti, Università, Regioni, Comuni, formalizzate mediante protocolli di intesa; la pubblicazione della piattaforma raccoglie attualmente oltre 200 esperienze italiane.
Riguardo poi al bando del premio annuale Città accessibili a tutti” per tesi di laurea e ricerche-studi, esso è stato istituito da INU-Urbit nel 2020, mentre l’anno successio è stata avviata la sperimentazione Patto per l’urbanistica città accessibili a tutti con il coinvolgimento di otto città (Ancona, Catania, Genova, Livorno, Mantova, Reggio Emilia, Spello e Udine), la cui prima fase si è conclusa nel 2022, dando conto delle strategie e delle politiche adottate dalle città aderenti. La seconda fase della sperimentazione è in corso di definizione.

Tra le tesi premiate in novembre a Urbanpromo: Casa di comunità in Milano Gallaratese district; MARE Musei per l’Alzheimer Reggio Emilia; Walking Through. Valorizzazione dei percorsi e percorsi di valorizzazione a Campagna (SA); Faenza: dall’alluvione all’abitare sostenibile; Accessibilità fisica e accessibilità virtuale, il caso di studio Monte Sant’Angelo (FG).
Tra gli studi premiati, invece, da segnalare Ricerca per la redazione del Piano per l’accessibilità di Lecce“. (Carmela Cioffi)

A questo link è disponibile un’ampia scheda con la sintesi dei vari interventi proposti durante l’incontro del novembre scorso a Urbanpromo, curato da Iginio Rossi, coordinatore della Community INU Città accessibili a tutti. Per ulteriori informazioni: Iginio Rossi (iginio.rossi49@gmail.com).

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La mia vita, la mia scelta!

Superando - 8 Gennaio 2025 - 1:13pm

ULOBA, la più grande Associazione per la Vita Indipendente delle persone con disabilità della Norvegia, ha pubblicato un rapporto di ricerca con gli esiti di un progetto volto ad elaborare un “modello di supporto alle decisioni” che consenta ai cittadini e alle cittadine con disabilità che hanno questo tipo di esigenza di avere un servizio adeguato alle loro necessità. Lo scopo è anche quello di promuovere nel proprio Paese l’elaborazione e l’approvazione di una legge specifica sulla materia La persona con disabilità raffigurata nella copertina del rapporto di ricerca pubblicato dall’Associazione norvegese ULOBA

ULOBA è la più grande Associazione per la Vita Indipendente delle persone con disabilità della Norvegia, che si popone come facilitatrice dell’assistenza personale gestita dagli stessi cittadini e cittadine con disabilità. «Siamo una forza trainante per garantire a noi persone con disabilità la vita quotidiana che desideriamo», spiegano sul proprio sito.

L’ULOBA ha recentemente pubblicato La mia vita, la mia scelta! Empowerment attraverso un processo decisionale assistito (la cui versione in inglese è disponibile a questo link, mentre quella in italiano, prodotta in modo automatico con Deepl, e dunque non verificata, è disponibile a quest’altro link). Si tratta di un rapporto di ricerca che documenta gli esiti di un progetto finalizzato ad elaborare un modello di supporto alle decisioni (o modello decisionale supportato) che consenta ai cittadini e alle cittadine con disabilità norvegesi con questo tipo di esigenza di avere un servizio adeguato alle loro necessità.
Questo modello, che è ancora in fase di definizione, prevede che chi presta supporto non si sostituisca alla persona con disabilità, ma la aiuti a comprendere gli aspetti della propria vita su cui deve decidere e promuova il suo diritto all’autodeterminazione.

La Norvegia ha ratificato il 3 giugno 2013 la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e la predisposizione di un servizio di supporto alle decisioni è una disposizione contenuta nella stessa Convenzione (all’articolo 12, in tema di Uguale riconoscimento dinanzi alla legge).
Per elaborare il modello di cui si parla, il Paese scandinavo ha fatto riferimento al modello canadese applicato nella Columbia Britannica e lo ha testato coinvolgendo dieci persone con disabilità, per capire se e in che modo potesse essere adattato al contesto norvegese.
Al progetto hanno partecipato sia minori sia adulti di tutta la Norvegia, alcuni sottoposti a istituti di tutela giuridica (simili all’interdizione italiana), altri no. Le persone con disabilità che hanno partecipato sono state affiancate da un gruppo di altri soggetti denominato “consiglio”, che in genere ha coinvolto più di due persone, in molti casi cinque, non necessariamente familiari (poteva trattarsi anche di amici o assistenti). Ai/alle componenti del “consiglio” era richiesto di conoscere bene la persona con disabilità ed avere con lei un rapporto di fiducia. Essi ed esse, inoltre, dovevano conoscere la persona con disabilità abbastanza bene da capire ciò che diceva, indipendentemente dal metodo scelto per comunicare (sia che, ad esempio, usasse la Lingua dei Segni, o la Comunicazione Aumentativa Alternativa–CAA). Questi soggetti hanno svolto la funzione di supporto gratuitamente e con il vincolo della riservatezza.
L’esperienza ha dimostrato che è auspicabile intraprendere questo percorso già da bambini, perché se la persona con disabilità non è abituata a prendere decisioni da sola, potrebbe avere più difficoltà a farlo al compimento della maggiore età.

ULOBA vorrebbe che più persone con disabilità avessero l’opportunità di sperimentare il modello, ma attualmente in Norvegia non c’è ancora una legge che preveda questo. Dunque il progetto si configura anche come una tappa per promuovere l’elaborazione e l’approvazione di una legge specifica su questa materia. E ancora, l’Associazione auspica che vengano sviluppati più modelli di supporto, in modo che le persone che ne hanno bisogno possono scegliere quello più adatto a loro. In ogni caso, spiegano da ULOBA, si tratta di modelli che non devono essere imposti alle persone, come accade attualmente con la tutela. Alle persone dovrebbe essere garantita la libertà di scelta, compresa la libertà di scegliere quale forma di supporto decisionale formalizzato si desidera, se lo si desidera.

Se consideriamo che l’Italia, pur avendo anch’essa ratificato sin dal 2009 la Convenzione ONU, è stata tra le altre cose richiamata nel 2016 dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, proprio per non avere abolito i sistemi decisionali sostitutivi, constatare che invece altri Paesi stanno lavorando in tal senso, offre certamente interessanti spunti di confronto e riflessione. (Simona Lancioni)

Ringraziamo l’AVI Toscana (Associazione per la Vita Indipendente della Toscana) per la segnalazione.

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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Quella norma del nuovo Codice della Strada che discrimina

Superando - 8 Gennaio 2025 - 12:27pm

«Il recente testo di modifica dell’articolo 187 del Codice della Strada – scrive Giovanni Battista Pesce, presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), rivolgendosi direttamente al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e ai Parlamentari componenti le Commissioni di Senato e Camera competenti per i trasporti e la salute – determina un grave impatto su quanti, come le persone con epilessia o altra patologia, assumono a scopo e in dosi terapeutiche sostanze stupefacenti e psicotrope, pur essendo riconosciuti o riconoscibili idonei alla guida dei veicoli a motore con patenti, appunto con limitazioni, per la loro condizione patologica»

Al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e ai Parlamentari componenti le Commissioni di Senato e Camera competenti per i trasporti e la salute: nella piena condivisione di determinare la massima tutela dell’intera Comunità verso quanti usano ed abusano per scopi “ludici” di sostanze stupefacenti e psicotrope, conducendo veicoli a motore sotto gli effetti di dette sostanze, la nostra Associazione [AICE-Associazione Italiana Contro l’Epilessia] intende evidenziare come il testo di modifica dell’articolo 187 del Codice della Strada [Legge 177/24, “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, N.d.R.] determini un grave impatto su quanti, come le persone con epilessia o altra patologia, assumano a scopo e in dosi terapeutiche tali sostanze, pur essendo riconosciuti o riconoscibili idonei alla guida dei veicoli a motore con patenti, appunto con limitazioni, per la loro condizione patologica.

Decine di migliaia di persone con epilessia e ancor di più con altre patologie – pronti ad essere smentiti se per errata lettura del testo di legge -, non possono più pertanto condurre veicoli a motore per cui erano stati autorizzati, pur con limiti per detta condizione, sulla base di precise certificazioni di specialisti del Servizio Sanitario Nazionale e grazie, proprio alle terapie loro prescritte (Decreto Legislativo 59/11). A quanti in simile condizione patologica e terapeutica verrà dunque d’ora in poi impedito il possibile certificato d’idoneità alla guida con ricadute devastanti per il singolo, la sua famiglia e la stessa Comunità. È questa una discriminazione per la stessa terapia che li rendeva idonei alla guida e senza alcuna rilevanza statistica di essere soggetti causa d’incidenti fuori dalle frequenze medie o “di moda”.

Qualora si condividesse il nostro rilievo e se ne verificasse il reale discrimine, con lo spirito propositivo che da sempre caratterizza la nostra e tutte le Associazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), si crede , nella piena condivisione dello spirito che ha determinato la modifica dell’articolo di cui si tratta, che si possa rimuovere l’imprevisto riflesso discriminante per quanti assumano le suddette sostanze a scopo terapeutico, per altro “sì da renderli idonei alla guida stessa dei veicoli a motore”, adottando l’inserimento, laddove verrà rietnuto opportuno, del seguente emendamento: «…fatte salve le persone che assumano dette sostanze per scopo terapeutico a fronte di precisa prescrizione medica e nei dosaggi previsti dalla stessa».
Al momento, la nostra Associazione ha dato indicazione alle persone con epilessia, idonee alla guida e in terapia con dette sostanze (per altro non curative, ma sedanti solo i sintomi della patologia), di condurre il veicolo sempre in possesso di copia della certificazione medico specialistica.

Grati dunque per l’attenzione, cogliamo l’occasione per rinnovare richiesta di sostegno, facendo sì che in questa Legislatura venga approvata la Legge che dia piena cittadinanza alle persone con epilessia, in trattazione sul Disegno di Legge n. 898 e collegati in Senato.

*Presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), assaice@gmail.com.

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